CASAPROTA (RI)


Una natura viva forgiata da una cultura millenaria, colline trafitte dal sole e colorate dalle stagioni, sapori ed aromi che in tavola diventano tradizione gastronomica italiana: sorprese di una terra che è voluta rimanere fedele a se stessa, come la sua ospitale gente.

Di epoca romana sono le prime tracce nel territorio di Casaprota, lo testimoniano i reperti delle ville rustiche e le numerose iscrizioni.

Non potrebbe essere altrimenti ricordando il leggendario "Ratto delle Sabine", racconto attraverso il quale la Sabina entra nella storia di Roma.

Ma i contatti tra la Sabina e Roma sono ancora più forti infatti tra i re di Roma, Numa Pompilio e Anco Marzio, erano sabini assieme a quel Tito Tazio che regnò per primo assieme a Romolo.

La storia della sabina si mescola a quella romana fino alla venuta dei longobardi, che separano i destini del Ducato di Spoleto da Roma, rimasta all'impero d'oriente.

Così nel 776 compare per la prima volta il nome di "Casa Perotae", presumibilmente l'antico nome del paese, di proprietà del Duca di Spoleto Ildebrando.

Successivamente, come per altri territori circostanti fu acquisito dall'Abbazia di Farfa.

Infatti parlare del medioevo in Sabina significa parlare dell'imperiale Abbazia: tra le più potenti dell'Italia centrale. Risparmiata dai Goti, distrutta dagli stessi longobardi, all'apogeo sotto il dominio dei franchi di Carlo Magno, fu faro di fede, arte e civiltà.

Nei primi decenni del secolo X fu fondato il castello, di cui successivamente si persero le tracce sino al pontificato di Celestino III, quando si ha notizia di una controversia che si opponeva i De Romania, la più potente famiglia nobile della Sabina, alla consorteria dei Caponeschi.

Dai Brancaleoni, un ramo della dinastia dei De Romania, Casaprota passò agli Orsini sino al 1604, anno nel quale il Castello fu inserito nel governatorato di Sabina.

Dopo la riorganizzazione dello stato della Chiesa, Casaprota fu annessa a Mompeo, distretto di Poggio Mirteto, governo di Fara.

Nel 1853 Casaprota diviene comune autonomo.

Oggi il suo territorio, che comprende la splendida frazione di Collelungo, si estende tra Via Salaria, la valle del fiume Farfa e i Monti Sabini.

La sua realtà sociale ed economica è fortemente segnata da una storia che orgogliosamente si ripropone per il terzo millennio.

COSA VEDERE

Il castello, che con le sue mura delimitava il borgo, espansosi fino a includere chiese dapprima escluse dall’abitato.

la Chiesa di Sant’Angelo

il Convento di Maria Santissima delle Grazie

la Chiesa di Santa Maria della Croce, all’interno della quale è custodita un’immagine della Madonna.

la Parrocchiale di San Domenico.

Palazzo Filippi, dotato di finestre realizzate nel Cinquecento e una monumentale torre circolare.

Nella frazione Collelungo:
la Parrocchiale di Santa Maria delle Nevi
la romanica Chiesa di San Clemente, dove il Santo Patrono è raffigurato per mezzo di preziosi affreschi.