MONEFIASCONE (VT)


Situato sui monti Volsini, a 561 metri di altitudine è il comune più alto della provincia di Viterbo. Dalla città è possibile ammirare la sponda del lago di Bolsena e l’ampia vallata.
Era già un centro di notevole importanza agli inizi del XIX secolo a.C. quando, in località Rinaldone, prosperava un popolo dedito all’allevamento di bestiame e alla caccia. Anche gli Etruschi lasciarono nella zona imperiture testimonianze come quelle situate sotto l’antica porta, dove esiste una serie di cunicoli usati come acquedotti.

Nel periodo che risale alle invasioni barbariche il paese si vide costretto a rafforzare le difese ambientali con opere murarie. Venne cosi eretta una grande e possente rocca con alte mura, all’interno delle quali si riversarono anche gli abitanti delle campagne. Presto essa divenne meta privilegiata di papi che, costretti a scappare dalla Roma assediata, la scelsero quale meta del loro esilio. Questa assidua presenza di personalità ecclesiastiche fece ben presto di Montefiascone una Sede Vescovile (1369). Successivamente il papa Alessandro VI Borgia mise mano alla ristrutturazione della Rocca, adeguandola ai tempi ed alle armi da fuoco. Molte migliorie vennero così apportate e pare vi abbiano operato artisti del calibro di Michelangelo, Bramante e Sangallo il Giovane. La zona della Rocca rappresenta ancor oggi una delle principali attrattive del luogo, ma non è l’unico punto di orgoglio del paese: non dimentichiamo infatti l’ottimo vino. Leggenda vuole che un certo Giovanni Defuk, in viaggio verso Roma per incontrare il pontefice Pasquale II, amasse sostare nelle zone ove veniva prodotto del buon vino. Nei suoi spostamenti soleva farsi precedere da un servitore, il quale aveva il compito, assai importante, di contrassegnare con un "EST" tutti i luoghi dove il vino era ottimo. Questi, giunto a Montefiascone, restò a dir poco senza parole e, nell’apporre il contrassegno convenuto, optò per un "EST EST EST". Defuk rimase a tal punto soddisfatto che restò sul posto per tutta la vita e qui scelse di attendere beatamente la morte, sorseggiando la bevanda da lui preferita. I cittadini furono talmente grati all’uomo di chiesa, per la pubblicità fatta loro in modo così spontaneo, da dedicargli una lapide alla memoria, tuttora visibile all’interno di una cappella situata lungo la navata sinistra della chiesa di San Flaviano.

Rocca
L’imponente castello risale al XIII secolo. Fu voluto da papa Urbano IV e venne edificato su una struttura preesistente. Solo una parte del possente maniero è stata a tutt’oggi ricostruita, mentre d’intorno sono visibili numerosi ruderi di grande interesse archeologico.

Cattedrale di S. Margherita
I lavori furono avviati intorno al secolo XV su ordine di Alessandro Farnese, poi Paolo III, su una chiesa già esistente e vi presero parte artisti quali il Bramante e Antonio Sangallo il Giovane. Sembra sia stato proprio il Bramante a disegnare la pianta ottagonale. A causa di ostacoli imprevisti però, quali la peste e le varie guerre, vennero portati a termine molto più tardi. Fatalità volle che a causa dei carboni usati per sciogliere la cera che serviva per l’organo, lasciati sembra proprio dall’organista, nel 1670 la grande chiesa si incendiasse irrimediabilmente. La ricostruzione iniziò su ordine del card. Albertoni Altieri, vescovo della città, il quale sopportò tutte le spese e in 4 anni l’edificio era completato più grande e sontuoso di prima, dominato da una maestosa cupola, simbolo della città.

Pregevole il suo interno, riccamente arredato secondo lo stile barocco, dove sono ancor oggi conservati i busti d’argento dei SS. Margherita, Flaviano e Felicita con i veri teschi conservati. Da vedere anche la sottostante cripta.

Chiesa di San Flaviano
La costruzione originaria risale probabilmente all’anno 1032. All’inizio del XIV secolo alla chiesa romanica venne aggiunto un prolungamento ed una nuova facciata in stile gotico, inoltre vennero rialzate le navate laterali: successivamente vennero costruite anche le cappelle che si aprono oggi sul lato sinistro della chiesa. Al suo interno sono conservati alcuni affreschi di scuola romana e toscana risalenti al XIV secolo, altri di scuola umbra del secolo successivo e la Cattedra di Urbano IV. E’ presente, inoltre, la tomba del Fugger, prelato tedesco che pare sia morto per il troppo bere.

Aperto tutti i giorni dalle 8.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 17.00

Cassia, Francigena e Romea
Montefiascone ha subito nel corso dei secoli l'influenza dell'antico tracciato che, con il suo potenziale commerciale e culturale, ne ha contrassegnato lo sviluppo politico ed economico.

L'importante arteria, definita da Giovenale Regina Viarum, ha infatti offerto alle varie località toccate dal suo itinerario l'opportunità di rimanere in contatto con i grandi fatti della storia e talvolta, pur nei limiti delle loro possibilità, di parteciparvi.

Ovviamente il nome della via si adeguò di volta in volta alle esigenze dei popoli che la utilizzavano e siccome le strade medievali - a differenza delle vie romane che possedevano una loro nomenclatura ufficiale - si distinguevano generalmente per l'assunzione di veri e propri soprannomi derivati dai caratteri ambientali delle zone attraversate, dalla pericolosità di determinati tratti e dall'origine o dalla meta finale del percorso, quella direttrice viaria - in realtà successione di strade che localmente assumevano denominazioni diverse, ma che si caratterizzava comunque per il suo orizzonte internazionale e per la sua capacità di mettere in comunicazione le città del regno italico col mondo d'oltralpe - meritò l'appellativo di Francigena, o Francesca.

La via, specie nella Padania, ove il suo tracciato si ramificava per la varietà dei valichi alpini, non di rado mutava il suo nome in Romea, essendo più ricca di suggestioni per le popolazioni cisalpine la meta romana. Questa duplice denominazione caratterizzerà la strada per tutto il Medioevo e lungo tutto il suo percorso, dato che uno dei capi dell'itinerario era rappresentato, appunto, dalla città santa dell'Occidente, l'altera Jerusalem verso cui si muoveva un flusso ininterrotto di pellegrini.

Il fenomeno si accentuerà particolarmente dopo il Mille, periodo in cui il centro della vita politica ed economica si sposta dalla campagna alla città e contemporaneamente sorgono nuove città, non in posizioni necessariamente facili da difendere, ma in luoghi in cui si svolgevano fiere e mercati. Il conseguente aumentano degli scambi commerciali e dei traffici internazionali, che si realizzavano sulle vie più importanti e sugli itinerari che mettevano direttamente in comunicazione l’Italia con i mercati d'oltralpe, indusse progressivamente i mercanti ad abbandonate le strade secondarie tradizionalmente percorse dai pellegrini.

La via Francigena perse così parte della sua identità e la parte terminale settentrionale (Francia) passò in secondo piano rispetto al terminale meridionale (Roma); l'espressione via Francigena venne sempre più spesso sostituita dalla locuzione strada Romea.

Il percorso in realtà doveva essere poco più che una traccia e apparire presso a poco come una odierna carrareccia, con forti dislivelli, curve improvvise davanti a ostacoli naturali, guadi in corrispondenza dei corsi d'acqua e, naturalmente fondo stradale sprovvisto di pavimentazione.

Le fonti scritte, che a partire dal X secolo divengono sempre più ricche di notazioni riguardo all'itinerario, attraverso l'elenco delle successive mansioni (luoghi di tappa) che denunziano l'esistenza ormai di un vero e proprio asse attrezzato nei collegamenti dell'Italia peninsulare non solo con la Padania, ma anche col mondo d'oltralpe, ci permettono di ricostruire più dettagliatamente il tracciato della strada, in precedenza indicato come semplice direttrice transappenninica (…) Nel 1191, a distanza di quattro anni dalla distruzione del borgo di S. Flaviano, troviamo un’altra dettagliata fonte itineraria. Si tratta della memoria di viaggio da Roma alla Francia effettuato dal re Filippo II Augusto, di ritorno dalla terza crociata. Il sovrano francese prima di giungere al lago di Bolsena transita per Sutrem civitatem episcopalem (Sutri), deinde per Biterve (Viterbo), deinde per Munt-Flascun (Montefiascone). Per la prima volta sul tracciato della Romea compare il toponimo Montefiascone ad indicare il centro abitato in luogo del borgo di S. Flaviano. La distruzione del borgo, pur affrettando il già avviato incastellamento di Montefiascone, non modificò, almeno inizialmente, la viabilità del paese. I Papi, che già da molti decenni frequentavano - più o meno assiduamente - il primitivo palazzo della Rocca, continuarono infatti a considerare la basilica di S. Flaviano, posta a ridosso dell'antica strada, l'ecclesia maior del territorio e ad utilizzarla come chiesa cattedrale.

Per questa ragione nel 1262, in segno della sua autorità ed a ricordo della sua benevolenza, Urbano IV vi fece costruire un altare ed una cattedra papale; nel 1282 Martino IV, dopo avervi celebrato un solenne pontificale con molti vescovi e cardinali, fece pubblicare "ante ecclesiam sancti Flaviani..." una minaccia di scomunica contro il re Pietro d’Aragona e l’imperatore d’oriente Michele Paleologo coinvolti nei Vespri Siciliani.

Ad ulteriore conferma della sua immutata importanza, proprio in occasione del primo gubileo del 1300, lo stesso papa Bonifacio VIII intervenne a finanziare il restauro e l'ampliamento della chiesa.

Una sua bolla, datata 1 Dicembre 1301 a lavori iniziati, ci fa sapere che chiunque avesse collaborato alla ricostruzione della secolare chiesa di S. Flaviano, avrebbe ottenuto cento giorni d'indulgenza.

Benedetto XI, che spesso soggiornò Montefiascone, in data 27 Gennaio 1304 emanò un documento dello stesso tenore.

Negli anni seguenti, con la costituzione della diocesi e la conseguente erezione a Cattedrale della chiesa di S. Margherita voluta nel 1369 da Urbano V, tutti gli interessi politici e religiosi si concentrarono nella parte alta della città e quindi l'antico percorso fu sostituito da alcuni tracciati secondari che divennero preminenti.

A tutt'oggi, nonostante il secolare abbandono e le diverse vicissitudini storiche, il tratto della Cassia consolare che transita per Montefiascone costituisce uno dei più splendidi esempi di strada romana ancora utilizzata e tenuta in ottimo stato di conservazione