ALESSANDRO MANZONI


Milano, 7 marzo 1785
Milano, 22 maggio 1873

Manzoni nacque a Milano il 7 marzo 1785, ufficialmente dal conte Pietro Manzoni e da Giulia Beccaria, ma era probabilmente frutto di una relazione prematrimoniale della madre con Giovanni Verri.

I suoi genitori si separarono legalmente nel 1792 ed il loro disaccordo segnò la sua infanzia, che lo vide peregrinare da un collegio religioso all'altro.

Dall'ottobre del 1791 al settembre del 1798 fu presso i padri Somaschi, in varie sedi delle loro istituzioni (prima a Merate, poi a Lugano).

Quindi, dalla fine del 1798, venne ammesso al collegio Longone di Milano, un istituto dei padri Barnabiti, dal quale uscì nell'estate del 1801.

La sua permanenza in questi collegi accese in lui acrimonie e risentimenti. Del resto sua madre veniva da una famiglia, quella del Beccaria, di tradizioni razionaliste, che mal si conciliavano con l'ambiente retrivo della sua educazione.
Durante gli anni dei suoi studi, la madre visse a Parigi, con il nobile Carlo Imbonati.

Manzoni espresse apertamente le sue idee in merito alle scuole frequentate in un famoso componimento giovanile, il Carme in morte di Carlo Imbonati, nel quale condannò senza appello i suoi maestri ed i metodi applicati.

Dopo aver tollerato per anni il rigore degli esercizi di retorica e di grammatica tradizionali e la chiusura alle istanze della cultura viva del mondo contemporaneo, nei suoi primi componimenti, prove poetiche soprattutto, Manzoni si orientò verso i modelli neoclassici e prese a maestro Vincenzo Monti, il cui influsso è evidente negli altri suoi due poemetti più noti, Il trionfo della libertà (1801) e Urania (1809).

L'ambiente culturale milanese

Nel 1801 Manzoni tornò nella casa paterna a Milano e si immerse nel vivo della cultura cittadina del tempo.

Negli ambienti letterari l'impostazione era ancora quella illuminista, dato che nel secondo Settecento Milano era stata in Italia uno dei centri promanatori delle idee di questo movimento di pensiero. Il vate ed il mito della cultura illuminista milanese, Giuseppe Parini, era morto appena qualche anno prima, nel 1799, e la potente suggestione della sua poesia, i cui echi erano forti nei versi del Monti e del Foscolo, ancora plasmava i giovani delle nuove generazioni.

Fra i contemporanei dominava la personalità di Vincenzo Monti, che esprimeva i più autentici valori classici e nello stesso tempo era portavoce delle istanze letterarie recenti.

Figure di spicco nell'ambiente politico erano due esuli napoletani rifugiati a Milano dopo il fallimento della rivoluzione della repubblica partenopea, Vincenzo Cuoco ed il suo amico Francesco Lomonaco, che ebbero la funzione di mediatori tra la cultura illuminista napoletana e quella lombarda.

A Francesco Lomonaco il giovane Manzoni dedicò un sonetto, ed in un altro sonetto tratteggiò anche il proprio ritratto di giovane poeta.

Il soggiorno a Parigi

Nel 1805 il Manzoni si recò a Parigi, la cui vivace vita culturale contribuì non poco a sprovincializzare le vedute del giovane poeta lombardo, mettendolo in contatto con i rappresentanti del movimento romantico.

Egli divenne amico del letterato Claude Fauriel, che lo introdusse nel circolo dei filosofi sensisti, soprannominati "ideologi", i quali certamente esercitarono su di lui una certa influenza, ma di gran lunga dominante per la formazione del pensiero manzoniano dovette essere la lettura dei grandi illuministi, soprattutto di Voltaire, che formò in Manzoni l'attitudine al pensiero concreto e rigoroso.

A Parigi egli si riconfermò nelle idee che gli venivano dalla famiglia materna, quei principi che rimasero parte imprescindibile della sua etica di scrittore e di uomo.

Il culto della libertà e della giustizia sono già elementi portanti del Carme in morte di Carlo Imbonati, ma il contatto con gli amici parigini svelava l'urgenza di una loro applicazione politica.

Nello stesso tempo andava maturando in Manzoni il concetto di un'arte aristocratica, che non si lasciasse invischiare nelle pastoie di una società corrotta e volgare, condizionata da vuoti formalismi come erano stati quelli che avevano imperversato nella sua formazione scolastica.

La conversione

Manzoni tornò a Milano nel 1807 e qui sposò, nel 1808, Enrichetta Blondel, di fede calvinista. Il matrimonio venne celebrato inizialmente secondo il rito della moglie e nel febbraio 1810 venne convalidato secondo quello cattolico.
Marito e moglie vissero una fase di profonde meditazioni spirituali, finchè Enrichetta, nel maggio del 1810, abiurò e Manzoni, nel settembre, manifestò la sua conversione al cattolicesimo, accostandosi alla comunione per la prima volta.
E' famoso l'episodio che si pone all'origine della conversione manzoniana.

Per le vie di Parigi, durante i festeggiamenti per le nozze tra Napoleone e Maria Luisa d'Austria, Manzoni perse la moglie tra la folla e, frastornato, entrò nella chiesa di S.Rocco per chiedere aiuto a Dio. Uscito, ritrovò facilmente la sposa.
Nella vicenda Manzoni vide un segno divino. Certamente questa non fu l'unica causa a determinare la conversione di Manzoni, che già da tempo si era rivolto a persone di fede per approfondire la sua ricerca interiore. Fu determinante la scoperta di un cristianesimo diverso da quello che gli era stato imposto nella fanciullezza e nella giovinezza.
Il problema forse era originato dalla inconciliabilità che Alessandro scorgeva tra i principi astratti del cristianesimo convenzionale, al quale si appoggiava il privilegio, e le sue idee di giustizia sociale e libertà. Questo contrasto venne conciliato dalle conversazioni con il padre Degola, un colto sacerdote di tendenza giansenistica, che portò Manzoni a scoprire le istanze sociali che si celavano nel messaggio cristiano.
La conversione manzoniana non fu comunque un fenomeno sentimentale, si fondò piuttosto sulla lettura dei maggiori pensatori cattolici come Bossuet e Pascal e sull'analisi dei testi sacri.
Alla conversione corrispose un profondo ripensamento quanto al ruolo dello scrittore nella società. Al tempo dei suoi carmi giovanili egli aveva ispirato la sua opera a modelli neoclassici ed aveva avuto come scopo il raggiungimento della fama, dopo il 1809 la sua attenzione si concentrò sulle vicende storiche viste come lo sfondo della lotta e del travaglio degli umili ed il suo modello divenne la tradizione didascalica lombarda del '700. Manzoni diveniva così uno scrittore di impronta educativa, che intendeva rivolgersi non ai pochi eletti che condividevano i suoi nobili ideali, ma ad un pubblico di lettori quanto più vasto possibile.

Così nella sua nuova concezione il soggetto della poesia, pur essendo tale da poter rivolgersi alle persone dotte, doveva anche avere in sè quanto è necessario per interessare un largo pubblico e deve contenere elementi che siano nati "dalle memorie e dalle impressioni giornaliere della vita."

Gli anni fra il 1810 ed il 1820

Quando nacque la polemica fra classici e romantici, Manzoni non vi partecipò direttamente scrivendo articoli per il "Conciliatore", ma scrisse una lettera a Cesare D'Azeglio intitolata Sul Romanticismo (1823) ed ebbe una parte notevole nelle discussioni e nei dibattiti degli uomini che ne formavano la redazione, come Di Breme, Visconti, Berchet.
La sua posizione di sostegno alle loro idee si manifestò più concretamente con la composizione delle tragedie Il Conte di Carmagnola (1816-1819) e Adelchi (1820-1822), in cui metteva in pratica i principi romantici.

Nel frattempo in questo decennio si andava maturando in lui un cristianesimo integrale, che lentamente pervase tutta la sua vita interiore e determinò anche la ricerca di nuove forme espressive. Ne furono il portato letterario gli Inni Sacri, che vennero composti fra il 1812 ed il 1822.

L'approfondimento manzoniano della vita e della storia alla luce della fede cristiana trovò comunque la più completa espressione nelle Osservazioni sulla morale cattolica, scritte nel 1817. Una seconda edizione, con una appendice, venne poi pubblicata nel 1855, per contrastare le opinioni del filosofo inglese Bentham.
In questo scritto Manzoni difende la Chiesa cattolica dalle accuse del ginevrino Sismondo Sismondi che, nella sua "Storia delle repubbliche italiane" sosteneva che la Chiesa era stata una delle cause della corruttela d'Italia.
Nella sua difesa Manzoni usa il metodo dell'argomentazione razionale e rigorosa derivata da Voltaire, per smontare le accuse che erano state rivolte al cattolicesimo proprio da quelle frange della società che volevano, in nome di principi illuministici o razionalisti, ritrarre il cattolicesimo come il terreno della convenzione più retriva.

Intanto matura anche la concezione politica manzoniana. Già nel 1815, con la canzone Aprile 1814, il poeta aveva festeggiato la fine della dominazione francese e nello stesso anno, con il Proclama di Rimini, aveva esaltato l'azione di Murat in favore della libertà italiana. Il suo liberalismo diventa ora un principio che trascende il riconoscimento della giustizia della libertà per il popolo italiano, per estendersi al concetto che la libertà è bene inalienabile di ogni popolo ed è garantito da Dio.

Manzoni capovolge così il concetto che voleva il cattolicesimo alleato dei regnanti e dei tiranni contro il popolo, per dare invece alla Chiesa il ruolo di promotrice degli ideali di libertà dei popoli, ideali asseriti dalla legge divina.
Questo riavvicinamento della Chiesa ai valori liberali fu la premessa del neoguelfismo che, in politica, divenne liberalismo moderato.
Manzoni favorì quindi il ritorno della Chiesa nel movimento risorgimentale italiano.

Gli ultimi anni

Nel 1827 Manzoni pubblicò la prima edizione dei Promessi Sposi. Fra il 1821 ed il 1822, mentre attendeva alla stesura dell'Adelchi, aveva lavorato ad un romanzo che aveva il titolo provvisorio di Fermo e Lucia, che venne completato nel 1823 e poi sottoposto ad una decisa revisione. Il risultato dell'attento rimaneggiamento contenutistico fu l'edizione del 1827 dei Promessi Sposi, con la quale, però, il lavoro manzoniano non si concluse, tanto che l'ultima edizione, quella definitiva, che rivedeva profondamente il linguaggio usato nelle stesure precedenti, venne pubblicata nel 1840-42.
Gli anni successivi al 1827 non sono anni creativi, ma sono piuttosto dedicati al problema della lingua. Questa rinuncia manzoniana all'arte viene motivata nel saggio Del romanzo storico e, in genere, de' componimenti misti di storia e d'invenzione, che venne scritto nel 1828 e pubblicato nel 1845.
In questi anni Manzoni seguì con interesse gli sviluppi politici che accompagnarono il Risorgimento.

Nel 1848 firmò l'indirizzo dei milanesi a Carlo Alberto e, dopo i fatti del 1848, sperò nella unificazione italiana ad opera del Piemonte.
Ammirò la politica del Cavour e, quanto ai rapporti fra Chiesa e Stato, fu favorevole alla condanna del potere temporale della Chiesa.
Con la seconda edizione dei Promessi Sposi apparve la Storia della Colonna Infame, che seguiva un filone di analisi storica iniziato nel 1822 con il Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia.

Manzoni si dedicò anche agli studi filosofici, ai quali venne in certo modo invogliato dalla sua amicizia col Rosmini, che portò i suoi frutti nel trattato Dell'Invenzione, del 1850.

In questo ambito è importante anche la lettera al filosofo francese Cousin sui rapporti fra linguaggio e conoscenza, del 1829.
Manzoni morì a Milano il 22 maggio 1873, dopo aver votato nel 1861 a favore della legge che proclamava Vittorio Emanuele re d'Italia. Gli ultimi anni li aveva trascorsi in famiglia, con il conforto di una ristretta cerchia di amici.