Alessandro Manzoni
Il 5 Maggio

Il 5 maggio 1821, durante il suo esilio sull’isola di Sant’Elena, muore Napoleone Bonaparte.

Il fatto scuote l’opinione pubblica e ancor di più scuote, offrendo un motivo di riflessione, Alessandro Manzoni che compone quest’opera di getto in tre giorni, mettendo in risalto le battaglie e le imprese dell'ex imperatore, nonché la fragilità umana e la misericordia di Dio.

Manzoni aveva già incontrato il generalissimo all'età di quindici anni, al teatro alla Scala, dove rimase colpito dal suo sguardo penetrante (evocato al v. 75 con l'espressione «i rai fulminei») e dal magnetismo emanato dalla sua persona, in cui riconosceva l'artefice del trapasso da un’epoca storica a un'altra; ciò malgrado, egli non manifestò né plauso né critica nei confronti di questa figura di condottiero, a differenza di altri poeti suoi contemporanei (quali Ugo Foscolo e Vincenzo Monti).

Dopo aver appreso l'inaspettata e tragica notizia, il poeta, colto da improvviso turbamento, si immerse in una profonda meditazione di carattere storico ed etico, conclusasi quando seppe, leggendo la Gazzetta di Milano- della conversione di Napoleone, avvenuta prima del suo trapasso.

Egli fu profondamente commosso dalla morte cristiana dell'imperatore e, preso quasi da un impeto napoleonico, compose di getto il primo abbozzo di quello che sarà Il cinque maggio, in soli tre giorni (la gestazione dell'opera, iniziata il 18 luglio, fu conclusa il 20), con una rapidità decisamente estranea al suo temperamento riflessivo.

Dopo aver finalmente composto l'ode, Manzoni la presentò alla censura austriaca, che tuttavia non ne consentì la pubblicazione: come disse Angelo De Gubernatis, infatti, «l'Austria aveva tosto riconosciuto nel Cinque Maggio del Manzoni un omaggio troppo splendido al suo temuto nemico, che pareva come evocato dal suo sepolcro, in quelle strofe potenti».

Il Manzoni, tuttavia, ebbe la prudenza di preparare non uno, bensì due esemplari: di questi, uno fu trattenuto dal censore, mentre l'altro fu fatto circolare in forma manoscritta, anche al di fuori del Regno Lombardo-Veneto.

Manzoni, con la stesura de Il cinque maggio, non intendeva né glorificare la figura di Napoleone, né muovere a pietà il lettore per il suo trapasso, bensì illustrare il ruolo salvifico della Grazia divina, offrendo al contempo uno spaccato esistenziale della vita di Napoleone.