Luigi Pirandello
La Patente

Il giudice D'Andrea era una persona sulla quarantina, il cui aspetto era caratterizzato da elementi di molteplici razze.

La condotta morale era però l'opposto della sua sbilenca facciata: chiunque lo avesse conosciuto avrebbe potuto confermarlo.

Non aveva potuto nella sua vita vedere molte cose, ma pensava moltissimo, soprattutto la notte, osservando le stelle dalla finestra e trastullandosi coi suoi capelli da negro.

Questo errare della mente terminava con la luce del giorno, quando il giudice doveva andare ad amministrare la giustizia.

Assolveva al suo compito con la massima puntualità, rinunziando al pranzo pur di concludere ogni pratica; tuttavia questa meticolosità gli accresceva la pena del lavoro.

Neppure i suoi pensieri notturni lo aiutavano, anzi, sembravano essere avversi al mestiere di giudice istruttore.

Una sola pratica sfuggiva a questa precisione.

D'Andrea, dopo aver provato inutilmente ad occuparsene, domandava consigli ai colleghi, i quali al solo sentir nominare Chiàrchiaro si prodigavano in scongiuri.

Quella di Chiàrchiaro era una causa persa: aveva egli infatti accusato due persone di aver fatto gli scongiuri al suo passaggio, essendo convinzione comune che il suddetto fosse uno jettatore.

Il giudice non aveva idea di come adempiere al suo lavoro, perciò mandò a chiamare l'interessato che, puntualmente, si presentò.

L'aspetto di Rosario Chiàrchiaro lo rendeva certamente una persona poco raccomandabile.

D'Andrea volle sapere il perché di quella causa, che considerava persa in partenza.

L'accusatore stesso aveva fornito prove dell'innocenza degli imputati, e tutto ciò non faceva che aumentare i dubbi del giudice.

Chiàrchiaro un tempo lavorava ma, per la sua fama di jettatore, fu licenziato e lasciato sul lastrico.

Soltanto una certificazione del suo potere avrebbe potuto risollevarlo, in modo da farsi pagare per non trovarsi vicino, e portar male, a fabbriche o botteghe.

Tutto ciò che voleva era una patente da jettatore.