Leonardo Sciascia
Il Giorno della Civetta

Il libro Il giorno della civetta scritto da Leonardo Sciascia è un romanzo giallo a carattere socioculturale, in quanto per una totale comprensione della storia si deve tenere conto di alcune notizie e informazioni sulla società siciliana e la sua cultura.

La narrazione della storia può essere definita “a salti”, in quanto è possibile suddividere la storia in due filoni narrativi, cui appartengono le sequenze del testo: uno di questi due filoni è quello cui appartiene la storia vera e propria, cioè gli omicidi e le indagini; l’altro filone invece è costituito principalmente da dialoghi, e si riferisce agli eventi in modo più indeterminato, lasciando molte volte i personaggi nell’anonimato.

Questo gruppo di sequenze ci informa sul “dietro le quinte” della storia, ovvero su quegli accordi che sono presi dai potenti e che, come nell’ultima parte del testo influenzi in modo radicale la storia.

L’intera storia si svolge in Sicilia, ma non è possibile dare informazioni più precise sui luoghi, in quanto i nomi dei paesi e delle città in cui avvengono i fatti sono indicati solo con la lettera iniziale. Questa scelta dell’autore è dovuta al fatto che gli omicidi di mafia si assomigliano molto tra loro; per questo motivo citare un nome o fare un riferimento preciso al luogo di un omicidio avrebbe potuto essere inteso come un riferimento preciso ad un determinato delitto.

La presentazione degli spazi avviene sempre in maniera esplicita tramite il discorso indiretto; l’autore usa una breve descrizione, che rende subito l’idea dell’ambiente in cui si trovano i personaggi.

Il libro inizia con una breve ma essenziale descrizione di un autobus in partenza, luogo del movente, vale a dire con il fatto che costituisce l’oggetto del racconto; questo è l’omicidio di Salvatore Colasberna, presidente di una cooperativa edilizia.

Dopo l’omicidio, le forze dell’ordine, recatesi sul posto, cercano testimoni che possano fornire qualche informazione utile per le indagini, ma ormai tutti i passeggeri dell’autobus sono spariti; nel descrivere la scena l’autore introduce molti personaggi secondari, che, anche se sembrano non avere nessuna importanza, introducono il lettore al tema dell’omertà, che sarà presente anche in alcuni passi successivi.

Il libro è, infatti, ricco di informazioni, alcune ampie ed esplicite, altre appena accennate o implicite, sulla mentalità siciliana, di cui l’omertà ne rappresenta proprio un aspetto; altri aspetti che si possono trarre dal testo su quest’argomento sono per esempio la concezione che i siciliani hanno della famiglia, delle leggi o delle forze dell’ordine; il modo in cui vengono fatti conoscere al lettore questi aspetti è quasi sempre attraverso i pensieri dei siciliani che hanno a che, parlando o avendo a che fare con il capitano Bellodi, originario di Parma, riflettono sulla sua diversa mentalità.

Il passo successivo delle forze dell’ordine è interrogare il fratello e i soci del morto, per trovare possibili elementi utili all’indagine.

Anche durante quest’interrogatorio si può notare come le persone abbiano paura, e per questo motivo fingono di non sapere nulla; la stessa cosa succede anche con il successivo interrogatorio, quello della signora Nicolosi che, dopo essersi resa conto che la scomparsa del marito aveva a che fare con l’omicidio di Salvatore Colasberna, cerca inutilmente di far finta di aver dimenticato il nome fattogli dal marito il giorno della sua scomparsa.

Dopo aver capito che la sparizione di Nicolosi potrebbe essere ricondotta all’omicidio di Colasberna, i carabinieri fermano Diego Marchica, detto Zicchinetta, perché sicuri del fatto che fu proprio lui ad essere riconosciuto da Nicolosi la mattina dell’agguato. Sospettato di essere il mandante dell’omicidio, i carabinieri fermano anche Pizzucco, un conoscente del Marchica, con l’intenzione di farlo confessare.

Lo stratagemma dei carabinieri di usare una falsa deposizione per far confessare prima uno e poi l’altro fermato, porta le forze dell’ordine a Don Mariano Arena, capomafia e reale mandante dell’omicidio, che quando capisce di non poter far nulla e di essere ormai in trappola, decide di confessare.

Quando ormai si crede che i veri colpevoli siano ormai stati catturati, accade ciò che porta poi allo scioglimento finale: un capomafia ancor più potente di Don Mariano, il cui nome non è citato nel testo, ordina di far costruire dei falsi alibi per i tre detenuti, in modo che le confessioni sembrino venute fuori solamente dalle “torture psicologiche“ cui li avevano sottoposti i carabinieri durante l’interrogatorio. Questa scelta si deve al fatto che molte volte i rapporti tra i mafiosi sono come una catena, e la persona in questione sa che percorrendola anello per anello i carabinieri potrebbero alla fine arrivare anche a lui.

La conclusione di questo libro è in qualche modo da considerarsi molto amara: andato in porto questo progetto, il capitano Bellodi si ritrova, durante una licenza per malattia, a leggere su un giornale di come le sue indagini e accuse siano state smantellate proprio a causa di alcuni alibi improvvisamente sbucati fuori dal nulla per i tre arrestati e di come sia indagata per l’omicidio del marito la signora Nicolosi e il suo amante.

Descrizione dei personaggi

Le descrizioni vengono date dall’autore il più delle volte direttamente durante il discorso indiretto, altre volte invece vengono date dai personaggi. Tutte le descrizioni seguono uno schema preciso: prima l’autore narra i fatti più indicativi della loro vita, poi si passa ad un’analisi della personalità del soggetto, anche se non sempre è presente.

Il personaggio principale della storia è senza dubbio il capitano Bellodi, e la sua descrizione ci è data da due passi del racconto. Abbiamo notizie sull’aspetto fisico dalla prima parte dell’interrogatorio ai soci della Santa Fara, la cooperativa edilizia di Salvatore Colasberna; da qui possiamo spere che il capitano era giovane, alto e di colorito chiaro. Da un altro breve passo, precisamente al momento della confidenza fatta al capitano da Calogero di Bella, è possibile comprenderne la psicologia.

E’ originario di Parma, perciò possiede una mentalità completamente diversa da quella dei siciliani, che infatti in più occasioni lo definiscono “continentale” proprio per questo motivo. Aveva vissuto la “rivoluzione”, in altre parole il rivolgimento storico che si verificò in Italia subito dopo la caduta del fascismo e, indossata la divisa durante la guerra, non l’aveva più abbandonata diventando in questo modo carabiniere.

Altro particolare importante della personalità del capitano ci è introdotta da Sciascia attraverso una similitudine, in cui rapporta il capitano ad un chirurgo: il capitano considera ogni mancanza verso la legge come una malattia della società a lui affidata, e perciò avverte il peso di questa forte responsabilità, proprio come un medico.

Un altro personaggio cui è data molta importanza dall’autore, è Diego Marchica, l’esecutore materiale del delitto. Il resoconto dei fatti della sua vita non è altro che una lunga lista di crimini, iniziati all’età di diciotto anni con furto con scasso, da cui, inspiegabilmente, uscì quasi sempre assolto.

Rilevante è l’episodio in cui appare in pubblico al fianco di un uomo politico, certamente citato dall’autore per porre l’accento sui suoi rapporti con gli uomini politici, o di come non si possa considerare un semplice ladruncolo.

Per quanto riguarda l’analisi psicologica ci viene detto solo che è un sicario infallibile e di assoluta fiducia, ad esclusione solo della possibilità di scatti d’ira dovuti all’alcool o al gioco, con cui si poteva spiegare un tentativo di omicidio durante una rissa.

Altri personaggi secondari, ma importanti ai fini della storia sono Nicolosi, Calogero di Bella e Don Mariano Arena.
Di Nicolosi abbiamo notizie nella prima parte del libro da diverse fonti, dalla Procura, dal Casellario, dalla moglie e direttamente dall’autore. Di mestiere potatore, abitava con la moglie in Via Cavour al numero civico 97; il suo indirizzo, che era la più probabile via di fuga dell’assassino, e il fatto che fosse incensurato convinsero il capitano Bellodi che la sua scomparsa aveva sicuramente a che fare con l’omicidio di Salvatore Colasberna; sulla sua personalità si conosce solo ciò che ha riferito la moglie all’interrogatorio, e cioè che era pieno di delicatezza.

Calogero di Bella, detto Parrinieddu, era l’informatore della polizia; fu lui a fare il nome di Pizzucco ai carabinieri. Fu un ladro di pecore nell’immediato dopoguerra, per diventare poi l’esattore di alcuni usurai: il fatto che fosse stato in galera alcune volte era il suo punto di forza, su cui si basava la sua abilità nel riscuotere. L’unico indizio psicologico che ci dà l’autore sta nella sua reazione durante l’interrogatorio con il capitano e più in generale un aspetto quasi dominate del suo carattere: la paura.

Don Mariano è, come abbiamo già detto, un capomafia e il reale mandante dell’omicidio di Colasberna. La prima volta che Don Mariano compare esplicitamente, vale a dire chiamato espressamente con il suo nome, nel testo è quando fu interrogato dal capitano Bellodi, verso la conclusione del libro. In realtà Don Mariano era apparso altre due volte nel corso del racconto, ma sempre rimanendo nell’anonimato: una volta in una sequenza narrativa appartenente al secondo filone, cioè quello che ci informa sulle trame nascoste dei mafiosi, e un’altra volta durante il flash back della fuga di Parrinieddu; scoprire che queste due persone sono Don Mariano ci è possibile dalla presenza di due elementi che collegano i due fatti alla sua persona. Don Mariano e l’uomo incontrato da Parrinieddu per la strada hanno, infatti, in comune una caratteristica fisica, ovvero le palpebre grevi; a questo punto è possibile constatare che Don Mariano si identifica anche con il vecchio, che dialoga nel secondo filone narrativo con una persona più giovane, proprio perché si parla di un medesimo avvenimento, cioè appunto l’incontro casuale di Parrinieddu con Don Mariano.

Analisi dei luoghi

I luoghi non sono mai specificati nel libro, essendo sempre siglati. I paesi nominati, infatti, sono C., S., B..
C.: è il paese di cui Bellodi comanda la compagnia dei carabinieri e dove conduce tutte le sue indagini e i suoi interrogatori.

S.: è il paese del confidente, di cui egli conosce tutti e tutto. Qui si ambienta la prima scena del romanzo con la morte di Salvatore Colasberna.

Anche se i luoghi non sono mai specificati, si può sapere dalla lettura del libro che si trovano nel centro della Sicilia, non lontano da Palermo.

Analisi dei tempi

I riferimenti al tempo sono solo quelli riguardanti la durata del giorno, non essendo molto importante il passare dei giorni, delle settimane e dei mesi.