Ignazio Silone
Fontamara

I tempi e i luoghi

Le vicende si svolgono nel corso di un'estate all’epoca della dittatura fascista negli anni ‘30. Non c’è un ordine cronologico, perché il racconto si basa sui ricordi di una famiglia fontamarese.

In un primo momento i fatti si svolgono a Fontamara (un paesino dell’Abruzzo), nelle campagne e nei paesi più vicini (Fossa, Avezzano).

Nell'ultima parte del romanzo l'azione si sposta a Roma.

I personaggi

Il protagonista del racconto è un personaggio collettivo, la massa dei contadini, composta di tutti i cafoni di Fontamara.

Essi hanno le stesse abitudini e credenze; sono accomunati dalla povertà, dall'ignoranza, dall'ingenuità e dall'egoismo.

Tutti si trovano nella stessa situazione, ma, invece di cercare di migliorarla, ciascuno pensa a non compromettersi.

Essi sono molto vulnerabili a causa della loro ignoranza, infatti, essendo analfabeti ragionano secondo le preghiere e i proverbi e hanno molte superstizioni.

Con la cultura, i galantuomini, possono ingannarli senza difficoltà; per fortuna, i Fontamaresi hanno anche la "furbizia contadina" (ad esempio quando si fanno pagare da don Circostanza per i voti dei morti).

Solo Berardo Viola si distingue tra i cafoni: prima è presentato come un ribelle; poi comincia a pensare solo ai fatti suoi quando ha intenzione di rifarsi la terra per sposare Elvira; ed infine, alla morte di Elvira, sarà il primo cafone a sacrificarsi per gli altri.

Naturalmente è decisivo il personaggio di Elvira che è la causa di tutti i mutamenti di Berardo.

Infine, sono da nominare Don Circostanza, Don Abbacchio, l’Imprenditore e gli altri funzionari, che, con i loro pranzi e i loro comportamenti presentano una classe politica corrotta e con poca morale.

Le tematiche

Il romanzo, essendo una verità storica, vuole esprimere una denuncia contro ogni torto subito ingiustamente.

E'ovvio, poi, che oltre a questo tema principale, ce ne siano altri. Silone usa parole di disprezzo nei confronti dei fascisti, definiti come "una categoria di povera gente troppo debole e vile per ribellarsi ai ricchi, di cui sono servi e sempre lo saranno".

Allo stesso modo, si serve dei potenti per deriderli.

L'invito di Silone, rivolto ai suoi contemporanei e ai futuri, è quello di ribellarsi ad ogni ingiustizia, o almeno di provarci, visto che ciò è riuscito anche ai poveri cafoni di Fontamara, da secoli abituati a patire passivamente i torti altrui.

Riassunto

Fontamara è un piccolo paese situato nell'Appennino abruzzese; qui i cafoni vivono lavorando la terra.

Il fascismo è salito al potere, ma i Fontamaresi non ne sono informati finché, un giorno, al villaggio arriva il cav. Pelino, un graduato della Milizia che raggira i cafoni e li convince a firmare un foglio bianco.

Quel foglio diverrà in seguito un documento che permetterà al podestà di appropriarsi del ruscello di Fontamara, privando i contadini dell'acqua necessaria alla coltivazione.

Troppo tardi i cafoni comprenderanno il tranello e potranno solo rassegnarsi al proprio misero destino.

Di fronte agli inganni, i cafoni non sanno come reagire; vorrebbero ribellarsi, ma ne temono le conseguenze e soprattutto non si uniscono in un'azione comune, perché ciascuno pensa ai propri interessi e non vuole compromettersi.

Solo Berardo Viola, il cafone più forte, lotta contro le istituzioni per il bene di tutti, ma i Fontamaresi non lo seguono fino in fondo.

Una sera giungono a Fontamara i fascisti e compiono ogni sorta di violenze, senza che nessuno si ribelli; in seguito i Fontamaresi sono chiamati a discutere per una nuova distribuzione dei terreni fertili, ma vengono nuovamente truffati dal podestà che se ne appropria.

Ma quando i cafoni sarebbero disposti a lottare, il loro capo Berardo rinuncia perché ha i suoi interessi da difendere: si è innamorato di Elvira, desidera sposarla ma per farlo deve prima trovare un lavoro.

Egli si reca allora a Roma per accumulare un po' di denaro; nonostante la sua buona volontà, parecchi ostacoli burocratici glielo impediscono; Berardo è arrestato insieme a un facinoroso, l'Avezzanese; da Roma giunge la notizia della morte di Elvira e proprio quando la vita di Berardo pare un fallimento, egli dà una svolta alla sua vita: si sacrifica perché le vicende dei cafoni siano rese note a tutti dai giornali clandestini, diretti appunto dall'Avezzanese.

Berardo muore atrocemente in carcere, divenendo il simbolo dei Fontamaresi; essi prendono finalmente un impegno politico denunciando le prepotenze del regime fascista, ma la loro azione è subito fermata dai militi.

Molti muoiono, tuttavia una famiglia si salva, e dopo un lungo pellegrinaggio raggiunge Silone per raccontargli la triste avventura dei cafoni di Fontamara.