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Anziani in Famiglia e Famiglia di Anziani




Gli anziani rappresentano il 21% della popolazione secondo una statistica del 94 e confermata negli anni successivi (fonte ISTAT).

L’età di un individuo dipende da fattori biologici ma anche sociali e psicologici, ad esempio eventi di perdita o nel primo caso patologie, determinano un invecchiamento precoce.

Quindi dato che l’età anagrafica spesso non coincide con l’età psicologica è difficile dare un definizione di anziano ma gerontologi e geriatri concordano nel definire una persona anziana colei della quale, in base ai fattori sopracitati si può supporre che abbia davanti a sé 10 anni di speranza di vita.

Altre correnti di pensiero affermano che l’età senile inizi a 65 anni e si distingua in due fasi: la prima “anziana” ( dai 65 ai 75 anni ) la seconda “vecchia” ( dai 75 anni in poi ).

Parte dei sociologi di oggi considerano la vecchiaia una “invenzione sociale”

il pensionamento comporta una perdita di potere e di prestigio e sena l’inizio dell’età anziana; chi non è più giovane rischia di diventare socialmente invisibile e di essere vittima di pregiudizi e stereotipi spesso infondati.

La popolazione anziana è eterogenea e si divide in due fasi: la terza età in cui rientrano prevalentemente anziani autonomi, attivi e in buone condizioni di salute e inizia intorno ai 60-65 anni, si tende a dare di tale età un’immagine positiva, il demografo Peter Laslett la considera “il coronamento della vita”, perché le persone, libere ormai da impegni familiari e lavorativi, ma ancora vigoroso sul piano fisico, possono dedicarsi alla realizzazione personale.

Segue la quarta età, che segna generalmente l’inizio del decadimento fisico: in essa rientrano i vecchi e i molto vecchi spesso in precario o cattivo stato di salute o addirittura in condizioni di dipendenza parziale o totale dagli altri (inizia intorno ai 75-80 anni).

L’Italia, la Germania e il Giappone sono i Paesi dell’area occidentale a più intenso e rapido invecchiamento.

DOVE VIVONO

DISTRIBUZIONE TERRITORIALE

In Italia notiamo una maggior percentuale di anziani al Centro - Nord rispetto al mezzogiorno. Dai dati ISTAT del 96 si rileva che la Campania è la regione con la popolazione più giovane, mentre Liguria ed Emilia Romagna con quella più vecchia.

Si evidenziano differenze tra gli anziani che vivono nei grandi centri e quelli che abitano nei piccoli: per i primi c’è il vantaggio di una maggior offerta di servizi da parte del Comune e degli Enti, ma svantaggi per quanto riguarda le condizioni ambientali non adeguate o alle spese maggiori necessarie per vivere; i secondi invece possono usufruire di minori servizi ma godono di una maggior tranquillità e di migliori condizioni ambientali.

In base ai dati del censimento del 91 gli anziani ultra sessantacinquenni sono il 15% della popolazione, ma la loro quota varia da zona a zona: il maggior invecchiamento si ha nel centro e nel nord.

E’ in aumento il numero degli ultra sessantacinquenni che vivono soli, sono più numerosi in Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia, ma anche in alcune zone del sud. Queste differenze probabilmente si spiegano col fatto che nelle regioni del sud l’emigrazione ha allontanato i figli dai genitori, rimasti soli, mentre in quelle del centro la famiglia estesa, in cui convivono tre generazioni è più diffusa che altrove.

Ampie differenze si ritrovano anche nelle grandi città, fra centri storici (più vecchi) e periferie (più giovani).

ANZIANI IN FAMIGLIA E FAMIGLIE DI ANZIANI

Il benessere degli anziani è legato al contesto familiare, poiché la famiglia rappresenta il contesto entro il quale essi possono continuare ad esercitare un ruolo attivo, ricevendo sostegno, aiuto ed assistenza.

E’ in famiglia che l’anziano passa la maggior parte delle giornate, visto il ridursi della mobilità in relazione all’aumentare dell’età. Gli uomini preferiscono vivere in coppia, mentre le donne, se non hanno qualche figlio che si ferma nella famiglia d’origine, vivono sole, per poi entrare a far parte, in alcuni casi, della famiglia del figlio.

All’aumentare dell’età, per effetto della vedovanza, aumenta il numero di coloro che si trovano sole, mentre diminuisce il numero di coloro che vivono in coppia.

Ciò è particolarmente evidente per la donna che ha statisticamente sette anni di speranza di vita in più rispetto all’uomo e del quale è generalmente più giovane.

Con l’età cresce anche la quota dei membri aggregati, ovvero le persone che vivono insieme a una o più nuclei familiari, senza farne parte (anziano nella famiglia del figlio). L’aumento è evidente per gli ultra settantacinquenni, quando diminuisce l’autosufficienza.

Poco più di un terzo delle donne fino a 74 anni vive ancora la fase del “nido vuoto”, cioè l’uscita dei figli dalla famiglia, mentre, a partire dai 75 anni, quasi la metà vive sola. Diversamente, gli uomini fino ai 64 anni vivono con moglie e figli, dai 65 ai 74 in coppia senza figli e vi permangono anche dopo i 75, è chiaro quindi che per gli uomini è meno probabile vivere una fase della vita da soli.

La funzione parentale nell’età anziana si inverte: i genitori devono sopportare di dipendere dai propri figli e i figli di età matura di farsi carico dei genitori che perdono sempre più rapidamente la propria autonomia. Questa è una situazione che nella realtà coglie di sorpresa tutte le famiglie, infatti nessuno sa quando e come si instaurerà il rapporto di dipendenza.

L’invecchiamento generale della popolazione rende sempre più frequente questo stato di dipendenza relativo o totale.

I figli maschi riescono ad organizzarsi meglio e a trovare aiuti complementari, mentre le figlie si colpevolizzano e si preoccupano maggiormente di assistere personalmente i genitori e in particolare la madre: fra madre e figlia la dipendenza affettiva rafforza le richieste materiali. I genitori cominciano a invecchiare quando cessano di essere una risorsa per le difficoltà dei figli; questo stato di dipendenza è irreversibile: diviene ogni giorno più forte e implica crisi sorde o manifeste.

L’età a cui un anziano perde la propria autonomia varia da una persona all’altra: la memoria si affievolisce, i problemi finanziari e amministrativi diventano più complessi, la mobilità rallenta, gli interessi diminuiscono.

Questa perdita dei mezzi che consentivano una vita adulta e responsabile è accompagnata da paura, angoscia e da una richiesta affettiva profonda in cui si associano il desiderio di rimanere padroni in casa propria e l’esigenza quasi infantile di presenza e di protezione.

La crisi, che può essere il prodotto di un graduale processo o improvvisa accompagnata o meno da cambiamenti sia nell’anziano che nei figli, si manifesta sempre come una frattura e costringe la famiglia a riorganizzarsi.

Lo stesso tipo di evoluzione imprevedibile che si nota nel periodo dell’adolescenza dei figli si riscontra anche nei periodi di invecchiamento rapido e rende inevitabile una modificazione dell’organizzazione familiare. L’unità familiare è quindi vissuta nella lotta, nella lacerazione, nel senso di incomprensione reciproca; il motto potrebbe essere:“ l’unione è una lotta”.

Le famiglie di quattro o cinque generazioni hanno la fortuna di vivere rapporti fruttuosi tra le generazioni; condividono esperienze, affetto e sviluppano un’identità familiare forte e stabile.

Il gruppo familiare è considerato una risorsa in grado di controbilanciare l’aumento delle spese sanitarie e la gestione delle malattie croniche.

Oltre a un milione di famiglie hanno un anziano bisognoso di una precisa assistenza per le attività della vita corrente; cinque milioni di persone si occupano in permanenza di un genitore anziano. In una famiglia c’è generalmente una persona che si incarica dell’assistenza, aiutata o meno da altre.

Un paziente è per lo più assistito dalla moglie, mentre una paziente è curata dalla figlia o dalla nuora. Le donne continuano a imporsi questo ruolo di assistenza nella propria famiglia, un gran numero di loro deve riuscire a integrare il proprio lavoro con questo impegno supplementare.

Per l’assistenza che esige la malattia cronica crea un legame fortissimo tra il paziente e la persona che se ne occupa. Il terapeuta deve essere consapevole di questa possibilità di rapporto e del suo impatto sugli altri componenti della famiglia.

Bisogna esaminare l’organizzazione familiare per capire se sono necessari dei cambiamenti che permetteranno di aumentare elasticità familiare per evitare la restrizione dei ruoli o semplificare i compiti.

Si devono analizzare le aspettative dei membri della famiglia, perché certe donne hanno bisogno di modificare la propria visione della responsabilità: ampliare tale visione consentirà di includere altre persone nella gestione dell’assistenza.

VALORIZZAZIONE DELLA CASA E DELLA FAMIGLIA

Con il tempo un anziano accumula sentimenti, sclerotizza i rapporti, cristallizza le abitudini e non riesce più a gestire positivamente il rapporto con la famiglia, che dà le regole di un legame non più alla pari.

Non bisogna colpevolizzare le famiglie che sopportano il peso, in particolare di un anziano non autosufficiente, che dovrebbe essere più sostenuta dai servizi pubblici.

Si richiede, quindi, un concreto impegno di solidarietà, che dovrebbe iniziare all’interno della famiglia stessa: essa si qualifica come comunità di lavoro e di solidarietà.

Può accadere in molti casi che quando la famiglia decide di affrontare il problema, si può trovare priva dell’appoggio necessario da parte dei Servizi ed Enti pubblici.

Sia i familiari rimasti vicino all’anziano, che quelli scomparsi o lontani sono presenti nella sua vita e la influenzano in modo profondo.

FAVORIRE LA FAMIGLIA, I CENTRI DIURNI E LE PICCOLE RESIDENZE

La famiglia deve essere intesa come ambito affettivo relazionale e non ridotta ai soli rapporti giuridici tra parenti. In questo periodo sono di grande rilievo anche le esperienze di convivenza, che ricostruiscono anche il rapporto familiare anche tra persone anziane e giovani che non si erano conosciute prima: questa famiglia è ricca di relazioni affettive dotate di senso.

La scelta di proporre soluzioni di sostegno o di sostituzione alla famiglia nell’assistenza, per esempio centri diurni e piccole case alloggio, cerca di salvaguardare i desideri e i bisogni della famiglia.

Il rifiuto di un ricovero in istituto nasce spesso dalla convinzione che sia impossibile aver cura dell’anziano in un ambiente inadatto, infatti questa scelta tende a custodire più che a curare. In qualsiasi soluzione la famiglia intera deve essere coinvolta; è sempre più frequente il caso di figli che scelgono di partecipare alla cura e all’assistenza dei genitori, si realizzano nuove esperienze di famiglie composte da persone giovani e anziane che condividono la loro casa.

Sono comunque da incoraggiare tutte le forme di sostegno alle famiglie che scelgono di occuparsi direttamente dell’anziano in difficoltà.

RISCHI DELL’ISTITUTO

Qualche tempo fa assicurare all’anziano un futuro in istituto era considerato atto di solidarietà, mentre oggi per molti non è così: l’istituto riduce, anziché allargare, le speranze di vita.

Si deve far di tutto per curare a casa, infatti si è notato che all’interno degli istituti è presente il fenomeno di morti premature; soprattutto quando il trasferimento è attuato senza la volontà e la consapevolezza dell’anziano, gli esiti possono essere molto pesanti.

Il cambiamento di domicilio si accompagna all’abbandono definitivo della propria casa: ciò comporta la rottura di legami affettivamente significativi. Cambiare la residenza contro la propria volontà rappresenta un rischio di primaria importanza per la salute dell’anziano.

FAMIGLIE DI ANZIANI

Il processo di invecchiamento ha prodotto un incremento delle famiglie composte d soli anziani, ciò determina la cosi detta segregazione generazionale, ovvero la tendenza a chiudersi in sé stessi e/o a limitare a limitare i contatti con persone di altre generazioni.

L’incidenza delle famiglie uni personali è via via più alta al crescere dell’età anziana.

Le famiglie di anziani sono più presenti nell’Italia Nord - Occidentale e meno nelle isole.

Nelle famiglie senza anziani dominano le coppie con figli, nelle famiglie anziane predominano gli anziani soli.

ANZIANO DA SOLO

Gran parte degli uomini di 60 anni e oltre vive insieme alla moglie la fase conclusiva della propria vita; la quota di coloro che vivono soli cresce progressivamente con l’età.

Per le donne la condizione di solitudine è più precoce e più diffusa; sia per gli uomini che per le donne, ma in misura molto maggiore per queste ultime, l’approssimarsi della quarta età coincide con il periodo della vita in cui è più probabile vivere da soli.

Quando l’autonomia si riduce o viene meno, aumenta per gli uni e per le altre la probabilità di andare a vivere con la famiglia dei figli.

Gli squilibri nella durata della vita tra uomini e donne espongono queste ultime a vivere più frequentemente esperienze dolorose e difficili, quali il lutto e la solitudine nella fase finale della vita.

Tuttavia anche a tarda età la propensione per una vita indipendente è ancora forte: gli anziani soli hanno uno stato di salute migliore e in grado di autonomia superiore rispetto a quelli che vivono con i figli o con altri parenti.

Questo significa che solo quando si verifica un serio deterioramento delle condizioni fisiche e psichiche la vita da soli viene sostituita dalla convivenza con altri familiari.

La crescente propensione degli anziani a vivere soli si spiega in parte con il miglioramento del tenore di vita connesso alo sviluppo delle politiche di sicurezza sociale, ma anche con un cambiamento culturale che incoraggia l’indipendenza e la conservazione della privacy degli anziani.

E’ stata sottolineata la centralità delle relazioni familiari nella vita degli anziani: con l’avanzare degli anni un numero sempre più elevato di persone sole risiede vicino ai figli o nello stesso caseggiato.

Più vicino abitano figli, parenti e amici, più frequenti sono le loro visite. Gli anziani soli ricevono aiuti in misura maggiore rispetto agli anziani che convivono con altri.

Vi è però una reciprocità dello scambio tra le generazioni: fino alla soglia della quarta età, aiuti dati e ricevuti si bilanciano; poi, con l’avanzare dell’età, naturalmente quelli ricevuti prevalgono su quelli dati.

L’aiuto e il sostegno dei familiari sono probabilmente, per molti anziani, nella quarta età, una condizione necessaria per poter continuare a vivere da soli.

La solidarietà familiare, materiale e non, è molto più sviluppata in Italia e negli altri Paesi mediterranei.

Questa situazione presenta per gli anziani vantaggi e limiti: una presumibile maggior dose di calore umano e di affettività nelle relazioni sociali e di sostegno, che copre però serie carenze degli interventi pubblici, con il risultato che, quando la solidarietà familiare viene meno o non è in grado di far fronte a gravi bisogni, il rischio di povertà diventa concreto per un certo numero di anziani, ma in particolare di donne anziane sole.

La solidarietà familiare è palesemente inadeguata nel far fronte alla condizione di povertà, così come in quella di grave dipendenza fisica nell’età più avanzata, che richiedono un intervento di sostegno da parte della collettività.

Nel campo delle politiche sociali una prospettiva più recente tende a promuovere l’inserimento sociale degli anziani e a considerarli come una risorsa economica e sociale.

Si osserva che i tipi di intervento finora attuati in molti Paesi europei hanno di fatto ampliato i problemi della terza e quarta età, contribuendo a farle diventare fasi di dipendenza, di cui la società deve farsi carico, pagando costi o oneri.

A tale scopo si propongono interventi finalizzati sia al protrarsi della vita lavorativa, sia allo svolgimento di attività socialmente utili dopo la pensione, che avrebbero come effetto un prolungamento complessivo dell’autosufficienza personale, con relativa riduzione di costi sociali. L’interruzione brusca del lavoro provocata dal pensionamento ha effetti meno negativi sia sulle donne che sugli uomini.

Nell’età anziana emergono per le donne dei vantaggi in campo affettivo: il loro maggiore orientamento ala famiglia le mette in grado più degli uomini di mantenere e rinsaldare la rete dei rapporti familiari e dei legami della solidarietà inter - generazionale.

Di fronte alle carenze dei servizi per l’infanzia, ad esempio, le donne anziane, spesso autosufficienti autonome, svolgono un ruolo di fondamentale importanza nella cura dei nipoti e nel sostegno dell’attività lavorativa dei loro figli.

SERVIZI

SERVIZI SOCIALI E SANITARI

Sono necessari per gli anziani una serie di interventi volti ad evitare l’emarginazione e a garantire l’adattamento della personalità. In particolare negli anni 70 la società italiana ha preso coscienza delle difficili situazioni in cui venivano a trovarsi molti anziani.

Per rispondere a queste richieste urgenti, sia a livello locale che centrale, si sono avviate numerose iniziative a favore delle persone anziane.
Tra queste si sono avviati servizi culturali specifici, come le Università delle terza età, oppure servizi che facilitano la partecipazione di anziani ad incontri comuni, ad esempio sconti nei teatri o nei cinema; anche alcuni servizi pubblici hanno previsto facilitazioni per gli anziani, ad esempio nel settore dei trasporti, sia urbani che extraurbani.
Queste agevolazioni si sono rivelate utili, anche se a volte criticabili per il carattere implicitamente emarginante di alcuni servizi, per esempio i Centri per gli anziani essendo aperti solo a loro finiscono per isolarli, piuttosto che integrarli. Il problema più serio riguarda il diritto alla salute: l’identificazione del vecchio con il malato inguaribile ha creato nel Paese una drammatica situazione di diritti negati, leggi non rispettate, guadagni illeciti, violenze.

SERVIZI DOMICILIARI

Il passaggio dall’assistenza degli anziani autosufficienti alla cura di quelli non – autosufficienti ha caratterizzato anche i servizi domiciliari, come risposta alle necessità di tali persone che potevano essere costrette a concludere la loro vita in istituto.

Dapprima gli interventi di questo tipo di assistenza si limitavano alla pulizia dell’alloggio, fornitura di pasti, sostegno nelle relazioni sociali, ma in alcuni casi hanno svolto un ruolo “perno” andando, molte volte, aldilà delle loro competenze.

Negli ultimi tempi si cerca di fornire all’anziano un’assistenza globale, che di norma ciascuno svolge per sé stesso o che viene svolta dai familiari; nel caso di persone sole, questo ruolo è fondamentale per evitare inutili emarginazioni.

Apparentemente i servizi da erogare alle persone autonome possono sembrare gli stessi di quelli per le persone non autosufficienti, invece, dato che la riduzione dell’autonomia e la malattia sono rilevanti si determina un quadro e un servizio da fornire del tutto nuovo. Le esigenze dei malati sono effettivamente diverse, sia come qualità, che come quantità: per risolvere il problema dei non autosufficienti non basta fare un po’ di animazione e non si può pensare che le persone che assistono cento anziani autonomi possano servire dignitosamente cento persone malate gravemente: nell’assistenza domiciliare si è registrata quindi una crisi dovuta a questi fattori.

Si è inoltre determinato un allargamento delle aree coinvolte dall’assistenza domiciliare: le persone benestanti hanno potuto usufruire di tali servizi, assorbendo una quota non indifferente delle scarse risorse (soprattutto umane) impegnate nel settore; le persone più povere si sono trovate sprovviste di servizi per loro indispensabili, ciò è stato determinato dai costi non indifferenti dell’assistenza domiciliare.

La crisi di questo servizio è pertanto legata a due fenomeni: l’aggravarsi delle condizioni di salute dei pazienti e l’allargamento delle fasce di popolazione coinvolte.
La storia de servizi ha oscillato tra il sostegno alle persone presso la loro casa e la costruzione di istituzioni collettive; oggi gran parte delle famiglie ha a disposizione una casa e i servizi domiciliari sono diventati prioritari. L’importanza e la specificità di tali servizi si è diffusa e consolidata solo negli ultimi venti anni: le associazioni locali e le cooperative hanno quindi iniziato ad operare in Italia in questo settore e hanno contribuito in modo originale al loro sviluppo. Questi servizi devono essere fortemente incoraggiati: in assenza di forti strutture di riferimento, la cooperativa di servizi domiciliari può svolgere un importante ruolo di riferimento.

Tra gli anziani è molto diffuso il problema della solitudine; molti finiscono per vivere completamente isolati e senza contatti, in caso di malattia ciò risulta ancora più grave e per questi motivi si suggerisce di costruire servizi di assistenza domiciliare.

Tra le attività principali si trovano lo stare in compagnia, fare la spesa, preparare i pasti, aiutare nella mobilità, prestare piccole cure infermieristiche, rilevare sintomi, facilitare contatti con la famiglia ed i vicini, preparare ricoveri ospedalieri e cura al rientro a casa, provvedere alle pulizie e facilitare i contatti con i servizi.
La prima fase di questo lavoro consiste nella raccolta delle richieste, che vengono analizzate dall’associazione o dall’assistente sociale, in modo tale da mettere insieme personalità compatibili. La quantità di tempo e di interventi varia da a seconda delle necessità dei singoli individui.

E’ evidente che il domicilio e la propria casa diventeranno sempre più importanti nel futuro, quindi poter garantire un buon livello di cure domiciliari può offrire possibilità di successo; si sono perciò moltiplicate le associazioni e gli enti che offrono questi servizi.

SERVIZI NELLE RESIDENZE

Servire gli anziani in una residenza è tutt’altra esperienza che prendersene cura nella loro casa, infatti il cambiamento è totale.

Gli anziani, fuori dalle loro mura, perdono non solo riferimenti, ma anche potere; non possono più disporre della loro vita con la stessa autonomia che sarebbe stata loro riconosciuta nella propria casa. Non essere a casa propria vuol dire “rinegoziare” tutte le relazione umane e sociali; vuol dire essere costretti ad apprendere di nuovo come comportarsi per svolgere tutte le attività quotidiane. Il ricovero mette l’anziano in una posizione di inferiorità nei confronti sia di chi lavora, sia di chi è fuori.
Il ricovero in un’istituzione è reso pericoloso dalla mancanza di potere nelle decisioni.

Dal punto di vista degli anziani, la scelta di piccole residenze collocate all’interno del normale tessuto sociale è certamente positivo; infatti nn si disperdono i legami e le solide amicizie personali. La piccola residenza, se accogliente, familiare e riconosciuta come tale può diventare anche un luogo terapeutico. C’è da sperare che queste iniziative a favore degli anziani possono essere realizzate e diffuse soprattutto nelle grandi città.

Le esigenze degli anziani cambiano e diventa necessario utilizzare la casa di riposo anche per ricoveri temporanei soprattutto dovuti a motivi di salute e familiari: la caratteristica della residenza deve essere la garanzia della massima libertà per gli ospiti; deve essere un riferimento da cui partire per vivere le abituali attività quotidiane.

Frequentare gli amici, conversare, passeggiare in paese, essere inseriti nel vissuto paesano sono sempre stati parte significativa della vita e attività da incoraggiare per gli ospiti della casa di riposo.

All’interno delle residenze la rete dei rapporti può essere costruita attraverso collegamenti telefonici, frequenti visite, sistemi di comunicazione con i vicini, fino all’affidamento ad una famiglia amica che possa aver cura dell’anziano in modo attivo.

Per molti anni si è creduto che il ricovero in istituto potesse essere una risposta positiva ad un bisogno, ma oggi per le mutate condizioni sociali ed economiche si è trasformato in una minaccia. La continuità, la perseveranza, la disponibilità a non abbandonare gli anziani nei momenti di sofferenza e di morte, il desiderio di legarli alla vita, ai rapporti umani, al mondo esterno devono far parte del bagaglio quotidiano dei servizi assistenziali.

SERVIZIO DI PRONTA ACCOGLIENZA TEMPORANEA: la finalità è quella di provvedere alle esigenze di anziani non auto – sufficienti che vengono a trovarsi temporaneamente soli per diverse ragioni: stato di malattia, ospedalizzazione, impegno di lavoro del familiare convivente ecc.

COMUNITA’ ALOGGIO: struttura residenziale di dimensioni ridotte, che garantisce agli ospiti una vita comunitaria parzialmente autogestita con l’appoggio di servizi territoriali; ne usufruiscono anziani autosufficienti che, per particolari condizioni psico – fisiche e relazionali necessitano di una vita comunitaria di reciproca solidarietà.

RESIDENZE PROTETTE: si tratta di alloggi aggregati in una stessa unità strutturale, dotati di una zona comune per i servizi collettivi, per offrire la possibilità di vivere autonomamente in un ambiente controllato e protetto. Sono destinate ad anziani in condizione di auto – sufficienza completa o parziale che, pur conducendo una vita autonoma, devono usufruire di servizi collettivi protezione e di appoggio

CASE DI RIPOSO: sono strutture residenziali a carattere assistenziale, che offrono servizi generali per l’aiuto nelle attività quotidiane, occasioni di vita comunitaria e possibilità di attività occupazionali e ricreative – culturali, di mantenimento e riattivamento. Sono destinate prevalentemente agli anziani auto – sufficienti o parzialmente auto – sufficienti per i quali non sia possibile il mantenimento nel proprio ambito familiare e sociale.

CASA PROTETTA: è una struttura assistenziale a rilevanza sanitaria che deve garantire un’assistenza tutelare completa per tutte le attività quotidiane e l’assistenza sanitari di base, nell’ottica di un recupero massimo delle capacità degli ospiti. Ne usufruiscono, o i cittadini adulti con gravi patologie, in condizioni di non auto – sufficienza per i quali non sia possibile il mantenimento nel proprio ambito familiare sociale

S.A.D. = Servizio Assistenza Domiciliare

A.D.I. = Assistenza Domiciliare Integrata

S.A.A. = Servizio Assistenza Anziani

U.V.G. = Unità Valutazione Geriatrica

U.V.G.T. = Unità Valutazione Geriatrica Territoriale

A.U.S.L. = Azienda Unità Socio Sanitari Locale

R.S.A. = Residenze Sanitarie Assistenziali

C.D.= Centri Diurni

A.D.P. = Assistenza Domiciliare Programmata

TEMPO LIBERO E RELAZIONI SOCIALI

RIORGANIZZARE I TEMPI DI VITA

L’età anziana può rappresentare il momento dei rimpianti per le scelte mancate o per gli istanti belli vissuti distrattamente, ma costituiscono anche l’età in cui il peso delle responsabilità è ridotto e in cui uomini e donne sono oggettivamente riavvicinati quanto a tempi e luoghi di vita, possono rappresentare anche l’età in cui il tempo si libera e si può pensare a sé stessi.

Per molte persone i cambiamenti che intervengono nella vita familiare possono rappresentare vere e proprie sfide, piccole rivoluzioni domestiche. Sono molto presenti e ben note le “attività abitudinarie” (il giorno per le grandi pulizie, il giorno per la spesa, quello per uscire, fare compere, incontrare amici o parenti, ecc.) intorno a cui ruota la giornata e la vita soprattutto di chi è più avanti negli anni.

Molto nella vita degli anziani dipende dallo stato di salute. Gli anziani in buona salute avrebbero tutte le possibilità e le potenzialità per vivere ancora dai 20 ai 30 anni tranquilli, liberati da impegni familiari e lavorativi e liberi finalmente di dedicarsi a loro stessi e di godersi un sereno e meritato riposo.
Tuttavia molti studiosi hanno mostrato che esistono forti contraccolpi, sia economici sia psicologici, che derivano dal passaggio repentino dalla vita attiva al riposo.

L’età anziane sono caratterizzate da una vera e propria ridefinizione del ruolo sociale degli individui; ciò pone problemi di natura psicologica, ma anche di vera e propria organizzazione dell’esistenza, quindi è importante analizzare come gli anziani passano il tempo, come si relazionano con gli amici, quali sono le attività da loro svolte nel tempo libero.

TEMPO LIBERO A CASA O FUORI CASA?

Quando si diventa anziani il tempo passato in casa aumenta, ma le differenze tra le abitudini di vita tra i due sessi si accrescono con due ore di permanenza in più in casa da parte delle donne.

Gli uomini anziani vivono maggiormente in luoghi aperti o in altri luoghi, mentre le donne si orientano verso la casa d’altri.
Nei giorni festivi e prefestivi il tempo che gli anziani trascorrono in casa propria è maggiore poiché ci sono meno occasioni di uscita per gli acquisti, soprattutto la domenica.

L’uomo è dunque più proiettato fuori dalle mura domestiche, mentre le donne stanno più in casa: la “domesticità” è la caratteristica fondamentale della loro vita. Non esiste ora della loro giornata in cui la maggioranza delle donne si trovi in luoghi aperti: la percentuale più alta riguarda la domenica mattina (46.7%).
Gli uomini escono di casa in maggioranza la mattina, ma anche in larga parte il pomeriggio: anche per loro la percentuale maggiore si raggiunge la domenica mattina (73.5%).

Gli anziani quindi si spostano meno del resto della popolazione: una maggior mobilità è presente negli uomini e, rispetto al totale degli spostamenti, gli anziani si muovono prevalentemente a piedi.

PIU’ TEMPO PER SE’ STESSI

Dopo i bambini, sono gli anziani ad avere tempi fisiologici più dilatati, proprio in questa età la quasi totale scomparsa del lavoro fa aumentare il tempo disponibile per altre attività e ciò è vero soprattutto per gli uomini.

Gradatamente dalla prima fascia di età anziana in cui si dedicano in media 12 h 24 m alle cure personali, igiene, sonno, pasti, ecc., si arriva a dedicare 13 h 42 m nella seconda fascia.
Questi dati configurano n modo assai diverso le diverse giornate delle due distinte fasce d’età anziana, 65/74, 75 e più.

La situazione è variabile anche considerando il tipo di famiglia in cui gli anziani vivono. Dormono più a lungo i membri isolati e le persone sole, all’ultimo posto si collocano gli anziani che vivono in coppia con figli. Permane comunque una differenza tra i due sessi, in tutte le fasce d’età gli uomini vi dedicano più tempo.

I rapporti di amicizia sono molto importanti nella vita di ogni persona, tuttavia, sorprendentemente alta è la percentuale di anziani che dichiara di non avere amici.
Gli uomini hanno mediamente più frequentazioni delle donne, infatti il 49.2% degli anziani vede amici più di una volta a settimana, contro il 35.7% delle donne anziane.

Tra le attività del tempo libero, quella che più caratterizza la vita degli anziani è il guardare la televisione, non allo stesso livello è la diffusione della radio. La lettura dei quotidiani è un’altra attività che accomuna un numero importante di anziani, soprattutto uomini. L’abitudine di leggere i giornali decresce con l’età e raggiunge il minimo dai 75 anni in poi, sia per i maschi che per le femmine.
Meno diffusa sembra la lettura dei libri, anche in conseguenza del basso titolo di studio della popolazione anziana, soprattutto femminile.

Come è noto la proiezione all’esterno e la mobilità degli anziani è minore che nel resto della popolazione e riguarda meno i maschi che le femmine anche nelle attività del tempo libero. E’ così che cinema, teatro, spettacoli fanno parte dell’esperienza di vita quotidiana solo di una parte limitatissima di anziani.
Anche in questo caso la differenza tra le varie età anziane è molto pronunciata: la classe di età dai 60 ai 64 anni si conferma come transazione con caratteristiche comportamentali più simili alle classi di età precedenti che a quelle successive.

Infine, gli anziani, in media si recano meno frequentemente in vacanza del resto della popolazione, per di più al crescere dell’età diminuisce la quota di popolazione che si reca in vacanza. Gli anziani, dunque, ascoltano radio e televisione, leggono quotidiani, partecipano alla vita del paese.

Importante, infine, il coinvolgimento degli anziani nell’attività religiosa; le donne in questo campo sono più assidue degli uomini in tutte le età, ma a partire dai 75 anni si recano meno frequentemente nei luoghi di culto (forse a causa del peggioramento della salute che può condizionarne la mobilità). Per gli uomini, al contrario, il coinvolgimento nelle attività religiose cresce con l’età.

SCAMBIO TRA TEMPO LIBERO E LAVORO FAMILIARE

Si accentua una forte differenza tra i due sessi. Le donne per un’intensificazione della loro domesticità prolungano la situazione delle fasi precedenti, ovvero lavorano tutte, sempre e di più.

La necessità di continuare a svolgere un carico notevole di attività domestiche in condizioni fisiche non più ottimali, le obbliga a contenere addirittura i tempi per le attività fisiologiche oltre che per il tempo libero; per gli uomini, invece, finita la fase della rigidità dei tempi di lavoro, il tempo libero e quello dedicato a sé stessi si dilatano.

li uomini preferiscono concentrarsi su attività quali il giardinaggio e la cura degli animali, a cavallo tra l’attività del tempo libero e il lavoro domestico in senso stretto. Alla donna rimane il carico fondamentale della gestione quotidiana della casa in tutte le sue sfaccettature, nessuna esclusa.

ANZIANI ATTIVI

Per mantenere una buona salute è opportuno rimanere attivi; al contrario l’abbandono dei ruoli produttivi influenza negativamente l’esperienza dell’essere anziano.

Sono sempre di più gli anziani che scelgono di rimanere attivi e che ne hanno la possibilità. Tempo libero, turismo, beni voluttuari, hanno acceso l’interesse degli anziani dopo che era stato assicurato loro un discreto benessere. In particolare la televisione ha accompagnato il processo stesso di invecchiamento di un’intera generazione.
L’anziano attivo è, quindi, spesso, una persona che vive in una certa agiatezza; è anche di frequente inserito in associazioni, fenomeno tipico della società italiana è l’associazionismo degli anziani, in cui si registra una fortissima presenza sindacale.
Ormai da tempo gli iscritti alle federazioni dei pensionati hanno superato il numero totale dei membri di tutte le altre categorie. Le esperienze migliori sembrano essere state quelle accompagnate da un significativo investimento culturale: quando si è cercato di capire l’evolversi della situazione degli anziani, si è riusciti ad offrire risposte adeguate ai loro bisogni. Individualizzando i bisogni e le aspettative e considerando gli anziani alla pari delle altre generazioni, la sociologia italiana ha operato uno spostamento di interesse dall’anziano problematico a quello attivo, dall’anziano – problema all’anziano – risorsa.

Esistono diversi luoghi in cui gli anziani si possono trovare nel loro tempo libero; si tratta di circoli, organizzazioni, parrocchie, ecc.. obiettivi principali che si prefiggono sono:

Le attività promozionali, la comunicazione socio – culturale le configurano come luoghi della prevenzione dove sono possibili l’incontro, la socializzazione e la risocializzazione dell’anziano.

ANZIANI PER GLI ALTRI

Il legame di dipendenza e solidarietà tra gli uomini viene avvertito dolorosamente quando, nel bisogno, l’aiuto necessario è carente o manca del tutto. Il bisogno di aiuto non è più subito, ma raccolto come una richiesta cui si può positivamente rispondere.
Il numero di persone che, superata la soglia dei 65 anni, “lavora per gli altri senza fini di lucro” è già piuttosto consistente e tende ad aumentare. Tale fenomeno sarà ancora più sostenuto se si attiveranno degli opportuni collegamenti inter generazionali.
Molti anziani vivono come adulti e come adulti possono lavorare, ma la possibilità di interventi significativi è sarà sempre collegata alla effettiva disponibilità di relazioni con le fasce di popolazione attiva e con i giovani. Le esperienze più interessanti sono quelle che raccolgono persone di attività diversa uniti da un medesimo scopo.
La presenza di un’attività comune di persone anziane e meno anziane permette miglioramenti nel servizio, garantisce la continuità di un intervento che in un servizio gestito esclusivamente da anziani sarebbe difficile. Al tempo stesso, però, permette di utilizzare al massimo la componente anziana come una vera e propria risorsa.

La relazione tra coetanei, vicini di quartiere, ex colleghi ha una pregnanza sua propria, che non sostituisce, non annulla, non avvilisce gli altri legami, ma li rafforza.

Questo lavoro nel lavoro coinvolge gli anziani molto più di qualsiasi altra forma di visita e di assistenza. Ci sono altre due milioni e mezzo di persone che forniscono aiuto agli altri. Il volontariato per esempio con gli anziani, sia promozionale che personale, si colloca in un quadro di riferimento che stimola le risposte migliori alla “dipendenza rifiutata”.
Chi si occupa di questo non rifiuta la dipendenza, non se ne scandalizza, non se ne compiace.