TEMA
Essere Cittadino Europeo




Essere cittadino europeo, oggi, non comporta necessariamente perdere la propria identità nazionale, anzi, significa essere un cittadino più “forte” rispetto a ieri.

Significa non solo, infatti, vedere i propri diritti costituzionali rafforzati ed estesi a tutti i paesi “civili”, ma anche avere più diritti di prima: ai diritti che oggi l’Italia riconosce ai propri cittadini si aggiungeranno anche quelli riconosciuti dalla Corte di Giustizia Europea, tribunale al quale ci si può appellare qualora la giustizia italiana sembri non difenderci quanto noi vorremmo.

Questo comporta, come è ovvio, confrontarsi con esperienze e culture diverse, anche giuridiche: i diritti civili e commerciali dei paesi europei, infatti, non sono sempre uguali tra loro, come gli usi e i costumi, del resto.

Negli scambi e nei contratti, specie tra le imprese, vi è una costante produzione di nuovi diritti e doveri, curati dai giudici europei e nazionali, nell’ottica della supremazia del diritto comunitario su quello nazionale.

E’ chiaro, però, che uno Stato più vasto comporta anche un aumento dei problemi, causato non solo dal fondersi di identità nazionali spesso assai diverse e storicamente in “conflitto” tra loro, ma anche dalla necessità di una politica comunitaria valida e riconosciuta da tutti gli Stati membri.

I problemi relativi all’economia, all’occupazione, all’immigrazione, all’informazione, alla sicurezza, alla tutela delle famiglie, infatti, richiedono la creazione di soluzioni comuni, pensate da tutti i paesi comunitari e nel rispetto di tutte le loro esigenze.

Pensiamo, infatti, al malaugurato caso di un incidente nucleare in Francia: i disastrosi effetti prodottisi si trasmetterebbero via aria ed acqua anche sul nostro territorio dove, grazie ad un referendum, il nucleare è stato abolito mentre la Francia, nostra confinante, non soltanto non lo ha abolito, ma continua ad incrementare le ricerche e ad attivare centrali nucleari sul suo territorio.

Comprendiamo così, dunque, come sia necessario prendere una decisione univoca che consenta a tutti di non subire le conseguenze di decisioni e politiche “pericolose” non condivise.

La tutela dei diritti familiari, poi, è di scottante interesse per tutti coloro che hanno sposato o sposeranno cittadini di nazioni diverse tra loro, eventualità sempre più probabile in futuro: in caso di separazione o divorzio i problemi relativi all’affidamento dei figli, alla divisione dei beni, al mantenimento del coniuge più debole economicamente sono attualmente risolti in modo assai diverso da un paese all’altro.

Pensiamo anche al pericolo del terrorismo internazionale, specie quello islamico, che potrebbe indirizzarsi anche sui paesi non direttamente “interessati” dalla loro azione, colpevoli soltanto di essere “amici” del loro presunto nemico; pensiamo al pericolo sempre in agguato dei “razzismi” e dei “campanilismi” che spingono gli uomini all’odio verso il prossimo, colpevole di non parlare la stessa lingua o professare la stessa religione.

Ciò che è accaduto nell’ex Jugoslavia ne è una dimostrazione.

Forse quest’ultimo problema è quello di più difficile risoluzione dato che all’interno dei singoli stati membri non c’è quasi mai una stretta connessione tra le regioni o i distretti che li compongono, come in Spagna, come in Italia, come in Francia.

Lungi dall’essere in via di risoluzione queste difficoltà sono, anzi, in via di complicazione dato che si parla di allargare l’Unione agli Stati dell’Est europeo.

Non si potrà tenerli fuori a lungo, per svariati motivi, non ultimo quello economico.

Far entrare nell’Unione paesi ricchi di risorse non ancora sfruttate e con economie deboli, infatti, consentirebbe a tutti, apparentemente, benefici e vantaggi sostanziali.

In sostanza, dunque, essere “cittadino europeo” è un bene, ma grandi saranno le difficoltà da superare per esserlo veramente, per riconoscerci sotto una stessa bandiera, quella con un cerchio di stelle su campo azzurro.