Tema
Il potere politico

Di fronte alla vicenda e ai modi operativi della politica, specialmente quando si presenta non lineare ed alimenta e giustifica sospetti, molti assumono un atteggiamento ambivalente di cautela e di diffidenza o di stima e ammirazione, come per le cose che si presentano bifronti, con un volto apparente di perbenismo e, con un altro, demoniaco.

In presenza del Machiavelli, e quindi degli uomini politici, c'è chi fa propria la definizione che il manzoniano don Ferrante dà del politico fiorentino: "mariolo si, ma profondo" e spesso l'accento si posa più insistente sul primo termine.

D'altra parte, tutti sono pronti a riconoscere che certe conquiste della vita politica, certe istituzioni come la democrazia non devono essere alienate; nello stesso tempo, ben pochi e non sempre i più idonei partecipano alla competizione per la gestione del potere.

Ancora: lo stato moderno, anche in conseguenza del fallimento di altri organismi, si è arricchito di funzioni e compiti, ha dilatato i suoi poteri di intervento e di controllo, ha esteso la sua presenza anche là dove prima operava il singolo, si è addossate moltissime responsabilità: contemporaneamente non riesce ad esprimere il volto più alacre e moderno del popolo che lo crea, si muove con fatica e con grande spreco, non solo di denaro, tende ad addormentare le situazioni quando è inetto a risolvere per inadeguata preparazione anche tecnica, oppure le avvia a soluzioni burocratiche, le peggiori, pone al vertice gente arida mentre sarebbe necessaria la presenza di gente intrepida, capace di rapide decisioni, ricca di estro.

Perciò anche in politica e forse più che in altre attività, il nostro tempo si muove su due piani, è antico ed ha velleità di modernità, opera con criteri lenti e vuole proporsi come modello di organizzazione: da ciò, ma non solo da ciò, la crisi delle sue funzioni e degli organismi di cui si serviva un tempo.

Assistiamo, e non solo in Italia, ad una trasformazione delle classi dirigenti: al politico si contrappongono o con lui cooperano nelle decisioni altri poteri, non ancora istituzionalizzati, quelli della cultura, per esempio, e quelli dei tecnici.

Qualche studioso di politica non parla più di democrazia ma di tecnocrazia: altri di meritocrazia.

A qualcuno pare di potere concludere sulla morte delle ideologie politiche e sul tramonto dei partiti.

Altri avverte che la democrazia, nel senso di effettiva e diretta partecipazione delle masse alla guida del potere, è una menzogna convenzionale, un pennacchio: di fatto invece ci troviamo in presenza di una democrazia permissiva, di un regime sostanzialmente dispotico che opera però in modi più puliti e raffinati che i totalitarismi rozzi e violenti, del tutto improduttivi in tempi di società industriale, non più violentando la libertà (questo modulo appartiene alle culture sottosviluppate, a classi di potere che procedono con il passo militaresco dei vecchi dittatori) quando rendendola del tutto inefficace.

A questi approdi concorrono il controllo dei mezzi di produzione e la manipolazione dell'opinione pubblica attraverso l'uso appropriato dei mezzi di comunicazione di massa.

Certo, non esiste un solo modo di essere democratici, e non c'è solo una via di approccio ai problemi dell'uomo socialmente operante ed organizzato. Si pensi tra l'altro alla maggiore presenza dei sindacati nella vita degli stati.

E si pensi anche ai compiti che in una società così fatta ha l'intellettuale con il suo impegno antidogmatico, con il suo virile e razionale coraggio, con la sua abitudine alla demistificazione e al ripudio delle frasi fatte: l'intellettuale sa che le forze politiche non hanno una potenza naturalistica ed inarrestabile, ma possono e debbono essere dominate, sa che tutto è prodotto dall'uomo e tutto può essere prodotto per l'uomo, sa che sul piano sociale il suo compito più importante è di difendere la libertà contro l'intolleranza, l'originalità contro la burocratizzazione, la novità contro il formalismo, sa che tutte le istituzioni sono strumenti operativi, nascono in un tempo e non possono essere considerate dei fini rigidi, delle forze bloccanti, conosce le vie dell'opposizione e della contestazione, desta le forze genuine dell'uomo.

Al qualunquista poi che finge sdegno per la politica e preferisce la stolida e nefasta politica delle "mani nette" sono dirette le seguenti parole di Thomas Mann, che sono un monito ed un invito a fare politica se vogliamo non essere ancora sorpresi dall'arrivo dei dittatori e dei colonnelli: "Non è forse vero che l'uomo che oggi dichiara -io di politica non mi occupo- ci sembra alquanto insulso?"

Noi sentiamo la sua dichiarazione non solo come egoistica, estraniata dal mondo, ma anche come uno stolto autoinganno, come una stupida inferiorità.

Una tale affermazione palesa un'ignoranza non tanto intellettuale, quanto morale. Sotto la forma politica ci si presenta oggi il problema stesso dell'uomo.