Biomasse

Biomasse
(2 documenti)

BIOMASSE (1)

Tra le Energie da fonti rinnovabili vi sono poi le BIOMASSE, per le quali qui di seguito riportiamo alcune notizie.

Biomassa è l’energia che si può ricavare dalle sostanze organiche, esclusi i materiali plastici e i materiali fossili.

La biomassa utilizzabile per gli scopi energetici dipende da tutti i materiali organici che possono essere impiegati come combustibili solidi, liquidi o gassosi.

Le fonti delle materie organiche delle biomasse sono:

• Residui delle coltivazioni

• Residui da piante coltivate a scopi energetici

• Residui dalle foreste

• Scarti industriali

• Scarti zootecnici

• Rifiuti urbani

Le biomasse sono molto importanti come fonti energetiche rinnovabili, poiché sono sempre presenti, non inquinano nel loro impiego, non provocano l’effetto serra.

Il D.Lgs. n.22 del 5 febbraio 1997 (Decreto Ronchi) definisce come rifiuto tutte le sostanze generate da residui di lavorazione, siano esse di origine vegetale o non trattate. Ad esempio elenca tra gli altri rifiuti i residui da scorie di processi di distillazione (art. 6 ).

L’art. 7 comma 3 definisce come rifiuti speciali:

• Rifiuti da attività agricole e agro – industriali

• Rifiuti da lavorazioni industriali

Il CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti) classifica le varie categorie di rifiuto.

La Legge n.10 del 9 gennaio 1991 “Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia” (G.U. n.13 del 6 gennaio 1991), all’art. 3 comma 3 include tra le fonti rinnovabili anche la trasformazione dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali.

Il D.Lgs.16 marzo 1999 n.79 (Decreto Bersani) “Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica” (G.U. n.75 del 31 marzo 1999), fra le fonti rinnovabili riporta la trasformazione in energia elettrica di prodotti vegetali e rifiuti organici ed inorganici. (art.2 comma 15).

Il Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali n.401 dell’11 settembre 1999 “Regolamento recante norme di attuazione dell’articolo 1, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n.173 per la concessione di aiuti a favore della produzione ed utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili nel settore agricolo” (G.U. del 5 novembre 1999), nelle norme per la concessione degli aiuti a favore della produzione ed utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili nel settore agricolo, all’art. 1 comma 3 del regolamento definisce come biomasse:

• Legna da ardere

• Altri prodotti e residui lignocellulosici puri

• Sottoprodotti di coltivazioni agricole, ittiche e di trasformazione agro – industriali

• Colture agricole e forestali dedicate

• Liquami e reflui zootecnici ed acquicoli

COME PRODURRE ENERGIA DALLE BIOMASSE

In modo molto sintetico la produzione di energia da biomasse può avvenire in due modi:

• Conversione biochimica

• Conversione termochimica

La Conversione biochimica consiste nell’utilizzo di enzimi, funghi e micro – organismi che le biomasse producono spontaneamente in certe condizioni, per ottenere energia da questa reazione chimica.

La Conversione termochimica si ottiene utilizzando calore che permette una reazione chimica e trasforma in energia materiali quali, legna e tutti i suoi derivati (segatura, ecc.), tutti i sottoprodotti colturali ligno – cellulosico (paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei frutteti ecc.), e scarti di lavorazioni (lolla, pula, gusci, noccioli, ecc.)


BIOMASSE (2)

L’utilizzo delle biomasse a fini energetici non è certo cosa recente: grazie al loro utilizzo è stata possibile l’evoluzione dell’uomo fino alla rivoluzione industriale. La legna da ardere è stata l’unico combustibile a disposizione degli esseri umani fino ad allora e, anche dopo l’inizio dell’era industriale, nonostante l’utilizzo sempre maggiore di carbone fossile e prodotti petroliferi, si è continuato a utilizzare la legna per cucinare e riscaldare le abitazioni, soprattutto in ambiti montani coperti da grandi aree boscate, con elevata disponibilità di legna.

Tra tutte le fonti rinnovabili di energia, le biomasse sono quelle più simili alle fonti fossili. Si presentano come combustibili solidi (legna, pellet), liquidi (biodiesel, bioetanolo, biometanolo) e gassosi (biogas, gasogeno da legna). Possono essere utilizzati in tutti i dispositivi energetici progettati per combustibili fossili, anche se sono necessari piccoli accorgimenti per ottimizzare i processi di combustione, poiché le biomasse hanno densità energetica inferiore ai combustibili fossili. Una caldaia progettata per bruciare metano può essere alimentata con biogas semplicemente variando la quantità di aria nella camera di combustione, mentre quasi tutti i motori a gasolio possono essere alimentati con biodiesel puro o miscelato, modificando gli iniettori.

Il confronto delle emissioni al camino di una caldaia a carbone, il più inquinante dei combustibili fossili, con le emissioni di una caldaia a legna ci restituisce però un dato allarmante: la CO2 emessa per unità di energia prodotta è inferiore a quella emessa utilizzando legna! Questo è generalmente valido per tutte le biomasse se confrontate ai combustibili fossili.

Inoltre, anche se è abbastanza semplice utilizzare le biomasse in sostituzione dei combustibili fossili, è comunque innegabile che questo comporta un disturbo seppur minimo da parte degli utilizzatori.

Ma perché allora utilizzare le biomasse? Perché gli impianti a biomasse sono considerati alla pari di impianti ad emissioni nulle quali i generatori eolici o fotovoltaici? La risposta risiede nelle modalità di utilizzo più che nel tipo di combustibile utilizzato.

L’espressione “fonti alternative”, usata fino a qualche anno fa, ha lasciato il posto a “fonti rinnovabili”, mentre oggi si parla sempre di più di “utilizzo sostenibile delle fonti energetiche”. L’utilizzo sconsiderato delle biomasse comporta un danno ambientale superiore a quello causato dall’utilizzo dei combustibili fossili. Ma utilizzare le biomasse ad un “ritmo” sostenibile non comporta nessun incremento della CO2 in atmosfera. La quantità di anidride carbonica emessa nel processo di combustione è, infatti, uguale a quella sottratta all’atmosfera durante il processo di crescita del vegetale tramite la fotosintesi clorofilliana. È sufficiente quindi utilizzare ogni anno tanta biomassa quanta la natura riesce a rigenerarne per non causare ulteriori incrementi di CO2 in atmosfera.

Il CETA (Centro di Ecologia Teorica e Applicata) è impegnato in studi di fattibilità e in progettazioni per la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili. Per quanto riguarda l’utilizzo energetico delle biomasse la strategia adottata favorisce la realizzazione di impianti di piccola e media taglia, distribuiti sul territorio in modo da utilizzare le risorse presenti in loco e non vanificare i vantaggi ambientali intrinseci dell’utilizzo delle biomasse, con costi economici ed impatti ambientali dovuti al trasporto del combustibile.

Gli studi e le realizzazioni che il CETA ha realizzato negli ultimi anni riguardano le seguenti problematiche:

  1. produzione di biocombustibili da colture oleaginose dedicate
  2. utilizzi di biomasse ligno-cellulosiche da colture dedicate o da scarti agricoli e industriali, per la produzione di energia termica o per la generazione contestuale (co-generazione) di energia termica ed elettrica, in impianti per utenze singole o associati a reti di teleriscaldamento, al servizio di comunità montane o piccoli insediamenti
  3. produzione ed utilizzo di biogas da reflui di origine civile, industriale e zootecnico.

Riscaldamento con legna in pezzi e con cippato di legna

Un impianto dotato di una caldaia di potenza nominale pari a 600.000 kcal/h può soddisfare, grazie ad una piccola rete di teleriscaldamento, il fabbisogno energetico di 30 abitazioni in ambiente montano o di una scuola di medie dimensioni (1.100.000 Mcal/anno), con un consumo di biomassa lignocellulosica (p.c.i. pari a 3.000 kcal/kg con umidità relativa pari al 40%) sotto forma di cippato di legno vergine di 340 t/anno. Il risparmio di combustibile fossile (gasolio in questo caso) è di circa 105.000 litri/anno. 270.000 kg di CO2 verranno conseguentemente evitati all’ambiente. L’utilizzo delle biomasse in sostituzione dei combustibili fossili comporta, oltre ad una riduzione degli impatti ambientali, un risparmio tangibile in termini di spesa monetaria. La spesa sostenuta per l’acquisto di 340 tonnellate di biomassa legnosa (cippato di legno), utili a soddisfare il fabbisogno annuo di calore di 30 famiglie residenti in ambito montano, è di 8.000-12.000 €/anno, a fronte di una spesa di gasolio di circa 80.000 €/anno. Inoltre i costi di installazione sia della caldaia a biomassa che della rete di teleriscaldamento sono finanziabili grazie agli incentivi pubblici, con una copertura che può arrivare fino al 40% della spesa totale di installazione. Tali impianti godono poi di un’aliquota IVA agevolata al 10% in quanto impianti di produzione da fonti rinnovabili.

Analoghi computi si ottengono nel caso di soluzioni impiantistiche monofamiliari o plurifamiliari, che utilizzano caldaie alimentate con blocchetti di legno. Le rese energetiche sono leggermente inferiori rispetto alle grandi caldaie alimentate con cippato, ma i costi di investimento sono più adeguati alle piccole utenze. Anche le piccole caldaie per utenze singole private sono finanziabili fino al 40% della spesa di installazione, godono dell’aliquota IVA agevolata al 10% e possono usufruire di detrazioni fiscali per un importo fino al 36% della spesa complessiva.

La produzione di energia da biogas

Il biogas è un gas composto prevalentemente da metano (CH4) e anidride carbonica (CO2) e da tracce di altre sostanze. Viene prodotto dalla digestione anaerobica della sostanza organica, processo di conversione biochimico che avviene in assenza di ossigeno ad opera di particolari micro-organismi. Questi demoliscono le sostanze organiche complesse quali lipidi, glucidi e protidi contenuti nei vegetali o nei sottoprodotti animali, ricombinando il carbonio e l’idrogeno in essi contenuti per formare metano e anidride carbonica. L’utilizzo di reattori anaerobi consente di controllare questo processo, permettendo la riduzione del carico organico contenuto in reflui di vario tipo.

Sezioni di digestione anaerobica sono presenti negli impianti di depurazione dei reflui civili e agro-industriali e sono ampiamente diffusi in molte realtà zootecniche per il trattamento delle deiezioni animali.

Tale processo ha quindi una doppia valenza:

  1. una di tipo ambientale, in quanto permette la riduzione del carico organico fino al 50% del totale con limitati impieghi di energia
  2. una più spiccatamente energetica, derivante dal possibile utilizzo del biogas prodotto.
    Un impianto tipo di piccole dimensioni, ad esempio per il trattamento di 200 capi bovini, è così formato:
  3. reattore anaerobio monostadio o bistadio, dal volume utile di circa 200m3, isolato e riscaldato alla temperatura costante di 37°C, con agitatore interno
  4. gasometro, per l’accumulo e lo stoccaggio del biogas
  5. cogeneratore a combustione interna dalla potenza elettrica installata di 30kW e caldaia di emergenza
  6. eventuali ulteriori sezioni di separazione dei solidi, fitodepurazione, compostaggio

Il refluo tal quale, proveniente dalle stalle in quantità di circa 7m3 al giorno, viene avviato al digestore anaerobio, dove permane per un tempo variabile in funzione della temperatura interna. Generalmente il tempo di permanenza è di 30 giorni con una temperatura interna di 37°C circa (processo mesofilo). In uscita dal digestore, il refluo avrà un contenuto in solidi volatili (SSV) ridotto del 40-50% circa, senza variazioni significative del volume.
Si stima una produzione approssimativa di biogas pari a circa 35Nm3/giorno per 1m3 di refluo, variabile in funzione del contenuto di solidi volatili presenti. Il biogas ottenuto, in quantità di 250Nm3 al giorno, può essere utilizzato in un cogeneratore a combustione interna, producendo contestualmente energia termica ed elettrica. L’energia termica prodotta sarà utilizzata nel periodo invernale per riscaldare il digestore, mentre nel resto dell’anno potrà essere utilizzata per eventuali altre utenze, quali residenze o essiccatoi. L’energia elettrica prodotta, in quantità pari a circa 120.000kWh annui, verrà utilizzata all’interno dell’azienda. Gli eventuali esuberi di produzione verranno venduti in rete.
Per produzioni annue superiori a 100.000kWh è possibile emettere i Certificati Verdi, quale riconoscimento economico in conto chilowattora per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Il refluo in uscita dal reattore anaerobio può essere stoccato e sparso sui campi a scopi agronomici nei periodi vegetativi o, in alternativa, subire un trattamento di separazione della componente liquida da quella solida, a cui segue il trattamento del liquido chiarificato in impianto di fitodepurazione e il compostaggio dei fanghi ispessiti. Il liquido in uscita dalla fitodepurazione sarà utilizzato per la fertirrigazione dei campi, mentre il compost ottenuto può essere usato come ammendante all’interno della stessa azienda o venduto alle vicine aziende agricole.