Vulcani,Terremoti,Bradisismo, Solfatare,Terme,Eruzioni

Vulcani, Terremoti, Bradisismo,
Solfatare, Terme, Eruzioni

Origine e Formazione della Terra

Le teorie sull'origine della Terra sono collegate con il più generale problema dell'origine del sistema solare: è certo, comunque, che occorse un tempo assai lungo prima che la massa di materia gassosa si contraesse dando origine a un corpo ben definito (protopianeta) o a un sistema a due corpi (Terra-Luna) come ritenuto da vari studiosi.

Ciò rende difficile determinare con esattezza l'età della Terra : con una certa sicurezza, mediante lo studio del decadimento radioattivo, è possibile stabilire un età minima di circa 3 miliardi di anni.

L'elevata temperatura produsse, nel volgere del tempo, la fusione dei componenti della Terra e di conseguenza la riorganizzazione della sua struttura interna in base alla densità dei componenti, quelli più pesanti al centro e i più leggeri in superficie.

Ciò ha portato alla differenziazione del materiale terrestre in un nucleo, un mantello e una crosta.

I primi lembi di crosta devono essersi formati quando la temperatura in superficie scese sotto gli 800 °C: di questa primordiale crosta non rimangono tracce per la sua estrema instabilità.

Si ipotizza allora che fossero attive numerose e piccole celle di convenzione le cui correnti dovevano sconvolgere l'esile crosta con un intenso vulcanismo di tipo basico, nelle zone di risalita, e di tipo intermedio e acido in quelle di risucchio.

Forma e Caratteristiche Generali

Presso le antiche civiltà, la Terra era considerata di forma piatta,a disco,e supportante al bordo il cielo e le stelle fisse:ma già dalla seconda metà del I millennio a.C. l'osservazione dell'ombra proiettata dalla Terra sulla Luna durante le eclissi indusse gli studiosi a ritenere sferica la forma del pianeta.

L'acquisizione di tale concetto fra la gente avvenne però lentamente e solo con le grandi scoperte astronomiche rinascimentali fu possibile documentare in modo rigoroso che la Terra aveva la medesima forma di tutti gli altri corpi celesti.

La più semplice configurazione attribuibile alla Terra (non considerando le irregolarità di superficie),intesa come corpo planetario in origine fluido, è in prima approssimazione quella sferica.

Tale forma è astratta e non ha alcuna realtà fisica.

Una forma meno astratta della precedente, ma pur sempre teorica, è quella sferoidica che, benchè teorica, è legata a elementi che hanno una loro realtà fisica: direzione, verso e intensità della gravità.

La superficie sferoidica deriva da una particolare superficie di livello del campo teorico della gravità terrestre nell'ipotesi che la Terra sia un corpo omogeneo, con densità uniforme e dotato di moto di rotazione intorno al proprio asse avente velocità angolare costante.

La forma più approssimata della realtà fisica della Terra e quella geodica, perchè tiene conto della non uniforme distribuzione delle masse nel corpo terrestre e della loro diversa densità.

Tale superficie considera il campo della gravità effettiva.

Il geoide è quindi la forma più approssimata della Terra e si assume come superficie di riferimento negli studi geodetici e gravimetrici.

Fenomeni esogeni

Erosione e deposito

L’ambiente naturale subisce continue trasformazioni ad opera della natura stessa.
I caratteri fisici di un territorio possono mutare per l’intervento di fattori che agiscono all’esterno della Terra sulla sua superficie, gli agenti esogeni.

Gli agenti esogeni (vento, acqua, ...) agiscono continuamente sulla crosta terrestre, modificandone l’aspetto e la struttura superficiale.

Anche gli elementi più banali di un paesaggio (una collina, l’ansa di un fiume, ...) sono ricchi di una storia lunga e affascinante. Essi non si sono infatti formati a caso, ma rappresentano uno stato di equilibrio fra forze naturali  opposte che, per migliaia e milioni di anni, hanno lavorato e lavorano con intensità variabile.

Gli agenti esogeni sono responsabili di un processo di erosione, cioè di disgregazione meccanica, che provoca il livellamento progressivo delle terre emerse: in pratica le montagne si abbassano ed il materiale che viene loro tolto viene trasportato in altri luoghi da "corrieri" molto efficaci.
Uno di questi è il vento, che è capace di trasportare per enormi distanze le particelle più fini: la polvere del Sahara può essere trascinata dal vento addirittura sul Mar Baltico, dando luogo al fenomeno conosciuto come "pioggia rossa".

Anche i ghiacciai trasportano immense quantità di varie dimensioni: oggi hanno importanza ridotta, ma in passato, durante le glaciazioni, la loro azione ha avuto un peso determinante nella costruzione della crosta.

Ma l’agente di trasporto più importante è l’acqua. Le dimensioni e la quantità di materiale trasportato dipendono dalla velocità del corso d’acqua ; i torrenti riescono a trascinare ciottoli e a spostare macigni, mentre i grandi fiumi della pianura trasportano essenzialmente sabbia e limo. Così le particelle più fini sono trasportate fino al mare, mentre quelle più grosse vengono depositate lungo il corso del fiume.
Anche il Po deposita ogni anno notevoli quantità di detriti ed ha formato così, nel corso dei millenni, la Pianura Padana. Per avere un’idea dell’intensità della sua azione di deposito basta pensare che la città di Ravenna, intorno al secolo V d.C. era un importante porto dell’Adriatico , mentre oggi dista dal mare circa 11 km.

Quando il peso delle particelle supera la forza di trascinamento che l’agente di trasporto esercita su di esse, inizia la sedimentazione delle particelle stesse. Prima si depositeranno quelle più pesanti, come i ciottoli e la ghiaia, poi le più fini e leggere, come la sabbia e il limo.
La sedimentazione delle particelle determina la formazione di strati orizzontali: lungo valli incise da fiumi o in vicinanza di strade in costruzione è facile vedere gli strati successivi di deposizione, separati da linee di discontinuità.

Anche al vento ed ai ghiacciai sono dovuti depositi di una certa importanza. Le dune dei deserti sono esempi di depositi dovuti all’azione del vento del vento, mentre tipici depositi di origine glaciale sono le morene, di cui abbiamo un bell’esempio, in Italia, nella Serra di Ivrea.

Fenomeni endogeni

Il vulcanismo è un insieme di processi attraverso cui il materiale roccioso fuso, o magma, risale dall'interno della Terra in superficie, con emissione nell'atmosfera di numerosi gas. La disciplina che studia tali fenomeni, nonché le strutture, i depositi e l'ambiente che essi generano è detta vulcanologia.

Vulcanismo primario

Magma e gas risalgono in superficie attraverso le zone più deboli dello strato più esterno della Terra, la litosfera, che si trovano soprattutto presso i margini delle zolle componenti la litosfera stessa, dove appunto si riscontra la maggior parte dei fenomeni vulcanici. Laddove magma e gas riescono a raggiungere la superficie terrestre, attraverso condotti o fessurazioni della crosta, si formano strutture geologiche chiamate vulcani, dei quali esistono varie tipologie. Tipica forma di vulcano è quella del monte Fuji in Giappone, costituito da una struttura conica con cratere sulla sommità, dal quale (nel caso in cui il vulcano sia attivo) fuoriescono episodicamente ceneri, vapori, gas, roccia fusa e frammenti solidi, spesso in modo esplosivo. I vulcani attivi costituiscono meno dell'1% di tutti i vulcani presenti sulla Terra.

Almeno l'80% del vulcanismo avviene attraverso lunghe fessurazioni verticali della crosta terrestre, sviluppandosi principalmente lungo i margini cosiddetti costruttivi delle zolle, corrispondenti alle dorsali oceaniche. Qui viene prodotta continuamente nuova crosta oceanica, che determina così una continua espansione dei fondali: la maggior parte del vulcanismo attivo sul nostro pianeta si svolge infatti sul fondo dell'oceano e non è quindi visibile.

Vulcanismo di superficie

Il vulcanismo di superficie, o continentale, è molto meno importante di quello oceanico in termini di volume di magma emesso, ma interessa maggiormente la vita dell'uomo, che può rimanere vittima dei suoi effetti. L'attività di un vulcano può essere caratterizzata da violente esplosioni o anche da una tranquilla e continuativa effusione di magma che, quando raggiunge la superficie, prende il nome di lava.

Vulcani lineari

Il vulcanismo lineare, o da spaccatura, è tipico delle dorsali oceaniche, ma può anche avvenire sulla terraferma e in qualche caso può essere molto spettacolare. I vulcani da spaccatura emettono grandi volumi di materiale molto fluido, che effondendosi ricopre vaste aree; eruzioni successive possono dar luogo alla formazione di piattaforme o plateau. Oggi i più classici vulcani di spaccatura si possono osservare in Islanda, situata sulla dorsale medio-atlantica. Tale vulcanismo di spaccatura sulle superfici continentali ha interessato soprattutto le epoche geologiche passate, com'è rilevabile dai grandi plateau presenti su tutti i continenti. Le effusioni basaltiche hanno formato, tra gli altri, il plateau del Deccan, nell'India centroccidentale, il bacino del Paraná, compreso fra Brasile meridionale, Argentina e Paraguay, il plateau della Columbia, negli Stati Uniti nordoccidentali, il Drakensberg Plateau in Sudafrica, e il plateau centrale dell'Isola del Nord della Nuova Zelanda.

Vulcani a condotto centrale

La maggior parte dell'attività vulcanica che si manifesta in superficie, comunque, è associata a condotti vulcanici di forma generalmente circolare, più spesso raggruppati che non a fessure. Questo tipo di struttura dà origine ai cosiddetti vulcani a condotto centrale, che si presentano con due diverse tipologie: i vulcani conici e i vulcani a scudo.

Il vulcano conico a versanti ripidi si forma in seguito all'eruzione di materiali solidi, o piroclastici (nel loro complesso detti tefra) di varie dimensioni, dalle ceneri ai macigni. Il materiale, scagliato in aria da eruzioni esplosive, tende a ricadere nelle immediate vicinanze del cratere, lo sbocco esterno del condotto vulcanico. Esempio ben conosciuto di questo tipo di vulcano è il Paricutín, in Messico, che iniziò a eruttare improvvisamente in mezzo a un campo il 20 febbraio 1943, innalzando in sei giorni un cono di ceneri alto 150 m e raggiungendo, alla fine di quell'anno, quasi 440 metri.

Pochi vulcani però emettono solo materiale piroclastico, così da formare coni di sole ceneri; di solito, durante le eruzioni, fuoriesce anche lava, cosicché la struttura vulcanica risultante è spesso formata da strati sovrapposti di lava e materiale piroclastico. Questi vulcani sono detti vulcani compositi, o vulcani-strato e sono i vulcani più grandi e conosciuti, come lo Stromboli e il Vesuvio in Italia, il Popocatépetl in Messico, il Cotopaxi in Ecuador, il Kilimanjaro in Tanzania e lo stesso Fuji. Talvolta il materiale vulcanico può essere emesso anche da aperture secondarie, spesso temporanee, situate lungo fianchi del vulcano.

Vulcani a scudo

Il vulcano a scudo ha solitamente struttura allargata, con un diametro di base talora di parecchie decine di chilometri e versanti dall'inclinazione molto dolce, di solito inferiore ai 12°; generalmente si è formato in seguito a successive emissioni di lava basaltica fluida. I vulcani a scudo spesso hanno più di uno sbocco e presentano anche fessure lungo i loro fianchi, come nel caso dell'Etna, il più alto vulcano europeo, e dei grandi vulcani delle isole Hawaii. Queste isole sono costituite da un complesso di vulcani a scudo che si innalza dal fondo dell'oceano; il Mauna Loa, sull'isola di Hawaii, è tra quelli più recenti e si eleva per oltre 10.000 m dal fondo oceanico.

Vulcani di superficie e tettonica a zolle

I vulcani che sorgono sulla superficie terrestre sono spesso situati in corrispondenza dei margini delle zolle in collisione. Quando due zolle convergono, il margine dell'una si inabissa al di sotto dell'altra, dirigendosi verso il mantello (lo strato di materiale semifuso che sta sotto la litosfera). Questo moto di subduzione ha come risultato finale la reincorporazione nel mantello del materiale che costituisce la litosfera. Talvolta i margini di zolla sono ambedue costituiti da litosfera di tipo oceanico; più spesso, uno di essi è costituito da litosfera oceanica e l'altro da litosfera continentale. Dato che la litosfera continentale è più dura e meno compatta, è quella oceanica ad andare in subduzione.

Quando la crosta oceanica fonde in conseguenza del processo di subduzione, il magma formatosi risale verso l'alto lungo il piano di subduzione e alla fine viene eruttato in superficie, di solito sul lato interno, rispetto al continente, del margine della zolla. Questo processo fu alla base della formazione di estese catene montuose, come le Ande in Sud America e la cosiddetta Cordigliera nel Nord America, che comprende la Catena delle Cascate e le Montagne Rocciose. Quando il vulcanismo causato dalla subduzione avviene nell'oceano, si formano lunghe catene arcuate di isole vulcaniche, come il Giappone e le Filippine.

La maggior parte delle zone di subduzione della Terra si trova lungo il bordo dell'oceano Pacifico, e qui pertanto risiedono più di tre quarti dei vulcani di superficie estinti, quiescenti o attivi esistenti sulla Terra. Essi formano una fascia conosciuta come "anello di fuoco", caratterizzata per lo più da intensa sismicità. L'anello di fuoco si estende lungo le Ande, la Cordigliera nordamericana, le isole Aleutine, la penisola di Kamcatka, le isole Curili, il Giappone, le Filippine, Celebes, la Nuova Guinea, le isole Salomone, la Nuova Caledonia, e la Nuova Zelanda.

Caldere

La cavità attraverso cui il materiale vulcanico viene emesso, detto cratere, nei vulcani inattivi si configura come una depressione, che spesso si riempie di acqua, formando dei laghi. Il più noto è il Crater Lake, nell'Oregon (Stati Uniti), del diametro di circa 8 km. In Italia, laghi originati da vulcani spenti sono quelli di Bolsena, Bracciano, Albano, Vico e Nemi nel Lazio e quello di Monticchio nel Vulture.

Talvolta la sommità del vulcano collassa nel condotto stesso, formando una depressione molto ampia, chiamata caldera, che può avere un diametro anche di molti chilometri. Le caldere si formano anche in seguito a violente esplosioni che fanno "saltar via" la sommità del vulcano, come è accaduto al Krakatoa, in Indonesia, nel 1883. Le onde di maremoto provocate dall'eruzione provocarono decine di migliaia di vittime in tutto il Sud-Est asiatico e il boato dell'esplosione si udì fino a 5000 km di distanza, mentre milioni di tonnellate di ceneri vulcaniche venivano scagliate nell'atmosfera.

Materiali vulcanici

Al di sotto della maggior parte dei vulcani attivi o potenzialmente attivi è situata una camera magmatica contenente roccia fusa. Questo magma, originatosi probabilmente nell'astenosfera (lo strato a comportamento plastico situato immediatamente al di sotto della litosfera), trova nella camera una sorta di stazione intermedia prima di raggiungere la superficie. Quando il magma raggiunge la superficie, comunque, può trovarsi allo stato solido, liquido o gassoso.

La maggior parte dei magmi contiene gas disciolti, con anidride carbonica e anidride solforosa, che vengono liberati in conseguenza della forte diminuzione di pressione subita dal magma durante la risalita. L'emissione di gas può essere improvvisa e avvenire con forza esplosiva: in questo caso il magma viene scagliato verso il cielo in frammenti fusi o semifusi, chiamati, come si è detto, tefra o materiale piroclastico. Questi frammenti, più o meno grossi, solidificano completamente prima di ricadere al suolo.

Il materiale piroclastico assume forme assai varie, che vanno dalla consistenza della polvere, trasportata a grandi distanze dal vento, fino alle dimensioni di macigni del peso di oltre 100 tonnellate che, in eruzioni particolarmente violente, possono essere scagliati anche a parecchi chilometri dal cratere. Nelle eruzioni meno intense, i frammenti vulcanici non vengono scagliati verso l'alto ma, mescolati con gas caldissimi, scendono rapidamente lungo i versanti del vulcano sotto forma di nube ardente, che distrugge tutto ciò che si trova sul suo percorso.

Alcuni vulcani non hanno mai eruzioni esplosive, ma effondono magma in modo costante e tranquillo. Queste eruzioni sono possibili con magmi basaltici estremamente fluidi che contengono silice e gas in misura molto ridotta. Esse sono per lo più associate a vulcanismo di spaccatura e a vulcani a scudo, come quelli delle Hawaii. Più silice vi è nel magma, più viscoso risulta quest'ultimo. È più difficile per i gas sfuggire a magmi viscosi, di conseguenza un incremento della viscosità è normalmente associato alle eruzioni più esplosive.

Tipi di eruzione

Ogni vulcano può eruttare in molti modi diversi, ma certi tipi di eruzione tendono a essere associati a particolari tipi di vulcani. Ciò si riflette nella classificazione delle eruzioni vulcaniche: ogni categoria è identificata con il nome di un vulcano. Le eruzioni tipiche dei vulcani a scudo sono dette di tipo hawaiano. Eruzioni più esplosive sono classificate, in base a una scala di viscosità crescente del magma, come stromboliane (da Stromboli), vulcaniane (da Vulcano, nelle isole Eolie), vesuviane, pliniane e peléeane (da Pelée, nella Martinica). Le eruzioni vesuviane, pliniane e peléeane hanno il carattere più parossistico; portano all'espulsione di grandi quantità di ceneri e anche di blocchi di lava. Le eruzioni peléeane sono inoltre associate alle già citate nubi ardenti. L'8 maggio 1902, l'eruzione del Pelée distrusse la città di Saint-Pierre e provocò la morte di circa 30.000 persone, la maggior parte per gli effetti di una nube ardente.

Le eruzioni più violente tendono a verificarsi presso i margini delle zolle. Le due più grandi eruzioni vulcaniche a memoria d'uomo – quella del Krakatoa e quella del Tambora – sono avvenute in corrispondenza della giunzione della zolla asiatica con quella australiana. Il Tambora, situato sulla costa settentrionale dell'isola di Sumbawa, nel 1815 ebbe un'eruzione che scoperchiò la metà superiore del vulcano e fece circa 50.000 vittime.

A differenza delle eruzioni esplosive, che hanno ucciso decine di migliaia di persone nel corso della storia, quelle di tipo hawaiiano e per certi versi quelle stromboliane costituiscono raramente un rischio per le persone. La lava può scorrere anche rapidamente, ma non tanto da impedire alle popolazioni locali di trovare scampo.

I materiali solidi, lanciati in aria durante le eruzioni, vengono divisi in base alle loro dimensioni: le ceneri sono particelle finissime, i lapilli hanno un diametro tra 1 e 4 cm, le bombe sono frammenti più grossi che vengono eruttate sotto forma di corpi liquidi che si solidificano nel corso della loro emissione.

Punti caldi

La maggior parte dell'attività vulcanica avviene lungo i margini delle zolle, dove la litosfera è più debole. Tuttavia il vulcanismo riguarda anche zone lontane da questi punti, come ad esempio l'area della Rift Valley, nell'Africa orientale, dove sorge un vulcano come il Kilimanjaro. Ciò è comprensibile, in quanto la Rift Valley rappresenta una zona in cui la crosta continentale ha iniziato a lacerarsi e dove si prevedono future grandi eruzioni magmatiche.

Non tutti i punti caldi vulcanici del mantello si trovano negli oceani. Un esempio di punto caldo continentale è il Parco nazionale di Yellowstone, negli Stati Uniti. Attualmente non si verificano eruzioni vulcaniche a Yellowstone, ma la zona è caratterizzata da un intenso flusso di calore crostale, che produce sorgenti termali e i getti di vapore dei geyser.

I rischi legati al vulcanesimo

Molti milioni di persone nel mondo vivono sotto la minaccia permanente di eruzioni vulcaniche, in particolar modo di tipo esplosivo. Eppure sono moltissimi, nel mondo, gli insediamenti situati in prossimità dei vulcani, nonostante un reale grave pericolo, perchè i suoli prodotti dalla degradazione del materiale vulcanico sono assai fertili. Il vulcano Pinatubo, situato a nord di Manila, la capitale delle Filippine, ha avuto un imponente risveglio di attività nel 1991, scagliando nell'atmosfera milioni di tonnellate di ceneri. Queste, a causa delle intensissime piogge tropicali, hanno prodotto immense colate di fango che hanno ucciso 550 persone e ne hanno lasciate 650.000 senza tetto. Il caso del Pinatubo mostra quale pericolo ci sia nel considerare inattivo o estinto un vulcano: esso non aveva dato segni di attività per più di 600 anni.

Struttura del vulcano

Il Vulcano è un’apertura della crosta terrestre attraverso cui, dall'interno della Terra, vengono eruttati in superficie materiale roccioso fuso, o magma, e gas. Il termine si applica anche alle forme del paesaggio che vengono prodotte da tale eruzione e deriva dal nome di una delle Isole Eolie, dove secondo la mitologia latina il dio del fuoco Vulcano aveva la sua fucina. I processi che conducono alla formazione dei vulcani e in generale delle strutture vulcaniche ricadono complessivamente sotto il nome di vulcanismo.

Come forme del paesaggio, i vulcani sono il prodotto della deposizione progressiva di materiale fuso o solido. Il magma fuso, il quale perde i gas che contiene raggiungendo la superficie terrestre, prende il nome di lava; il materiale solido, cosiddetto piroclastico, comprende polveri, ceneri, lapilli e bombe, in ordine crescente di dimensioni. La maggior parte dei vulcani ha forma conica; alcuni però, detti vulcani a scudo, sono quasi piatti, con base estremamente larga che si estende anche per molti chilometri quadrati.

Alcuni vulcani sono molto attivi, ma ben pochi si trovano in stato di eruzione permanente. Stromboli, nelle isole Eolie, è costantemente attivo dall'antichità; Izalco, in El Salvador, è attivo dalla sua prima eruzione, avvenuta nel 1770. Altri vulcani costantemente attivi si trovano nella fascia, nota come "anello di fuoco", che circonda l'oceano Pacifico.

Altri vulcani, come il Vesuvio, alternano fasi di attività moderata a periodi di quiescenza, che possono durare per mesi, anni o secoli. L'eruzione che mette fine a una fase prolungata di quiescenza è di solito molto violenta. È stato questo il caso dell'eruzione del 1980, dopo 123 anni di quiescenza, del Mount St. Helens nello stato di Washington (Stati Uniti). L'imponente eruzione del Pinatubo, avvenuta nel giugno 1991 nelle Filippine ha chiuso un periodo di quiescenza di seicento anni.

Per un lungo periodo, dopo avere cessato di eruttare lava o materiali piroclastici, un vulcano continua a emettere vapore e gas acidi in quella che viene definita fase fumarolica, dopo la quale dall'apparato vulcanico possono scaturire sorgenti calde. Esempi di questo tipo di attività comprendono i geyser del parco nazionale di Yellowstone negli Stati Uniti e della parte centrale dell'Isola del Nord della Nuova Zelanda. Alla fine gli ultimi residui di calore vulcanico vengono meno, e dal vulcano o dalle sue vicinanze escono sorgenti di acque fredde.

Dopo essere divenuto inattivo, un vulcano viene progressivamente smantellato dai fenomeni di alterazione ed erosione. Infine il cono viene del tutto cancellato, e rimane solo il condotto di alimentazione del vulcano, un camino riempito di lava solidificata o di sedimenti piroclastici che si estende dalla superficie terrestre fino a quello che era in origine il serbatoio magmatico. Le miniere di diamanti del Sud Africa si trovano in condotti vulcanici residui.

Ercolano

Antica città sorta alle falde del Vesuvio, a circa 8 km a sud di Napoli, il cui nome deriva dal nome latino (Ercole) del leggendario fondatore, l'eroe greco Eracle. Gravemente danneggiata da un terremoto nel 63 d.C., nel 79 Ercolano fu sepolta, insieme con Pompei, sotto uno strato di oltre 15 m di lava, cenere e fango durante l'eruzione del Vesuvio descritta da Plinio il Giovane.

Le rovine della città furono scoperte nel 1706, e nel 1738 vennero avviati gli scavi, ripresi nel 1828, nel 1869 e infine, dal 1927, in stretto collegamento con quelli di Pompei. Accanto a molti edifici pubblici – le terme, la palestra, il teatro – gli archeologi hanno disseppellito interi quartieri (insulae, letteralmente isole) di abitazioni private che ci restituiscono una ricca e varia tipologia abitativa; in numerose case e nel teatro sono state trovate sculture in marmo e bronzo, pitture, mosaici e una vasta raccolta di rotoli di pergamena, nonché vasi e utensili domestici attualmente conservati al Museo archeologico nazionale di Napoli.

Pompei

Antica città della Campania, alla foce del fiume Sarno, pochi chilometri a sud del Vesuvio, tra Ercolano e Stabia. Fondata intorno al 600 a.C. dagli osci, successivamente conquistata dai sanniti, Pompei divenne colonia romana sotto Lucio Cornelio Silla (80 a.C.) e raggiunse una popolazione di 20.000 abitanti all'inizio dell'era cristiana. La città era un importante nodo commerciale, nonché lo sbocco sul mare per Nola e altre città dell'entroterra. Gravemente danneggiata da un terremoto nel 63 d.C., fu sepolta, con Ercolano e Stabia, nel 79 d.C. da un'eruzione del Vesuvio (che deviò il corso del Sarno ed estese la costa, sicché le rovine della città finirono per trovarsi a notevole distanza da entrambi).

Per oltre 1500 anni Pompei restò sotto cumuli di cenere, fino a quando, dal 1748, il governo borbonico di Napoli intraprese una campagna sistematica di scavo. Fra Otto e Novecento si riportarono alla luce il quartiere del Foro, con i templi di Giove, Apollo, Vespasiano e l'edificio di Eumachia. Accanto ad altri importanti edifici pubblici – le terme, i teatri, le palestre, il tempio di Iside – i "nuovi scavi" portarono alla luce interessanti esempi di ricca edilizia privata: le case denominate dei Vettii, del Fauno, degli Amorini dorati, di Sallustio, del chirurgo, di Menandro sono non solamente inestimabili per la sontuosità degli arredi e importanti per ricostruire particolari della vita privata dell'epoca, ma soprattutto affascinanti e commoventi scorci di una civiltà che l'eruzione fermò per sempre come in un'istantanea. Per le testimonianze circa la diffusione dei culti misterici nell'Italia romana, la Villa dei Misteri, lungo la via dei Sepolcri, è forse la più nota fra le grandi ville patrizie della città. Danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e restaurata, Pompei vede scavi e ricerche tuttora in corso. Più di un quarto dell'antica città rimane ancora oggi sepolto.

Tra gli aspetti più importanti delle scoperte di Pompei vi è l'eccellente stato di conservazione degli oggetti, comprese minute testimonianze della vita quotidiana: dal pane appena sfornato ai graffiti sui muri, ai "manifesti elettorali". La pioggia di cenere e lapilli che accompagnò l'eruzione formò un sigillo ermetico che mantenne pressoché intatti edifici pubblici, templi, teatri, terme, botteghe e abitazioni private. Inoltre, sono stati trovati i resti di alcune delle duemila vittime: uomini e donne in fuga, bambini, un molosso alla catena e, anche, gladiatori incatenati per evitare la fuga o il suicidio. Le ceneri, mischiandosi con la pioggia, si sono sedimentate attorno ai corpi, trasformandosi in stampi che, una volta raffreddatasi la cenere, hanno conservato la forma dei corpi anche dopo che il cadavere, all'interno, si era polverizzato. In alcuni di essi gli archeologi (tra i quali Amedeo Maiuri) hanno versato gesso liquido, ricavandone calchi, oggi conservati in parte nel deposito nei pressi di Porta Marina, una delle otto porte della città.

Buona parte degli abitanti sfuggì all'eruzione e in seguito scavò passaggi fino alle case e agli edifici pubblici allo scopo di recuperare quanto possibile: ciononostante, moltissimi furono gli oggetti di valore sepolti dall'eruzione e poi scoperti a Pompei. Quasi tutti quelli trasportabili e alcuni tra gli affreschi e mosaici pavimentali più belli sono stati trasferiti al Museo archeologico nazionale di Napoli. Nel loro insieme, i monumenti e i reperti archeologici di Pompei forniscono un quadro realistico e completo della vita in una città latina di provincia del I secolo d.C. Gli edifici costituiscono una testimonianza insostituibile per lo studio dell'architettura romana.

IL VESUVIO

LA STORIA

Il geografo Strabone, che parlava del Vesuvio all'inizio del I secolo d.C., non aveva mai sentito parlare di eruzioni avvenute nel corso della storia precedente, ma, avendo notato l'aspetto delle rocce che sembravano bruciate dal fuoco, giustamente ne sosteneva l'origine vulcanica.

La sommità che egli vide era una depressione ampia, piatta e sterile, circondata da pareti dirupate.

Virgilio ricorda come i fianchi digradanti del monte fossero abbelliti dalla vite e dall'olivo, mentre in parte erano lasciati a terra arabile e a pascoli. Il dipinto che vedete in alto, ritrovato nella casa del Centenario a Pompei, probabilmente , riproduce quello che doveva essere l'aspetto della montagna verso la metà del I secolo d.C. Questo dipinto sembra mostrare chiaramente che in quell'epoca il monte aveva una sola cima (il monte Somma), e non due come oggi.

IL 5 febbraio del 62 d.C., una giornata di sole ,la regione fu sconvolta da un violento terremoto.

Si ebbero danni a Nuceria , e a Neapolis alcuni edifici crollarono; ma i danni furono maggiori ad Ercolano, che venne quasi completamente distrutta, e a Pompei dove le devastazioni furono egualmente gravi. Ma le città erano cosi' prospere e avevano una tale capacità di recupero che la ricostruzione fece rapidi progressi. Tuttavia il terremoto costituiva un cattivo presagio per il futuro ,perchè non era altro che un tentativo abortito del Vesuvio di scaricare la propria energia attraverso una fenditura.

Dopo 17 anni, il 24 agosto del 79 d.C., lo sbarramento fu sfondato e il monte cominciò ad eruttare.

Da alcuni giorni erano in corso i festeggiamenti del divino Augusto. Il giorno prima, per una sinistra coincidenza, era stata celebrata la festa annuale di Vulcano.

A Pompei e nelle località circostanti la terra aveva tremato per quattro giorni, poi avvenne l'eruzione.

Un racconto impressionante del disastro è giunto fino a noi e ne siamo debitori a Plinio il Giovane che si trovava a Miseno, all'estremità nord- occidentale del golfo di Napoli. Egli era ospite nella casa di suo zio Plinio il Vecchio, storico scienziato e uomo dal sapere enciclopedico, che era il comandante della base navale di Miseno. In seguito un altro grande scrittore di storia, Tacito, chiese a Plinio il Giovane di fargli sapere quello che era successo; e questo fu il racconto.

Il Vesuvio, è un raro esempio di "vulcano a recinto": il cono è circondato da un cratere molto più antico che aveva una circonferenza lunga circa 11 km.

Nell'Eocene il monte era un'isola circondata dal mare, solo nel Pliocene si saldò alla terra ferma e si stima che allora raggiungesse l'altezza di ben 2300 m; attualmente il Gran Cono ,la sua cima, è alto 1277 m e il cratere misura circa 1500 m di circonferenza.

Il 24 agosto del 79 d.C. è la data della sua prima eruzione in epoca storica. Pompei e Stabia furono distrutte e sepolte sotto un manto di lapilli e cenere, Ercolano fu sommersa da un fiume di fango.

Nei dodici secoli che seguirono la distruzione di Pompei, il Vesuvio ha avuto altre undici eruzioni; quella del 1139 fu particolarmente violenta.

Segui' un lungo periodo di stasi durante il quale il vulcano si ricopri' di vegetazione fino alla cima.

Il Vesuvio rientrò in attività nel 1631: morirono oltre 3000 persone e il fumo oscurò il cielo fino al golfo di Taranto per diversi giorni. Da allora si susseguirono numerose eruzioni: tra le più significative ricordiamo quelle del 1694,1767,1794 (che rase al suolo Torre del Greco),1872 e 1906.

L'ultima si è avuta nel 1944.

Il vulcano attualmente è in stato di quiete.

 Il Vesuvio, la scienza

L'eruzione del 79 d.C., che distrusse Ercolano e Pompei, si verificò dopo un periodo di lunghissima stasi, al punto che in quegli anni la popolazione del luogo non riconosceva più il Vesuvio come vulcano ma come semplice monte.

Il Vesuvio appartiene a quella categoria di vulcani chiamati "vulcani grigi" per il tipo di materiale che emettono; quando entrano in attività, sono i gas e le ceneri ad uscire in abbondanza e con violenza obbligando ad una fuga precipitosa, e spesso senza speranza, chi vive nel raggio di decine se non centinaia di chilometri dal cono vulcanico.

Le lave, in questo tipo di eruzione, sono di secondaria importanza e di solito seguono dopo giorni o settimane i gas ed i lapilli. Caratteristiche di queste eruzioni sono le nubi ardenti: si tratta di gas e materiali vari tanto pesanti da non riuscire a salire verso il cielo e dunque costretti a percorrere i fianchi del vulcano anche a 150 kmh, sfondando ed incenerendo qualunque ostacolo sul loro percorso.

Il materiale più leggero riesce a salire verso l'alto rimanendo in sospensione nell'atmosfera così da creare una notte innaturale che può prolungarsi per giorni interi, il materiale poi ricade sotto aspetto di pioggia infernale.

Attualmente l'area vesuviana conta milioni di abitanti; una eruzione potrebbe causarne la morte di centinaia di migliaia .

Durante l'eruzione del 1631, la barriera naturale del monte Somma, un ostacolo sulla via della nube ardente alto ben 250 metri, riuscì a malapena a salvare i centri abitati i centri abitati a Nord del Vesuvio.

Il risveglio del Vesuvio

Il Vesuvio è tra i vulcani più studiati e tenuti sotto controllo nel mondo: se un giorno il magma dovesse fuoriuscire è quasi impossibile che l'eruzione non possa essere prevista con anticipo. Oggi il condotto principale è ostruito dal magma raffreddatosi dopo l'eruzione del 1944, gli scienziati stanno definendo con precisione dove si trova la camera magmatica che si sta via via riempiendosi di lava e di gas.

Una sofisticata strumentazione sta tenendo sotto controllo ogni piccolo movimento del magma gas; composizione chimica delle acque sorgive, microterremoti e variazioni del livello del suolo sono costantemente analizzati da computers. Quando il magma verrà a giorno, si cercherà la strada creando fratture che saranno sorgenti di numerosi sciami di terremoti: il loro studio permetterà di capire a quale profondità sì troverà via via nel tempo la lava in risalita; non è detto che quest'ultima esca dal condotto principale, essa, infatti, potrebbe aprirsi la strada da uno dei versanti del vulcano. Tutto ciò, comunque, non deve far pensare che il Vesuvio sia un mostro addomesticato: c'è chi sostiene, infatti, che potrebbe anche risvegliarsi con modalità imprevedibili, magari con periodi preallarme così lunghi che, dopo un certo tempo, non verranno più considerati pericolosi dalla popolazione.

Queste ricerche, questi studi, porteranno gli scienziati a prevedere con sempre maggior precisione le eruzioni, salvando in tal modo la vita di migliaia di persone.

 Il Vesuvio e l’arte

Al di là del suo valore geofisico nel corso dei secoli il Vesuvio ha rivestito un ruolo davvero importante. Per la storia dell’arte: da quando (primo secolo d.C.) fu dipinto ad affresco "ombroso di verdi pampini". Fino alle più recenti espressioni dell’arte contemporanea. Pittori, acquerellisti e incisori di quasi ogni epoca, Tendenza e nazionalità lo hanno variamente interpretato; fra questi italiani, francesi, inglesi, tedeschi, austriaci, Russi e danesi ispirati dai più disparati generi e movimenti artistici, detti "pittoresco", "sublime", "eroico", "romantico", "catastrofico", "orrificante", e finanche dall’"astrattismo".  In particolare , nel 1631 il Vesuvio fa la sua prima apparizione nella pittura dell’epoca come protagonista assoluto dell’opera d’arte, ma anche come sterminatore; è il caso della tela di Didier Barra. Comunque non sempre ha avuto un ruolo di primo piano. Anzi, fino alla prima metà del ‘700 generalmente faceva da sfondo al paesaggio napoletano come elemento accessorio, lasciando invece spazio alla reazione della gente, che, in preda al terrore per un’ eruzione in corso, invocava i suoi santi patroni. Die numerosi artisti del ‘700 e ‘800 che hanno ritratto la "montagna fumante" ricordiamo Bonavia, Volaire, Pietro Fabris, Hackert, Saverio della Gatta, Giacinto Gigante e Antonio Pitloo.  

Di nuovo, nella seconda metà del ‘700 il Vesuvio rivede il ruolo di "dominatore del paesaggio" nelle composizioni degli artisti, essendo osservato da più punti lungo il golfo di Napoli, ad esempio da Torre Annunziata e Da Portici.  Col tempo, però, fin oltre la seconda metà dell’800, le rappresentazioni del Vesuvio perdono ogni Valore emozionale, riducendosi a semplici ripetizioni della classica immagine del "golfo con il vulcano Fumante sullo sfondo". Qualche interessante variante è offerta dagli artisti Johan Christian Dahl, norvegese, Franz Ludwing Catel, tedesco, e dallo scultore Thorvaldsen.

Nel 1819 Joseph William Turner e Camille Corot, "giocando" con i contrasti cromatici, arricchiscono l’Immagine del Vesuvio di Degas del 1890, molti artisti contemporanei ne hanno subito il fascino e vi si ispirano Continuamente nelle loro opere.

Vulcanismo Secondario

I fenomeni vulcanici non si esauriscono con la fine delle eruzioni, ma continuano con l’emissione di gas caldi e vapore acqueo. A questi fenomeni si dà il nome di vulcanismo secondario.

Questi fenomeni si manifestano in regioni dove sono presenti vulcani quiescenti o spenti. In questi vulcani la temperatura della camera magmatica è diminuita e la pressione dei gas è insufficiente per provocare l'emissione di lava, ma è abbastanza elevata da consentire la formazione e l'emissione di vapori d'acqua e gas caldi.

Tra le emissioni gassose ricordiamo le fumarole, i soffioni, le mofete e le solfatare; i geyser;  le acque termali consistono invece in emissioni di acque calde.

Bradisismo

Lente oscillazioni dell'ordine di pochi decimetri al secondo, di zone più o meno estese della crosta terrestre ;il nome venne introdotto nella scienza dal prof. A. Issel. Gli effetti di tali movimenti sono specialmente visibili sulle coste ove il mare offre un comodo livello di riferimento: solchi sulle ripe costiere, terrazzi, unione di isolotti alla costa , prosciugamenti lungo le spiagge per i momenti ascendenti; distacchi di promontori in isolotti impaludamenti, proseguimento sottomarino di valli fluviali per i movimenti discendenti. Issel chiama bradisismi positivi quelli di sommersione, accompagnati da trasgressione del mare e negativi quelli di emersione con conseguente regressione del mare. I terrazzi litorali rappresentano l'effetto più grandioso e nello stesso tempo la prova più efficace dei sollevamenti. Uno dei più begli esempi si ha in Calabria, ove il terrazzo più alto, ancora quaternario, giunge ad oltre 1000 m di altezza.

Meno facili ad osservarsi ,perché coperti dalle acque, sono per lo più gli effetti delle immersioni: opere dell'uomo costituite certamente su terraferma, come piani stradali ,case ,tombe ed ora coperte dal mare in Inghilterra , in Italia , in Egitto.

Meno frequenti sono gli esempi che dimostrino dei movimenti alternanti; un esempio classico è fornito dalle tre colonne del Serapeo di Pozzuoli, per quanto si tratti forse di un bradisismo locale connesso al vulcanesimo della regione. Le tre colonne, alte da 9 a 11m, presentano fino a m 3.60 dalla base la loro superficie liscia; da 3.60 a 6.30 invece essa è fittamente bucherellata da litodomi le cui conchiglie si vedono ancora annidate nel marmo; da 6.30 in su la superficie è di nuovo liscia .Le colonne dunque dopo la costruzione del tempio eseguita fuori dal mare, subirono un notevole abbassamento, che gli studi del momento riferiscono al Medioevo, fino a m 6.30 sotto il mare; in seguito risalirono anche alquanto più in alto della loro posizione attuale. La zona liscia inferiore non venne forata dai litodomi perché protetta da cenere vulcaniche che avevano coperto in parte il tempio. Altre numerose prove raccolte da Gunther (1903) mostrano che la costa tra Capo Miseno, Napoli e Sorrento e le isole del golfo furono in tempi storici soggette a notevoli oscillazioni di livello. La ricerca delle cause dei bradisismi regionali rientra in quella più generale delle cause dei movimenti orogenetici, ai quali è dovuta la formazione delle catene montuose, anzi dei continenti e degli oceani; tali movimenti si sono verificati in tutte le epoche geologiche, per quanto i corrugamenti più antichi abbiano perduto in massima parte il loro rilievo per effetto di un’ erosione assai profonda. Al problema delle cause orogenetiche si è rivolta da lungo tempo la mente dei geologi e dei geofisici senza che si sia giunti ad una risposta definitiva.

L’ipotesi plutonica , sostenuta da Von Buch,Humboldt,Beaumont nella prima metà del secolo scorso, attribuisce il sollevamento delle catene montuose a masse eruttive erompenti dall basso.

L'ipotesi degli slittamenti , avanzata dal Reyer , attribuisce i corrugamenti a scorrimenti per gravità di masse sedimentarie giacenti su piani inclinati fin dall'origine o resi tali da sollevamenti successivi; lo slittamento sarebbe provocato da mutamenti dello stato di inelinazione impulsi sismici, ecc.

L'ipotesi della dilatazione termica , sostenuta specialmente dalla Dama e dal Reade , attribuisce la causa principale dei corrugamenti alla dilatazione che talune parti della crosta terrestre hanno subito per effetti di aumenti di temperatura. In contrapposto alla precedente l'ipotesi della contrazione termica attribuisce alla diminuzione della temperatura la contrazione di zone raffreddate , con formazione di fratture e di depressioni.

La teoria isostatica risale a Pratt (1855), una venne sviluppata più tardi da Dulton e da Hayford. La crosta terrestre costituita in prevalenza da silice e da allumina (donde il nome di Sial ), galleggia sopra un magma fluido più pesante , costituito in prevalenza da silice e magnesio (Sima ), mentre la parte nucleare, prevalente, sarebbe in maggior parte di nichelio e di ferro(Nifa).

Per l'equilibrio idrostatico tende ad immergersi di quel tanto che richiede il principio di Archimede; ma , variando alla loro superficie esterna il carico , le zolle dovranno le une innalzarsi perché alleggerite e deprimersi le altre caricate generando movimenti riflessi anche nelle zone vicine. Questa teoria spiega facilmente bradisismi.

La teoria della traslazione o deriva dei continenti . Si deve a Wegener(1912),l'elaborazione di questa ardita teoria,secondo la quale i continenti formati di Sial e gli oceani a fondo di Sima furono in ogni tempo distinti a presso chè della stessa entità complessiva attuale ,ma con diversa distribuzione .

Le masse continentali , più leggere ,emergenti per una piccola frazione della loro altezza si affondano per la massima parte nel Sima , vi restano sospese come gli icebergs lo sono nel mare e , come questi , sarebbero mobili e si sarebbero effettivamente mossi staccandosi ed allontanandosi da altre rimaste indietro.

Per l'arresto o per il rallentamento delle masse in deriva, causato da continenti rimasti fermi o dallo stesso Sima consolidato nel fondo oceanico , si sarebbero formati i grandi rilievi montuosi a pieghe (Himalaya-Ande).

La direzione più pronunciata della traslazione e da est ad ovest ;un'altra è diretta invece verso l'equatore .

La prima sarebbe dovuta all'azione del sole, e della luna , la seconda alla rotazione della terra .

La teoria delle traslazioni è nata dall'evidente corrispondenza morfologica tra le coste africane e le sud-americane dell’Atlantico, già notata da altri, che il Wegener ha esteso e approfondito avvalorando la sua teoria con altre corrispondenze geologiche.

I soffioni boraciferi

Emissioni violente di vapore ad alta temperatura e pressione da spaccature del suolo o da perforazioni artificiali contenenti biossido di carbonio, solfuro di idrogeno, acido borico, ammoniaca, metano, idrogeno e gas rari.

La temperatura è compresa tra 120 e 230°C, mentre la pressione può arrivare a 5-6 atmosfere nei soffioni naturali e anche a 25 per quelli ottenuti mediante trivellazione.

I soffioni possono considerarsi un particolare tipo di fumarola dovuto a vaporizzazione di acque freatiche riscaldate da masse magmatiche in profondità.

Classici sono i soffioni boraciferi che si manifestano in Toscana su un’area di 200km tra Volterra e Massa Marittima, la cui località più celebre è Larderello.

Oltre che per l’estrazione dell’acido borico, i soffioni sono sfruttati per la produzione di energia elettrica nelle centrali geotermiche.

Numerosi soffioni boraciferi sono noti in California, Alaska, Cile e Giappone.

I geyser

Sorgente termale zampillante a intermittenza. Nei geyser l’acqua è prevalentemente di origine freatica mentre il calore è fornito dall’ascesa di vapori surriscaldati e anche, ma in modesta quantità, di gas come solfuro di idrogeno e anidride carbonica, dovuti ad attività vulcanica secondaria.

Quando in profondità, per riscaldamento dovuto ad apporto di vapori e gas vulcanici ad alta temperatura, l’acqua, che si è raccolta nel condotto raggiunge la temperatura di ebollizione, superiore al valore normale per via della notevole pressione idrostatica, l’intera colonna d’acqua soprastante viene spinta verso l’alto: ciò provoca, in seguito alla diminuzione di pressione, la repentina ebollizione di tutta l’acqua surriscaldata e la sua conseguente emissione. Dopo il getto, il condotto si riempie nuovamente d’acqua per ricaduta di quella precedentemente scagliata e per rapporto freatico, a temperatura nettamente inferiore a quella di ebollizione per l’insorgere del fenomeno: l’apporto di vapori e gas vulcanici caldi però ne consente la ripetizione.

Il tempo fra le due emissioni dipende dalla velocità con cui il condotto viene riempito d’acqua e dalla quantità e temperatura dei gas vulcanici , e può variare da pochi minuti a molti giorni; normalmente, inoltre, in una stessa area aumenta nel tempo in conseguenza dell’affievolirsi dell’attività vulcanica. Intorno all’orifizio termale (cratere) del condotto di raccolta e di ascesa delle acque e dei vapori, si depositano via via, con le successive eruzioni idrotermali, delle incrostazioni minerali, prevalentemente silicee (geyserite) a forma di edificio tronco-conico o cilindrico. I geyser sono diffusi in Islanda, nel Parco Nazionale di Yellowstone (U.S.A.) e nella Nuova Zelanda; numerosi geyser si trovano inoltre in Giappone, Indonesia, California.

Le fumarole

Emissioni naturali di gas e vapori da fessure o condotti di un apparato vulcanico attivo. Le fumarole sono le tipiche manifestazioni vulcaniche che si verificano durante i periodi di quiete tra episodi eruttivi o nel periodo che precede la definitiva estinzione di un vulcano. Possono però anche prodursi nella attività effusiva, alla superficie di laghi di lava o di colate laviche: in tal caso vengono denominate fumarole secondarie o senza radice per distinguerle dalle fumarole che si liberano direttamente da condotti vulcanici indicate come fumarole di cratere o primarie.

Le solfatare

Fumarola con temperature, del vapore acqueo e dei gas emessi, comprese tra i 90°C e i 300°C. Deve il nome alla deposizione di zolfo libero intorno alle aperture dalle quali fuoriescono gas e vapori, in conseguenza della presenza tra questi di solfuro di idrogeno, che, a contatto con l’ossigeno dell’aria, si ossida in acido solforico, liberando, però, come prodotto intermedio, dello zolfo.

Classico esempio di solfatara è il vulcano omonimo La Solfatara dei Campi Flegrei presso Pozzuoli e noto ai Romani come Forum Vulcani: è costituito da un cratere di forma ellittica, con asse maggiore di 770m e asse minore di 580m, che alimenta numerose fumarole disposte sia lungo le pareti sia nel settore di NE del fondo; la più attiva di queste è nota come Bocca Grande o Grande Solfatara.

Le Terme

In uno scritto del 27 d.c., Plinio Il Vecchio: "Fiugi inter collium Ernicorum acquam saluberriman……". Papa Bonifacio VIII, che era nato in Ciociaria e conosceva bene la fonte e le qualità dell’acqua, tanto che ne era un assiduo consumatore. Le lodi dell’acqua "che rompe la pietra" compaiono anche in alcune lettere scritte da Michelangelo al nipote Lionardo nel 1549. Solo a Fiuggi, dalla sorgente di Bonifacio VIII e da quella della Fonte Anticolana, sgorga questa particolarissima acqua oligominerale, l’unica a unire alle proprietà diuretiche la capacità di "sciogliere" ed espellere i calcoli renali ed a prevenirne la formazione, sono particolarmente indicate nella preparazione degli interventi per la calcolosi urinaria e nel trattamento post-operatorio. Costituiscono inoltre un efficace rimedio per le infezioni delle vie urinarie e, grazie all’azione che svolgono sul metabolismo dell’acido urico, favoriscono la formazione della gotta e delle artropatie uratiche. L’acqua di Fiuggi viene imbottigliata e distribuita in tutta Italia, ma il modo migliore per godere dei suoi benefici è quello di berla direttamente alla fonte.

Terme di Chianciano

 Note fin dagli Etruschi per le benefiche acque termali, le Terme di Chianciano rappresentano oggi una moderna azienda termale in linea con le richieste e le esigenze di una clientela sempre più attenta al proprio benessere. Nate sulle tre fonti Santa, Fucoli e Sillene, attualmente le Terme di Chianciano, oltre alle terapie tradizionali, che le hanno rese famose, quali quella idropinica per la cura del fegato, erogate in parchi stupendi ricchi di vegetazione mediterranea, ai bagni carbogassosi e alle fangature, mettono a disposizione un moderno Centro di Idrofisiokinesiterapia e terapia fisica, una palestra per la ginnastica attiva e passiva, un Centro di Medicina Estetica e angiologia, un Reparto fangoterapico per la cura di affezioni artroreumatiche, un Centro Inalatorio e un Centro Antistress. Il servizio sanitario delle Terme di Chianciano è accentrato all’interno della Direzione Sanitaria, struttura di tipo ambulatoriale dove è possibile sottoporsi a visite mediche specialistiche, esami medici e di laboratorio. All’interno della struttura è presente anche un Centro per la cura e la prevenzione dell’osteoporosi.

Salsomaggiore Terme

Il luogo

In provincia di Parma, terra ricca di storia e d’arte situata in una verde conca del pre-appennino, con un clima temperato e ricco di salutari vapori, in posizione tranquilla e suggestiva per la profusione di verde dei suoi grandi parchi.

Salsomaggiore offre ai suoi ospiti un soggiorno particolarmente piacevole, ove si consideri anche la tradizionale ospitalità dei suoi abitanti e, perché no, la raffinatezza delle sue specialità gastronomiche.

La storia

Salsomaggiore, come città termale, nasce ai primi del secolo XIX per merito del suo medico condotto, il dott. Lorenzo Berzieri (che darà il nome alle monumentali Terme Berzieri, famose nel mondo per l’unicità del loro stile Liberty ricco di motivi orientaleggianti), il quale per primo sperimentò la terapeuticità delle sue acque salsobromoidiche, conosciute ed utilizzate sin dall’antichità per l’estrazione del sale, guarendo da una grave forma osteite una bambina giudicata clinicamente inguaribile. Da allora il piccolo "Borgo del Sale", come era chiamata la cittadina, utilizzò terapeuticamente la sua acqua.

 Tabiano Terme

Il patrimonio idrominerale di  Tabiano (acque sulfuree) si annovera tra i più ricchi e preziosi d’Europa per contenuto in benefici sali minerali.

Terme di Tabiano

Le acque di Tabiano sono ricchissime di sali minerali sotto forma di solfati, bicarbonati e di gas idrogeno solforato. Lo zolfo, elemento principale nella loro composizione è molto simile ai componenti essenziali delle cellule del corpo umano, questo è il segreto che le rende così unicamente efficaci nella cura delle malattie delle vie respiratorie, otorinolaringoiatriche e dermatologiche. Si praticano cure inalatorie (inalazioni, aerosol, nebulizzazioni, docce micronizzate, insufflazioni e politzer), bagni termali e trattamenti cosmetologici.

Trattamenti cosmetologici

Alle strutture propriamente curative si affiancano, sia a Salsomaggiore che a Tabiano, moderni centri cosmetologici e di medicina estetica per la cura del corpo e della pelle, che si avvalgono di esclusivi prodotti cosmetologici creati sfruttando le portentose proprietà delle acque termali.

 Montecatini Terme

Poste nel cuore della Toscana centro settentrionale ed al centro di un territorio, la Valdinievole, che ha dato i natali a Leonardo da Vinci, è situata lungo l’autostrada Firenze-Mare interconnessa a est con l’Autosole, che da Nord a Sud attraversa tutta l’Italia e ad Ovest con la Genova-Livorno. E’ altresì situata in posizione mediana lungo la linea ferroviaria che collega Firenze a Viareggio. Le distanze dagli aeroporti di Firenze-Peretola e di Pisa-San Giusto non superano i 50 Km. Entro il medesimo raggio, da Montecatini si raggiungono con estrema facilità le più famose città d’arte della Toscana, da Firenze a Pisa, a Siena e Sangiminiano, sedi di escursioni turistiche da tutto il mondo con soggiorno negli alberghi di Montecatini Terme.

Montecatini Terme, infatti, è, dopo Firenze la città che dispone di maggior numero di posti letto in Toscana: 13.000 ripartiti dalla categoria a cinque stelle in giù, ma tutti di grande qualità ricettiva giacché l’ospitalità alberghiera qui è una tradizione che si tramanda da generazioni. Dispone altresì di un Palazzo dei Congressi e di altri modernissimi Centri congressuali capaci di ospitare qualsiasi tipo di manifestazione anche di rilevanza internazionale. La Montecatini termale è una classica Ville d’Eaux dai caratteri architettonici in stile Liberty tipici della Belle Epoque. E’ dotata di nove stabilimenti di cura che prendono generalmente il nome dalle rispettive sorgenti alcune delle quali, come la Tettuccio, furono scoperte fin dal 1387 mentre altri stabilimenti, come le Leopoldine, vennero costruiti dagli Asburgo-Lorena, granduchi di Toscana, sulla fine del 1700 e altri ancora, come l’Excelsior (aperto tutto l’anno), il Grocco, il Tamerici, la Torretta, la Salute risalgono ai primi di questo secolo fino al Redi negli ultimi decenni. Grazie alle virtù salutari delle acque salso-solfoto-alcaline qui si praticano le più varie terapie: dalla cura delle acque per le affezioni gastrointestinali alla fango-balneoterapia per le malattie reumatiche e dell’apparato vascolare, terapie inalatorie contro le affezioni respiratorie e trattamenti dermatologici e di cosmesi per la cura della pelle, ma anche terapie anticolesterolo e antistress con vacanze di salute rilassanti grazie anche all’ingente patrimonio di verde (50 ettari di parchi e giardini fioriti) ecologicamente protetto. La Montecatini turistica, oltre ai 220 hotel, dispone di circa 750 negozi e pubblici esercizi, di un ippodromo per le corse al trotto fra i più grandi e frequentati d’Italia e di tutta una serie di impianti sportivi che vanno dal campo di golf, La Pievaccia, a 18 buche, al Tiro a volo di standard internazionale, per non parlare dello stadio con pista di atletica, delle piscine olimpiche, dei numerosi campi da tennis. Da Montecatini con brevi escursioni si raggiungono ad Ovest Pescia e Collodi, il paese di Carlo Lorenzini autore di Pinocchio che annovera l’omonimo parco, l’Osteria del Gambero Rosso opera dell’architetto Michelucci e il Giardino Garzoni celebre fin dal 1700 in tutta Europa; a Est Monsummano con le Grotte Giusti e Parlanti, Lamporecchio con Villa di Spicchio, opera del Bernini e infine Vinci con il Castello che ospita un Museo Leonardiano e Anchiano che conserva la casa natale di "Leonardo da Vinci", il più grande genio di ogni tempo.

Le mofete

Fumarole fredde con prevalente emissione di anidride carbonica da spaccature nel terreno. Rientra nelle manifestazioni vulcaniche secondarie post-eruttive, come ultima fase di degassazione di masse magmatiche. Esempio classico di mofeta è la "Grotta del cane", nel cratere di Agnano (presso Napoli), così chiamata perché animali della taglia di un cane non vi possono sopravvivere per la presenza di uno strato di anidride carbonica dello spessore di circa 50cm a contatto dal suolo.

Terremoti 

Il Terremoto è una serie di vibrazioni che si produce nella crosta terrestre in seguito alla rapida liberazione di energia meccanica gradualmente accumulata nelle rocce. Le vibrazioni possono avere diversi gradi d'intensità: a volte sono appena percettibili, in qualche caso, invece, estremamente distruttive.

Terremoti registrati dalla Rete Sismica Nazionale nella Sala Sismica dell’INGV di Roma.

Nel processo sismico vengono generati sei tipi di onde. Due di essi sono classificati come onde di volume (vale a dire, si propagano all'interno della Terra); gli altri quattro sono onde di superficie. Le onde di volume si suddividono in primarie o di compressione (onde P) e secondarie o trasversali (onde S). Le primarie provocano un'oscillazione delle particelle di roccia in direzione coincidente con quella della loro stessa propagazione, mentre le secondarie provocano oscillazione perpendicolare alla loro direzione di propagazione.

Le onde P viaggiano sempre a velocità maggiore rispetto alle S e pertanto arrivano prima ai sismografi delle stazioni di osservazione distribuiti in tutto il mondo.

Storia dello studio dei terremoti

Fin dai tempi antichi la natura dei terremoti è stata oggetto di studio e di riflessioni: alcuni antichi filosofi greci attribuivano le scosse all'azione di venti sotterranei, mentre altri le mettevano in relazione a fuochi divampanti nelle profondità della Terra. Intorno al 130 d.C., il sapiente cinese Chang Heng, identificando correttamente le scosse come il passaggio di onde emesse dalla sorgente del terremoto, realizzò un elaborato vaso bronzeo per registrarne, pur se in modo qualitativo, l'entità: otto sfere erano collocate in equilibrio instabile nelle fauci di otto dragoni sistemati attorno al vaso; il transito di un'onda sismica avrebbe causato la caduta di una o più sfere.

Una delle prime teorie scientifiche moderne sull'origine dei terremoti fu avanzata nel 1859 dall'ingegnere irlandese Robert Mallet. Forse basandosi sulla propria conoscenza del comportamento di materiali da costruzione sottoposti a tensione, Mallet ipotizzò che i terremoti si verificassero o per improvviso rilascio di energia elastica da parte delle rocce sotto sforzo meccanico o per improvvisa fratturazione.

Dopo il 1870, il geologo inglese John Milne ideò un precursore del moderno sismografo: un semplice pendolo con ago sospeso su una lastra di vetro annerita fu il primo strumento usato in sismologia per consentire la discriminazione fra onde sismiche primarie e secondarie. Il moderno sismografo fu inventato all'inizio del XX secolo dal sismologo russo Boris Golitzyn. Il suo dispositivo, che utilizzava un pendolo magnetico sospeso tra i poli di un elettromagnete, aprì l'era della moderna ricerca sismologica.

Tipi di terremoti
e loro localizzazione

Attualmente sono riconosciute tre classi generali di terremoti: di origine tettonica, vulcanica e artificiale. I terremoti tettonici sono di gran lunga i più devastanti e pongono seri problemi connessi allo sviluppo di tecniche di previsione.

Essi sono legati (Tettonica a zolle) alle tensioni che si sviluppano per i movimenti reciproci delle zolle litosferiche che compongono la crosta terrestre. La maggior parte dei terremoti tettonici si verifica al margine di queste zolle, in zone che vedono lo scorrimento laterale di due zolle (come nel caso della faglia di San Andreas, in California, una delle aree più sismiche di tutto il Nord America) oppure il loro accavallamento (quando una zolla si inabissa al di sotto di un altra, nel cosiddetto processo di subduzione). I terremoti di subduzione costituiscono quasi la metà degli eventi sismici più distruttivi e liberano circa il 75% di tutta l'energia sismica. Essi sono concentrati lungo il cosiddetto "anello di fuoco" del Pacifico, una stretta banda lunga circa 38.600 km che contorna tutto l'oceano. I punti in cui si verifica la rottura crostale con liberazione di energia sismica tendono a essere molto profondi, fino a 645 km. Il disastroso terremoto del Venerdì Santo, che nel 1964 devastò l'Alaska, è un esempio di evento di questo genere.

I terremoti tettonici non compresi nell'"anello di fuoco" si verificano in una varietà di situazioni geologiche. Le dorsali medio-oceaniche, centri di espansione dei fondi oceanici, sono sede di numerosi di questi eventi di intensità moderata, che hanno origine in zone non troppo profonde della crosta. Questi sismi non vengono percepiti, tranne in casi eccezionali, e rappresentano solo il 5% di tutta l'energia sismica rilevata sulla Terra, ma vengono registrati quotidianamente dagli strumenti delle stazioni sismologiche di tutto il mondo. Terremoti tettonici hanno sede anche nella lunga fascia che decorre dal mare Mediterraneo, al mar Caspio e all'Himalaya, fino al golfo del Bengala: lungo questa fascia viene liberato il 15% dell'energia sismica terrestre, e agiscono imponenti spinte compressive che portano all'innalzamento di giovani catene montuose. I terremoti risultanti, che avvengono a profondità scarse o intermedie, hanno spesso devastato intere zone in Portogallo, Algeria, Marocco, Italia, Grecia, Macedonia iugoslava, Turchia, Iran e India.

Un'altra categoria di terremoti tettonici comprende i rari ma distruttivi eventi sismici che si sviluppano in aree lontane dai margini di zolla tettonica. Il principale esempio di simili terremoti è dato dalle tre potenti scosse che colpirono la regione di New Madrid, Missouri, nel 1811 e 1812. Abbastanza potenti da essere percepite a oltre 1500 km di distanza, queste scosse produssero movimenti tali da modificare il corso del fiume Mississippi. I geologi ritengono che le scosse di New Madrid rappresentino il primo sintomo di un movimento di lacerazione della crosta continentale, come quello che in Africa ha dato origine alla Rift Valley.

I terremoti di origine vulcanica sono raramente molto intensi e distruttivi, ma hanno particolare interesse perché tendono a preannunziare incombenti eruzioni vulcaniche, come è accaduto nelle settimane che hanno preceduto l'eruzione del Mount St Helens, nello stato di Washington, nel maggio 1980. Tali terremoti hanno origine quando il magma sale verso la superficie, riempiendo le camere magmatiche che alimentano un vulcano. I fianchi e la sommità dell'edificio vulcanico si rigonfiano, e la rottura delle rocce sottoposte a tensione può essere segnalata da serie di piccoli terremoti. Sull'isola di Hawaii, i sismografi possono registrare fino a un migliaio di queste piccole scosse prima del verificarsi di un'eruzione.

Infine, terremoti si possono indurre artificialmente con diverse attività, come l'estrazione di fluidi dal sottosuolo, l'iniezione di fluidi e soprattutto con esplosioni atomiche sotterranee.

Effetti dei terremoti

I terremoti più intensi possono provocare gravi perdite di vite umane, la distruzione di case, ponti e dighe, e innescare devastanti smottamenti di terreno.

Un altro effetto distruttivo dei terremoti è dovuto alla generazione, di solito dovuta a sismi sottomarini, di onde di marea che non hanno nulla a che fare con le maree vere e proprie, ed è dunque preferibile chiamarle onde di maremoto o con il termine giapponese tsunami. Queste imponenti muraglie d'acqua talvolta si abbattono su zone litoranee, con tale violenza da spazzare via interi centri abitati, come accadde nel 1896 alla città giapponese di Sanriku, di 20.000 abitanti.

La liquefazione dei suoli è un'altra possibile pericolosa conseguenza dei movimenti sismici. Quando terreni di riporto subiscono l'azione di scosse sismiche possono perdere improvvisamente coerenza e comportarsi come sabbie mobili. Gli edifici costruiti su questi materiali possono essere allora letteralmente inghiottiti, come è accaduto nel terremoto di San Francisco del 1906.

Previsione dei terremoti

I tentativi di prevedere il tempo e il luogo dell'accadere di un terremoto hanno avuto qualche successo negli ultimi anni. Cina, Giappone, Russia e Stati Uniti sono attualmente i paesi maggiormente impegnati in questa ricerca. Nel 1975 i cinesi sono riusciti a prevedere il terremoto di Hanshan, di magnitudo 7,3, e hanno disposto l'evacuazione di 90.000 abitanti solo due giorni prima che il sisma distruggesse o danneggiasse il 90% degli edifici della città. Per effettuare la previsione, i sismologi si sono basati sull'analisi della serie di scosse di piccola magnitudo iniziate cinque anni prima. Gli scienziati cercano di individuare altri indizi potenziali dell'incombere di un terremoto in rigonfiamenti della superficie terrestre e in variazioni del campo magnetico terrestre, del livello dell'acqua nei pozzi, e anche del comportamento degli animali domestici. Un nuovo metodo allo studio negli Stati Uniti si propone di misurare l'accumulo della tensione crostale.

Terremoti storici

I resoconti storici di terremoti precedenti la metà del XVIII secolo sono scarsi o poco attendibili e solo per alcuni terremoti dell'antichità esiste una documentazione sufficiente. Probabilmente intorno al 425 a.C., al largo delle coste della Grecia, si verificò un sisma che rese l'Eubea un'isola; un terremoto distrusse la città di Efeso, in Asia Minore, nel 17 d.C.; Pompei fu rasa al suolo nel 63. Si possono citare inoltre i terremoti che in parte distrussero Roma nel 476 e Costantinopoli (ora Istanbul) nel 557 e ancora nel 936. Successivamente, si hanno resoconti di gravi terremoti avvenuti in Inghilterra nel 1318, a Napoli nel 1456, e a Lisbona nel 1531.

Il terremoto avvenuto nel 1556 nella provincia cinese dello Shansi, che uccise circa 800.000 persone, rappresenta uno dei maggiori disastri naturali della storia. Nel 1693, un terremoto avvenuto in Sicilia fece 60.000 vittime; all'inizio del XVIII secolo la città giapponese di Edo (l'attuale Tokyo) fu distrutta e ci furono 200.000 vittime. Nel 1755 a Lisbona morirono per un terremoto circa 60.000 persone, e questo evento è ricordato nell'opera Candide dello scrittore francese Voltaire. Quito, ora capitale dell'Ecuador, fu scossa nel 1797 da un terremoto che causò 40.000 vittime.

In Nord America, la serie di terremoti che colpì il Missouri sudorientale nel 1811-12 fu probabilmente la più potente verificatasi negli Stati Uniti in tempi storici. Il più famoso, però, è il terremoto che colpì l'area di San Francisco nel 1906, causando gravissimi danni e circa 700 vittime; il più recente, quello avvenuto a Los Angeles nel 1994.

In Italia, i terremoti che hanno provocato più danni nel XX secolo furono quello che distrusse Messina nel 1908 facendo 83.000 vittime, quello di Avezzano in Abruzzo nel 1915 con circa 30.000 morti, quello nella valle del Belice (Sicilia occidentale) nel 1968, quello del Friuli nel 1976 e quello dell'Irpinia nel 1980.

Devastanti e con decine di migliaia di vittime furono inoltre i terremoti avvenuti ad Agadir in Marocco (1960), in Iran nel 1968 e di nuovo nel 1990, in Perù nel 1970, in Armenia nel 1988.

Scale di intensità

I sismologi dispongono di due scale di intensità per descrivere i terremoti in termini quantitativi. Una è la scala Richter, dal nome del sismologo statunitense Charles Francis Richter, che misura l'energia rilasciata all'ipocentro di un terremoto. Si tratta di una scala logaritmica, espressa in 9 gradi di magnitudo; un terremoto di magnitudo 7 è dieci volte più potente di uno di magnitudo 6, cento volte più potente di uno di magnitudo 5, mille volte più potente di uno di magnitudo 4 e così via. Si valuta che ogni anno si verifichino nel mondo circa 800 terremoti di magnitudo compresa tra 5 e 6, circa 50.000 di magnitudo fra 3 e 4, e uno solo tra 8 e 9. Teoricamente, la scala Richter non ha limite superiore, ma fino al 1979 si pensava che un terremoto di magnitudo 8,5 fosse il più potente possibile. Da allora, i miglioramenti apportati alle tecniche di misurazione sismica hanno consentito ai sismologi di raffinare la scala e attualmente il limite è considerato 9,5.

L'altra scala, la Scala Percalli, introdotta all'inizio del XX secolo dal sismologo italiano Giuseppe Mercalli, è divisa in dodici gradi rispetto ai quali è valutata l'entità delle scosse facendo riferimento ai danni provocati dal sisma. Dal momento che gli effetti sismici superficiali si attenuano all'aumentare della profondità dell'ipocentro e della distanza da questo, il grado Mercalli assegnato al sisma dipende dal luogo in cui viene effettuata la registrazione, nonché dalle caratteristiche e dalla natura dei materiali delle strutture presenti nella zona colpita dal sisma. Su questa scala il I grado viene assegnato a terremoti percepiti da pochissime persone, mentre il grado XII designa terremoti catastrofici che causano distruzione totale. Eventi di intensità pari al II o III grado della scala Mercalli equivalgono approssimativamente a terremoti di magnitudo 3 o 4 sulla scala Richter, e un XI-XII grado sulla scala Mercalli può corrispondere a magnitudo 8-9 sulla scala Richter.