La Grande Guerra e gli Anni Venti

La prima guerra mondiale è per l'Europa un'esperienza senza precedenti: tutte le principali potenze, non solo europee, prendono parte al conflitto, ed il vero teatro degli scontri è proprio l'Europa;

i paesi belligeranti si trovano distrutti dalle devastazioni della guerra, ma soprattutto avvertono in pieno il peso di una guerra che, per le dimensioni e per la violenza, richiede ingenti risorse, sia materiali che umane: gli anni della guerra sono anni di economia di guerra, anche lontano dal confine il razionamento ed il controllo della propaganda si fanno sentire nella vita quotidiana.

Alla fine del conflitto nazioni vinte ma anche nazioni vincitrici si trovano distrutte psicologicamente dal grande massacro, che ha portato via la parte più giovane della popolazione maschile, indebitate pesantemente con altri stati, soprattutto con gli Stati Uniti, con un apparato industriale in gran parte attrezzato per la produzione di armi e difficilmente riconvertibile, ma soprattutto con una classe operaia che ha acquisito coerenza dall'esperienza bellica, diventando consapevole del suo peso nella società.

Il dopoguerra è quindi in Europa fin dall'inizio molto difficile, molti nuovi stati si sono formati dal disgregamento degli imperi ed in molti paesi, come ad esempio la Germania, si è per la prima volta posti di fronte alla possibilità di instaurare un regime democratico.

In tutti i paesi i reduci non trovano lo spazio che era stato loro promesso quando erano partiti per la guerra, trovandosi inseriti in un mondo che è visibilmente cambiato.

Le donne, che hanno portato avanti la nazione durante la guerra, si sono incamminate verso l'emancipazione, entrando a pieno titolo a far parte della società, il contatto con altre realtà, ad esempio quella americana portata dai soldati in missione, porta profondi cambiamenti nella vita quotidiana, compaiono per la prima volta strumenti di svago economici ed efficaci come la radio o il cinema, il consumismo si fa sempre più strada.

I reduci al contrario hanno vissuto per anni nelle trincee, in pessime condizioni igieniche ed alimentari, ma soprattutto si sono abituati al contatto quotidiano con la morte. 

Tra la fine del 1918 e l'estate del 1920 in tutta Europa il movimento operaio, dopo il silenzio imposto dalla guerra ed incoraggiato dai risultati della rivoluzione Russa, si fa protagonista di una forte avanzata politica, che accanto all'ottenimento di riforme (orario di lavoro ridotto ad otto ore) manifesta intenzioni rivoluzionarie. Quello che era successo in Russia nel resto d'Europa però non succede per la maggiore forza delle istituzioni ed il minore radicalismo degli stessi partiti socialisti. La situazione politica è comunque difficile, fatta eccezione per Francia e Inghilterra dove il governo democratico riesce a superare la crisi, e si manifesta con la debolezza in Germania della recente repubblica di Weimar, in Italia dei governi liberali e con il fallimento dell'alternativa democratica in quasi tutti gli stati di nuova formazione. Questa instabilità e lo spettro della rivoluzione russa porteranno all'affermarsi dei totalitarismi negli anni trenta.

Nella crisi economica ed istituzionale, l'artista, che in molti casi ha vissuto la guerra in prima persona, si trova inserito in una società che si è massificata. L'arte ha perso completamente quel ruolo che aveva avuto nella società fino al romanticismo e la cultura rischia di finire nella mediocrità e nella serializzazione; la realtà appare nelle nuove concezioni filosofiche complessa ed impenetrabile, mutevole e relativa da individuo a individuo. In letteratura l'artista si concentra sulla sua realtà e si fa simbolo del disagio dell'uomo moderno, posto di fronte ad un mondo che non sa interpretare; nelle arti figurative l'arte perde ogni contatto con la realtà concreta, divenendo rappresentazione astratta di esse e della visione che ne ha l'artista, alterata dai suoi sentimenti.

In architettura l'artista rifiuta ogni legame con il passato, disilluso dalle promesse ottimistiche della società positivista, e trova unico scopo nel riprogettare un mondo ideale, una nuova città funzionale al nuovo stile di vita, non più sostenibile senza profondi cambiamenti che rendano migliore la vita di un uomo, che è sempre più malato.
La comunità artistica diventa un'élite nella società, si fa protagonista di esperienze innovative e profondamente democratiche come quella del Bauhaus, ma è comunque chiusa in se stessa. Il suo spirito innovatore entrerà poi in molti casi in conflitto con la tendenza conservatrice degli anni trenta, ed il polo della cultura si trasferirà negli Stati Uniti, dove potrà svilupparsi in una condizione di libertà espressiva.