Il Monachesimo

Il monachesimo nella chiesa cristiana

Il cristianesimo, messaggio di salvezza spirituale, fu il portatore naturale di un orientamento ascetico inteso a fare della vita un'assidua lotta contro i nemici della salute dell'anima, identificati nel mondo (egoismo), nel demonio (orgoglio), nella carne (concupiscenza).

Nella primitiva comunità cristiana la perfezione evangelica si fece ben presto consistere nella rinuncia, nella mortificazione, nella penitenza.

Ma finché i cristiani rimasero una minoranza perseguitata, l'ideale di perfezione evangelica poteva essere attuato in seno alla società dei fedeli, scuola di disciplina, di fede, di martirio.

Col progressivo trionfo della nuova religione, sempre meno frequenti divennero le occasioni per l'esercizio di una volontà eroica nella vita comunitaria.

Mentre la Chiesa stessa, divenuta organismo sociale, assumeva struttura terrena, le comunità cristiane cessavano di essere cenacoli di eletti.

Al tempo della conversione delle grandi masse pagane, esse dovettero accogliere, accanto ai fedeli sinceri e puri, i credenti per convenienza e per tornaconto, che portavano nella vita comunitaria i residui di una tenace mentalità paganeggiante e gli elementi corruttori di un'etica sociale rilassata.

In questa situazione, molti pensarono che non si potesse rimanere fedeli all'ideale della perfezione cristiana se non in solitudine, in una vita da monaco.

La solitudine, nella forma più rigorosa e originaria del monachesimo, era assoluta; l'individuo, rotto ogni rapporto con i suoi simili, si ritirava a vivere in una grotta, in luogo inaccessibile, dedicandosi esclusivamente alla preghiera e alla totale mortificazione della carne: fu l'epoca dell'eremitismo e dell'anacoretismo.

A questa fase primigenia del monachesimo ne seguì una seconda in cui predominarono le forme di vita associata, pur nell'isolamento dal mondo.

L'ascetismo che è alla base della spiritualità monastica, sebbene di per sé di natura individuale, in quanto non è atteggiamento passivo di pura negazione del mondo ma tentativo energico di sostituire i valori dello spirito a quelli mondani, tese a diventare socialmente efficace attraverso la comunione di vita dei confratelli religiosi: fu l'epoca del cenobitismo.

Il monachesimo orientale

Si possono distinguere, nella sua storia, due periodi: l'egiziano e il basiliano.

I primi monaci egiziani furono cristiani ferventi che si ritirarono a vivere nel deserto, sia per desiderio di praticare più liberamente le norme della vita evangelica, sia per trovare nell'eremitismo e nell'anacoretismo la forma penitenziale sostitutiva del martirio; loro padri spirituali furono, nel IIIsec., l'eremita Paolo di Tebe e l'anacoreta sant'Antonio Abate.

Il ritiro di Paolo nel deserto non ebbe imitatori; quello di Antonio suscitò folle di discepoli che lo seguirono (inizio del IV sec.), vivendo isolati o in piccoli gruppi, mentre la scelta delle pratiche ascetiche era lasciata all'ispirazione, al temperamento e anche alle bizzarrie dei singoli individui.

Il monachesimo antoniano era individualistico, solitario, puramente contemplativo: il monaco — solo, con Dio, nella gigantesca lotta contro Satana — era quasi esclusivamente dedito a espiare con pratiche mortificative le colpe della carne.

La vita cenobitica si costituì attorno a san Pacomio a Tabennisi, nell'alta Tebaide (Egitto), verso il 318: l'obbedienza al superiore, che aveva la direzione del cenobio, introdotta come elemento essenziale della vita perfetta, la rinuncia alla discrezione individuale negli esercizi ascetici con la sottomissione di tutti a una regola comune e la suddivisione del tempo tra la contemplazione, la preghiera e il lavoro manuale, caratterizzarono il monachesimo pacomiano, che si diffuse in modo straordinario in Egitto, Palestina, Siria, Persia e Armenia.

Ma i fondamenti duraturi dell'organizzazione monastica nel Vicino Oriente furono posti, nel IV sec., da san Basilio.

Monaco egli stesso, critico dell'eremitismo (che giudicava pregiudizievole all'esercizio della carità cristiana) e di alcuni aspetti del cenobitismo pacomiano, cui pure si ispirava, san Basilio riorganizzò la vita e la spiritualità monacale: il cenobio basiliano, poco numeroso (qualche decina di monaci), fu centro di preghiera e di penitenza, d'apostolato e di lavoro per uomini che dovevano mettere — questo il fatto nuovo — al servizio degli altri (anche di coloro che vivevano nel mondo) il frutto delle particolari esperienze spirituali fatte nel chiostro.

I monaci basiliani, inoltre, diversamente da quelli egiziani che, contenti della fede dei semplici, disdegnavano la speculazione sulle cose di religione, valorizzarono il pensiero greco al fine della precisazione del dogma e parteciparono attivamente alle dispute teologiche dalle quali uscì definita la dottrina della Chiesa.

Nello statuto lasciato da san Basilio — più sommario di riflessioni e insegnamenti di grande sapienza pratica sui fondamenti della vita religiosa, che vera e propria regola — e nelle precisazioni apportatevi dall'imperatore Giustiniano (Novellae 5 e 139) e da Teodoro Studita, il monachesimo orientale vide per sempre fissati i suoi tratti essenziali. Quello dell'Asia e Africa mediterranea subì successivamente le persecuzioni persiane e soprattutto islamiche, le quali, mentre fecero inaridire nei territori conquistati la vita monastica, costrinsero all'emigrazione molti che rafforzarono le comunità balcaniche e russe e svilupparono un monachesimo orientale in Sicilia e nell'Italia meridionale.

Il monachesimo occidentale

La vita monastica organizzata giunse a fioritura, in Occidente, in epoca più tarda che in Oriente e fino alla grande diffusione della regola benedettina rimase, anzi, un fenomeno piuttosto isolato. Già nel IV sec., tuttavia, furono fondati a Roma i primi monasteri, mentre, ben presto, la vita monastica riceveva notevole impulso, soprattutto a opera di Eusebio di Vercelli, Paolino di Nola, Martino di Tours, Ambrogio di Milano, Onorato di Arles, Cassiano Giovanni, Agostino, e Cesario d'Arles, i quali scrissero anche regole per i propri monasteri. Ma le prime grandi organizzazioni monastiche si ebbero tra il VI e il VII sec., nei paesi di cultura celtica, a opera di Colomba, Aidano, Patrizio e Colombano.

La regola di san Colombano si diffuse in Gallia, sul Reno, in Svizzera e in Italia, permanendo a lungo accanto alla Regula Magistri e a quella di san Benedetto da Norcia. Il monachesimo benedettino è una creazione del VI sec., e ben presto soppiantò quella modellata sul tipo di quella di san Colombano, anche se la sua affermazione completa avvenne durante l'età carolingia: di fatto la storia ulteriore del monachesimo occidentale si identifica con quella del monachesimo di tipo benedettino, ispirato alla mentalità occidentale contemplativa-pratica, riassunta dal motto ora et labora.

Mentre la ricchezza alla quale assursero ben presto le abbazie benedettine destò spesso la cupidigia dei sovrani, la potenza e lo splendore raggiunto dall'ordine fu causa di rilassamento della disciplina e di raffreddamento dell'ideale monastico: di qui l'esigenza riformatrice che domina la vita monastica tra l'VIIIe il XII sec. San Benedetto di Aniane, dopo aver restaurato col favore di Ludovico il Pio il patrimonio dell'ordine, gravemente intaccato dall'amministrazione controllata da parte di Carlo Martello e anche di Carlo Magno, cercò di ristabilire l'osservanza stretta della regola benedettina, ma la riforma non ebbe successo duraturo.

Solo con Cluny il monachesimo risorse a nuova vita; ma l'esigenza riformatrice non si arrestò, anche per il prevalere in seno ai cluniacensi di preoccupazioni di potenza economica e politica. Risultati successivi della riforma monastica furono gli ordini camaldolese (1012), vallombrosano (1036), certosino (1084), cisterciense (1098), silvestrino (1232) e olivetano (1313). Nonostante le riforme, gli influssi del primo Umanesimo furono causa di ulteriore decadenza dell'organizzazione monastica che, d'altro canto, già da tempo, ormai, soffriva anche per la mutata struttura economica e sociale dell'Occidente.

Le condizioni della vita economica medievale e la natura prevalentemente fondiaria dei beni monastici avevano fatto sì che la maggior parte delle abbazie sorgesse in piena campagna: il ritmo di lavoro del monaco benedettino era rurale. Quando, nel XII sec., la vita cittadina tornò a rifiorire, i monasteri vennero a trovarsi lontani dai nuovi centri di studio, dalle nuove classi sociali influenti, dalle correnti vitali della nuova vita economica e la loro importanza come centri di attività culturale, economica e politica diminuì notevolmente.

Ma se il monachesimo cessava di essere uno dei protagonisti della storia dell'Occidente romano- cristiano-germanico, l'ideale di cui era stato portatore era ancor fecondo d'espressioni; accanto alle congregazioni riformate del vecchio ordine, riapparvero dall'XI sec. nuove forme di vita cenobitica: canonici regolari, eremitani di sant'Agostino e gli ordini mendicanti del XIIIsec., come i francescani e i domenicani, che misero l'accento sull'attività apostolica e proposero una nuova concezione della vita religiosa: i mendicanti, però, non sono più, in senso stretto, dei monaci.

Gli ordini di ogni tipo parteciparono al movimento di riforma dal basso che ebbe manifestazioni precise dal XV sec. in opposizione alle situazioni create specialmente dalle commende. Non tutti parteciparono a tale riforma e così i religiosi si divisero in quelli legati al passato e in quelli detti osservanti per l'aspirazione a una vita religiosa, se necessario, anche completamente rinnovata.

La riforma protestante scosse profondamente le basi della millenaria visione del monachesimo quale via privilegiata di perfezione evangelica; centinaia di monasteri furono soppressi e la vita monastica scomparve totalmente dai paesi nei quali essa si era affermata. Durante il periodo della Controriforma sorsero nei paesi rimasti cattolici ordini e congregazioni religiose che si dedicarono alla vita attiva più che a una vita strettamente contemplativa.

Nel XVIII sec. e nel primo decennio del XIX, il giurisdizionalismo dei sovrani, la Rivoluzione francese e le riforme napoleoniche condussero alla secolarizzazione dei beni monastici e alla soppressione di quasi tutte le abbazie comprese in quei territori. L'istituto monastico, tuttavia, si riprese nella seconda metà del XIX sec. (nonostante gli ostacoli frapposti dalle clausole restrittive delle legislazioni di vari Stati) ed è ancor oggi, anche se non più come un tempo, fiorente in molti paesi. In Occidente esistono attualmente tre tipi di monachesimo: benedettino, certosino e cisterciense; vi si trovano, inoltre, membri di ordini monastici orientali: antoniani, basiliani e mechitaristi.

Dopo la seconda guerra mondiale il monachesimo si affermò nell'America del Nord, e nacquero filiali in Asia e in Africa.

Monachesimo femminile

Parallelamente al monachesimo maschile si affermò, fin dal IV sec., quello femminile. Se ne interessarono in maniera particolare sant'Ambrogio di Milano, san Girolamo a Betlemme e san Cesario d'Arles (quest'ultimo compilò anche una regola). Tuttavia l'organizzazione monastica femminile ebbe piena affermazione con la diffusione della regola benedettina; da allora ogni ordine religioso maschile ebbe il corrispondente secondo ordine femminile.

Monachesimo protestante

La Riforma portò immediatamente alla soppressione della vita religiosa monastica. Dal secolo scorso, tuttavia, si è avuta una ripresa del monachesimo maschile e femminile soprattutto a opera del movimento di Oxford. Le comunità religiose protestanti fecero la loro prima apparizione in Inghilterra e si affermarono poi anche negli Stati Uniti. In Europa godono notorietà il centro monastico maschile di Taizé in Francia e quello femminile di Darmstadt in Germania.

FRANCESCO d’ASSISI

Nacque ad Assisi nel 1181 o nel 1182 e morì nel 1226. Il padre era un ricco mercante di stoffe, legato alla Francia tanto da mutare il nome del figlio Giovanni in quello di Francesco (Francese).

Francesco, attratto dalle imprese cavalleresche e dalle arti cortesi, partecipò nel 1202 alla guerra tra Assisi e Perugia, finendo prigioniero per circa un anno fino al 1203. Nel 1205 a Spoleto , mentre era in viaggio come volontario delle milizie pontificie, cadde gravemente ammalato. Durante la malattia ebbe una visione che lo indusse a ritornare ad Assisi dove si dedicò sempre più assiduamente alla preghiera, alla penitenza, alle opere di misericordia.

Dal 1206 si dedicò interamente alla vita di povertà, al servizio di Dio, vivendo per due anni come eremita. Cominciò a predicare raccogliendo i primi discepoli: Bernardo di Quintavalle, Pietro Cattani, Egidio d’Assisi e altri. Il movimento francescano si allargava ormai rapidamente.

Francesco tra il 1213 e il 1215 s’imbarcò per la Spagna, proponendosi l’evangelizzazione dei Mori. Ammalatosi, dovette ritornare in Italia. Nel 1217 si mise in viaggio per la Francia. Nel 1219 raggiunse in Egitto l’esercito crociato e tentò di convertire il sultano. Ritornato in Italia nel 1220, san Francesco si dedicò più intensamente alla vita ascetica e mistica. Intorno al 1221, il santo aveva anche fondato il terz’ordine. Nella note di Natale del 1223, nel bosco di Greccio, rappresentò per la prima volta la Natività nel Presepio.

Nel 1224, in ritiro alla Verna, ricevette le stimmate. Tornato ad Assisi ormai ammalato e affetto da quasi totale cecità, detto fra le sofferenze, il Cantico di frate Sole.

Il pontefice Gregorio IX lo inserì nella categoria dei santi e ne autorizzò il culto pubblico e Pio XII lo proclamò patrono d’Italia. La festa in suo onore è celebrata il 4 ottobre.

 GIOACCHINO da FIORE

 Principalmente fu un mistico italiano. Nacque a Celico in provincia di Cosenza nel 1130 circa e morì a Canale vicino a Cuneo nel 1202. Fu un cistercense (colui che appartiene all’ordine di Citeaux)e abate di Corazzo nel 1177 e poi di Casamaria. Fondò anche una nuova congregazione in San Giovanni in Fiore, detta dei florensi, approvata da Celestino III nel 1196, diffusasi nel secolo successivo, ma decaduta ed estinta nel XIV secolo.

L’attribuzione delle sue opere ha dato luogo a molte discussioni e alcune di loro sono state edite solo in questo secolo; le principali comunque sono: Concordia Novi et Veteris Testamenti, Expositio in Apocalypsim, Psalterium decem cordarum, Tractatus super quatour Evangelia, Liber figurarum.

Tutta la dottrina di Gioacchino ha il suo centro in una visione escatologica rappresentante la storia del mondo come divisa in tre età, del Padre, o del timore, del Figlio, o della Grazia e dello Spirito Santo. In questa terza età avrebbero trionfato, sulle tradizionali strutture ecclesiastiche, la spiritualità e il monachesimo, la pace e la libertà proclamata da San Paolo, un’intelligentia spiritualis della Rivelazione senza la necessità della mediazione ecclesiastica. Le peculiarità formali delle opere di Gioacchino spiegano l’immensa fortuna della sua dottrina, i sospetti di eterodossia che ben presto si appuntarono su di essa e l’esasperazione polemica del suo pensiero operata dopo la morte, soprattutto da parte dei francescani spirituali, che dalla visione della terza età trassero la loro condanna del papato contemporaneo come incarnazione dell’Anticristo.

Ma al fascino dell’escatologia gioachimita furono sensibili anche san Bonaventura e Dante.