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E'
uno straordinario puzzle di storia e architettura. Appollaiato su un dosso
dominante l'intera conca delle Giudicarie esteriori, austero e apparentemente
poco maestoso ma invidiabile per posizione strategica, roccaforte del dominio
feudale vescovile, il castello di Stenico custodisce un millennio di intrighi,
soprusi, torture. E la decina di edifici racchiusi nella cinta fortificata
rappresentano un piccolo museo naturale dell'evoluzione architettonica del
castelliere, l'antica struttura difensiva esistente fin dall'età preitalica.
Per questo, il maniero di Stenico è fra i più importanti e rappresentativi
della regione trentina: dentro le sue massicce mura, più volte ritoccate,
c'è un po' di tutto, dalle costruzioni romaniche a quelle ottocentesche, in
un intricato gioco di stratificazioni architettoniche a seconda dei gusti
e delle necessità dei suoi molti occupanti.
Un buon punto di partenza per capire come la fortezza sia cresciuta e si sia
sviluppata nei secoli è l'affresco nella Torre dell'aquila a Trento: è la
"fotografia" del castello ai primi del '400, nel periodo del suo splendore.
Il dipinto mostra la cittadella protetta da un ponte levatoio e da una cinta
merlata esterna rafforzata da due torri cilindriche. Di ciò oggi resta la
ripida strada che porta all'ingresso, i due torrioni, ma dimezzati (furono
abbassati nel Cinquecento per renderli meno vulnerabili alle cannonate), e
le mura esterne sbrecciate prive delle caratteristiche merlature medievali,
abbattute nell'Ottocento dagli austriaci. Ma l'affresco testimonia pure come
il corpo della fortezza sia rimasto sostanzialmente intatto, grazie anche
ai pazienti restauri del dopoguerra.
Il
castello è imperniato su quattro cortili: i due alle estremità avevano un
ruolo essenzialmente strategico, mentre la vita dei castellani si svolgeva
attorno al primo e al secondo spiazzo, attigui fra loro. Per arrivarci si
deve superare il varco della cinta esterna e percorrere la rampa che porta
all'ingresso principale, al di là del quale si apre il primo cortile. Probabilmente
proprio qui l'antica popolazione degli Stoni stabilì un caposaldo. Certamente
vi si insediarono i Romani. Sono stati infatti scoperti tre plutei in arenaria
e un pilastrino dell'VIII e IX secolo di cui il maniero conserva soltanto
i calchi (gli originali invece sono ora esposti al Museo provinciale d'arte
a Trento).
Ma la storia ufficiale del castello comincia "soltanto" nel 1163, anno in
cui il nome di Stenico compare per la prima volta in un atto scritto e datato.
Nel documento, il vescovo di Trento, Adelpreto (1156-1172), assegna a Bozone
de Stenego, signorotto del luogo, il feudo della zona e l'uso della casa che
il presule possedeva nel castello con l'obbligo di restituirgliela ogni volta
che egli volesse. La casa nominata nell'atto comprende anche una piccola cappella
romanica del XIII secolo con rimaneggiamenti gotici del secolo successivo
e la cosiddetta Torre dell'orologio, sede del campanone che annunciava feste
o sventure.
All'epoca di Bozone, dunque, questo unico edificio si affacciava nel primo
cortile che ora risulta chiuso da un palazzo costruito dal vescovo Bernardo
Clesio nella metà del Cinquecento e dall'edificio ottocentesco eretto dagli
austriaci per la sede dell'ufficio distrettuale delle imposte (oggi abitazione
del custode).
Bozone e i suoi discendenti, non appena entrarono in possesso della fortezza,
ne ampliarono il corpo centrale con altre tre costruzioni, quelle che delimitano
il secondo cortile al quale si accede attraverso un solido portone: ogni settore
del castello, infatti, è stato ideato come baluardo autonomo di difesa nel
caso venisse superata la Cinta muraria esterna.
E
la prima opera di Bozone fu la famigenata e massiccia Torre della fame, a
pianta quadrata, inquietante testimonianza delle severe leggi dell'epoca.
La torre ancora oggi sovrasta i tetti del maniero e la leggenda vuole che
gli abitanti della zona, fieri e insofferenti per le continue tasse, fossero
scoraggiati a ribellarsi dalle urla dei prigionieri segregati in buie e anguste
celle. Attorno a questo secondo cortile vennero fatti i maggiori interventi
architettonici, ispirati dai personaggi che si avvicendarono nel castello:
conteso dapprima fra i signori locali, poi fra questi e il vescovo di Trento
e infine fra la Chiesa e i principi del Tirolo.
Furono soprattutto i vescovi a mantenervi la propria sede attraverso un Capitano
delle Giudicanie, simbolo del loro potere temporale nel feudo. E furono alcuni
vescovi ad abbellinlo e a modificarlo fino alla seconda metà del Cinquecento.
Da allora, inevitabile, cominciò la decadenza. E insieme con essa, la spoliazione
degli edifici, che alla fine della grande guerra divennero proprietà del demanio
italiano.
All'inizio del nostro secolo, il castello era stato sottoposto a un grossolano
maquillage, in parte utilizzato, dapprima, come sede della pretura, poi come
caserma dei carabinieri. Ma soltanto in anni relativamente recenti si è cominciato
a pensare di restituirlo, nella sua originaria bellezza, al paese di Stenico,
sorto e cresciuto attorno al dosso.
I lavori di restauro hanno permesso agli edifici di riacquistare l'antico
fascino. Un fascino che si avverte visitando soprattutto quelli che circondano
il secondo cortile. Da qui si può meglio ammirare
una delle opere più apprezzate della cittadella: la loggetta in stile rinascimentale
fatta costruire nel 1538 dal vescovo Bernardo Clesio (1514-1539). Elegante,
snella, ariosa, sovrastando il massiccio portone che divide il primo dal secondo
cortile, essa collega uno dei palazzi dei Bozone con quello edificato dal
vescovo Federico Vanga (1207-1218) e precisamente con la Sala del Consiglio,
dove venivano prese le più importanti decisioni politiche e amministrative
riguardanti il feudo. Un locale vasto e luminoso, ben diverso da quello sottostante.
Qui, l'atmosfera diventa di colpo tetra e pesante. E infatti in questa seconda
sala, detta del Giudizio, resa ancora più solenne da colonne romaniche in
granito, veniva amministrata la giustizia. Una porticina laterale immetteva
direttamente alla Torre della fame è questo la dice lunga sulla crudeltà delle
sentenze.
Basta invece andare negli altri due palazzi che completano il secondo cortile
(uno, ancora dei Bozone; l'altro si deve invece al vescovo Giovanni Hinderbach
1465-1486) per reimmergersi in epoca rinascimentale. Grazie soprattutto ai
restauri e alle innovazioni volute da Bernardo Clesio. Sale e salette di sobria
ma raffinata architettura, come quelle "dei putti" e "dei medaglioni" (così
chiamate dal tema degli affreschi che si rincorrono lungo le pareti), si alternano
a stanzoni più severi ma non meno eleganti, come l'antica cucina del castello
con l'originale cappa che abbraccia una intera parete. E poiché questi locali
hanno potuto riacquistare, con il restauro, la purezza della struttura ma
non la ricchezza degli arredi distrutti o rubati, la Provincia di Trento ha
distribuito qua e là, con gusto e rispetto degli spazi, mobili, dipinti, quadri
e oggetti d'uso dell'epoca, presi in prestito da altri musei.
Chi infine ne volesse sapere di più, non ha che rivolgersi al vecchio custode.
Fu lui, nell'immediato dopoguerra, a scoprire nel primo cortile le fondamenta
cinquecentesche. E fu con il suo aiuto che venne alla luce un passaggio misterioso
sottoterra, il cui percorso è ancora da definire. Come sono ancora da scoprire
chissà quanti altri segreti custoditi in queste mura millenarie.
Il nome Stenico è di origine incerta: probabilmente deriva dagli Stoni, una fiera popolazione alpina che in questo luogo avrebbe posto la propria capitale e che nel 118 avanti Cristo fu massacrata dai Romani.
- Come
visitare il castello.
Da Trento, in direzione di Riva del Garda, si percorrono 18 chilometri di una
tortuosa e stretta strada montana, si corre lungo due suggestivi laghi e a Serche
(20 chilometri da Trento) si prende la via per Tione-Madonna di Campiglio: Stenico
è dopo altri 14 chilometri.
Un'altra via: dall'uscita dell'autostrada del Brennero, a Rovereto sud, via
Arco-Comano (55 chilometri).
Il castello si può visitare tutti i giorni, eccetto il lunedì, solo con la guida
del custode e alle seguenti ore: 9.30-10.15-11-14-15-16 e, da aprile a settembre,
anche alle 17. L'ingresso è libero.
-
Quando andare.
Primavera-estate, sia per il clima sia per poter meglio ammirare lo stupendo
panorama che si gode dal castello.
-
Cucina
I piatti della zona sono vari e gustosi: carne salata servita in tagli finissimi;
gli strangolapreti (gnocchi a base di pane e spinaci); risotto con mele o canederli;
capriolo con polenta e funghi o soprattutto la trota nelle sue diverse specialità
(qui nacquero i primi vivai); come dessert, strudel di mele o torta di carote.
Non dimenticare i delicati vini locali: il rosato della Valle dei laghi e il
bianco Nosiola.
- Il centro termale di Comano si trova proprio ai piedi di Stenico; il potere terapeutico delle sue acque è conosciuto fin dai tempi dei Romani ed è indicato nella cura delle malattie della pelle, delle vie respiratorie, dell'apparato urinario e genitale, delle articolazioni.
-
Passeggiate ed escursioni.
Partendo
dalla piazza di Stenico, sulla strada per Tione, dopo appena 500 metri si può
ammirare la cascata del Rio Bianco che sgorga da una falda sotterranea nel periodo
estivo e alimenta la sottostante centrale del Ponte Pià. Continuando per la
stes-sa strada, in venti minuti d'auto si arriva nella valle Algone, da dove
si parte per numerose escursioni sulle Dolomiti del Brenta.
Altra gita raccomandata, quella che, partendo da Stenico, dopo una camminata
di un'ora porta alla suggestiva Arca di Fraporte, una gigantesca e affascinante
grotta alta una cinquantina di metri e larga venticinque.
Simile a quello di Stenico, per bellezza e importanza storica, è il castello
di Avio, nei pressi dell'Adige (uscita Ala-Avio dell'autostrada del Bren-nero).
Ricordato fin dal 1053, l'antico maniero che fu dei Castelbarco e dei vescovi
principi di Trento, è ancora ben conservato.
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