CASTROCIELO (FR)


Comune

Distanze: 124 km da Roma

Altitudine: 250 m

Il paese di Castrocielo si trova su una delle ultime propaggini del Massiccio del Monte Cairo, che si affacciano sulla piana della valle del Liri.

Gli storici fanno risalire l’origine di Castrocielo a quelle famiglie Aquinati che, dopo la distruzione della loro città ad opera dei Longobardi, si ridussero ad abitare sulla sommità del Monte Asprano, a 773 m. s.l.m. .

Il luogo si chiamò, sia per l’altezza del sito che per la presenza di fortificazioni, Castrum Coeli (il castello del Paradiso).
Quando nel ‘994, l’Abate di Montecassino, Mansone, salì sulla montagna per erigervi fortificazioni, vi trovò alcuni antichi edifici (nonnulla veterum…aedificia) e diede inizio alla costruzione di un castrum, in un primo tempo interrotta per mancanza di acqua. Normalmente, si fa risalire a lui la fondazione di Castrocielo.

Nonostante le difficoltà incontrate per raggiungere il posto, il pagus si espandeva sempre più, fino a raggiungere il massimo intorno al 1020/1030. Poi la popolazione cominciò a scendere a valle, in cerca di un sito migliore. Coloro che scesero a Nord-Est fondarono Colle S. Magno, con la frazione di Cantalupo, quelli che scesero a Sud fondarono, sulla destra del Fossato, l’agglomerato che sarebbe stato il nuovo paese, cui fu dato il nome di PALAZZOLO, con la frazione del Campo o Villa Eucheria, sulla sinistra del Fossato.

Nel 1603 erano rimaste sulla montagna solo 12 famiglie, finchè non scesero anche esse a valle. Il nuovo paese si chiamò all’inizio Palazzolo, poi si disse Castro Cielo Palazzolo: per questo, nello stemma del Comune, “d’argento, al Castello di rosso, murato e chiuso di nero, torricellato da tre pezzi, il centrale più elevato, merlati alla guelfa”, sono sovraimpresse le lettere C C P, appunto Castro Cielo Palazzolo.

Ci volle il Decreto di Umberto I°, controfirmato da De Pretis, emesso a S. Anna di Valdieri il 16 agosto 1882 per ridare al paese il nome attuale di Castrocielo.

Durante la seconda guerra mondiale (luglio 1943 – maggio 1994) il paese, non lontano dalla linea Gustav, ha sofferto soprusi e devastazioni di ogni genere, per oltre nove lunghissimi mesi, la popolazione, soprattutto vecchi, donne, bambini (gli uomini in età di armi erano al fronte), ha subito rappresaglie e maltrattamenti di ogni genere dai tedeschi che l’avevano occupato, distruzione e morte dai bombardamenti degli alleati.

La Chiesa parrocchiale di Santa Lucia 

La chiesa di S. Lucia si erge con grande imponenza proprio dal centro del borgo cittadino; la sua consacrazione viene fatta risalire al 1746. Costruita in stile classico-rinascimentale, la Chiesa presenta tre navate senza cupola, con tre distinte porte d’ingresso: una volta dentro, è possibile ammirare due bellissimi dipinti di Alfonso Simonetti, pittore ottocentesco di origine napoletana ma di adozione castrocielese.

Le due opere rappresentano Santa Lucia Vergine e Martire rispettivamente prima e dopo il supplizio.

La chiesa Madonna del Pianto

La chiesa della Madonna del Pianto (conosciuta anche con il nome di chiesa della Madonna dei Sette Dolori), a sud-est dell’abitato di Castrocielo, sorge nei pressi di un piccolo lago palustre formato dalla sorgente Capo d’Acqua.

In origine l’edificio doveva essere isolato, ma oggi è addossato ad un’ampia costruzione quadrangolare.

L’impianto romanico, costituito da un’aula unica, venne trasformato all’interno da interventi settecenteschi che determinarono la chiusura delle monofore e la realizzazione, su ciascun lato, di tre altari barocchi.

La facciata è preceduta da un pronao aperto su ciascun lato per mezzo di arcate a tutto sesto impostate su semplici mensole. Il portale di ingresso è sormontato da una lunetta, un tempo dipinta, e affiancato da due piccole finestre quadrate munite di grata e profilate da una cornice di pietra.

Lunedì in albis - Il giorno del bacio

Il lunedì di Pasqua vede, ancora oggi, il ripetersi di un'antica tradizione, anche se lo spirito non è più quello di un tempo.
Il Comune di Castrocielo si trasferì dall'alto del Monte Asprano verso la attuale ubicazione del centro storico e, nell'anno 1601, si trasportarono nel nuovo nucleo urbano le reliquie già conservate nella Chiesa Madre di S.Maria Assunta in Ciel, come ricorda una lapide posta al sommo del reliquiario esistente nella sacrestia della Chiesa Parrocchiale.

Da allora, ogni lunedì di Pasqua, si torna processionalmente alla antica chiesa matrice nella quale si riportavano le antiche reliquie, prima che venissero asportate da mani profane nel corso delle invasioni verificatesi durante l'ultimo conflitto bellico ( 1940-45).

Anche il paese di Colle S. Magno, anch'esso derivato dal "Castrum Coeli", conserva una analoga tradizione processionale.

Da tempo immemorabile, Castrocielo ha però il diritto di precedenza nella celebrazione delle sacre funzioni nella Chiesa Madre che è sul monte; diritto che non vuole perdere, cosa che avverrebbe se la processione di Colle S. Magno arrivasse per prima.

A tale scopo, negli anni andati, i Collacciani (così son detti gli abitanti di Colle S.Magno) tentarono delle sorprese avviando la loro processione anzitempo ma i Castrocielesi, che hanno da sempre vedette in avanscoperta, non si lasciarono cogliere alla sprovvista e con mezzi alquanto energici, impedirono l'accesso in chiesa alla processione rivale.

Da tempo però, tutto si svolge in armonia; tuttavia, allorché la processione di Castrocielo muove dalla Chiesa parrocchiale, molti paesani già sono avanti nel cammino, vigili sentinelle del loro primato

Il corteo rinnova usanze antiche; la statua della Vergine, portata a spalla per la via montana, viene deposta due volte durante il percorso su apposite basi quadrangolari dette in dialetto: "posature", cioè "poggiatoi", fatti di pietre accostate a secco che ricordano le antiche are, da immemorabile epoca costruiti a sollievo dei portatori.

Giunta la processione a due terzi del percorso, essendo la statua deposta sul secondo "posature" ubicato al centro di una spianata marginale alla mulattiera, dalla quale la vista spazia ampiamente nella sottostante valle Iato ovest, ove il Castello di Roccasecca appare a quota inferiore e sembra piccino e par di toccarlo, il portatore dello stendardo (asta di circa cinque metri di altezza, recante un drappo di pesante tessuto serico ), compie il rito del saluto al Santuario della Madonna di Monte Leucio, colle avamposto della catena degli Aurunci che delimita a sud la Valle del Liri.

Mentre la folla dei pellegrini è disposta tutta intorno alla spianata anzidetta e da parte degli accompagnatori del porta stendardo si raccomanda una rispettosa distanza con le frasi ripetute ad alta voce: "Fecete attenzione a gliu cape!", "State attente a gliu cape!"(la necessità della raccomandazione è spiegata dalla descrizione che segue), l'enorme e pesante asta viene lentamente abbassata dal portatore che, contemporaneamente, girando su se stesso, la sottopone ad un moto rotatorio lungo una traiettoria di un angolo giro più volte ripetuto del quale un'orbita, viene compiuta quando l'asta è in posizione pressoché orizzontale, trascinando in tale moto il drappo, gonfio come una vela al vento essendo fissato all asta anche nella sua estremità inferiore.

Poi lo stendardo, continuando a ruotare, rialza lentamente la sua cima, fino a riassumere la posizione verticale.

La processione riprende poi il suo percorso, al suono della banda, tra rinnovati canti di un popolo che fedelmente segue il sacerdote e la statua della Vergine che procede verso l'alto, oscillando per le asperità della rupestre via che molti giovani e ragazzi abbreviano con percorsi trasversali ai tornanti per nulla preoccupati delle maggiori accidentalità del terreno.

All'arrivo della processione, la vetta del monte è già popolata da una folla, per la maggior parte uomini, che hanno preceduto il corteo, sia per sottrarsi al lento cammino, mal gradito da gambe giovanili, sia per quella guardia al diritto di priorità di cui ho prima parlato; e ciò anche, se da tempo, come già ho detto, sembrano deposte velleità di conquiste da parte dei Collacciani.

All'arrivo la processione, pur incontrando quasi di fronte la chiesa, entra dopo averne compiuto il periplo secondo un' antica usanza forse di origine pagana.

Dopo le sacre funzioni, la folla passa dal rito sacro a quello profano della "colazione". Ciambelloni, detti dialettalmente "pigne", ciambelle, uova sode, salami, vino, vengono consumati in allegria. Un tempo, castagne secche riunite con uno spago nel quale erano state infilzate a mo' di rosario, costituivano una caratteristica oggi in declino per i mutati gusti, divenuti più raffinati e per l'elevato costo delle castagne..!

Mentre la consumazione del pasto è sul finire, muove verso l'alto la processione di Colle S. Magno lungo un percorso che si snoda sul versante opposto a quello salente da Castrocielo.

Uno studiato sincronismo, di antica tradizione, vuole che i Castrocielesi lascino la vetta con la propria processione in maniera tale che le statue della Madonna dei due paesi, si incontrino al confluire delle due vie mulattiere e, nell'incontrarsi sostano, mentre i portatori le inclinano l'una verso l'altra; quasi si scambiassero un bacio!

Questo avviene tra il tuonare di mortaretti e dopo che lo stendardo di Castrocielo ha roteato ancora per salutare, questa volta, la statua di Colle s. Magno. Compiuta tale cerimonia, mentre un corteo si snoda verso il basso, l'altro continua nella ormai breve ascesa, verso la chiesa.

Così da secoli, i cittadini di Castrocielo e Colle S. Magno, ricordano la comune origine dei loro paesi.