NEPI (VT)

Situato su di un vasto promontorio tufaceo, cinto da due gole percorse dai torrenti Pùzzolo e Falisco, vanta origini riconducibili all'era preistorica, testimoniate da numerosi ritrovamenti archeologici.

Secondo una leggenda il paese fu fondato ben 548 anni prima di Roma dal prode Termo Larte.

Anche il nome è un retaggio dei tempi passati; deriverebbe da Nepa, che in Etrusco vuol dire acqua: è ricordata ancora per essere la città delle terme dei Gracchi, da cui sgorgano ancora ottime acque minerali.

Città ricca di monumenti, è immersa in un ambiente di rara bellezza paesaggistica: ha affascinato scrittori del calibro di Massimo D'Azeglio e pittori come il Corot.

Nell'antichità vide il succedersi di numerose civiltà, tra le quali ricordiamo i Falisci e gli Etruschi, della cui dominazione restano numerose testimonianze: pregevoli i resti delle mura formate da grossi massi tufacei, nei pressi di porta Romana, e numerosi reperti, molti dei quali conservati nel Museo di Villa Giulia a Roma.

Dopo gli etruschi, fu la volta dei Romani: a detta di Tito Livio nel 371 dalla nascita di Roma Nepi fu conquistata da Furio Camillo che ne fece una colonia.

Nei secoli successivi dovette più volte subire le angherie di barbari e tiranni, fu persino invasa dai saraceni che furono però sconfitti in uno scontro decisivo nella valle del Baccano nel 915.

Finalmente, nel 1131, divenne libero comune ma fu sempre al centro delle continue lotte tra le famiglie aristocratiche che se ne contendevano il governo: i Prefetti di Vico, gli Anguillara, gli Orsini e i Colonna, poi, finalmente, i Borgia e i Farnese.

Gli anni più significativi furono quelli trascorsi sotto i Borgia, prima, ed i Farnese poi.

Nel 1499, sotto i Borgia, che godevano della protezione di papa Alessandro VI, venne costruita la possente rocca, edificata su disegno di Antonio Sangallo il Vecchio, con alte mura inespugnabili ancora visibili intorno alla città.

Con la nomina a papa di Leone X finì anche il ducato dei Borgia: il nuovo duca della città non fu apprezzato dalla gente e per questo, più volte cacciato.

Il XVI secolo vide affacciarsi sulla scena politica i Farnese che, con Pier Luigi nominato duca di Nepi, apportarono molte migliorie all'assetto urbanistico e architettonico della città: con la supervisione di Antonio da Sangallo il Giovane venne ricostruita la rocca Borgia più grande e più forte.

Quando nel 1545 i Farnese ottennero il ducato di Parma e Piacenza, concessero in permuta alla Camera Apostolica il ducato di Nepi.

Nepi rimase sotto il dominio della Santa Sede fino alla proclamazione del Regno d'Italia. Nel 1798 fu teatro dello scontro tra le truppe francesi e le milizie borboniche: vi furono centinaia di morti e andarono irreparabilmente distrutti il Duomo e l'Archivio Vescovile.

Oltre che per le acque minerali, Nepi si distingue anche per la produzione di ottime carni bovine, tanto che a livello provinciale, è seconda solo a Viterbo

La Cattedrale, Chiesa di Santa Maria
La chiesa, maestosa e solenne, fu edificata in tempi diversi, a partire dal V secolo, sopra un preesistente tempio romano, probabilmente intitolato a Giove.

Una seconda costruzione risale al secolo IX e si deve al vescovo nepesino Innocenzo Pegatesco che volle portarla all'antico splendore dopo la distruzione, avvenuta nel 568, ad opera dei Longobardi di re Alboino.

Fu continuamente rimaneggiata fino al secolo XIII, quando vennero aggiunti la cripta e il campanile. I lavori vennero nuovamente ripresi nel 1501/1503, con la costruzione dell'atrio, voluta dal cardinale Francesco Borgia e nel 1560, con la realizzazione di una vetrata impreziosita dalle immagini della Vergine Assunta e dei Santi Tolomeo e Romano.

Anche nel secolo XVII vennero apportate alcune modifiche: nel 1608 fu costruito il soffitto ligneo a cassettoni, nel 1647 la 4° navata e nel 1752 la 5° navata.

A questo punto la chiesa era ormai terminata ma, il 2 Dicembre 1798 venne completamente distrutta dalle armate di Napoleone Bonaparte per essere ricostruita nel 1831. Da allora non subì sostanziali modifiche.

L'interno, a cinque navate, custodisce alcune lapidi antiche ed un sarcofago in cui è raffigurata la caduta di Fetone in Mare.

La cripta, composta da nove piccole navate con tre absidi del secolo XI, sfoggia alcuni capitelli medioevali istoriati da figure di animali.

Preziosissime la statua di San Romano, attribuita alla scuola del Bernini, e il trittico di Giulio Romano, raffigurante il Salvatore, del XVI secolo.

Altre opere non trascurabili ornano la Cattedrale: la Fonte Battesimale in marmo realizzata nel XVI secolo; un San Girolamo probabilmente del Mantegna; due piccole tavole attribuite al Perugino raffiguranti i Santi Romano e Tolomeo; una Immacolata Concezione della scuola del Sassoferrato.

Palazzo Comunale e Museo Civico
Il palazzo fu fatto costruire da Pierluigi Farnese nel 1542, nell'ambito dei lavori effettuarti a Nepi per migliorare la struttura architettonica ed urbanistica della città.

Realizzato con la supervisione di Battista Sangallo, su disegno di Antonio da Sangallo il Giovane, non era ancora terminato alla partenza di Pierluigi per Parma e Piacenza: terminato negli anni successivi, fu nel tempo più volte rimaneggiato.

Dalla facciata del palazzo spicca la maestosa torre civica, con orologio e campana.

Nel 1727, per celebrare il nuovo acquedotto, venne chiuso un arco del portico per incastonarvi l'emblema della città una preziosa fontana, progettata dal Barigioni. Ancora tra il 1743 e il 1749 subì ulteriori modifiche.

Oggi il Palazzo Comunale ospita un museo archeologico che espone reperti provenienti dalle necropoli della zona: ceramiche etrusche, falische e romane dal IV al I secolo a.C..
ORARIO:
Invernale, mattino 10.00 - 13.00, pomeriggio da venerdì a domenica 15.00 - 17.00;
Estivo, 10.30 - 12.30, 17.00 - 19.00. Chiuso martedì.

La Rocca dei Borgia
La rocca, progettata per Rodrigo Borgia da Antonio Sangallo il Vecchio, venne costruita su preesistenti fortificazioni di epoca etrusca, romana e medioevale: a seguito di recenti scavi è stato rinvenuto un arco etrusco in pietra, appartenente probabilmente alla cinta muraria, sotto il quale si sviluppa una strada, lastricata dai romani, con il suo bellissimo basolato.

Prima dei Borgia, il castello era appartenuto ai prefetti di Vico, alla contessa Matilde di Canossa, agli Orsini, ai Colonna, agli Anguillara. Sembra che anche Lucrezia Borgia abbia soggiornato qui per un breve periodo.

A forma rettangolare, con possenti mura che costeggiavano il centro abitato, mostra ancora i segni delle precedenti edificazioni: la torre quadrata di epoca romana, racchiude i resti di una costruzione etrusca.

I quattro bastioni, uno per angolo, hanno dimensione diversa, a seconda della funzione strategica che dovevano rivestire: più piccoli i due all'interno della città, più grandi quelli all'esterno.

Particolari le iscrizioni che si trovano sulle loro pareti interne: in esse si racconta la storia della rocca. Le scale a chiocciola che collegavano le torri al castello sono quasi completamente nascoste da una fitta vegetazione.

La zona abitata del castello, quella all'interno delle mura, è alquanto deteriorata: si possono ammirare una grande sala rettangolare e due quadratiche, mentre di tutte le altre restano solo pochi scorci di muro a volte affrescati. Molteplici danni alla costruzione vennero apportati dai francesi che invasero Nepi nel 1798.

Chiesa di San Biagio
La chiesa, datata intorno al X secolo, si fregia di una bellissima facciata, realizzata in tufo a faccia vista, nella quale sono visibili frammenti di marmo di epoca romana. L'interno è ad una sola navata con volta a capriate e pareti lisce.

Alla sinistra del presbiterio, sopraelevato e con ciborio, è situato un tempietto votivo intitolato a San Biagio, in cui si possono ammirare affreschi risalenti al XV secolo. La cripta, situata più sotto, è caratterizzata da massicce colonne a sostegno della volta a crociera.

Chiesa di San Tolomeo
La Chiesa, inaugurata nel 1606, fu voluta nel 1542 dal duca Pierluigi Farnese che aveva fatto demolire quella più antica, situata presso le catacombe, per ragioni strategiche.

Il progetto originario fu opera di Antonio da Sangallo il Giovane ma, nel corso del tempo, la chiesa è stata più volte rimaneggiata e, oggi, solo la cripta sembra essere quella voluta dal Sangallo.

Ancora nel 1900 furono apportate alcune modifiche, come l'aggiunta della cupola in corrispondenza del transetto. L'interno, costruito ad una sola navata, si caratterizza per il meraviglioso transetto, circondato da un'ampia abside terminale. Si compone di otto altari più l'altare maggiore; di questi alcuni, risalenti al secolo XVII, sono realizzati in legno dorato e di ottima fattura.

Catacomba di Santa Savinilla
Accessibili attraverso la vecchia chiesa di San Tolomeo, riaperta al pubblico nel 1992, sono scavate nel tufo e costituiscono un'eccellente testimonianza dei progressi raggiunti dalla Roma repubblicana ed imperiale nella realizzazione delle tombe a grotta.

Alcuni rintracciano in esse l'influenza del Cristianesimo: secondo la tradizione furono qui martirizzati e sepolti i Santi Tolomeo e Romano nell'anno 51.

sono sicuramente le più grandi del centro Italia. Le gallerie che le compongono, tre principali e tre diramazioni, raggiungono, in alcuni tratti, la lunghezza di trentacinque metri per una larghezza di ben tre metri e mezzo.

L'Acquedotto
L'acquedotto nepesino, che si erge tra colline e antiche mura, attraversa il Rio Falisco, e si articola su un lunghissimo percorso.

La parte monumentale, lunga ben 285 metri, si muove su due livelli e si compone di trentasei arcate.

L'imponente opera, voluta dal Cardinale Giuseppe Renato Imperiali e progettata da Filippo Barigioni, fu portata a compimento nel 1727 e a memoria dell'avvenimento venne scolpita la fontana che adorna la facciata del palazzo comunale, dalla quale, questa volta, sgorga l'acqua portata dall'acquedotto.

Le Terme dei Gracchi
Lo stabilimento delle acque minerali di Nepi, situato lungo la Via Amerina, sorge nei Presi di Ponte Romano, poco distante da quelle che furono le terme dei Gracchi, delle quali sono stati rinvenuti numerosi reperti di notevole pregio.

Proprio per questo motivo l'intera zona prende il nome di Graciolo, per ricordare la nobile famiglia proprietaria delle terme.

Le acque, magnesiache e sulfuree, sono particolarmente indicate per la cura delle affezioni dell'apparato digerente e della pelle.

E' presente, nella zona anche una piccola sorgente di acqua ferruginosa.