Chimica
La Petrolchimica

Il petrolio è ormai diventato per l’industria chimica la principale materia prima. Infatti la sua composizione chimica ed in particolare il suo elevato contenuto di carbonio (83-87%) e di idrogeno (11-15%) lo rendono materia prima potenziale per gran parte dei composti chimici di largo impiego.

Sul piano tecnico buona parte dei prodotti petrolchimici potrebbe essere ottenuta altrettanto bene dalla distillazione del carbon fossile o dalla fermentazione di prodotti naturali, tuttavia la grande disponibilità di petrolio su scala mondiale, ha messo in evidenza la scarsa competitività industriale delle altre materie prime.

Infatti, le sostanze di origine vegetale e animale richiedono molta manodopera, e la richiesta per alimentazione è maggiore e più importante.

Il carbone evidenzia altrettanti svantaggi poiché il costo di estrazione e trasporto è maggiore e il rapporto carbonio/idrogeno lo rende poco conveniente per la preparazione degli intermedi fondamentali che hanno un alto contenuto di idrogeno (etilene, propilene, ecc….).

Si spiegano così le ragioni per cui il petrolio ha quasi completamente sostituito il carbone come materia prima dell’industria chimica anche in paesi ricchi di carbone come la Germania.

Le prime industrie petrolchimiche si svilupparono in America negli anni ’20 con l’utilizzazione del propilene per la produzione di isopropanolo. Gli sbocchi commerciali rimasero però limitati per molti anni alla produzione di alcool etilico, liquidi antigelo e solventi per vernici.

Il boom dell’industria petrolchimica si ebbe con lo scoppio della seconda guerra mondiale quando materiali di importanza strategica, come la gomma naturale, i lubrificanti e le fibre, furono sostituiti con polimeri sintetici.

Le materie prime della petrolchimica

L’industria petrolchimica impiega come materie prime le oleifine, acetilene e composti aromatici che si formano da paraffine attraverso opportuni processi di cracking termico o cracking catalitico.

Metano                      1200°-1500°                            
(C:H=75:25)      Acetilene

  Etano                        810°-830°
(C:H=80:20)     Etilene

  distillati leggeri         900°-1300°     Acetilene
(C:H=84:16)    Etilene

 distillati medi             750°-850°       Etilene
(C:H=85,7:14.3)   Butadiene

Cere paraffiniche        550°-650°   Olefine
(C:H=90:10)      C2-C18

Molte delle sostanze utili all’industria petrolchimica sono sottoprodotti della lavorazione dei carburanti come benzine e gasolio.

Per realizzare i materiali finiti della produzione petrolchimica è necessario passare per composti chimici intermedi, ovvero le materie prime dell’industria petrolchimica.

Alcuni intermedi sono recuperati dai cicli di raffinazione del petrolio, altri sono ottenuti mediante specifiche lavorazioni.

Paraffine
L’importanza degli alcani nelle operazioni petrolchimiche è legata essenzialmente alla produzione di gas di sintesi, di olefine e di ammoniaca. Più della metà della capacità mondiale di ammoniaca dipende dalle paraffine.

Oltre a questi impieghi principali, le utilizzazioni chimiche delle paraffine sono abbastanza limitate anche se si stanno aprendo nuovi settori come materia prima nella produzione di acidi grassi (industria dei saponi), e di alcoli primari (produzione di plastificanti e detergenti biodegradabili).

Olefine
Dopo aver soddisfatto le esigenze di raffineria il propilene viene utilizzato per la produzione di etilene e butene.

L’etilene da moti anni è la chiave dei programmi di sviluppo dell’industria petrolchimica. I suoi consumi sono circa doppi di quelli del benzene e del propilene.

Prodotti petrolchimici

L’eccezionale sviluppo della petrolchimica è legato soprattutto alla crescita di alcune classi di prodotti inorganici (fertilizzanti) e organici (materie plastiche, fibre, gomme e detergenti).

Materie plastiche. Già da molti anni il consumo mondiale di alcuni polimeri supera quello di molti materiali convenzionali, dallo zinco, al rame all’alluminio

L’economicità di questi materiali accoppiata a particolari caratteristiche intrinseche, quali leggerezza processabilità e resistenza agli agenti chimici, favorisce sempre maggiori utilizzazioni in sostituzione di materiale convenzionali.

Anche industrie tradizionalmente non legate all’industria chimica, come quella dell’automobile, cominciano a diventare forti utilizzatori di polimeri.

Ad esempio il consumo medio di materie plastiche per una automobile è passato da 10 Kg per unità nel 1960 ai 150 Kg per unità nel 1985.

Il mercato delle plastiche è centrato su tre classi di polimeri, in particolare, le poliolefine e il polivinilcloruro.

Fibre. Ormai il livello di produzione di fibre sintetiche ha raggiunto e superato il livello di produzione di fibre naturali. Nel 1984 le fibre chimiche hanno rappresentato il 54.5% del consumo mondiale di fibre.

Le tre classi di fibre sintetiche poliestere, poliammidiche e poliacriliche, rappresentano da sole i 4/5 della produzione mondiale delle fibre sintetiche.

Gomme sintetiche. L’industria della gomma sintetica sorse per ragioni belliche durante la seconda guerra mondiale. L’affermazione di questo tipo di produzione è arrivato soprattutto dall’incapacità della gomma naturale di far fronte all’aumento della domanda (7-9% annuo), ma anche altri fattori hanno giocato un ruolo favorevole: ad es., la possibilità di ottenere per sintesi di elastomeri le cui proprietà soddisfano particolari requisiti e il vantaggio di un costo non soggetto a fluttuazioni. La SBR è ancora la gomma prodotta su scala maggiore, essendo destinata alla produzione di pneumatici leggeri e molti articoli tecnici. Si stanno sviluppando molti altri settori come le gomme stereoregolari, per le ottime qualità. Gomme speciali resistenti a solventi chimici, impermeabilità a gas o autoestinzione come le gomme netriliche e butiliche.

Detergenti. I detergenti sintetici vennero introdotti in America e in Europa principalmente per usi industriali prima della seconda guerra mondiale. Uno dei prodotti fu il cherilbenzene solfonato. Una vera dei detergenti si è però sviluppata solo dopo il 1950. Il consumo mondiale di sapone dagli anni ’60 a oggi è quasi quadruplicato. A metà degli anni ’70 il consumo medio pro capite di sapone in Europa era di 2,5 Kg, mentre quello dei detergenti, inclusi i prodotti liquidi, aveva raggiunto circa 12 Kg.

È da tener presente che i formulati contengono anche additivi inorganici in quantità tale da produrre 3-5 Kg di formulato per Kg di tensioattivo.
L’industria petrolchimica fornisce gli intermedi di base, come il dodecilbenzene e l’alchilfenolo. Con il loro impiego su larga scala è emerso il problema dell’inerzia alla degradazione biologica di molti tensioattivi. Questo fenomeno è responsabile di buona parte degli inquinamenti delle acque, dei fiumi e dei laghi.
Per questo vi è stata la graduale messa al bando dei cosiddetti detergenti duri, in particolare dell’alchilbenzensolfonato a catena ramificata (ABS), che per molti anni ha costituito l’unico tensioattivousato nelle formulazioni di uso domestico. Questi tensioattivi sono stati sostituiti dagli alchilbenzensolfonatilineari (LAS), in sostituzione degli ABS.