Austria

L'Austria e' situata al centro dell'Europa e confina a Nord con la Germania e la Repubblica Ceca, a Sud con l'Italia e la Slovenia, a Est con la Slovacchia e Ungheria, a Ovest con la Svizzera e il Liechtenstein.

DESCRIZIONE FISICA

L'Austria, tre volte e mezzo meno estesa dell'Italia, presenta un territorio prevalentemente montuoso, formato quasi completamente dal versante Nord-Orientale del sistema alpino e in minima parte dall'estremità occidentale della pianura Ungherese, dal bacino del Danubio e dai protendimenti della Selva Boema.

Al confine con l'Italia sorgono le Alpi Tridentine Camiche e di Caravanche, al centro dello stato sorgono gli Alti Tauri, le Alpi Noriche e i Bassi Tauri ed infine, al confine con la Germania e la Repubblica Ceca, le Alpi di Algovia, quelle Bavaresi e la Selva Boema.

Il fiume più importante che attraversa l'Austria da Ovest a Est per 360 Km è il Danubio, l'unico ad essere navigabile; il suo percorso e' ricco di affluenti: quelli di destra che provengono dalle regioni alpine e vanno ad ingrassare il Danubio accentuando le magre invernali, i principali sono: l'Inn che nasce in Svizzera e, dopo aver oltrepassato il Tirolo sfocia nel Danubio a Passau, il Traun che sfocia nel Danubio a Linz e la Drava che sbocca in Jugoslavia.

Gli affluenti di sinistra sono di scarsa importanza. Il maggiore e' la Morava che segna per un tratto il confine con la Cecoslovacchia.

I laghi più' numerosi e belli sono quelli alpini; il più vasto è pero il lago di Neusiedl (320 kmq), nelle pianure del Burgenland.

STORIA

L'ascesa al trono nel 1740 di Maria Teresa, sembrò portare in Austria una ventata di illuministica trasformazione sul modello francese con alcune iniziative già adottate con successo da Federico in Prussia; suo nemico fin dal primo giorno di regno (che in entrambi fu quasi di quarant'anni).

Nel caos dinastico della Prammatica Sanzione di Maria Teresa, Federico aveva invaso la Slesia austriaca e se l'era annessa. Fu inutile una guerra di Maria Teresa durata sette anni per riprendersela, la piccola Prussia sotto il despota più illuminato d'Europa, era ormai diventata una potenza territoriale, economica e militare, e anche culturale. Ma soprattutto aveva creato una coscienza nazionale che lasciò in eredità a tutto il popolo tedesco. Lui a far nascere il "Nazionalismo".

La pace di Aquisgrana (1748) concluse la guerra di successione austriaca e sancì la sovranità di Maria Teresa su tutti gli Stati ereditati dal padre (tranne la Slesia e qualche piccolo territorio lombardo ceduto a Carlo Emanuele III in cambio del suo aiuto contro l'esercito franco-spagnolo).

Con l'avvento della stabilità, Maria Teresa si dedicò al consolidamento del suo potere, eliminando dove possibile, l'eccessivo frazionamento della monarchia asburgica, creando uno stato più accentrato, un proprio esercito, ed un corpo burocratico al servizio del Sovrano.

Cercò di unificare razionalmente tutto ciò che vi era di diverso a partire dalle tradizioni, dagli usi, dagli ordinamenti sociali e politici nei domini austriaci, nel dominio di Ungheria e nei territori degli ex domini spagnoli (il Milanese ed i Paesi Bassi meridionali).

Con una serie di riforme, imitando proprio lo Stato che più odiava -la Prussia- Maria Teresa risolse alcuni problemi sociali; tolse ai nobili la supremazia assoluta sui contadini (liberati solo in parte); diede impulso all'istruzione; tolse benefici e proprietà agli ecclesiastici ma per darli poi ai funzionari esasperò il suo e il loro potere d'impronta feudale. Le sue riforme toccarono solo il piccolo territorio di Vienna o attorno a Vienna, non si spinsero oltre, non arrivarono nemmeno in Carinzia, perchè era rimasta protestante e perchè era tutta tedesca.

Infatti, nel Settecento, come i suoi predecessori, paladina anche Maria Teresa della chiesa cattolica la "cacciata" dei protestanti continuò più di prima. La sua intransigenza contro i protestanti nei domini a est s'identificò anche con la repressione nazionale dei cechi e con l'insediamento di signori feudali austriaci in ogni luogo. Così la rottura tra cattolici e protestanti fu definitiva su tutto l'impero.

Se ne avvantaggiò la Prussia per trasformarsi in una potente nazione tedesca; Federico aprì le porte a tutti, a contadini, artigiani, commercianti, insegnanti, tecnici, cacciati da ogni parte dai territori austriaci o sotto la loro influenza solo perchè erano protestanti, ebrei o gesuiti. Il sovrano tedesco costruì con loro la "sua" grande Prussia.

In pochi anni aveva già raddoppiato la popolazione, triplicato l'esercito, riuscito a dare a tutti il necessario, potenziato incredibilmente l'economia, alfabetizzato un intero popolo. Modificati gli equilibri politici.

Con questa straordinaria ascesa la rivalità verso Federico di Maria Teresa divenne totale, fino a combatterlo alleandosi perfino con gli ex nemici di sempre: la Francia e la Russia, inutilmente. Federico ebbe dalla sua parte anche la fortuna.

A continuare in Austria la politica accentratrice e di repressione di Maria Teresa, troviamo poi il figlio Giuseppe II, che impose agli stati soggetti anche l'uso della lingua alimentando i nazionalismi cechi, boemi, slavi.

Il suo successore Leopoldo, nel 1792 non solo revocò molte riforme teresine, ma prima lui, poi Francesco II, si schierarono contro la Francia rivoluzionaria, e il secondo (opportunista) si alleò proprio con la odiata Prussia contro Napoleone che aveva tolto agli Asburgo il vago titolo di imperatore del Sacro Romano Impero.

Dopo la caduta di Napoleone, con la Restaurazione iniziò la rigida politica di Metternich, che conservò rigorosamente fino al 1848 tutto l'assetto che era stato stabilito a Vienna. Ogni inquietudine che serpeggiava dentro nel paese era scambiata non come un malessere sociale locale, ma l'opera di fantomatiche sette segrete che serpeggiavano tra i popoli soggetti.

Metternich criticò il pesante sistema poliziesco instaurato da Sedlnicky ma non lo fermò, gli fu anzi utile. Dominando con la repressione i popoli ritornati sotto l'influenza austriaca (in Italia da Napoli alla Lombardia, dal Piemonte al Veneto) causò così un danno maggiore di quello già fatto da Maria Teresa; tutto il carattere assunto dall'Austria nel Settecento fu totalmente perso, il processo involutivo spazzò via il nuovo spirito liberale che si era diffuso con Rosseau, Voltaire, la Rivoluzione e con Bonaparte.

Tutto il potere fu accentrato sulla Vienna godereccia che contava in città un milione di abitanti, di cui la metà viveva con gli introiti che la corona rastrellava ai poveri sudditi delle campagne. Molte riforme, non toccarono minimamente il resto dell'impero.

Nell'Austria viennese l'analfabetismo era nel 1848 il 2-3%, mentre nei Paesi soggetti, in Cecoslovacchia, in Croazia, in Boemia, in Slovenia e anche nello stesso Veneto, toccava l' 80 %.
Salvo piccole zone sfruttate con le loro risorse, nelle campagne rimase una agricoltura arcaica o la pastorizia allo stato brado.

Poi nel 1848 arrivò Francesco Giuseppe.

Appena salito sul trono aprì subito alla repressione politica e applicò altre spietate tassazioni ai popoli soggetti. La opulenta corte viennese costava molto e le uniche risorse erano le tasse più altre tasse.
L'Impero d'Austria nel 1848 aveva un debito di 2 miliardi di franchi, mentre le sue rendite annue erano la quarta parte 500 milioni di franchi. 300.000 soldati nell'esercito su una popolazione di 32.100.000 con dentro di tutto: Slavi di ogni genere, Boemi, Magiari, Rumeni, Valacchi, Armeni, Greci, Zingani, Musulmani, Veneti, Lombardi, Piemontesi, Turchi ecc.

Dopo le sconfitte con Francia, poi con l'Italia e soprattutto con la Prussia nel 1866, gli Asburgo persero il contatto con il mondo reale e non ricevettero più quell'influenza proveniente dall'area germanica dove si era sviluppato il progresso industriale, quello economico, commerciale ed enormemente quello culturale.

Erano progressi nemmeno più promossi o gestiti da un governo di Principi; nelle classi medie si era sviluppato un sistema economico in una forma del tutta autonoma. Paradossalmente avvenne con la collaudata Zolleverein; che era nata per evitare l'unione politica degli staterelli tedeschi, ed invece contribuì proprio la Zolleverein all'unione; la politica -tutta elitaria e di censo - dovette arrendersi all'evidenza, aggregarsi, mettersi a rimorchio se voleva ancora campare.

Gli Asburgo sconsideratamente rifiutarono di farne parte perchè temevano proprio una unione politica degli stati tedeschi; legati com'erano allo loro dinastia temevano di perdere il "prestigio" della dinastia asburgica.

Con queste limitate vedute, il contatto lo persero poi anche dentro il loro stesso territorio. Come in Carinzia. Tutta la toponomastica ancora oggi testimonia la tedeschità della regione.

Molte località infatti non hanno perso il vezzo di iniziare la denominazione con il classico Deutsch...:
Che era rimasta ostinatamente tedesca, ne abbiamo una testimonianza precisa. Quando l'ultimo imperatore, Francesco Giuseppe volle fare una visita in Carinzia, fu accolto beffardamente con lo sventolio delle bandiere tedesche, pur avendo disposto i suoi funzionari che la città "doveva" (già quest'ordine è ricco di significato) essere addobbata con le bandiere della monarchia asburgica. Il giorno dopo il malcapitato governatore della Carinzia dovette dimettersi.

Al Kaiser quel giorno andò anche bene, perchè più tardi in uno dei paesi soggetti, non sventolarono le bandiere, ma una pistola: a Saraievo! E quel giorno fu l'inizio della fine dell'impero.

Per poter conservare il potere o per salvare il salvabile (nonostante la potenza) Francesco Giuseppe fu spinto a concedere un sistema rappresentativo trasformando la monarchia austriaca in monarchia austro-ungarica, con due parlamenti e due governi distinti, ma che non erano per nulla dualistici, ma semmai trialistici, perchè l'allargamento del suffragio andava a vantaggio dei tanti gruppi slavi, che aumentò ancora di più quando l'Austria avventatamente (e sempre con un atto di forza) si annetterà la Bosnia e l'Erzegovina.

Una mossa fatale che inasprirà l'irredentismo serbo e croato con le note conseguenze. In più l'Austria fece un altro grave errore: non aver concesso il suffragio ai cechi e ai croati; quindi aveva contro queste popolazioni anche se Vienna le governava; con il terrore però.

Le diserzioni in questi paesi, quando l'Austria iniziò la guerra, furono enormi.

Ma ve ne furono anche nella stessa Austria. I giornali patriottici austriaci si scagliano con disprezzo contro i disfattisti austriaci evidenziando la debolezza dell'impero e degli uomini che ne facevano parte, ma ai vertici nessuno se ne accorse. Gli informatori e gli intellettuali italiani nemmeno.

Così si presentò l'Austria alla guerra del 1914. Un Impero con un grossissimo problema: una forte contraddizione nazionale, che invece di guardare e poi dialogare a ovest, guardava a est, per di più con leggi sociali arretrate, ignorando del tutto i grossi problemi che le organizzazioni operaie, socialdemocratiche e quelle cattoliche stavano creando negli altri paesi, e anche nella stessa Austria, che però non voleva vedere. C'era la dissoluzione dell'impero e nessuno se ne accorse. Guardavano solo al possesso della terra; il Paese che solo un secolo prima si affacciava su La Manica, che possedeva il porto di Rotterdam, le ricche miniere del Belgio, della Slesia e sul Mar Baltico quelle Polacche e che solo per un attimo aveva creduto all'illuminismo e alle riforme, già alla vigilia della guerra era destinato a estinguersi. Mazzini molti anni prima lo aveva preannunziato.

La disfatta totale dell'impero austriaco servì poi ai tedeschi nel dopoguerra. Le responsabilità furono attribuite anche agli austriaci, cioè a Vienna. Non per nulla che nei trattati fu impedito all'Austria di rinunciare all'unione con la Germania, era psicologicamente pericolosa. Perchè nella capitale non stavano meglio che a Berlino. La classe dirigente della nuova repubblica pur nella terribile crisi del dopo guerra (a Vienna era angosciante!) non fu per nulla capace di adeguarsi alle nuove realtà. Crollati i mille benefici di una supernutrita classe parassita, tornarono nuovamente i conflitti tra le due vecchie anime dell'Austria, riemergendo dal basso.

Con i contrasti fra cristiano-sociali di estrazione contadina e i socialdemocratici di formazione operaia e urbana. Due schieramenti che si affrontano in un guerra civile, mentre in mezzo provenienti dalle correnti sotterranee riemerge in nazionalismo che guarda alla Germania di Hitler.

Nel 1927 una rivolta di operai viene repressa con un massacro. Il governo guidato da DOLFUSS, ancora più autoritario di quello imperiale, sopprime i partiti, revoca la costituzione, instaura un regime autoritario.

Molti lo accostano al fascismo italiano, lo classificano austrofascismo, anche perchè vagamento appoggiato da un Mussolini che non vuole certo le armate dell'amico Hitler che arrivino sul Brennero. Anche se in cuor suo l'Austria di Vienna la odia, non ha dimenticato quello che gli hanno fatto a Trento nel 1910 gli austriaci del Kaiser: messo in galera con un'accusa infamante: di aver fatto una rapina..

Ma Hitler non rinuncia ai suoi piani. Inoltre era di Braunau, in più aveva subìto anche lui delle dure umiliazioni a Vienna, e così ne fece "anche lui" una questione personale. Quando decise l'annessione, quella parte dell'Austria sempre rimasta tedesca che Hitler conosceva molto bene, sull'Inn e in Carinzia, divenne una popolazione fortemente nazionalista (quella che si identifica solo in uno stato forte in un capo forte).

Si schierò contro il governo cattolico conservatore organizzando il 25 luglio 1934 l'assassinio del cancelliere Dolfuss.

Quindi fu errata l'accostamento di un Dolfuss all'estrema destra; lo era di destra, ma viennese, cioè conservatore, nulla a che vedere con la destra estremista nazionalista tedesca della Carinzia e dell'Inn.
Liquidato Dolfuss, il nuovo ministero si mostrò favorevole all'Anschluss. L'11 marzo le truppe di Hitler entrarono tranquillamente in Austria.

Stranamente perfino i cattolici scesero nelle strade ad applaudirlo. All'improvviso erano diventati tutti nazionalisti, anzi nazisti. Come in Italia erano diventati tutti fascisti.

Dopo pochi giorni, il 3 maggio, Hitler scese a Roma, e anche l'Italia gli tributò una parata memorabile con la capitale illuminata a giorno.