I Vulcani

Per l’uomo i vulcani sono un magnete irresistibile: paradossalmente la potenza di questo fenomeno della natura incute paura, ma anche una forte attrazione.

Plinio lasciò la tranquillità di Napoli per assistere da vicino all’eruzione del Vesuvio. Lungo le pendici dei vulcani si addensano, in tutto il mondo, comunità umane molto numerose, attratte dalla fertilità del suolo che assicura alte rese agricole, dallo sfruttamento dell’energia geotermica o ancora dalla possibilità di sfruttamento dei minerali contenuti nelle rocce.

I vulcani, da molto tempo, sono anche divenuti un’attrazione turistica; il lago di lava formato dall’eruzione del Kilauea sull’isola di Hawai, richiamò fin dall’inizio del XX secolo un considerevole numero di persone che cercavano emozioni nuove ed avventura.

Il Fuji, la cui ultima eruzione risale al 1707, richiama mezzo milione di visitatori ogni anno. Agli occhi del turista o di un osservatore superficiale i coni vulcanici appaiono sempre uguali con la loro classica forma a grande imbuto, in realtà essi sono fra di loro differenti e diverso è anche il tipo di eruzione che possono generare.

I vulcanologi classificano cinque tipi di attività eruttiva: hawaiana, caratterizzata da imponenti colate di lava che creano vulcani piuttosto grandi ma bassi; pelèeana, che si distingue per l’eruzione di blocchi di lava viscosa seguiti da una nuvola di cenere e di gas; stromboliana quando fuoriescono piccoli blocchi di lava viscosa insieme a cenere gas e lapilli; vulcaniana con una attività molto violenta e lava molto spessa; pliniana con cenere, gas e lapilli proiettati molto in alto nell’atmosfera. L’attività eruttiva più devastante è la piroclastica: una nube contenente cenere, rocce e gas viene scaraventata al di fuori di un versante del vulcano a una velocità di 250 km l’ora e ad una temperatura di 100° C.; questo tipo d’eruzione è troppo veloce per consentire la fuga, infatti questa attività fa più vittime delle colate laviche.

Negli ultimi due secoli vi sono state molte eruzioni rovinose.

L’eruzione del Tambora nell’arcipelago indonesiano della Sonda causò la morte di diecimila persone e oltre 82.000 morirono per fame e malattie.

Il 27 agosto del 1815 l’attività del vulcano dell’isola di Krakatoa nello stretto della Sonda distrusse l’isola stessa e l’esplosione (diecimila volte più potente di quella di Hiroshima) fu avvertita sino in Australia e per molto tempo il cielo cambiò colore dall’Asia sino in Inghilterra. Il Krakatoa sprofondò su se stesso formando una caldera sottomarina (crateri molto grandi causati da un’esplosione) che anno dopo anno cominciò a sollevarsi facendo riaffiorare nuovamente un’isola vulcanica.

Più recentemente, nel 1991, l’eruzione del Pinatubo (Filippine) scaraventò colonne di cenere ad un’altezza di 30 km; per fortuna l’attività vulcanica era stata prevista e il numero di vittime fu limitato.

Nonostante ciò, i vulcani esercitano innegabilmente un fascino particolare, poiché, avvicinandosi alle prossimità di un cratere, si ha la netta sensazione d’entrare in contatto con le viscere della terra. Il vulcano è qualcosa che si avverte come oscuro e misterioso: ci porta indietro nel tempo, quando sulla terra immani colate laviche modellavano in continuazione territori vastissimi e, ancora più indietro di miliardi di anni, sino all’origine del nostro pianeta e dell’intero sistema solare.

La lava che cola inarrestabile, formando un fiume impressionante di materiale incandescente, o l’esplosione di cenere e lapilli, che si alzano per decine di chilometri nell’atmosfera sino ad oscurare il sole, ci ricordano che la crosta terrestre è una sottile pellicola di soli 30 km. In realtà il nostro pianeta è, in gran parte, "una palla di fuoco"; rocce fuse, continuamente ribollenti, si agitano all’interno del pianeta e premono sulla crosta rigida in un moto convettivo continuo. Questo movimento perenne del mantello, come spiega la teoria della tettonica a zolle, determina l’attività geologica della terra.

Le zolle galleggiano su di uno strato sotterraneo più denso e caldo ed è il loro allontanarsi e riaccostarsi che forma le grandi masse continentali. L’energia sprigionata da questo movimento staccò dall’orlo continentale vasti territori che divennero isole: è il caso del Madagascar; oppure ne sollevò altre, come il Giappone, lungo i margini delle zolle.

Le isole esistenti al mondo, compresi gli splendidi atolli corallini, nascono solitamente dal fuoco della terra e si possono raggruppare in due categorie: continentali e oceaniche.

Gli atolli corallini si formano nei mari tropicali: qui le colonie di corallo si accumulano sui detriti lasciati dall’erosione del cono vulcanico crescendo nelle acque basse in direzione della luce del sole sino a formare quella che si chiama la scogliera marginale. Con il passare del tempo il cono vulcanico si consuma completamente, formando una barriera corallina intorno ad una laguna centrale.

Molte delle isole tropicali sono oggi un vero e proprio eden per il turista: spiagge bianche o rosa di sabbia finissima, un mare lagunare sempre calmo e trasparente, una ricca fauna marina; è difficile immaginare come questi luoghi di tranquillità e riposo un tempo fossero terre di fuoco.