Italo Calvino
Il Visconte Dimezzato

RIASSUNTO

Il racconto, narrato in prima persona da un ragazzo che sostiene di essere il nipote del protagonista, descrive le vicende di un giovane visconte che, essendosi recato nella pianura di Boemia come soldato cristiano nella battaglia contro i Turchi, durante la prima battaglia si getta contro una palla di cannone che, prendendolo in pieno, lo divide esattamente a metà.

Al seguito di quest’incidente la metà “sopravvissuta” del visconte fa ritorno a casa. Al suo rientro rifiuta le cure e ogni approccio o incontro con chiunque. Il padre, il vecchio visconte Aiolfo, che da tempo non si occupava d’altro che dei suoi uccelli, gli invia un’averla come mezzo di comunicazione che gli viene restituita morta e mutilata in metà del corpo. A seguito di questo il vecchio visconte muore e Medardo (il giovane visconte) prende così il potere sui terreni di famiglia.

Da allora in poi si instaurerà nelle terre dei visconti di Terralba un clima di terrore dovuto alla crudeltà di Medardo verso sudditi e animali: uccise e mutilò decine di persone senza motivazione dimostrando una cattiveria ferocissima anche verso i membri della propria famiglia. Esiliò la propria balia tra i lebbrosi, tentò di uccidere il nipote, bruciò case e persone e, soprattutto, divise a metà (così com’era lui) tutti gli esseri viventi che lo circondavano.

Un giorno incontrò una pastorella di nome Pamela e decise che ella doveva essere sua. Tanto perseguitò la giovane che quella si nascose nel bosco per non essere trovata, dopo essere stata minacciata insieme ai suoi genitori.

In tutta questa prima parte del racconto sembra che, all’impatto con la palla di cannone, fosse sopravvissuta solo una delle due metà del corpo del visconte.

Ad un certo punto, il giovane narratore della vicenda, racconta di aver avuto un incontro con lo zio presso un fiume e descrive i modi gentili e affabili di quello, rimanendo incredulo e stupendosi anche del fatto di vedere la metà sinistra del visconte anziché la destra.

Da questo punto in poi si delineano due figure differenti: una di una crudeltà disumana, l’altra totalmente buona e sensibile. Da qui si scopre che, dopo l’incidente, anche l’altra metà del visconte venne riportata in vita da alcuni eremiti.

Il Buono stringe amicizia con Pamela, mentre il Gramo viene sempre più odiato. A seguito della richiesta di matrimonio da parte di ognuna delle due metà a favore dell’altra, Pamela mette in atto uno stratagemma dicendo a entrambi che vorrebbe sposare proprio quello con cui parlava in quel momento. Entrambi accettano, ma a seguito di un contrattempo Pamela sposa il Buono facendo infuriare il Gramo. Per questo motivo i due si sfidano a duello e, nel corso del combattimento, si feriscono reciprocamente laddove erano presenti le cicatrici dell’intervento. Il dottor Trelawney, il medico del palazzo, riesce a ricongiungere le due metà riformando il visconte e dando a Pamela un marito normale e, soprattutto, né buono né cattivo, ma umano, così com’era prima della battaglia contro i Turchi.

Può essere così schematizzato:

a)Un visconte va in guerra e viene dimezzato

b)Una parte torna a casa e si rivela cattiva

c)Dopo un po' torna un'altra parte esageratamente buona.

d)Le due parti si innamorano della stessa ragazza

e)Le due parti fanno un duello per la ragazza

f)Durante il duello le parti si feriscono sul punto di congiunzione

g)Le due parti vengono riattaccate

Collocazione spazio-temporale:

Non mi ricordo quando fu la guerra religiosa contro i Turchi. Sicuramente però la collocazione spazio-temporale è reale nonostante l’argomento trattato sia fantastico.

Analisi dei personaggi:

a) Il protagonista del racconto è certamente il visconte Medardo.

Di lui, nel corso del racconto, abbiamo, ovviamente, delle visioni differenti: al momento del suo arrivo in guerra ci appare come un comunissimo giovane uomo che, per la prima volta, si trova ad affrontare un’esperienza dolorosa e spaventosa come la guerra. In quel frangente Medardo cerca conforto nel suo devoto servo Curzio (la cui figura non può non riportare alla memoria quella dei servi nelle tragedie e commedie greche).

Immediatamente la vicenda è come se cambiasse protagonista. A seguito dell’incidente Medardo diventa tutt’altra persona e, come per preparare il lettore all’immediata mutazione, Calvino si sofferma sulla descrizione della mostruosità del visconte dimezzato.

Da qui in poi l’analisi di Medardo è, secondo me, tanto semplice quanto inutile.

Il visconte dimostra una crudeltà impensata e immotivata. Se, in un primo momento, poteva sembrare che Medardo fosse diventato malvagio a seguito del suo grande dolore, quindi come “vendetta” nei confronti del mondo, in un secondo tempo ci si accorge che non è così e che, semplicemente, il visconte sembra essere diventato il Male in persona: una persone che gode delle sofferenze altrui.

Quando appare la “seconda metà” del visconte ci si rende finalmente conto dell’accaduto.

La parte sinistra di Medardo è, a differenza dell’altra, di una bontà infinita.

La cosa interessante di questa descrizione, secondo me, consiste nel notare come, tanto viene odiata la metà cattiva quanto, alla lunga, sia altrettanto fastidiosa la metà buona.

Una cosa importante da sottolineare credo sia il sentimento nei confronti di Pamela. Fino ad allora il Gramo non mostra di avere nessun sentimento che sia vagamente riconducibile ad uno umano, mentre, dopo l’incontro con Pamela, l’”amore”, per quanto totalmente squilibrato, mostra una parte di umanità.

b) L’unico personaggio che, a mio parere, valga la pena di ricordare come personaggio principale è, appunto, la pastorella Pamela.

Pamela ci viene descritta come una comunissima paesana: modesta e tutt’altro che graziosa.

La caratteristica importante di Pamela consiste però nella sua furbizia.

Quando si rese conto del pericolo che correva a causa del visconte si rifugiò nel bosco con la sua capra e la sua anatra e riuscì a non farsi scoprire dal Gramo.

La vicenda trova una risoluzione anche e soprattutto grazie a lei.

Prima di imbattersi nella metà malvagia del visconte, Pamela appare come una normalissima pastorella, senza grossi pensieri o riflessioni, ma, quando si trova a dover affrontare un pericolo come quello della corte del Gramo, ella dimostra tutto il suo intuito.

Nonostante, in un primo momento, ella sembrasse solo terribilmente spaventata dall’insistenza del visconte, quando, in un secondo momento, nella sua vita entra il Buono, dimostra anche lei quella vanità tipicamente femminile restando “onorata” dalla corte dei “due” uomini fino a che non riesce a farsi sposare da quello voluto.

c)
•Visconte Aiolfo: padre di Medardo

•balia Sebastiana

•dottor Trelawney: medico di palazzo

•nipote di Medardo

•Curzio: servo di Medardo

•Ezechiele: capo degli ugonotti

•Galateo: lebbroso

Commento:

a) Per quanto riguarda lo stile di scrittura, penso che si possa fare lo stesso discorso già fatto per “Il barone rampante”.

In questo racconto Calvino non utilizza strutture complicate, né fa uso di metafore o figure retoriche.

Come nella precedente storia, fa un grande uso sia del discorso diretto che della descrizione esterna, ma, differentemente, si sofferma maggiormente nelle descrizioni fisiche. Non tutti i personaggi vantano una particolareggiata descrizione, ma il protagonista e la Pamela sono lungamente definiti.

Come in tutti i libri di Calvino, mi sembra che egli dia molta importanza alla descrizione del paesaggio circostante, anche se, in questo caso, egli si sofferma soprattutto sulle azioni del protagonista.

In Calvino non noto un uso frequente di anticipazioni o retrospezioni: l’unico elemento sempre presente è la narrazione, da parte di un parente del protagonista, della vicenda quando già era stata compiuta. L’autore però, come sempre, non permette al lettore di immaginarsi la conclusione della storia se non a poche pagine dalla fine.

Calvino tenta di utilizzare un linguaggio accessibile a tutti, che, in questo racconto, a volte sfocia in descrizioni macabre e puntigliose.

b) Questo racconto, credo che tratti il tema dell’eccesso.

Dico “credo” perché mi sono appena resa conto di non riuscire a cogliere mai, completamente, il messaggio di Calvino.

Io ritengo che l’obiettivo dell’autore fosse appunto questo: trattare il tema dell’eccesso e dell’estremismo, in qualunque forma esso si presenti.

Egli lo condanna, mostrandone i lati negativi e descrivendo i tragici risultati della loro messa in atto.

Questo è un tema decisamente attuale anche se, ritengo inutile questo commento in quanto, essendo Calvino un uomo del “nostro tempo” e preoccupato dei mali di quest’epoca, non può che proporre argomenti attuali e di carattere sociali. Egli li “alleggerisce” trattandoli nell’ambito di un racconto, quindi presentando un’allegoria, ma, in realtà, il suo intento è profondamente serio.

c) Leggere questo racconto è stato, per me, una grandissima fatica.

Dal punto di vista stilistico e formale mi è sicuramente piaciuto di più che “Il barone rampante”, ma gli argomenti li ho vissuti con molta più fatica.

Lo stile è vivace e spedito; l’autore non si dilunga in “inutili” descrizioni e le azioni si susseguono con ritmo avvincente. Questo, però, è l’unico elemento che sono riuscita ad apprezzare in questo racconto.

Per miei problemi e mie sensibilità personali non riesco a leggere o a vedere scene di violenza o uccisioni nei confronti di animali, descrizioni di cui questo libro è pieno. Ragionandoci sopra credo di aver intuito che l’intento di Calvino fosse proprio quello di schierarsi contro una tale crudeltà, ma, qualunque fosse il suo scopo, questi argomenti sono bastati a farmi “odiare” questo libro. Mi rendo conto che questa sia una grande limitazione per me, ma è una cosa contro cui non posso lottare.