Omero - Iliade

Riassunti dei libri 6, 7, 8, 9, 15, 16

LIBRO 6

Zeus manda Eris a scatenare la lotta. Agamennone si arma e si scatena con particolare furore; Iride, inviata da Zeus, avvisa Ettore di non avanzare in battaglia finché non vedrà Agamennone ferito.

Presto, Agamennone, colpito, deve ritirarsi. Ettore allora si lancia all'attacco mentre i Greci terrorizzati si volgerebbero alla fuga se Odisseo e Diomede non resistessero; Ettore si fa loro incontro, ma è ferito da Diomede e deve ritirarsi fra i suoi compagni; Diomede, anch'esso colpito da una freccia di Paride, deve a sua volta ritornare nei ranghi. Odisseo resta solo finché Odisseo ed Aiace non vanno in suo aiuto.

Nestore accusa Achille di non aver compassione dei suoi compagni e ricorda che Peleo, quando Achille partì per Troia, lo esortava ad essere sempre il primo in battaglia. Nestore allora consiglia a Patroclo di farsi dare la armi da Achille e di combattere in sua vece per dare un po' di riposo ai Greci.

LIBRO 7

La lotta infuria attorno al muro costruito dagli Achei. La lotta divampa atroce, grazie alla resistenza dei greci all'interno del muro e intorno ad esso. Un prodigio inviato da Zeus (un'aquila che vola alta tenendo un serpente fra gli artigli e che, morsa da questo lo scaglia fra gli armati) viene interpretato da Polidamante come un avviso ai Troiani. Ettore, affermando di non credere agli oracoli, si getta con accanimento ancor maggiore nella  mischia. Ettore, favorito da Zeus, riesce ad oltrepassare il muro; i Greci, ormai in fuga, si volgono verso le navi.

LIBRO 8

Dopo aver respinto Ettore e i troiani oltre il muro, Zeus distoglie lo sguardo dalla battaglia; approfittando di ciò, interviene Posidone, che, sotto l'aspetto di Calcante, si rivolge ai due Aiaci, perché contrastino Ettore. L'intervento di Positone, rinnova la resistenza Achea. Entra nuovamente in battaglia anche Idomeneo, re dei Cretesi. Menelao si batte furiosamente. Su questo fronte di battaglia, gli Achei riescono a resistere con successo; invece, da dove combatte Ettore, la situazione volge a favore dei Troiani

LIBRO 9

Nestore vede uno sconcertante spettacolo: i Greci fuggono inseguiti dai Troiani, il muro ha ceduto. Si reca dunque da Agamennone che incontra ritornato dalla battaglia, insieme ad Odisseo e a Diomede, tutti feriti: Agamennone, in preda allo sconforto, propone addirittura di fuggire; Odisseo lo rimprovera aspramente. Diomede propone allora di tornare in battaglia, benché feriti, non per combattere, ma almeno per incitare gli altri. Era vede Posidone impegnato a fianco dei greci e se ne rallegra; temendo però che Zeus lo ostacoli, trama un tranello contro di lui e con l'aiuto di Afrodite riesce a sedurre Zeus. In seguito, grazie alla complicità di Hypnos, il sonno, lo fa addormentare, mentre Posidone prosegue  
Indisturbato nell'aiuto dei Greci. Ettore colpisce Aiace, e non riesce a ferirlo, mentre è egli stesso colpito da un masso scagliato da Aiace ed è portato a stento in salvo dai compagni.

I Greci, che vedono Ettore uscire dalla battaglia, infuriano sempre di più: su tutti si distingue Aiace.

LIBRO 15

Zeus si sveglia dal sonno ingannevole da cui è stato avvolto e, vedendo Posidone che infuria in battaglia, sdegnato contro Era, la caccia sull'Olimpo e le ordina mandare da lui Iride e Apollo. Espone quindi il suo piano futuro: Iride caccerà Posidone dalla battaglia, Apollo rincuorerà Ettore che scatenerà terribile lotta, tanto da indurre Achille a Mandare in campo Patroclo; Ettore ucciderà Patroclo e solo allora Achille entrerà in battaglia e Ucciderà Ettore; in seguito a ciò, Zeus concederà ai Danai tutti di conquistare la città di Priamo. Il piano del re degli dei è confermato nei primi eventi.

Ettore guidato da Apollo, spinge nuovamente  i Troiani all'attacco, contrastato validamente da Aiace e dagli eroi più forti. Gli Achei sono costretti a oltrepassare il muro che sotto la spinta di Apollo crolla; ormai essi combattono dalle navi. Patroclo si reca da Achille per chiedergli di lasciarlo andare in battaglia.

LIBRO 16

Achille e Patroclo

Mentre si combatte attorno alle navi Patroclo si reca da Achille versando lacrime come una fonte che versa acqua dall'alto di una roccia scoscesa. Achille a vederlo ebbe compassione e disse: "Perché piangi come una bimba piccola che corre dalla madre per essere presa in braccio. Mi porti forse brutte notizie da Ftia? Eppure sono ancora vivi Menezio e Peleo, grande sarebbe il nostro dolore per la loro morte. Oppure ti addolori per i Greci che muoiono in battaglia? Parla, non nascondere il tuo dolore."

E Patroclo rispose: "Achille, il più grande fra gli Achei. Non sdegnarti: profonde è la sofferenza che tormenta gli Achei. Infatti tutti i migliori eroi sono feriti: Diomede, Odisseo, Agamennone, Euripilo. I medici si affannano per loro ma la tua ira resta irrimediabile. Uomo senza pietà.

Di certo Teti non fu tua madre e Peleo tuo padre: ti generarono il mare lucente e le pietre scoscese, perché il tuo cuore è inflessibile. Ma se hai qualcosa in cuore allora lascia che almeno io vada in battaglia a essere luce per gli Achei.

Lascia che io vesta le tue armi così, se mi scambieranno per te, fuggiranno. Allora spingeremo facilmente i Troiani lontano dalle navi". Così diceva e gli rispose Achille: "Quali parole mi hai detto Patroclo, figlio di un dio. Non mi do pensiero della mia morte, ma se un uomo osa rubarmi un premio, provo un terribile dolore in cuore. La fanciulla che gli Achei mi avevano dato in premio, me la tolse dalle braccia Agamennone potente. Ma trascuriamo il passat!
o, non sarebbe possibile restare afflitti per sempre. Tuttavia ho affermato che non avrei abbandonato l'ira prima che alle mie navi giungesse il tumulto della guerra. Ma tu con le mie armi, contro i Troiani ti batteresti: i Troiani sono tutti attorno alle navi e solo perché non vedono più il mio elmo che risplende, invece starebbero tutti morendo nella fuga se Agamennone mi avesse rispettato, ora invece assediano il campo.

Non sento più la voce di Diomede, né quella di Agamennone, ma quella di Ettore riecheggia sempre, e con essa il grido di vittoria dei Troiani. Ma anche così, Patroclo, tu irrompi impetuoso in battaglia. Ma ricorda: una volta allontanato il pericolo dalle navi ritorna indietro, se anche ti concede onore Zeus, non lasciarti prendere dal desiderio di combattere senza di me contro i Troiani: mi priveresti dell'onore, e non gonfiarti sterminando i Troiani, che qualcuno degli dei dell' Olimpo ti si faccia contro, e ritorna indietro quando avrai portato luce alle navi, lascia che essi continuino la lotta nella pianura."

La morte di Patroclo

Finché era giorno le forze si eguagliavano, ma quando venne sera, i Greci primeggiavano.
Morì Cebrione. Patroclo andò all'attacco tre volte come il forte Ares e tre volte uccise nove uomini. Ma quando si lanciò per la quarta volta, arrivò la morte. Gli venne incontro Apollo e Patroclo non lo vide: gli stette alle spalle e poi lo colpì. Gli gettò a terra l'elmo del capo e rotolando si sporcò la criniera equina di sangue e di polvere. Da dietro un Troiano lo colpì da vicino: Euforbo, figlio di Pantoo, ma non lo finì. E Patroclo si ritirò nel folto dei compagni, ma appena Ettore lo vide, si avvicinò e lo trapassò con la lancia.

Come quando un leone vince un cinghiale nella zuffa, essi si battono orgogliosi per un'esile vena d'acqua: entrambi vogliono bere, ma il leone vince infine il cinghiale senza più fiato, così Ettore, con la lancia, privò della vita Patroclo e gli disse: "Patroclo, pensavi forse di poter abbattere la mia città? Stolto, i veloci cavalli di Ettore si sono lanciati a lottare ed io mi batto con essi per primo fra i Troiani. Qui tu morirai mangiato dagli agli avvoltoi.

Non ti recherà aiuto Achille che forse ti dava tanti consigli". E a lui rispose Patroclo: "Ora vantati Ettore. Infatti ti concessero vittoria gli dei, che mi hanno ucciso facilmente. Ma se venti guerrieri della tua forza mi fossero venuti contro, tutti io li avrei uccisi, stroncandoli con la lancia. Il destino, Euforbo ed Apollo mi uccisero, e tu sei solo il terzo. Ma neppure tu andrai lontano: sarai stroncato dalle mani di Achille".

Ancora mentre parlava lo colse la morte, ma Ettore gli disse comunque: "Perché mi profetizzi morte? Chi lo sa se Achille mi ucciderà". Stappò poi la lancia di bronzo dalla ferita e corse verso Automedonte che guidava il carro di Achille, ma i rapidi cavalli immortali scapparono.