Vasco Pratolini
Cronaca Familiare

Dichiaratamente autobiografico, Cronaca familiare è una delle fonti più significative della storia umana e intellettuale di Pratolini.

Nel romanzo, scritto di getto nel dicembre 1945, si narra la genesi e lo sviluppo del rapporto affettivo tra l'autore e il fratello Dante, chiamato dai genitori adottivi Ferruccio.

L'allontanamento del fratellino da casa, dopo la morte della madre, e il suo affidamento al maggiordomo di un ricco lord inglese era diventato nella mente del piccolo Vasco una giusta reclusione in una prigione dorata.

Nell'immaginazione del fanciullo, infatti, la mamma era morta per colpa sua, ed è questa inconscia convinzione che impedisce l'intesa immediata con questo fratello biondo come un angelo.

L'amore tra i due, però, cresce con il trascorrere degli anni, fino a diventare una vera e propria comunione spirituale, interrotta brutalmente, ancora una volta, dalla malattia e dalla morte.

La cronaca di questo grande affetto familiare assume, nella magistrale tensione del romanzo-diario, un'emblematica valenza universale, un accorato appello alla vera fusione spirituale tra fratelli, cresciuti in ambienti sociali differenti ma spinti dello stesso desiderio di comunicazione e dalla stessa fame di sentimenti eterni.

C'è alle origini di questo romanzo il ricordo della sua condizione di orfano offeso dal dolore precoce: ma un altro bimbo nasce mentre la madre muore; un ricco signore prende quel bimbo, togliendogli col nome anche la condizione, le vesti della miseria in cui è nato; anche il rimorso dei parenti viene sedato dal fatto che la scelta era assai crudele: o cedere il bambino destinandolo ad una vita di benessere, oppure tenerselo e condannarlo alla miseria.

In questi termini la scelta è anche un ricatto: come un eterno ricatto incombe su Via del Corno, ricatto della miseria, della polizia, della borghesia, di tutti.

Un tono lirico-elegiaco predomina sul ritmo narrativo ed evocativo di questo libro autobiografico, di questa cronaca familiare, la quale non è soltanto un'analisi della solitudine e della incapacità di vivere del fratello, ormai morto, ma anche, di riflesso, la storia interiore del maturarsi della personalità di Pratolini scrittore di memorie.

La tragedia del fratello allevato ed educato in una casa di signori è la testimonianza della crisi e della solitudine che accompagna il povero che non sa vivere fuori del suo ambiente privato degli affetti più cari e naturali.

La malattia che uccide Ferruccio forse non è stata più grave di quella che ha molestato l'esistenza di Vasco: solo che Vasco aveva una carica affettiva e una fiducia nella solidarietà e nella amicizia che gli ha consentito di superarla, mentre la solitudine e l'angoscia esistenziale, il mancato amore della donna amata hanno finito con lo stroncare l'esistenza di Ferruccio, allevato in ambiente diverso dal suo e allontanato per sempre dalla più autentica vita affettiva. Ma Ferruccio ha commesso tanti errori che gli derivano dalla sua educazione borghese, in quanto è stato allevato dal padre adottivo nella bambagia, non è stato mai autonomo, non è riuscito mai a diventare uomo, gli è mancato anche il dolore di diventare uomo.
E quindi è rimasto sempre un fallito della vita, della scuola, dell'amore, perché, essendogli mancata l'esperienza umana, ha sbagliato anche a scegliersi la compagna.

Il dramma di Ferruccio è fissato fin dalla sua nascita dalla morte della madre: quella morte è lo scotto che i parenti di Ferruccio pagano per offrire al bambino una vita migliore. In realtà Ferruccio è riuscito a vivere nella agiatezza, come un borghese, ma non ha imparato nulla della lotta della vita, non avendo mai conosciuto la miseria, anzi trovandosi a disagio con i poveri e quasi disprezzando il fratello povero.

Ma in effetti Ferruccio è innocente di questo ricatto dei ricchi che gli ha condizionato la vita nella solitudine e nella carenza degli affetti sinceri e puri.

''Tutto il libro è il recupero della sua innocenza, lo spostamento dell'odio da essa verso coloro che si sono serviti di essa, che hanno fatto sì che lui Pratolini non la sapesse, nel fratello vivo, subito come innocenza.

Con la consapevolezza che è stata la morte e la sofferenza fisica prima della morte a rivelargli questa innocenza'' (Longobardi,citazione tratta da Giacalone,ibidem).

Certo che l'innocenza di Ferruccio è vista da Pratolini quando già la catastrofe è avvenuta in modo irreparabile; vittima proprio di quell'educazione borghese, in cui i parenti speravano il benessere del bambino, Ferruccio assorbe di quella falsa educazione proprio i mali maggiori, solitudine, disperazione, incapacità di vivere, carenza di affetti; e, non potendo più rientrare nel rango della miseria della sua vera famiglia, la morte sopraggiunge per lui come una liberazione.

E tutto il libro è diffuso di questo compianto lirico della recuperata innocenza del fratello, della sua spiritualità e della sua umanità tradita, sin dalla sua nascita, quando fu ceduto dai parenti a un signore per una vita migliore.