Tema
La scoperta dell'America

Proviamo a ipotizzare che cosa sarebbe successo in Europa se non fosse stata scoperta l'America.

L'Europa del nord, divenuta protestante e capitalistica, avrebbe colonizzato, molto probabilmente, quella del sud, cattolica e feudale (l'Italia non era feudale ma era divisa in tanti staterelli e quindi era politicamente debole: la Francia cattolica e sempre più borghese cercò di occuparla con la discesa del re Carlo VIII nel 1494).

Poi questa Europa avrebbe cercato di orientarsi verso l'est ancora feudale (ma con tracce di socialismo agricolo) e di religione ortodossa.

Ma nell'est-europeo forse avrebbe incontrato una certa resistenza (come ne incontrò all'epoca delle crociate e dell'impero latino d'oriente), per cui ad un certo punto avrebbe preferito muovere verso sud, in Africa (scontrandosi di nuovo col mondo islamico, che questa volta però avrebbe avuto la peggio), e poi verso l'oriente asiatico (come già stavano cercando di fare i portoghesi, che erano sì cattolici ma dediti ai commerci, tanto che se non fossero stati occupati nel XVI sec. dagli spagnoli, divenuti loro rivali dopo la conquista dell'America, essi probabilmente sarebbero diventati una nazione capitalistica e protestante, al pari dell'Olanda).

L'Europa borghese, in sostanza, si sarebbe avventurata nell'oriente asiatico e islamico, cercando di colonizzarlo non solo sulle coste (come facevano i portoghesi) ma anche nell'entroterra. Cosa che poi comincerà a fare più di un secolo dopo la conquista dell'America.

Senza questa conquista, l'Europa, probabilmente, sarebbe stata tutta capitalistica e prevalentemente protestante (come oggi sono gli USA), avrebbe occupato tutta l'Africa (come poi ha fatto insieme agli USA) e buona parte dell'Asia, minacciando costantemente l'Europa orientale.

Già prima della Riforma, gli Stati nazionali avevano cercato di emanciparsi dall'egemonia del papato e dell'impero, conservando, nel contenuto la religione cattolica e nella forma la supremazia della monarchia (appoggiata dalla borghesia) sul papato.

Con la Riforma molti Stati dell'Europa settentrionale decisero addirittura di abbracciare una nuova confessione cristiana, oppure di conservare quella cattolica tradizionale sul piano istituzionale, ufficiale, ma non negli usi e costumi della società civile (Francia e Belgio). L'Inghilterra ne modificò inizialmente un solo aspetto, ma quello decisivo nell'ambito del cattolicesimo: capo della chiesa diventò lo stesso re inglese. Fatto questo, le sarà poi facile accettare il compromesso col calvinismo sul piano dei rapporti sociali.

La Germania, dal canto suo, aveva tutte le carte in regola per diventare una grande potenza capitalistica, ma i protestanti si limitarono a una rivoluzione delle "coscienze" (più tardi l'idealismo farà quella del "pensiero"), nel senso che la borghesia non ebbe il coraggio di trarre le dovute conseguenze pratiche dalla propria emancipazione religiosa.

Con la conquista dell'America, invece, due potenze feudali (Spagna e Portogallo, ma la prima soprattutto) riuscirono a restare feudali e quindi cattoliche per molto tempo, prima di lasciarsi surclassare dalle potenze protestanti e borghesi. Quella conquista, in tal senso, non servì loro né per affermarsi come potenze conservatrici, poiché Olanda, Inghilterra e Francia ebbero la meglio; né servì per diventare capitalistiche come le potenze rivali. Fu invece utilizzata per promuovere il capitalismo dell'Europa del nord e per scatenare assurde guerre di religione (come quelle di Carlo V e di Filippo II), onde impedire il trionfo della Riforma. Ormai i tempi erano maturi per la tolleranza e la libertà di religione (seppure nei limiti del cuius regio eius religio).

La conquista del 1492 quindi ebbe il merito di dimostrare, indirettamente, che il feudalesimo e il cattolicesimo erano nel XVI sec. due istituzioni completamente superate e che potevano continuare a sussistere, con la forza, solo in Americalatina e nelle regioni più arretrate d'Europa.

Il dominio ispano-portoghese sul mondo rappresentò dunque, nel XVI sec., l'ultima massima espressione del feudalesimo cattolico europeo e, successivamente, sudamericano. (Da notare che il colonialismo portoghese non lasciò un'impronta profonda, sul piano religioso-culturale, in Asia e Africa).

La differenza tra il feudalesimo spagnolo e il capitalismo olandese, francese e inglese non sta nell'esigenza di una conquista del mondo e quindi nell'esigenza di imporre una determinata ideologia, cultura, politica ecc., ma sta piuttosto nel diverso valore attribuito all'economia, cioè al denaro, al capitale, all'oro e all'argento, al commercio e all'industria.

Il capitalismo ha potuto svilupparsi all'interno del feudalesimo a motivo di un'analoga sete di dominio, accettata sul piano culturale, ma nel capitalismo, essendo l'attenzione incentrata su aspetti artificiali, come appunto il macchinismo, il capitale, il profitto fine a se stesso ecc., è dovuto accadere un profondo mutamento: la cultura religiosa tradizionale è stata laicizzata. La rivoluzione industriale ha trasformato la teologia in diritto, il cattolico in protestante, il servo della gleba e l'artigiano in borghese, l'uguaglianza davanti a dio nell'uguaglianza davanti alla legge ecc.

Per gli spagnoli lo sfruttamento dei coloni doveva servire per condurre una vita da parassiti, da consumatori di lusso, dediti allo spreco, e naturalmente per sostenere l'anacronistico ideale della cristianità universale sotto il papato. Viceversa, per la cultura borghese, lo sfruttamento delle colonie doveva servire per accumulare capitali, per trasformare la natura, per produrre attività industriali, commerciali, per emanciparsi da ogni tradizione cattolica.

Lo spagnolo cattolico era troppo "cattolico" per potersi trasformare in un imprenditore borghese. Distruggeva e massacrava non solo per un interesse personale ma anche per realizzare un ideale, quello della superiorità universale del cattolicesimo latino. La Spagna rappresentava gli ultimi resti di quella coscienza integralistica e totalitaria che nel '500 continuava a vedere nella chiesa cattolica un motivo di unificazione universale, da realizzare con la forza politico-militare.

In tal senso il bisogno di colonizzare fu dettato anche dalla necessità di sostenere finanziariamente questo ideale impossibile di egemonia mondiale. Il capitale serviva allo spagnolo anche per affermare meglio la propria identità di cattolico, la quale conservava alcuni elementi di critica dello stesso concetto di "conquista", sviluppati poi da alcune correnti progressiste legate soprattutto ai nomi di B. Las Casas, F. Suarez, F. de Vitoria, Bernardino di Sahagùn ecc. Queste correnti accettarono il confronto con le culture indigeniste, ma la Scolastica spagnola, dopo il trionfo della Riforma protestante, divenne chiusa e arrogante.

Questa doppiezza, tipica del cattolicesimo-romano, che sul piano teorico afferma valori umanistici e sul piano pratico tollera comportamenti disumani, ha la sua origine nel fatto che il cattolicesimo-romano, pur separandosi dalla confessione greco-ortodossa, ha conservato alcune tracce dell'umanesimo bizantino, il quale cercava di restare coerente con la tradizione cristiana più autentica. In sostanza, quando fu "scoperta" l'America, quando cominciarono ad emergere le nazioni capitalistiche, quando nacque la Riforma protestante, la doppiezza del cattolicesimo-romano aveva raggiunto livelli assolutamente insopportabili e le tracce della passata ortodossia erano diventate così deboli che ormai non vi era nessuna possibilità di risalire attraverso di esse alle fonti originarie e di fondare, sulla base di esse o di una loro laicizzazione, una nuova società.

L'Europa insomma divenne capitalistica e protestante anche a causa della tenace opposizione della chiesa cattolica al recupero delle tradizioni ortodosse, quelle tradizioni che sul piano socio-economico seppero favorire una forma di feudalesimo molto meno oppressivo di quello occidentale (tant'è che si cominciò a delineare la necessità del suo superamento solo alla fine del secolo scorso). Non a caso proprio pochi decenni prima del viaggio di Colombo, il papato era riuscito, con un colpo solo, a ottenere il riconoscimento ortodosso del primato universale e giurisdizionale di Roma al concilio di Ferrara-Firenze, nonché la fine delle tesi occidentali sul conciliarismo ecclesiale.

Gli spagnoli insomma volevano oro, argento e spezie per arricchirsi come gli ebrei e i mori, senza però dover diventare come loro, e cioè borghesi. L'oro e l'argento, derubati agli indios, non rappresentavano altro che la possibilità di diventare borghesi senza esserlo, cioè di diventare degli sfruttatori senza capacità imprenditoriali o manageriali, senza la cultura protestante.

Il genocidio compiuto in America era una diretta conseguenza del terribile odio che uomini di mentalità medievale provavano nei confronti della borghesia di origine ebraica e musulmana (e nei confronti della borghesia in generale). Non dobbiamo infatti dimenticare che la Spagna raggiunse l'apogeo della propria feudalità quando tutti gli altri Stati europei si accingevano a diventare capitalisti. Nella Spagna del XVI sec. la contraddizione fra necessità della tradizione ed esigenze della modernità, era particolarmente acuta. Per la Spagna non c'era altro modo d'impedire la fine del feudalesimo che quello di distruggere fisicamente la classe borghese.

Quell'odio vetero-feudale contro la modernità raggiunse proporzioni inaudite nel "Nuovo Mondo" perché qui l'hidalgo conquistador l'associò alla consapevolezza della propria assoluta superiorità bellica. Il feudalesimo spagnolo, diviso com'era in classi antagonistiche, abituato soltanto a ragionare coi criteri della forza, non riuscì ad accettare il comunismo primitivo delle civiltà indigene, anche se l'impatto con la "diversità" fu così forte che la teologia cattolica europea dovette rivedere molti dei suoi postulati.

L'europeo della tradizione feudale perse insomma l'occasione di vincere la propria battaglia contro il capitalismo emergente partendo dal recupero del comunismo primitivo incontrato nell'America centrale, che naturalmente avrebbe dovuto essere integrato dalle acquisizioni scientifiche, culturali ecc. più progressiste dell'Europa occidentale. In America gli europei avrebbero potuto costruire quella società democratica che in Europa occidentale si riteneva possibile solo superando il feudalesimo col capitalismo.

Il fatto che gli spagnoli si siano serviti delle ricchezze del colonialismo per cercare di fermare in Europa l'avanzata del capitalismo e del protestantesimo e di imporre con la forza militare la società cattolico-feudale, si può spiegare solo pensando che già all'interno della confessione cattolica vi erano i presupposti ideologici che avrebbero potuto portato le spedizioni marittime e commerciali d'oltreoceano ad assumere i connotati di spedizioni militari vere e proprie.

Cioè a dire, anche se in gioco non vi fossero state la ricerca delle spezie o dei metalli pregiati, tali spedizioni -è da presumere- sarebbero ugualmente avvenute con l'uso della forza militare, appunto perché la religione cattolica, per diffondersi, ne prevede esplicitamente l'uso. Certo è che se non ci fosse stata la motivazione economica, difficilmente avrebbe potuto esserci un colonialismo basato su motivazioni esclusivamente religiose. Neppure le crociate medievali erano prive d'interessi commerciali.

In altre parole, mercanti e marinai europei diventavano "violenti" quando le possibilità di arricchirsi sfruttando le risorse altrui erano a portata di mano, ma senza la religione cattolica non si sarebbe affermato un atteggiamento così colonialistico. Non si trovano infatti esempi analoghi nelle terre dominate dalla religione ortodossa.

La differenza fra le crociate medievali e lo spirito di conquista del XVI sec. sta soltanto in questo, che allora le crociate erano un'esigenza di tutta la cristianità medievale occidentale, mentre nel XVI sec. erano un'esigenza della nazione economicamente più arretrata d'Europa: la Spagna.

A nessuna nazione del '500 sarebbe venuto in mente di conquistare le terre dei mori o dei pagani in nome della diffusione del cristianesimo. L'odio nei confronti del papato era troppo forte e lo stesso papato da tempo aveva perso ogni vera credibilità. Nessun europeo, che non fosse strettamente legato a qualche ambiente clericale, avrebbe accettato di rischiare di morire per un ideale religioso.

Questo naturalmente non significa che i mercanti e i borghesi delle nazioni capitalistiche saranno immuni dallo "spirito di conquista", o che schiere di fanatici protestanti non andranno al seguito dei loro connazionali conquistatori, cercando di competere coi rivali cattolici. Solo che le nazioni capitalistiche non avevano più l'onere di dover mediare i loro interessi con quelli della chiesa romana. L'ideale religioso restava strettamente subordinato a quello economico di una classe sociale particolare.

Gli spagnoli, quando approdarono per la prima volta in America, massacrarono non solo per motivi economici (cioè per poter diventare borghesi senza esserlo), ma anche per motivi culturali. Ciò che videro infatti rappresentava, fra le altre cose, anche il loro inconscio pre-schiavista o pre-servile, ovvero il desiderio rimosso di poter vivere "felici" in una società priva di conflitti di classe.

Essi non riuscirono a tollerare che la "felicità" o il benessere sociale e psico-fisico potessero accompagnarsi con la semplicità dei costumi, degli strumenti tecnico-scientifici e di lavoro, degli atteggiamenti sociali, con la comunione dei beni e il rapporto equilibrato con la natura, con l'assenza di religioni, di leggi, di armi, di proprietà privata, con l'indifferenza (che non fosse estetica) per l'oro e l'argento, con il sentimento dell'innocenza espresso anche dalla nudità fisica...

Gli indios che incontrò Colombo (e che egli non riuscì assolutamente a capire), altro non rappresentavano che l'uomo naturale: in antitesi non a "uomo civile" ma a "uomo incivile", cioè a uomo avido e crudele, falso e bugiardo... Il primo genocidio fu il più difficile da legittimare. Non a caso le civiltà pre-colombiane che più hanno resistito ai conquistadores sono state quelle più lontane dalla logica dello schiavismo, quelle cioè che piuttosto che accettare la schiavitù si sono lasciate sterminare.

Ancora oggi esistono comunità indigene le cui condizioni di vita sono molto simili a quelle che avevano trovato i conquistatori. In Americalatina vi sono ancora 40 milioni di indios e oltre 400 culture.

Viceversa, la distruzione degli imperi inca, maya e azteco va attribuita esclusivamente a interessi economici di profitto, poiché sul piano culturale gli europei avevano già superato il fastidio di "sentirsi giudicati". La pratica dello schiavismo, dell'antropofagia, del sacrificio agli dèi di vergini e bambini, la poligamia dei leaders politico-religiosi ecc. : queste e altre cose facevano sentire gli europei in "diritto" di compiere il genocidio, il saccheggio, l'esproprio, lo sfruttamento...

Quei tre imperi, peraltro, stavano lentamente impadronendosi di tutta l'America centro-meridionale. Nello scontro tra europei e amerindi non ha vinto solo la forza delle armi, ma anche la maggiore astuzia di una civiltà che era stata prima schiavista e poi servile per almeno 1500 anni.

Tuttavia, gli europei si dimostrarono così ostili alle culture incontrate che non solo non riuscirono a stabilire con esse un rapporto paritetico, egualitario, ma anche quando distrussero le civiltà schiaviste non riuscirono neppure a sostituirle con altre di livello superiore. Essi infatti non fecero che peggiorare la situazione, tanto che ad un certo punto furono costretti a importare gli schiavi dall'Africa per rimpiazzare quelli americani decimati. In questo senso lo "schiavismo" qui importato dagli europei borghesi e protestanti fu senz'altro più efficiente di quello ispano-portoghese.

Lo schiavismo degli spagnoli era superiore a quello indigeno solo quanto a perfidia ed esosità. Esso riuscì a imporsi con grande facilità, nell'ambito delle società schiaviste americane, perché ebbe la fortuna di arrivare nel momento in cui quegli schiavismi regionali avevano già perso molta della loro legittimità.

Gli spagnoli in pratica hanno interrotto quella fase di passaggio che caratterizza tutte le formazioni sociali schiavistiche: la fase in cui bisogna decidere se trasformare gli schiavi in soggetti di diritto, a causa della loro resistenza allo sfruttamento, oppure se allargare le zone geografiche d'influenza, aumentando così le riserve di manodopera gratuita. Gli spagnoli si sostituirono agli imperi schiavisti optando naturalmente per la seconda alternativa.

Cosa deve fare oggi l'Americalatina, cioè il continente che molto più dell'Africa e dell'Asia ha accettato la cultura occidentale? Essa deve riscoprire la propria autonoma identità servendosi della cultura mondiale. Deve riscoprire il suo passato pre-schiavista servendosi di quella cultura mondiale che può aiutarla a uscire dal neo-colonialismo. L'America non può realizzare il socialismo democratico, che ancora non esiste in alcuna parte del mondo, tornando semplicemente alle sue origini pre-coloniali: queste origini non possono essere recuperate affermando l'isolazionismo.

Il problema non è più quello di contrapporre le tradizioni comunitarie alla modernità capitalistica, poiché in questo tentativo il confronto vedrebbe il capitalismo vincente. Il problema oggi è quello di vedere se è possibile incanalare la modernizzazione dell'America in queste due direzioni, fra loro complementari: 1) rispettare le ultime tradizioni comunitarie esistenti, integrandole creativamente con le nuove dimensioni del vivere civile; 2) costruire una società democratica e socialista che sappia valorizzare le migliori conquiste tecnico-scientifiche e la cultura più umanistica espressa dall'umanità intera, e quindi anche dall'Occidente.

In questo senso la posizione ufficiale dell'occidente capitalistico e della chiesa cattolica non possono essere di alcun aiuto per gli interessi latinoamericani. Le ultime proposte neocoloniali sono state quella degli USA, con l'Iniziativa per le Americhe, secondo cui si dovrebbe creare un megamercato continentale "libero", naturalmente a tutto vantaggio degli Stati Uniti, che temono sempre di più l'espansionismo economico-finanziario del Giappone e l'unificazione europea; e quella della Spagna, con l'Integrazione iberoamericana, secondo cui la Spagna si farebbe intermediaria degli interessi dell'Europa occidentale nel continente sudamericano.

Dal canto suo la chiesa cattolica di Wojtyla parla di "nuova evangelizzazione". La ripresa missionaria di questa chiesa dovrebbe servire per rispondere alla sfida delle sètte che pullulano in Americalatina, oltre che per rinnovare la cultura cattolica sudamericana, sempre più minacciata dalla secolarizzazione e per ribadire la stretta dipendenza del cattolicesimo sudamericano da quello europeo. In tal senso Wojtyla rifiuta la "scelta preferenziale per i poveri" come punto di partenza, e privilegia la "fusione delle culture" come elemento essenziale accanto ad altri. La teologia della liberazione viene tenuta rigorosamente ai margini della dialettica culturale del momento..