L'AIDS

L'AIDS

CONOSCERE PER EVITARE: COS’E’ L’AIDS?

STORIA

LA DIFFUSIONE DEL FENOMENO

L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE

RICERCHE E DIAGNOSI

LE CAMPAGNE INFORMATIVE

STATE TRANQUILLI

CONCLUSIONI


CONOSCERE PER EVITARE: COS’E’ L’AIDS?

Molti hanno paura dell’aids, ma pochi sanno cosè e da cosa è causato perciò innanzitutto dissolviamo i vostri dubbi con la definizione della malattia.

L’aids è una malattia che fa seguito all’infezione da parte di un virus , definito HIV (dall’inglese Human Immunodeficiency Virus, Virus dell’Immunodeficienza Umana).Questo virus è in grado di aggredire e distruggere un particolare tipo di globuli bianchi: i linfociti adiuvanti (o linfociti CD4).

Chi è stato infettato dall’HIV può a sua volta trasmettere l’infezione ad altri e rischia di ammalarsi di AIDS.

L’infezione può essere evidenziata entro 3-6 mesi dal contagio con una semplice analisi del sangue (test).

L’AIDS può manifestarsi nei soggetti sieropositivi in genere dopo molto tempo (7-10 anni) dal contagio.

L’AIDS è una malattia molto grave: meno di 5 malati su 100 sopravvivono ad essa oltre i 5 anni.

STORIA

Sono state avanzate molte ipotesi per spiegare i tempi e i modi in cui l’AIDS ha fatto la sua apparizione sulla scena della medicina moderna.

Nonostante ciò tuttora non sono state date risposte definitive a questi interrogativi e comunque non vi è accordo tra gli studiosi su questo tema. La più valida tra le ipotesi convalidate è che il virus responsabile dell’AIDS potrebbe essere stato presente per secoli in una forma relativamente innocua e solo recentemente essersi evoluto in una più aggressiva e pericolosa.

Molti ritengono che negli anni Quaranta il virus fosse diffuso tra alcune specie di scimmie e che agli inizi degli anni Sessanta sia passato all’uomo, attraverso contatti ripetuti con materiale biologico proveniente dalle scimmie stesse.

La sindrome clinica, però, definita AIDS è stata documentata per la prima volta solo nel 1981 negli USA, in seguito alla segnalazione contemporanea di alcuni casi di una forma di polmonite, causata dal protozoo Pneumocystis carinii, e di un cancro della pelle, il sarcoma di Kaposi, fino ad allora osservati eccezionalmente.

Intanto le segnalazioni dei casi aumentavano costantemente e l’epidemia assumeva proporzioni sempre più allarmanti: da 159 casi nel 1981 si passò in breve a 3000 nel 1983. In questo periodo si pensava che questa malattia si manifestasse solo in individui omosessuali, gli unici fino ad allora ad aver contratto il virus chiamato per questo GRID ( Gay Related Immuno Deficency) che significa immunodeficienza dovuta all’omosessualità. Ma nel 1984, alcuni studiosi individuarono numerosi casi di AIDS in Africa tra la popolazione eterosessuale: era la prova che non si trattava di un problema riguardante solo un ristretto gruppo di individui.

Ci si rese conto che si trattava di una emergenza medica nuova, anche se oggi noi sappiamo che diversi casi di tale malattia si erano certamente verificati in precedenza. Fu lo studioso francese Luc Montagnier insieme ai suoi collaboratori a isolare per la prima volta il virus nel 1983. Nel 1984 gli scienziati arrivarono a scoprire anche il meccanismo di azione del virus e finalmente nel 1985 venne messo a punto negli Stati Uniti il test Elisa che permette, ancora oggi, di individuare i soggetti infetti.

Il resto è cronaca.

LA DIFFUSIONE DEL FENOMENO.

Durante la conferenza di Vancouver è stato diffuso un rapporto nel quale si fa’ il punto, alla luce dei dati più recenti, sulla situazione dell’epidemia di AIDS nel mondo. Si stima che all’apparire dei primi casi sino alla metà del 1996 circa 28 milioni di persone si siano infettate con l’HIV : di queste sono attualmente in vita quasi 22 milioni. SI è notato ,inoltre, che la malattia nel tragico corso della sua diffusione ha colpito oltre 4.500.000 di adulti e ben 6000 bambini solo nell’Africa sub-Sahariana. Si può affermare che al momento attuale l’epidemia globale si compone di molteplici epidemie, che hanno caratteristiche che variano anche in relazione ai sottotipi di virus interessati, alle modalità di trasmissione e alle popolazioni più colpite.

Nel Terzo mondo, in particolare, la diffusione della malattia è sostenuta da alcune condizioni come l’insufficienza di profilassi, la religione o la mentalità su l’uso del profilattico, il contagio attraverso le trasfusioni e gli emoderivati ecc. Attualmente, seria preoccupazione desta la situazione in Thailandia e in India, dove si è assistito nei primi anni Novanta ad un aumento vertiginoso nel numero delle persone infette, soprattutto a causa di scarsi controlli nelle donazioni di sangue e di rapporti sessuali a pagamento non protetti. La situazione Italiana, i dati della Comunità Europea aggiornati al 30.091995 pongono l’Italia al terzo posto dopo Francia e Spagna, per numero dio casi cumulativi di AIDS ed è stato dimostrato che solo nel 1996, i casi di AIDS registrati furono ben 37.170 e si stimano che ci siano circa 100.000 sieropositivi. Come si può osservare, il numero dei casi segnalati per trimestre continua ad aumentare per tutte le categorie di esposizione, ma tale aumento interessa soprattutto le donne che sono passate, rispetto al totale delle segnalazioni tra gli adulti, dal 60% del 1985 al 24,5% attuale. Il maggior numero di casi si concentra nella fascia d’età 30-40 anni per i maschi tra i 25 e i 29 anni per le femmine. Mentre le regioni più colpite, considerando le percentuali di nuovi casi rispetto al numero di abitanti, sono nell’ordine la Lombardia, il Lazio, l’Emilia Romagna e la Liguria. In uno studio recente si sottolinea come l’AIDS abbia rappresentato in Italia già nel 1992 la seconda causa di morte, dopo il cancro e prima degli incidenti stradali; in Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna è stata addirittura la prima.

Cosa inaspettata è il notevole aumento dei casi attribuibili a contatti eterosessuali che ha ormai superato quello relativo ai casi dovuti a rapporti omosessuali.

Perciò oggi si può affermare che non esistono più gruppi a rischio, bensì comportamenti a rischio e che nessuno può sentirsi estraneo al problema e completamente al sicuro.

L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE

Alcune regole da seguire per ridurre il rischio di contagio:

Non usare droghe

Drogarsi è infatti sempre dannoso, e tanto più con siringhe infette.

I tossicodipendenti non solo possono morire per overdose o per altre malattie, ma se usano siringhe infette vanno anche incontro all’AIDS.

Utilizzare anche una sola volta una siringa già usata può essere sufficiente a contagiarsi.

Raccomandazioni per i rapporti sessuali.

 Astenersi dai rapporti sessuali o tenere una relazione stabile e reciprocamente fedele con un partner non infettato da HIV esclude ogni rischio di contagio.

Conoscere bene il proprio partner prima di avere rapporti sessuali è una precauzione fondamentale per ridurre il rischio

Il partner può non sapere di essere infetto, ma certamente sa se ha avuto comportamenti a rischio. Limitare il numero di partner ed evitare gli incontri occasionali.

Se non si consce bene il partner e specie nei rapporti occasionali, è importante fare sempre uso del preservativo. Infatti, il preservativo è un mezzo di prevenzione che riduce notevolmente il rischio di contagio.

È però indispensabile che il preservativo sia di materiali idonei. Inoltre, deve essere usato e conservato correttamente (ad esempio nel portafoglio) e non in prossimità di fonti di calore che possono danneggiarlo.

Il preservativo e la sua importanza

Per proteggersi dall’AIDS e da tutte le malattie trasmissibili attraverso i rapporti sessuali, la barriera più efficace è il preservativo.

Rispondiamo ad alcuni quesiti:

Dove si trova?

Si può acquistare in farmacia oppure nei supermercati.

Come faccio a sceglierlo?

Quelli di qualità garantita hanno la data di scadenza e la scritta AUT. MIN. 
(autorizzazione ministeriale).

Progressi della tecnica : siringhe monouso autobloccanti.

In tempi recenti si sta tentando di diffondere l’uso, anche nel nostro paese, di questo tipo di siringhe, considerate una soluzione pratica ed efficace al problema della trasmissione di malattie per via endovenosa. Si usano come le normali siringhe monouso, sia in fase di preparazione che in fase di esecuzione dell’iniezione. Il pistone, cioè, scorre liberamente all’interno del cilindro , in su e in giù, permettendo qualsiasi movimento, sia di aspirazione che di iniezione, senza alcuna limitazione. Quando tutta la soluzione di droga sarà stata spinta fuori, la siringa verrà automaticamente bloccata, così da non essere più riutilizzabile da altri. Alcuni modelli presentano anche un ago retrattile, in modo che nessuno possa poi pungersi accidentalmente se vengono abbandonate per strada. Al termine dell’uso, la pressione sul pistone permette infatti di far scattare il meccanismo che determina il meccanismo dell’ago.

RICERCHE E DIAGNOSI

Gran parte dei soggetti sieropositivi non soffre di nessun disturbo specifico e soltanto il medico può capire se alcuni disturbi, comuni a molte altre malattie, sono dovuti alla infezione da HIV. L’infezione può essere evidenziata mediante una semplice analisi del sangue (test).

Più tranquilli con il test

Questo esame è una metodica semplice a basso costo, rapida ed estremamente sensibile nell’individuare i campioni di sangue positivi per HIV. Tuttavia, per massima sicurezza , un risultato di positività ottenuto con tale metodica viene confermato, sullo stesso sangue, prima con un altro test ELISA e, se anche questo dovesse risultare positivo, con un altro tipo di esame chiamato Western Blot. Il risultato è protetto dal normale segreto professionale cui sono tenuti tutti i sanitari anche per disposizione del Parlamento il quale ha stabilito, con la legge n. 135 del 1990, Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta

Contro l’AIDS, che "la comunicazione dei risultati di accertamenti diagnostici diretti o indiretti per infezione da HIV può essere data esclusivamente alla persona cui tali esami sono riferiti"(articolo 5). Inoltre nei centri pubblici non è necessaria la richiesta scritta del medico curante: questo allo scopo di rendere il più semplice possibile la prassi e di avvicinare il maggior numero di persone al test, poiché è comprensibile che, in alcune circostanze, può essere imbarazzante richiedere tale prescrizione.

Rispondiamo ad alcuni quesiti su questo esame:

Come si fa?

Se non vuoi rivolgerti al medico di famiglia, domanda alla tua Asl o all’istituto superiore della S>anità gli indirizzi degli ambulatori più vicini a casa tua dove ci si può sottoporre al test.

Quando si fa?

Fai il test 3-4 settimane dopo la possibile esposizione al contagio. Per essere sicura del risultato ripetilo dopo tre mesi. Se è ancora negativo, va rifatto dopo sei mesi. Ma se nel frattempo sei stata imprudente , dovrai ripetere il test.

Dove si fa?

Non serve rivolgersi al medico di base per fare la richiesta. Basta presentarsi nella struttura pubblica che ti avrà indicato la tua Asl e chiedere di essere sottoposti al test. Che è gratuito, riservato e, su richiesta, anonimo. Il risultato del test può essere comunicato solo al diretto interessato.

LE CAMPAGNE INFORMATIVE

Negli ultimi anni in quasi tutti i paesi del mondo sono state realizzate campagne informative mirate alla prevenzione dell’AIDS.

Esse si sono susseguite in questi anni e sono state progettate in modo da rivolgersi di volta in volta a gruppi specifici, quali: il grande pubblico, gli adolescenti e i giovani, le donne in età fertile, gli omosessuali e i bisessuali, i tossicodipendenti, le forze armate e i militari di leva, la popolazione carceraria, gli operatori sanitari dell’assistenza, il volontariato.

Ad esempio, il libretto informativo del 1991 indirizzato ai giovani che alternava disegni e vignette di Lupo Alberto e dei suoi amici, realizzati da Silver, a dati concreti e consigli su come proteggersi dall’infezione dell’HIV. Il linguaggio usato era giustamente quello molto colorito e disinvolto degli adolescenti a cui si rivolgeva.

Si trattava di un’operazione molto indovinata e anche divertente.

Se l’obiettivo era quello di farsi leggere dai ragazzi, sarebbe stato facile da raggiungere. Diciamo sarebbe perché la presa di posizione dell’allora ministro della Pubblica Istruzione di impedire la distribuzione del libretto nelle scuole ne limitò notevolmente la diffusione e quindi gli effetti positivi che avrebbe potuto avere in termini di prevenzione.

Ci fu poi una campagna che al suo apparire, 1990, destò non poche perplessità. Si trattava di una serie di filmati che avevano come scopo quello di illustrare le modalità attraverso cui il virus si trasmette. Per far questo si mostravano anche alcune situazioni, in fondo in fondo tutte negative, quali scambi di siringhe tra tossicodipendenti e relazioni extraconiugali tra un uomo e una sua collega di ufficio, che facevan sì che il virus potesse arrivare, attraverso una catena di contagi successivi, una moglie inconsapevole e incolpevole che accoglieva sorridente sulla porta il marito traditore al suo ritorno.

A parte il fatto che dietro le infezioni da HIV non c’è solo il tradimento o la tossicodipendenza, e che questa, poi, non è un vizio ma il risultato di un disagio dell’individuo, l’aspetto criticabile era anche quello legato alla tecnica usata per identificare coloro che nella storia venivano via via infettati: si era scelto, per rendere evidente lo stato di sieropositività, di circondare le persone con una specie di neon viola, quasi a suggerire una certa diversità di costoro rispetto alle persone sane.

La qualità delle campagne informative, tuttavia, ha fatto in questi anni passi da gigante. Basti pensare che dallo slogan già citato del 1988.

" AIDS: se lo conosci lo eviti".

Si è passati a quello del 1995:

"Non è nell’aria, non lo porta il vento. Se tu non vuoi, l’AIDS non ti può colpire".

Un tema molto sentito è stato senz’altro quello della fedeltà all’ interno delle coppia che è una importante strategia, come si diceva, per evitare l’infezione da HIV.

Gli esempi vengono dalla Svizzera, un paese molto attivo e all’avanguardia in questo campo, che ha fatto partire le prime campagne, denominate "Stop AIDS" già nel 1986.

Molte campagne si sono concentrate sul binomio amore e protezione dall’AIDS, negando il fatto, che invece molti sostengono, che dove c’è l’uno si possa o debba escludere l’altra.

Gli slogan scelti appartengono tutti a campagne italiane e sono relativi rispettivamente agli anni 1988, 1990, 1991, 1996.

Ad esempio:

"Test di sieropositività . una prova d’amore".

La scelta del partner e l’ uso del profilattico, altre importanti strategie preventive, sono stati altri due temi affrontati ove è un esempio lo slogan diffuso in Italia nel 1995:

"Con una a caso non è proprio il caso".

L’importanza del test HIV è sottolineata da due slogan italiani, il primo del 1990 e il secondo dell’anno successivo .

"Forse non ho l’AIDS. Forse si. È stupido vivere di forse. Faccio il test".

"AIDS. Fai il test dell’intelligenza".

È spiacevole notare, però, anche come molte campagne italiane hanno puntato sulla promozione della solidarietà nei riguardi dei sieropositivi, come si può vedere dai numerosi slogan, del 1990 e del 1991:

"AIDS. Non corre nessun rischio chi è capace d’amare".

"AIDS. Nessun virus divide una vera famiglia".

Infine ci sembra interessante citare una campagna svizzera del 1990 nella quale venivano indicate le più comuni scuse che le persone accampano per giustificare il loro rifiuto a modificare i comportamenti e in particolare a proteggersi con il profilattico. Tutte le scuse iniziavano con la stessa frase: " Non uso il profilattico perché…….."cui faceva seguito una serie di messaggi diversi.

Un altro progetto ai fini di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’AIDS fu quello soprannominato QUILT inaugurato nel 1996 dal organizzazione NACES project. Ognuno delle migliaia di pannelli di cui è composto il QUILT è dedicato ad una vittima dell’AIDS.

In alcuni paesi, le campagne si sono servite di personaggi disegnati per l’occasione, che sono diventati il simbolo della prevenzione dell’AIDS, interpretando e raccontando storie sul tema, come ad esempio Condoman.

STATE TRANQUILLI                                                

Chi è sieropositivo ha bisogno d’affetto e fiducia. Abbracciarsi, baciarsi non è pericoloso. L’AIDS è prevedibile nelle sue mosse. E con un po’ di attenzione si può fare insieme quasi tutto, come:

MANGIARE. Anche se cucina lui (o lei).

NUOTARE. L’acqua non trasmette il virus.

BALLARE. Il sudore non contagia.

TELEFONARE. Si può usare senza paura la stessa cornetta.

DORMIRE. Il respiro non è pericoloso.

LAVORARE. Non c’è proprio alcun rischio.

USARE GLI STESSI BAGNI. Basta una normale igiene.

Il virus dell’Aids è micidiale, ma pure fragilissimo: all’esterno del corpo umano resiste solo 15 minuti. Il rischio di contagio, a meno che non si abbiano rapporti non protetti o che si scambino siringhe, non è così immediato. Tuttavia….

EVITA DI CONDIVIDERE OGGETTI APPUNTITI O TAGLIENTI di uso quotidiano o riservati alla pulizia personale. Rasoi, forbicine, spazzolini da denti, matite per il trucco possono, in caso di microferite, ospitare il virus HIV.

Se hai un amico o amica sieropositivi, non evitare di parlarne. E SE NOTI CHE LUI/LEI ADOTTANO COMPORTAMENTI A RISCHIO verso gli altri, convincilo/la a fare diversamente.

Tutto quello che viene a contatto con il sangue infetto PUO’ ESSERE STERILIZZATO ALL’ISTANTE con la candeggina.

FAI SPORT ? Sappi che il rischio di contagio nel contatto tra due atleti che si feriscono contemporaneamente è piuttosto basso. Ma è sempre meglio adottare STRUMENTI DI PROTEZIONE come caschi e parastinchi.

Se fate l’amore, USA SEMPRE IL PRESERVATIVO, anche per rapporti orali.

SAPEVATE CHE ……

I vaccini e le immunoglobuline non possono trasmettere l’infezione.

Il virus viene distrutto facilmente dal calore ( a 60 gradi) e dai comuni disinfettanti per ambienti, quali la varechina.

NON ESISTE UNA MEDICINA CAPACE DI GUARIRE L’AIDS, NE’ UN VACCINO.

I farmaci prescritti oggi impediscono la progressione troppo rapida della malattia. il sieropositivo diventa un po’ come un diabetico: resta malato per tutta la vita. E deve prendere circa 15 pastiglie al giorno. Quando viene colpito da altri disturbi, il numero dei farmaci deve raddoppiare.

QUANTO VIVE CHI HA L’AIDS ?

L’aspettativa media di vita era compresa tra i 10 e i 15 anni, prima dell’uso della terapia combinata. Ora è probabilmente più lunga. Molto dipende anche dagli organo del corpo colpiti.

CONCLUSIONI

Dobbiamo, tutti noi, smettere di pensare all’AIDS come ad una nuova peste, una punizione del cielo per alcuni comportamenti che non sono ben accetti nella società in cui viviamo. L’AIDS non è altro che una malattia come tante, quasi sempre mortale, che porta con sé sofferenza, paura, dolore. Non aggiungiamo discriminazione ed emarginazione a tutto questo. Non costringiamo le persone sieropositive a nascondersi, a non curarsi per la paura di uscire allo scoperto.

Hanno bisogno di solidarietà e speranza.

Proviamo a leggere la frase che segue:

"Se mi domanda qual è la malattia che stermina gli uomini, io risponderò senza esitazione che è quel male che da qualche anno imperversa impunemente… Quale altro contagio si impossessa di tutto il corpo, resiste tanto ostinatamente all’arte medica, si trasmette così facilmente, e tortura con tanta crudeltà il malato?"

A che cosa ci fa pensare? Credo che saranno in molti a rispondere l’AIDS.

Questa riflessione risale in realtà al 1520, fu scritta da Erasmo da Rotterdam e fa riferimento alla sifilide, una malattia venerea, come si comprende da questa considerazione, moltissima vittime ha mietuto per secoli. Oggi, con alcune iniezioni di penicillina è facile da debellare.

Ci piace pensare che, tra qualche anno, rileggendo i titoli catastrofici sull’AIDS dei giornali dei nostri giorni, potremo sorridere di sollievo.

In attesa che questo accada, proteggiamo noi stessi e gli altri e aiutiamo chi purtroppo è ormai una vittima di questo grande male: l’AIDS.