Le tracce degli animali

Le tracce degli animali

Le "FATTE" dei mammiferi

La maggior parte dei mammiferi del nostro paese ha abitudini notturne: è perciò molto difficile riuscire ad incontrarne qualcuno durante il giorno, facendo delle escursioni o delle passeggiate in campagna.

Nonostante questo, durante i loro vagabondaggi serali questi animali si lasciano dietro numerose tracce del loro passaggio: tra queste ci sono gli escrementi.

Ritenute dai più ripugnanti, le “fatte” sono molto interessanti per i naturalisti, perché rivelano molte informazioni sulle specie presenti in natura in un determinato ambiente e sul loro comportamento.

La prima cosa di questo tipo di traccia che ci deve colpire è la forma: se gli escrementi si presentano sotto forma di pallottole ed in gruppetti allora il “proprietario” sarà sicuramente un erbivoro, un roditore o un ruminante; diversamente, nel caso ci si imbatta in una fatta allungata, cilindrica e magari anche contorta, questa apparterrà ad un carnivoro.

I Conigli selvatici e le Lepri (Lagomorfi) depositano le loro pallottole in grandi gruppi, spesso nelle vicinanze delle loro tane; sferiche (1 cm di diametro) e di colore chiaro, osservandole attentamente, vi si possono scorgere piccoli frammenti vegetati sminuzzati, ben visibili.

Anche i grandi ungulati, come i Cervi e i Daini, producono escrementi in piccole palline, ma in genere si presentano schiacciate da un lato o di forma leggermente irregolare ad una estremità. Sono più grandi di quelle dei conigli e misurano anche 2 cm di diametro.

Al loro interno non si notano frammenti di vegetali poiché, al contrario dei conigli, gli ungulati sono dei ruminanti, la loro digestione è molto più completa e non lascia residui riconoscibili.

I carnivori, come detto poco sopra, producono feci uniche.

Se abbiamo trovato un escremento allungato e arricciolato potremmo trovarci di fronte ad una traccia del passaggio di una volpe. Al loro interno è possibile trovare un po’ di tutto: peli soprattutto, ma anche qualche ossicino, semi e noccioli di frutta, di cui le volpi sono ghiotte. Possono raggiungere anche 7-8 cm di lunghezza

Di forma simile a quella della volpe, ma di taglia più piccola, sono gli escrementi dei Mustelidi, come le Puzzole, le Donnole o le Faine.

Tutti questi carnivori menzionati fino ad ora utilizzano le feci per marcare il territorio: queste vengono spesso depositate in luoghi ben in vista e rialzati, come massi, tronchi caduti, o dossi naturali del terreno.

Più difficili da trovare ma facili da riconoscere sono le fatte del Tasso; questo grosso Mustelide deposita i suoi escrementi in grandi latrine poste appena al di fuori di un’imboccatura della sua tana. Queste latrine, proprio come le nostre toilette, sono usate ripetutamente da tutti i membri del clan.

Passeggiando sulle rive di alcuni fiumi italiani ancora in buono stato di salute, è possibile trovare degli escrementi contenenti lische e squame di pesce: sono una traccia inequivocabile della presenza della ormai rara ed elusiva Lontra.

Nei solai o nelle vecchie soffitte abbandonate si possono trovare dei mucchietti di piccoli escrementi neri: potrebbero essere state lasciate da alcuni Pipistrelli che usano questa stanza per riposarsi durante il giorno. Al loro interno è possibile individuare alcuni piccoli frammenti del duro esoscheletro degli insetti.

Facili da trovare nei giardini di periferia e di campagna sono anche le fatte del Riccio: anche questi, di forma cilindrica, 3-5 cm di diametro, contengono parti indigeribili di invertebrati.

LE BORRE

A chi abita in campagna, o a chi in città possiede un giardino, può capitare di tanto in tanto, di trovare intorno a casa, magari sotto un albero o nei pressi di una staccionata, una strana palletta di pelo scura; siamo probabilmente di fronte alla traccia lasciata da uno strano “vicino di casa”: un rapace notturno; si può trattare di un barbagianni,  una civetta, un allocco, o un gufo,  tutti uccelli spesso ingiustamente perseguitati, ma assai utili  nelle campagne dove tengono sotto controllo la popolazione di arvicole e topolini.

La "strana palletta" può venir scambiata per un escremento, in realtà si tratta di una borra, che non è altro che un rigurgito delle parti indigeste dell’ultimo pasto del nostro rapace. Questi uccelli si nutrono per la maggior parte di roditori, piccoli uccelli, larve, insetti che inghiottono interi; ma il loro intestino non è in grado di distruggere tutte le parti della preda, e così gli ossicini e i peli, vengono raccolti in queste palline, che all’incirca ogni 12 ore, il rapace espelle dalla bocca.

Come è facile intuire analizzando queste borre, è possibile risalire all’ultimo pasto del rapace: infatti dagli scheletri, soprattutto dai crani e dai denti, si può riconoscere il roditore predato; esistono infatti dei manuali di riconoscimento con chiavi dicotomiche che consentono di risalire alla specie precisa. Solo per fare un esempio: se dissezionando una borra ci troviamo di fronte un piccolo cranio di un roditore, ( facilmente riconoscibile per i grandi incisivi a paletta ) possiamo immediatamente stabilire se si tratta di un topo vero e proprio ( genere Mus o Apodemus ) o di un’arvicola ( generi Pytimis o Microtus) guardando i molari : infatti i topi possiedono dei molari con cuspidi arrotondate, mentre le arvicole hanno dei molari  con una superficie a zigzag. Utilizzando le borre dei rapaci, è quindi possibile costruire delle mappe di diffusione delle specie di micromammiferi. E’ in questo modo, per esempio, che anni fa è stata scoperta la presenza del Topolino delle risaie in Toscana, (Padule di Fucecchio), analizzando il contenuto delle borre del Barbagianni; si tratta infatti della zona più meridionale di tutta l’Italia, dove sia stata riscontrata la presenza del topolino.

Le borre sono anche indicative della specie che le ha prodotte. Così, sarà possibile riconoscere l’allocco dal barbagianni, guardando la lucentezza e il colore della borra, o dalla civetta, le cui borre, di dimensioni più piccole, sono composte per la maggior parte da insetti.

Non solo i rapaci notturni producono borre; queste le ritroviamo nei rapaci diurni, nei gabbiani, nei corvidi, nei coloratissimi gruccioni, e in alcuni passeriformi.

L’abitudine dei rapaci di produrre e rigettare le borre era conosciuta anche in passato dai falconieri, che allevavano i rapaci per la caccia. Costoro,che alimentavano spesso gli uccelli con carne disossata, erano soliti unire ai bocconi dei batuffoli di lana e di cotone, perché il rapace producesse la borra, o “cura” come veniva chiamata anticamente.