La Clorofilla

La Clorofilla

CHE COS ’ E ’ LA CLOROFILLA

DOVE SI TROVA

COME E’ COMPOSTA

LA FUNZIONE DELLA CLOROFILLA

LA FORMAZIONE DELL ’AMIDO

LA FOTOSINTESI, FONTE DI VITA

L’EFFETTO SERRA

RESPIRAZIONE, FOTOSINTESI, ENERGIA

LA RESPIRAZIONE DELLE PIANTE


CHE COS ’ E ’ LA CLOROFILLA ?

La clorofilla è un pigmento, cioè una sostanza chimica colorata. Sono i pigmenti, per esempio, che danno i colori ai peli, alle penne alle squame, alla pelle degli animali e dell’uomo; anche l’emoglobina che colora in rosso il sangue è un pigmento.

DOVE SI TROVA ?

La clorofilla si trova in tutte le piante e le alghe, esclusi i funghi, i batteri e poche piante parassite. Si forma nel cloroplasto soltanto quando in esso è contenuta una quantità anche minima di ferro e quando la foglia è esposta alla luce. Le piante fornite di clorofilla si chiamano”autotrofe”(dal greco autòs, stesso e trophè,nutrizione ); sono cioè capaci, anzi, sono i SOLI organismi capaci di trasformare le sostanze minerali in sostanze organiche senza dover ricorrere a sostanze già elaborate da altri esseri ciò invece deve essere fatto da tutti gli altri esseri,uomo compreso, che si chiamano per questo”eteròtrofi”.

COME E’ COMPOSTA ?

La clorofilla ha una composizione chimica complicatissima: la sua molecola, anzi,

le sue molecole, perché vi sono due tipi di clorofilla, sono enormi:

clorofilla A: C55 H72 O5 N4 Mg

clorofilla B: C55 H70 O6 N4 Mg

cioè, per la clorofilla A, si tratta di 55 atomi di carbonio 72 di idrogeno 5 di ossigeno 4 di azoto e uno di magnesio

LA FUNZIONE DELLA CLOROFILLA

Sulla pagina superiore della foglia, quella esposta al Sole, si compie un ’ opera meravigliosa. Da milioni di anni prima della nostra epoca, le piante verdi usano l’energia solare per alimentare il più grande impianto della Terra: quello che produce ogni anno centinaia e centinaia di miliardi di tonnellate di sostanze organiche, cioè la materia prima essenziale per tutti gli esseri viventi. Il macchinario di questo colossale impianto è la clorofilla. La foglia, attraverso i suoi pori, assorbe dall’aria molecole di anidride carbonica (CO 2 )e riceve attraverso i vasi molecole di acqua (H 2 O )che si accumulano nello strato delle cellule a palizzata.

Appena ogni minuscola particella di energia solare, detta fotone, raggiunge la foglia, essa viene captata dalla clorofilla e trasformata in energia chimica: allora la clorofilla diviene un catalizzatore, cioè una sostanza capace di accelerare una trasformazione chimica; infatti essa, con l’aiuto di sali di ferro contenuti nella foglia, spezza le molecole dell’acqua e dell’anidride carbonica e raduna quegli atomi che vanno a costituire gli idrati di carbonio cioè zuccheri e amidi. Avviene questa reazione, che è qui semplificata:

CO2 + H2O = CH2O + O2

anidride carbonica - acqua - carboidrati -ossigeno

Il carboidrato CH2O si chiama”formaldeide”: attraverso una complicata catena di circa 12 reazioni chimiche, alcune molecole di formaldeide vengono riunite per formare lo zucchero o”glucosio”C6H12O6; avviene quindi quel processo che gli scienziati chiamano”polimerizzazione”, cioè, in sostanza l’unione di alcune molecole per formarne più grandi. Dallo zucchero, probabilmente, con l’eliminazione dell’acqua (H2O ), si ottengono gli amidi costituiti da una ventina di gruppi C6H10O5 . Osservate la sottrazione, che spiega chiaramente:

C6H12O6 - H2 O = C6H10O5

L’ossigeno O2 avanzato dalla reazione e che con tutta probabilità era quello contenuto nell’acqua e non quello dell’anidride carbonica, viene liberato e ossigena l’aria.

LA FORMAZIONE DELL ’AMIDO

Durante la notte, quando il lavoro si interrompe, le molecole di amido, trasformate di nuovo in zuccheri solubili nell’acqua, fluiscono con la corrente del plasma attraverso i

pori della cellula e passano nei vasi conduttori. Una parte di esse nuovamente accumula amido. Una volta che il carbonio è stato, come si dice ”organicato”, cioè dopo che ha formato i glucidi o idrati di carbonio, si unisce con gli elementi

inorganici assorbiti dalle radici, per formare proteine, grassi ecc.

LA FOTOSINTESI, FONTE DI VITA

Poiché la produzione dei carboidrati si opera soltanto per merito della clorofilla, sotto lo stimolo della luce, si indica il fenomeno con il nome di”fotosintesi clorofilliana” (dal greco”fòs-fotòs”, luce). L’importanza dell’attività clorofilliana è fondamentale per la vita sulla Terra, giacché essa rappresenta l’unica sorgente di energia di cui abbisogna la pianta per fabbricare la propria sostanza ed di cui, direttamente o indirettamente, vivono tutti gli animali e l’uomo. Noi, cioè, dipendiamo in maniera assoluta dai vegetali perché possiamo trarre le energie di cui abbiamo bisogno solamente frammentando, demolendo e bruciando nel nostro organismo le grosse molecole organiche (glucidi, proteine, lipidi )già ”preparate” dai vegetali o dagli animali che si nutrano di vegetali o di altri animali che a loro volta si nutrono di vegetali.

L’EFFETTO SERRA

Negli ultimi 100 anni il tasso di anidride carbonica (CO2)nell’atmosfera è aumentato del 20 % a causa dei disboscamenti, dell’emissione da parte dei mezzi di locomozione, dagli scarichi industriali e civili. L’anidride carbonica, assieme ad altri gas, sembra contribuire al riscaldamento della troposfera ed al conseguente ”effetto serra”. Gli effetti di questo”esperimento indesiderato di dimensioni planetarie”potrebbero essere molto gravi: secondo vari scienziati si andrebbe incontro a notevoli mutamenti climatici, all’aumento della desertificazione e del livello dei mari in seguito alla fusione delle calotte polari ed a una conseguente sommersione di intere regioni e città costiere.

RESPIRAZIONE, FOTOSINTESI, ENERGIA.

Se chiediamo a uno scienziato: ”Di che tipo sono le sostanze che le cellule del nostro corpo”bruciano”per ricavarne l’energia?”, otteniamo questa risposta:”la”combustione”o, meglio, la respirazione cellulare utilizza sostanze organiche”. Potremmo giudicarla una risposta... molto vaga, pensando che siano “organiche”

tutte le sostanze presenti in un organismo: gli zuccheri, i grassi, ma anche l’acqua, i sali, ecc.. Non è così.

Infatti, nel linguaggio della chimica, l’aggettivo organico ha un significato molto preciso: è riservato alle sostanze che nelle loro molecole contengono atomi di carbonio e, uniti a quelli, atomi di idrogeno.

Le sostanze che non hanno questa caratteristica sono considerate inorganiche (anche se sono molto comuni negli esseri viventi). vediamo alcuni esempi. L’acqua è fatta di molecole che hanno la formula H20, cioè sono composte ciascuna da due atomi di idrogeno (simbolo: H )e un atomo di ossigeno (simbolo: O).Siccome non

contiene atomi di carbonio, l’acqua è classificata come sostanza inorganica. Le molecole di anidride carbonica, invece, possiedono un atomo di carbonio; infatti la loro formula è CO2, che significa: un atomo di carbonio (C) più 2 atomi di ossigeno (O). Anch’esse, tuttavia,non possono essere considerate molecole organiche,

perché non hanno atomi di idrogeno uniti a quelli di carbonio. Lo zucchero glucosio, che è uno dei principali prodotti della fotosintesi, a molecole piuttosto “complicate”: ciascuna contiene 24 atomi, 6 dei quali sono atomi di carbonio, 12 sono atomi di idrogeno, e altri 6 sono atomi di ossigeno (in formula: C6H12O6). Il glucosio, dunque, contenendo sia atomi di carbonio, sia atomi di idrogeno, è una sostanza organica.

Sintetizzare una molecola organica, cioè fabbricarla usando come pezzi da costruzione molecole più semplici, inorganiche (ad esempio: sintetizzare una molecola di glucosio partendo da molecole d’acqua e di anidride carbonica ), è un processo chimico che ”costa” energia. L’energia spesa, però, non va perduta, ma resta immagazzinata nella nuova molecola (un po’ come, in una molla compressa, resta immagazzinata l’energia che è stato necessario usare per comprimerla). Se poi la molecola organica viene spezzata in un particolare modo, cioè se avviene un processo chimico che la scompone nelle molecole inorganiche di partenza, allora l’energia che essa racchiudeva si sprigiona (così come accade nel caso della molla, quando viene lasciata libera di scattare). La respirazione, che avviene sia nelle piante sia negli animali, è un processo chimico del tipo: infatti sfrutta l’ossigeno dell’aria per spezzare molecole organiche in”frammenti” (cioè in molecole più piccole, inorganiche: acqua e anidride carbonica), così da liberare l’energia che è racchiusa in esse.

Nella respirazione, una pianta”brucia”molecole organiche che essa stessa ha fotosintetizzato in precedenza; ma che un animale”brucia”molecole organiche che gli provengono tutte, in modo più o meno diretto (a seconda che sia un animale erbivoro o carnivoro mangiatore di erbivori), dall’attività di fotosintesi delle piante.

In ogni caso, dunque, l’energia che il processo di respirazione offre alla vita delle cellule vegetali e animali è energia solare, conservata e trasformata in energia chimica.

Sicché di notte, quando non fotosintetizza ma continua a respirare, una pianta vive grazie all’energia di raggi solari che l’hanno illuminata ore prima. E quando noi mangiamo un cucchiaino di miele o di marmellata, dentro le nostre cellule, che ne ”bruciano” lo zucchero, si sprigiona l’energia di raggi di luce che sono stati.

LA RESPIRAZIONE DELLE PIANTE

E’ stato detto precedentemente che anche le piante respirano. E’ difficile accorgersi di ciò, perché il fenomeno opposto, cioè la fotosintesi diurna, è tanto intensa da produrre normalmente più ossigeno di quanto la pianta “consuma” respirando, nell’arco di 24 ore.

Tuttavia, se la pianta viene tenuta a lungo al buio, in un ambiente chiuso, gli effetti della sua respirazione diventano evidenti: l’aria di quell’ambiente risulta impoverita di ossigeno e arricchita di anidride carbonica.

Un’ulteriore prova che tutti gli organi di una pianta hanno l’esigenza di respirare è la seguente: le radici soffrono, fino a morire d’asfissia, se il terreno intorno a esse è troppo compatto (cioè se non esistono sufficienti spazi per l’aria tra l’una e l’altra particella di terreno)o troppo bagnato (cioè se gli spazi esistono, ma sono costantemente pieni d’acqua, anziché d’aria).

Durante le ore di luce, le foglie e i fusti erbacei possono respirare attraverso le innumerevoli microscopiche ”bocche”, gli stomi, che stanno aperti per consentire la fotosintesi. Attraverso gli stomi, infatti molecole di ossigeno e di anidride carbonica possono sia entrare con facilità nella pianta, sia uscirne. Di notte, invece, quando la fotosintesi è sospesa e gli stomi sono chiusi, gli organi verdi della pianta continuano a respirare facendo passare il”traffico di gas”(con un po’ più di difficoltà)attraverso tutte le cellule dell’ epidermide.

Le radici non hanno stomi: in compenso, finché sono giovani, hanno un’epidermide molto permeabile ai gas e respirano facilmente.