La Fotosintesi

La Fotosintesi

INTRODUZIONE

Lo straordinario processo con cui le piante riescono a nutrirsi, trasformando materie prime semplici e facilmente reperibili nell'ambiente (come l'acqua e l'anidride carbonica) in prodotti organici di riserva alimentare, va sotto il nome di "fotosintesi".
Il termine è composto dal tema "foto" (derivato dal greco phô = "luce") e da "sintesi", ad indicare che la produzione di queste sostanze alimentari può aver luogo soltanto in presenza di luce.

In effetti, le trasformazioni, orientate alla produzione di materia organica, subite dall'acqua e dall'anidride carbonica sono processi che non avvengono spontaneamente, ma hanno bisogno di un notevole apporto di energia dall'esterno per poter essere svolti (si parla, in questo caso, di reazioni "endoergoniche"). La luce del Sole, catturata dal pigmento fotosintetico "clorofilla", fornisce appunto l'energia necessaria ad alimentare l'intera serie di reazioni.

Le sostanze organiche che si formano e che servono alle piante sia come fonte diretta di nutrimento (per ricavare di nuovo energia, necessaria alla loro vita), sia come scheletri molecolari di base per costruire tutte le molecole di cui hanno bisogno per le loro strutture cellulari, sono zuccheri. In particolare il prodotto finale della fotosintesi è il glucosio (da cui si formano poi, per successive trasformazioni, tutti gli altri carboidrati). Oltre al glucosio, la fotosintesi porta alla liberazione di ossigeno molecolare come sottoprodotto.

Possiamo quindi considerare la fotosintesi essenziale per la vita del nostro pianeta per due motivi:

  1. il cibo di ogni organismo vivente deriva, in ultima analisi, dagli organismi fotosintetici;
  2. l'ossigeno contenuto nell'atmosfera (circa un quinto, nella miscela di gas che costituisce l'aria) è stato formato ed è continuamente rigenerato grazie alla fotosintesi.

La reazione complessiva della fotosintesi può essere così riassunta:

x CO2 + y H2O ---luce--> Cx(H2O)y + x O2
ossia:
anidride carbonica + acqua -----luce---> carboidrati + ossigeno

Vale la pena di notare come la trasformazione in questione sia la reazione inversa di una reazione di combustione (analoga anche ai processi respiratori che permettono agli organismi vegetali ed animali di demolire gli zuccheri), con i carboidrati che fungono da combustibile e l'ossigeno da comburente. Si sa che le reazioni di combustione liberano moltissima energia: si può dunque comprendere facilmente perché il processo fotosintetico, che procede in senso inverso, abbia invece bisogno di assumerne in grande quantità.

LA NATURA DELLA LUCE

La conoscenza della natura della luce e l'individuazione delle sue caratteristiche fisiche ha rappresentato nei tempi passati un problema assai appassionante. Le due correnti di pensiero più rilevanti, che nel diciassettesimo secolo facevano capo a Newton e a Huygens, erano basate la prima sul "modello corpuscolare" e la seconda su quello "ondulatorio". Le due teorie si dimostrarono sin dall'inizio irriducibili l'una alle premesse dell'altra e continuarono, nel tempo, a diffondersi parallelamente, raccogliendo temporanei consensi e contrasti.

Oggi che la meccanica quantistica ha superato in qualche modo entrambe le teorie, sappiamo che nessuna di esse è in grado di spiegare, da sola, il comportamento dell'energia raggiante, ma entrambi i modelli devono essere di volta in volta usati per interpretare al meglio i fenomeni fisici connessi alla luce. Per esempio, la teoria ondulatoria spiega fenomeni come la rifrazione, la diffrazione e l'interferenza, mentre la teoria "corpuscolare" spiega fenomeni come l'effetto fotoelettrico. Per cui, pragmaticamente, possiamo attribuire alla luce una doppia natura affermando che:

  1. la luce ha natura ondulatoria in quanto è formata da onde elettromagnetiche, le quali si propagano nello spazio in maniera analoga alle onde meccaniche (l'analogia riguarda, naturalmente solo il comportamento e le espressioni matematiche che lo descrivono, dato che una radiazione elettromagnetica può propagarsi senza la necessaria presenza di un mezzo materiale che ne trasmetta l'onda);

  2. le radiazioni elettromagnetiche emesse da una sorgente possono essere considerati come enti materiali, "corpuscoli" o "pacchetti" di energia (chiamati "fotoni") dotati di quantità di moto, ciascuno dei quali rappresenta un "quanto di energia elettromagnetica".

Anche nella nostra trattazione, prenderemo dunque in esame le radiazioni luminose come dei corpuscoli (i fotoni, in grado di colpire come "proiettili" i pigmenti fotosintetici, eccitando gli elettroni ad un livello energetico più alto), particelle caratterizzate però da una propagazione di tipo ondulatorio e dotate di una lunghezza d'onda caratteristica, dalla quale dipende la quantità di energia trasportata.

Si definisce "lunghezza d'onda" (e si indica con la lettera greca lambda) la distanza tra punti corrispondenti su onde adiacenti (o punti "in concordanza di fase", per esempio due massimi, due minimi o due punti di flesso).
La lunghezza d'onda si misura in "nanometri" (nm), ossia miliardesimi di metro o, se si preferisce, milionesimi di millimetro.

L'unità base di energia radiante elettromagnetica è il "fotone" e la quantità di energia trasportata da un fotone dipende dalla sua lunghezza d'onda: più piccola è la lunghezza d'onda, maggiore è l'energia. Il numero di fotoni emessi da una sorgente luminosa è, invece, proporzionale all'ampiezza dell'onda e, quindi, all'intensità di luce.

ANATOMIA DI UNA FOGLIA

principali organi fotosintetici, in quasi tutte le piante superiori, sono costituiti dalle foglie.
La forma ampia e schiacciata della maggior parte di esse consente loro di esporre alla luce la massima area superficiale con un minimo di volume interno (e quindi di peso).

La lamina di una foglia si può considerare come una struttura costituita da diversi tessuti disposti a strati. L'immagine mostra la sezione trasversale di una foglia "dorso-ventrale", il tipo più comune in natura, costituita da due facce diverse, la faccia superiore (esposta direttamente alla luce del Sole) e la inferiore (che ha la funzione di regolare gli scambi gassosi con l'ambiente).

La superficie esterna della foglia è costituita dall'epidermide, un tessuto composto di sottili cellule poligonali strettamente connesse le une alle altre senza spazi intercellulari (come le mattonelle di un pavimento), al di sopra delle quali si deposita una secrezione cerosa, impermeabile e protettiva, la "cuticola".

L'epidermide inferiore, rispetto a quella dell'altra faccia, presenta molti più peli epidermici (per cui, di solito, appare verde-grigiastra) e, soprattutto, un numero maggiore di "stomi".

La parola stoma significa letteralmente "bocca". In effetti, gli stomi sono le "bocche" attraverso le quali la pianta può "respirare".
Ogni stoma è costituito da un'apertura (la "rima stomatica") contornata da due cellule reniformi (le cosiddette "cellule di guardia") in grado di aumentare o diminuire il loro stato di turgore (richiamando acqua al loro interno o cedendola all'esterno). Quando le cellule si rigonfiano tendono ad allontanarsi l'una dall'altra, aprendo la rima stomatica; quando, al contrario, collassano, la rima si chiude, impedendo all'aria esterna e ai gas contenuti negli spazi intercellulari della foglia di circolare liberamente.

E' proprio così che la pianta riesce a regolare gli scambi gassosi con l'esterno. Questo meccanismo ha un'importanza fondamentale per la fotosintesi, perché è così che le foglie possono prendere l'anidride carbonica dall'aria e rilasciare ossigeno, ma ha anche un'altra funzione, altrettanto vitale: regolare la traspirazione.
Nelle giornate molto calde, in cui la pianta rischierebbe di perdere molta della sua acqua circolante sotto forma di di vapore acqueo, gli stomi si chiudono, bloccando l'eccessiva evaporazione e salvando la pianta dell'appassimento.

Le uniche cellule dell'epidermide ricche di cloroplasti (e quindi in grado di svolgere la fotosintesi) sono proprio le "cellule di guardia" degli stomi. Tutte le altre cellule epidermiche sono trasparenti alla luce, che le attraversa per andare a colpire i tessuti sottostanti, i clorenchimi, innescando la prima fase della fotosintesi.

Immediatamente al di sotto dell'epidermide superiore, si trova il più efficiente tessuto fotosintetico della foglia. E' detto "mesofillo a palizzata", per la particolare disposizione delle cellule che lo compongono, di forma allungata a colonna e disposte fittamente le une accanto alle altre (appunto come gli elementi di una palizzata) per sfruttare al meglio la luce che arriva fino a loro.
Oltre che dalla sua particolare struttura, l'efficienza di questo tessuto deriva dall'alto numero di cloroplasti contenuto in ciascuna cellula.

Tra il mesofillo a palizzata e l'epidermide inferiore, troviamo il "mesofillo spugnoso" o "lacunoso", così detto per l'ampia presenza di spazi intercellulari (che lo distingue nettamente dal precedente, rispetto al quale ha anche meno cloroplasti). Si tratta di un tessuto che trova la sua principale funzione nel consentire la rapida circolazione dei gas tra gli stomi e le cellule fotosintetiche.

Nel mesofillo fogliare (generalmente verso il lato inferiore) decorrono i fasci vascolari, i più grandi dei quali sono evidenziabili come "nervature".

All'interno di ogni fascio troviamo:

  1. numerosi vasi legnosi, che conducono l'acqua proveniente dalle radici alle cellule fotosintetiche;
  2. altrettanti vasi cribrosi, che trasportano via la linfa elaborata, contenente gli zuccheri prodotti dalla fotosintesi e destinati al resto dell'organismo.

I MECCANISMI DELLA FOTOSINTESI

In termini molto schematici e riassuntivi, la fotosintesi può essere complessivamente descritta come il processo attraverso il quale la maggior parte degli organismi autotrofi cattura l’energia del sole e la immagazzina sotto forma di legami chimici, in molecole di carboidrati.
I carboidrati vengono costituiti utilizzando l'anidride carbonica dell'aria, che viene ridotta per mezzo dell’idrogeno estratto dall’acqua. L’energia luminosa necessaria per alimentare il processo è catturata dal pigmento verde clorofilla, presente nelle foglie.

La fotosintesi consiste, dunque, in una serie molto complessa di reazioni, la cui reazione globale, correttamente bilanciata, può essere delineata come segue:

6 CO2 + 6 H2O ------luce------>C6H12O)6 + 6 O2

L'intero processo fotosintetico viene generalmente diviso in due fasi distinte: la fase luminosa (che può avvenire soltanto in presenza di luce) e la fase oscura (che non necessita di luce e può avvenire indifferentemente in presenza o in assenza di luce).

Nella fase luminosa i pigmenti fotosintetici assorbono l'energia radiante del sole e la trasformano in energia chimica (sotto forma di legami fosfato nelle molecole di ATP e come potere riducente nel NADPH). In questa fase viene utilizzato l'idrogeno dell'acqua e rilasciato O2 come sottoprodotto.

Nella fase oscura l'ATP e il NADPH formati nella prima fase riducono l'anidride carbonica, utilizzandola per sintetizzare i carboidrati.