La rinascita dopo l'anno Mille

..Mille e non più mille

Questa frase mostra con quanta paura si visse l'anno del passaggio dal primo al secondo millennio. Gli uomini credevano che il mondo non sarebbe sopravvissuto a quella data e che la fine fosse vicina.

Per capire i motivi di tale credenza, bisogna sapere che l'uomo medievale aveva un atteggiamento superstizioso di fronte a ogni catastrofe, che riteneva una punizione divina.

Così, quando pochi anni prima del Mille, come racconta uno scrittore del tempo, si verificarono eruzioni, incendi ed epidemie, si diffuse anche la convinzione che il mondo avrebbe cessato di esistere.

Le grandi paure dell' anno Mille

La società del Medioevo, e in modo particolare quella dell'età feudale, fu caratterizzata da un ossessionante sentimento collettivo: la paura.

Gli uomini avevano paura della fame e delle carestie, che potevano derivare semplicemente da un cattivo raccolto o da una guerra che impediva di coltivare i campi o li devastava.

Incursioni e saccheggi potevano inoltre verificarsi in ogni momento e per la gente comune non c'era possibilità di difendersi se non affidandosi alla protezione di un castello o di un monastero.

Incutevano grave timore sia i fenomeni naturali (le tempeste o le alluvioni, che rovinavano le coltivazioni e distruggevano le misere case di legno) sia le malattie, delle quali in genere non si conosceva né la causa né la cura; e, più di tutte, spaventava la terribile peste."Dalla fame, dalla peste e dalla guerra liberaci, o Signore" dice una semplice preghiera del tempo.

Le paure che l'uomo provava si possono riassumere nell'unica e più generale paura della morte: una paura intensa e continua, molto diversa da quella che noi possiamo provare oggi.

Allora, infatti, la morte era una presenza costante: veder morire persone care, per le cause più varie, era un' esperienza assai frequente per l'uomo dell'anno Mille.

La paura della morte portava con sé, diffusissima, la paura della punizione divina, del diavolo e dell'inferno.

A ciò si univano superstizioni di ogni tipo.

Si credeva nell'influsso degli astri, nel potere dei maghi e delle streghe, nell' esistenza di mostri, demoni e spiriti maligni.

Proprio pochi anni prima dell' anno Mille, in tutta Europa si diffuse la grande paura del giudizio universale e della fine del mondo, che molti credevano possibile al termine del primo millennio dopo la nascita di Cristo.

DOCUMENTO: L'ATTESA DELLA FINE DEL MONDO

La fame, le carestie, le malattie, le guerre e la presenza della morte diffuse nella società medievale portarono alla "leggenda dell'anno Mille", cioè alla paura della fine del mondo in coincidenza con la fine del millennio.

A titolo di esempio di questo stato d'animo leggiamo un brano di Rodolfo il Glabro, nato in Borgogna intorno al 985 e monaco dell'abbazia di SaintGermain d'Auxerre, autore di una cronaca degli avvenimenti europei del X e dell'inizio dell'Xl secolo:
"Sette anni prima del millennio il monte Vesuvio, chiamato anche"pentola di Vulcano", entrò in eruzione. [. . .] Contemporaneamente, quasi tutte le città della Gallia e dell'Italia subirono danni provocati da incendi.
Anche la stessa città di Roma fu distrutta in gran parte da un incendio, durante il quale il fuoco si appiccò addirittura alle travature della chiesa di San Pietro, e avvampando sotto la copertura del soffitto cominciò a bruciare le parti in legno. [...]
"

Nello stesso tempo morirono in Italia e in Gallia i più eminenti vescovi, duchi e conti. Il primo a morire fu papa Giovanni, seguito da Ugo [di Toscana], il migliore dei marchesi. [...] In quel tempo una terribile malattia travagliava gli uomini: un fuoco nascosto consumava e staccava le membra che aveva colpito. Molti furono completamente divorati da questo fuoco in una sola notte. Il rimedio a questo terribile flagello fu trovato nelle reliquie di numerosi santi, e per questo vi fu un enorme concorso di popolo soprattutto nelle tre chiese dei tre venerati confessori Martino di Tours, Ulrico di Baviera e del nostro venerabile padre Maiolo, e per loro intercessione si ottenne la guarigione desiderata. [...] Poco tempo dopo in tutto il mondo la carestia cominciò a far sentire i suoi effetti, e quasi tutto il genere umano rischiò di morire. Il tempo diventò infatti così inclemente che non si riusciva a trovare il momento propizio per alcuna semina, né periodo giusto per il raccolto, soprattutto a causa delle inondazioni. Gli elementi sembravano essere in guerra fra loro: sicuramente essi erano lo strumento di cui Dio si serviva per punire l'orgoglio degli uomini. Tutta la terra era stata talmente inzuppata dalle continue piogge che nell' arco di tre anni non si poterono preparare solchi adatti alla semina. Nel tempo del raccolto le erbacce e l'inutile loglio avevano ricoperto tutta la campagna. [...] Il flagello vendicatore era iniziato in Oriente e, dopo aver devastato la Grecia, si abbatté sull'Italia, da dove si diffuse nelle Gallie arrivando poi a colpire la terra degli Angli.

Pace e stabilità politica portano la ripresa

La temuta fine del mondo non si verificò. Al contrario, dopo l'anno Mille, nell'intera Europa la vita economica ebbe una forte ripresa, che durò sino a tutto il XIII secolo.

Molti furono i fattori che contribuirono a questo nuovo sviluppo.

In primo luogo, cessarono le incursioni dei popoli nomadi e una relativa pace regnò in molte regioni europee.

I contadini, in condizioni di maggior sicurezza, si spinsero a coltivare anche terre più lontane dal castello o dal monastero e per questo meno protette.

Per circa due secoli, inoltre, non si verificarono grandi epidemie di peste.

Inoltre, dal punto di vista politico vi furono una maggiore stabilità e un maggiore equilibrio: imperatori, sovrani, grandi feudatari resero più solido il loro potere. I conflitti furono condotti su scala minore e costarono un limitato numero di morti. Si fecero meno frequenti e infine cessarono gli assalti dei pirati saraceni: la navigazione nel Mediterraneo divenne un po' più sicura.

Questo insieme di circostanze favorevoli contribuì alla crescita della popolazione. L'Europa era allora un continente poco popolato, che aveva subito, dopo la caduta deU'impero d'Occidente, una diminuzione degli abitanti.

Dopo l'anno Mille, però, la sua popolazione cominciò a crescere. Secondo alcuni studiosi, passò da meno di 20 milioni nell'anno 700 a 60 milioni nel 1300. L'aumento della popolazione è un indice di miglioramento della situazione economica e delle condizioni di vita. La popolazione poté crescere perché si era sviluppata l'agricoltura ed era aumentata la produzione di generi alimentari. La migliore alimentazione permise di vivere più a lungo, di generare più figli, di superare meglio le malattie. L'aumento della popolazione favorì a sua volta lo sviluppo economico, perché consentì di coltivare nuovi terreni, di dissodarli e lavorarli con un maggior numero di braccia. Crescita della popolazione e sviluppo dell' agricoltura furono fenomeni collegati; ciascuno dei due rese possibile e facilitò l'altro.

Un' agricoltura migliore

Lo sviluppo dell' agricoltura europea fu favorito anche da altre cause, prima fra tutte il "dominio utile" della terra, cioè il diritto, concesso dai proprietari ai contadini, di coltivarla per lunghi periodi, generalmente in cambio di una parte dei prodotti. Il dominio utile di un terreno, a sua volta, poteva essere venduto o ceduto in affitto, e persino concesso in dote alla figlia che si sposava.

Ciò provocò fra il X e l'XI secolo un profondo mutamento nella distribuzione della proprietà delle terre. Quasi dappertutto i contadini e i feudatari locali cercavano di sottrarre la proprietà della terra all'imperatore, alla Chiesa, ai sovrani, ai grandi monasteri. Ciò avveniva più facilmente quanto più erano lontani dal loro proprietario i terreni di cui ci si appropriava.

Accadeva, in sostanza, che il dominio utile si prolungasse nel tempo senza che il vero proprietario, troppo lontano, se ne preoccupasse. Il feudatario locale, a sua volta, difendeva questa nuova situazione e riscuoteva dal contadino i compensi e le tasse che sarebbero spettati al grande proprietario lontano.
Di conseguenza molti contadini liberi si sentirono proprietari dei terreni di cui avevano il dominio utile e cominciarono a comportarsi come tali.

Furono così eseguiti dei lavori per migliorare le colture e rendere il fondo più redditizio; vennero introdotte nuove piante come, per esempio, le fave, le lenticchie e i piselli. Ricchi di proteine, questi legumi permisero anche ai contadini poveri di ottenere un'alimentazione migliore, non più basata soltanto su cereali ed erbe.

Altri fattori che permisero di sfruttare meglio le terre coltivate furono le innovazioni e i miglioramenti nell'ambito delle tecniche agricole.

Decisiva fu la novità rappresentata dalla rotazione triennale delle colture. Ci si accorse infatti che realizzare sempre la stessa coltivazione sul medesimo pezzo di terra impoveriva il terreno, sottraendogli a poco a poco le sostanze chimiche utili alla pianta che vi si coltivava. Si adottò la tecnica di dividere un terreno in tre parti, riservate rispettivamente alla coltivazione del grano, dei legumi e del fieno.

L'anno successivo ogni coltura veniva spostata da una parte all' altra del terreno, e così di seguito negli anni successivi. In questo modo il terreno poteva riposare e recuperare le sostanze che aveva perso, fornendo così raccolti migliori.
Altre novità tecniche permisero di sfruttare meglio la forza degli animali, che era allora la principale fonte di energia usata per il lavoro dei campi.

Fu costruito un nuovo tipo di aratro di ferro, montato su ruote e trainato da cavalli. Molto più pesante dei precedenti, realizzati in legno, questo aratro entrava in profondità nel terreno e rovesciava le zolle. I semi, quindi, penetravano meglio nella terra e ciò rendeva i raccolti più sicuri e abbondanti. Per trainare questo aratro occorreva però molta più forza e si dovette quindi modificare 1'attacco del cavallo: al posto dei finimenti passati intorno al collo, venne introdotto l'uso di un pettorale di cuoio, che permetteva al cavallo di tirare con tutta la sua forza senza soffocare.

DOCUMENTO: ALLA RICERCA DI NUOVE TERRE

Il grande storico francese Marc Bloch (1886-1944) ha parlato, a proposito dei secoli che seguirono l'anno Mille, della "grande età dei dissodamenti e delle bonifiche". Ecco un esempio di come talvolta gli stessi proprietari terrieri (in questo caso un vescovo) e i contadini si accordassero per mettere a coltura nuovi terreni: si tratta di un "contratto" degli inizi del XII secolo. Federico, per grazia di Dio vescovo della città di Amburgo, a tutti i fedeli di Cristo, presenti e futuri, benedizione perpetua.
Vogliamo che sia conosciuto da tutti il contratto che gli uomini abitanti di qua dal Reno e chiamati Olandesi hanno stretto con noi.
Questi uomini dunque vennero a trovare la nostra maestà per chiederci insistentemente la concessione di una terra situata nella nostra diocesi, fino a questo momento incolta e paludosa e inutile agli abitanti del paese, per poterla mettere a coltura. Con il consiglio dei nostri fedeli, giudicando che la cosa sarebbe stata utile per noi e per i nostri successori, non abbiamo respinto la loro domanda e abbiamo accordato il nostro consenso.
È stato stabilito un contratto secondo il quale, per ogni manso della terra suddetta, essi ci verseranno annualmente un denaro. [...] Essi ci hanno promesso che si sottometteranno in ogni cosa alla giustizia sinodale secondo i decreti dei Padri, alla giustizia canonica e alle istituzioni della Chiesa di Utrecht.
Per l'amministrazione della legge secolare, al fine di non essere danneggiati da parte di estranei, si sono impegnati a pagare ogni anno due marchi ogni cento mansi, per poter regolare tra di loro tutte le controversie. [...] Abbiamo loro accordato di istituire chiese in questa terra, nei luoghi dove a loro parrà utile. Noi cediamo a queste chiese, a favore del prete officiante, la decima delle nostre decime di queste medesime chiese parrocchiali.

La natura fornisce energia e trasporti

Nel mondo medievale, oltre alla forza muscolare dell'uomo e degli animali, le due più importanti fonti di energia furono l'acqua e il vento.
La ruota ad acqua, che sfruttava la forza della corrente di fiumi e torrenti, oppure le cascate, venne utilizzata per molte attività: per macinare il grano nei mulini (diffusissimi in Inghilterra); per muovere grandi e pesanti martelli (i magli) nelle fucine dei fabbri ferrai; per strizzare e battere i panni di lana nelle prime manifatture tessili; per azionare i mantici nelle fonderie dei metalli. Il mulino a vento fu invece impiegato nelle campagne spagnole e in quelle olandesi. In Olanda la forza esercitata dal vento fu utilizzata in particolare per azionare le pompe che servivano per prosciugare i terreni strappati al mare, dopo che si erano costruite le dighe.
La forza del vento ebbe la sua più ampia applicazione nella navigazione a vela. Poiché i trasporti via terra, che si svolgevano con carri trainati da buoi, erano lentissimi e assai costosi, quello via mare fu quasi l'unico tipo di commercio possibile per alcune regioni, come la Calabria, la Sicilia, o la Liguria. Per un motivo analogo una grande importanza ebbe il trasporto via fiume. Da Pavia, per esempio, si percorreva il Po fino a raggiungere il mare Adriatico e Venezia; anche il Tevere e l'Arno erano navigabili. Importanti correnti di traffico si svilupparono in tutta Europa, in modo particolare sui grandi fiumi francesi e tedeschi.

La crescita della popolazione modifica l'ambiente

Il rinnovamento della vita agricola e l'aumento della popolazione portarono alla creazione di nuovi villaggi, spesso in luoghi sicuri, in cima ad alture o colline, o alla confluenza di più strade, o presso grandi fiumi. Boschi e foreste furono abbattuti e trasformati in pascoli o campi coltivati.
Là dove non era più possibile mettere a coltura altri terreni, iniziarono le prime migrazioni. Gli abitanti iniziarono infatti a spostarsi verso luoghi più lontani o verso zone sino ad allora disabitate, e anche in direzioni diverse rispetto al passato. In questo modo anche i confini dell'Europa abitata mutarono: gli spostamenti della popolazione alla ricerca di nuove terre coltivabili si indirizzarono anche verso oriente o verso le regioni settentrionali. I contadini si diressero anche più frequentemente verso le città, dove cominciava a fiorire una rinnovata vita economica e sociale.
Inoltre, partendo dalle zone più povere, gli abitanti iniziarono un altro tipo di migrazione, quella stagionale, scendendo nelle pianure quando 1'agricoltura richiedeva maggiore quantità di braccia. Altre migrazioni stagionali furono collegate alla pastorizia, con gli spostamenti di greggi alla ricerca di nuovi pascoli

La rinascita delle città la riscoperta della libertà

La ripresa delle attività produttive e commerciali e l'affermazione di un nuovo ceto urbano di artigiani e mercanti si collegano con un altro importantissimo fenomeno che si verifica dopo il Mille: la rinascita delle città.
Nei secoli dell'alto Medioevo molte antiche città romane avevano perduto via via gran parte della loro importanza. Con la crisi dell' economia che aveva quasi completamente annullato gli scambi commerciali, con la caduta dell'impero romano e la nascita del sistema feudale, le loro antiche funzioni avevano perso ogni utilità.
Per tale motivo, nel corso dei secoli le città si erano spopolate e impoverite; alcune erano anche cadute in rovina, altre invece avevano mantenuto una certa importanza soltanto come sedi vescovili.
Con la ripresa delle attività economiche e dei commerci le città ripresero in parte a svolgere i loro compiti, tornando, come accadeva una volta, a essere luoghi di mercato in cui si scambiavano i prodotti.

Poiché i prodotti si scambiavano prevalentemente nelle città, diveniva conveniente per i contadini portarveli ed era ancor più vantaggioso per gli artigiani andarvi ad abitare: essi avrebbero così potuto servire, con maggiore comodità, una clientela più ampia e non solo la piccola e povera comunità raccolta intorno alla corte del feudatario.
Gli artigiani più intraprendenti crearono le prime botteghe e le prime piccole manifatture, dove si facevano aiutare da qualche slariato o apprendista.
Le città, di conseguenza, incominciarono a crescere. Andarono a popolarle non soltanto gli artigiani e i mercanti, ma anche i contadini poveri e i servi della gleba fuggiti dalle campagne.

Molti di coloro ai quali l'assetto economico feudale non assicurava che una vita di stenti e di miseria si spostarono in città in cerca di lavoro. Lontani dal feudatario, dalle sue pretese e dalla sua crudeltà, dalle tasse e dagli obblighi feudali, essi vi trovarono anche una libertà che da secoli nessuno più conosceva.