Il Cristianesimo e la caduta dell'Impero Romano d'Occidente

La vittoria del cristianesimo sulle religioni pagane

La religione cristiana fu inizialmente perseguitata da alcuni imperatori perché ritenuta pericolosa per la sicurezza dello Stato.

Ma i cristiani si organizzarono in comunità e si diffusero. In seguito furono gli stessi imperatori ad accorgersi che l'unità dei cristiani poteva essere un elemento di unità di fronte ai segni di debolezza che mostrava l'impero.

Fu così che il cristianesimo divenne religione di Stato.

Un pericoloso predicatore: Gesù

Proprio negli anni in cui Augusto affermava a Roma il proprio potere e gettava le basi di un nuovo governo imperia le, in Palestina nacque a Betlemme Gesù.

Poco prima che egli iniziasse a predicare la nuova religione, un profeta chiamato Giovanni aveva annunciato l'arrivo di un uomo giusto, il Messia, che avrebbe testimoniato l'avvento del regno di Dio.

Giovanni accoglieva i suoi seguaci iniziandoli a una nuova vita attraverso la pratica del battesimo nelle acque del fiume Giordano.

Anche Gesù, riconosciuto come il Messia, fu da lui battezzato.

La predicazione di Gesù invitava tutti a riconoscere l'imminente venuta del regno di Dio.

Gesù stesso si proclamava figlio di Dio, inviato dal Padre per insegnare agli uomini di buona volontà ad amare Dio e il prossimo, ricchi o poveri, umili o potenti, tutti uguali senza alcuna distinzione.

Grazie a questa predicazione, Gesù raccolse intorno a sé numerosi fedeli e seguaci, e tra questi egli ne scelse dodici (gli apostoli, che in greco vuoI dire "i mandati"), uomini semplici e di grande fede, destinati a portare ovunque il suo messaggio e la nuova religione.

Ma molti in Palestina, ormai da tempo sotto il dominio romano, vedevano nella nuova fede un pericolo. I grandi sacerdoti e i capi delle tribù ebraiche temevano sia di perdere il proprio potere, sia che le idee di giustizia e di uguaglianza potessero spingere il popolo a ribellarsi contro l'autorità romana.

Gesù fu quindi denunciato e crocifisso per aver infranto la Legge ebraica ed essersi proclamato figlio di Dio.

Gesù tuttavia non aveva mai parlato espressamente contro il governo di Roma. Inoltre egli stesso accettava i caratteri fondamentali della religione ebraica: 1'osservanza della Legge e delle Sacre Scritture. Rifiutava invece le pratiche religiose esteriori, spesso vuote e false, ricordando che i caratteri più importanti della religione dovevano essere la pietà, la moralità dei pensieri e dei comportamenti e, infine, la carità, cioè l'amore per il prossimo.

Il cristianesimo prende piede ovunque

Questo insegnamento fu diffuso dai suoi seguaci, i dodici apostoli. La predicazione degli apostoli si allargò poi oltre i confini della Palestina e, grazie anche alla diffusione delle comunità ebraiche in Oriente e in Egitto, il cristianesimo si diffuse a Damasco, Antiochia, Pergamo, Corinto, Alessandria.

Ai dodici apostoli si unì Paolo di Tarso, un ebreo cittadino romano.

Dapprima persecutore dei cristiani, Paolo si convertì in seguito a un' apparizione dello stesso Gesù.

L'opera di predicazione e di evangelizzazione di Paolo si svolse in molte città dell'Oriente e della Grecia, per toccare infine la Spagna e Roma.

Egli scrisse numerose lettere, indirizzate alle prime Chiese e ai primi gruppi cristiani, nelle quali stabilì i principi più im portanti della dottrina cristiana.

Il successo della predicazione cristiana fu tale che presso ogni città sorsero comunità di fedeli. Queste erano guidate da un consiglio di anziani, i presbìteri. I fedeli mettevano in comune i propri beni e tutte le persone povere potevano trovare aiuto e conforto.

Le pratiche religiose si basavano sulla rievocazione della vita e della morte di Gesù, sulla confessione dei peccati, sul battesimo dei nuovi fedeli. La predicazione si basava sui racconti della vita di Gesù, chiamati Vangeli, che insieme agli Atti degli Apostoli, alle lettere di Paolo e ad altri scritti costituirono il Nuovo Testamento. Quest'ultimo, insieme al libro sacro degli Ebrei, il Vecchio Testamento, costituisce il testo biblico cristiano.

Lo sviluppo del cristianesimo fu dovuto a diverse cause:

la conservazione del Vecchio Testamento;

l'influenza dell'apostolo Paolo, che aveva introdotto concetti e termini greci, favorendone così il successo presso il mondo greco-romano;

l'affermazione di valori fino ad allora mai affermati: la buona coscienza, la fede in Dio, la speranza di una nuova vita, l'amore verso Dio e verso il prossimo, l'uguaglianza di tutti di fronte a Dio.

Così la nuova religione si diffuse inizialmente proprio presso i gruppi sociali più poveri ed emarginati, compresi gli schiavi. Il cristianesimo, inoltre, rispondeva al bisogno di credere in una resurrezione dopo la morte, in una vita eterna, bisogno al quale avevano cercato di dare risposta i culti orientali che si erano diffusi a Roma.
Il cristianesimo, inoltre, si dimostrava capace di adeguarsi alle tradizioni locali, assorbendo sempre più spesso feste, cerimonie e culti delle altre religioni.
Così la data del 25 dicembre, nella quale si celebrava la festa del sole, divenne il Natale di Gesù; santi e martiri cristiani sostituirono le divinità locali; dai prodigi attribuiti agli dei si passò ai miracoli dei santi protettori. Molti templi e molte basiliche divennero luoghi di culto cristiani.

L'impero in declino perseguita i cristiani

Già sotto l'imperatore Claudio (41-54 d.C) esisteva una comunità cristiana nella stessa Roma. Ma proprio l'affermarsi delle prime Chiese cristiane causò talvolta dei contrasti. I seguaci di Cristo infatti sostenevano l'uguaglianza di tutti gli uomini, anche dei più potenti, dinanzi a Dio; e non riconoscevano le divinità tradizionali. Soprattutto rifiutavano il culto divino dell'imperatore.
Ciò li fece apparire agli occhi delle autorità romane come pericolosi rivoluzionari.
La prima vera condanna del cristianesimo, seguita da una crudele persecuzione della comunità di Roma, fu ordinata dall'imperatore Nerone nel 64 d.C In tale occasione furono uccisi, tra tanti altri, anche Paolo di Tarso, decapitato, e 1'apostolo Pietro, crocifisso.
Seguirono poi molti anni di pace, in quanto il sentimento di tolleranza religiosa, tipico dei Romani, continuò in linea di massima a prevalere. In diverse province e in alcune città vi furono tuttavia persecuzioni locali, ordinate dai singoli governatori.
La prima vera grande persecuzione ufficiale, estesa a tutto l'impero, fu causata, nel 251 d.C, da un ordine dell'imperatore Decio, che obbligava tutti i sudditi a eseguire cerimonie e sacrifici in onore degli dei romani. Quando i cristiani si rifiutarono di obbedire, iniziarono le persecuzioni contro di loro.
Ma la persecuzione più grave fu quella di Diocleziano nel 303 d.C Per timore che la compattezza dell'impero si sgretolasse a causa dell'influenza dei nuovi culti, egli ordinò la distruzione delle chiese, il sequestro delle Scritture e l' abiura della fede cristiana.
Erano ormai momenti di declino per l'impero: la condanna e la persecuzione dei cristiani, dipinti come nemici, costituiva un estremo tentativo di ritornare all'antica unità politica e religiosa del mondo romano.

Epidemie e guerre indeboliscono l'impero

A partire dalla morte di Marco Aurelio (180 d.C) era infatti iniziato un lungo periodo di crisi per l'impero, dovuto a cause diverse.

Intorno a quell' anno si diffuse una terribile epidemia di peste, che provocò milioni di morti. Di conseguenza, negli anni seguenti mancarono i lavoratori nelle campagne e l'economia di molte regioni decadde. I più importanti prodotti agricoli divennero scarsi e i loro prezzi aumentarono notevolmente. Ad aggravare la situazione contribuirono alcuni lunghi periodi di guerra: contro alcune popolazioni barbariche (i Germani e i Britanni) e, a oriente, contro i Parti.
Così gli imperatori della dinastia dei Severi furono costretti ad aumentare le tasse per potenziare l'esercito. Ma l'enorme potere dei militari era ormai un continuo pericolo per lo stesso imperatore. L'ultimo dei Severi, Alessandro, fu assassinato (235) a seguito di una congiura dell' esercito, che da quel momento pretese di scegliere l'imperatore. Inoltre, i diversi capi militari erano spesso in lotta fra loro e ciò portò a un periodo di abusi e disordini, fra il 235 e il 268, un periodo detto dell'anarchia militare, perché nessun imperatore riuscì a governare a lungo e ad assicurare stabilità politica.

Diocleziano emana una radicale riforma

La lunga crisi si arrestò grazie all' opera di un grande generale, dalla lunga e fortunata carriera militare, Diocleziano, proclamato imperatore dalle sue legioni nell'anno 284. Egli, figlio di un ex schiavo, prese risolutamente il controllo del potere e ristabilì la sicurezza dell'impero, sconfiggendo i Germani, i Britanni e i Persiani.
In seguito, una volta ristabilita la pace romana in tutti i territori dell'impero, Diocleziano realizzò una grande riforma politica, con l'intenzione di rendere meglio governabile l'enorme dominio di Roma.
Egli divise l'impero in quattro parti (tetrarchia, cioè"governo di quattro persone"), due in Oriente e due in Occidente. Egli stesso governò l'Oriente col titolo di Augusto, mentre il suo fedele collaboratore Massimiano Prese il governo dell'Occidente, con lo stesso titolo. Ogni Augusto inoltre affidò una parte del proprio territorio a un aiutante più giovane, che prese il titolo di Cesare ed era destinato a fare esperienza di governo, e poi, alla morte dell' Augusto, a succedergli, divenendo a sua volta Augusto.
L'impero ebbe così quattro capitali: Treviri e Milano in Occidente, Sirmium (l'attuale Belgrado) e Nicomedia (Turchia) in Oriente. Queste nuove capitali furono scelte per meglio controllare le frontiere più aperte e in pericolo. Conseguenza di questa decisione fu che Roma cessò di essere la capitale dell'impero che aveva fondato e che da essa prendeva il nome. Inoltre Diocleziano divise tutto l'impero in 12 grandi diocesi, suddivise a loro volta in province. L'esercito fu rafforzato e potenziato arrivando a contare circa 500.000 uomini, in gran parte reclutati proprio fra le tribù barbare situate presso i confini. Per evitare che troppi poteri si concentrassero nella stessa persona, Diocleziano vietò che uno stesso individuo fosse allo stesso tempo governatore di una provincia e comandante di un esercito.

Un' economia difficile da gestire

Per coprire le spese militari e quelle del governo civile, Diocleziano introdusse una nuova tassa, valida per tutte le province, l' annona, che poteva essere pagata in natura (cioè in prodotti o beni) oppure in moneta. Ma, per evitare ingiustizie e abusi, egli fece fare nuovi censimenti di tutta la popolazione delle province e di tutti i beni di ogni proprietario. Ogni famiglia, quindi, venne tassata sia sulla base del numero delle persone che la componevano, sia per i beni che possedeva.
Di anno in anno l'amministrazione dell'impero stabiliva la somma totale che occorreva per pagare i funzionari civili e l'esercito. Poi divideva tale somma fra le singole diocesi, province, città e villaggi. Tale semplice sisterna ebbe enorme successo e divenne poi la base di ogni sistema di riscossione delle imposte nell'Europa medievale.
Ma le forti tasse che colpivano il possesso di terre ebbero l'effetto di scoraggiare molti contadini piccoli proprietari. Per evitare che abbandonassero i loro campi, Diocleziano impose loro per legge di non lasciare le terre che lavoravano. Un provvedimento simile fu preso anche per gli artigiani e i piccoli commercianti, a cui fu imposto di non abbandonare il mestiere. Diocleziano cercò anche di tenere bassi i prezzi dei generi di prima necessità fissando per legge il loro ammontare. Ma nessuno intendeva vendere i propri prodotti sottocosto. Così nacque e prosperò una specie di mercato nero in cui tutti, violando la legge, compravano e vendevano a prezzi più alti. Alla fine il provvedimento sui prezzi dovette essere ritirato.

Costantino, Teodosio e l'affermazione del cristianesimo

La riforma politica di Diocleziano tuttavia fallì con i suoi successori. Augusti e Cesari entrarono in lotta fra loro e, alla fine, trionfò Costantino, che dal 324 rimase unico imperatore. Fu anch'egli un grande generale e continuò la politica imperiale di Diocleziano.
Costantino preferì spostare la capitale dell'impero a Bisanzio, chiamata dapprima Nuova Roma e poi Costantinòpoli, per ricordare il suo nome. Egli cercò di favorire l'economia e il commercio introducendo fra l'altro una nuova moneta d'oro, il sòlido.
Ma soprattutto egli si rese conto che quella contro il cristianesimo era una battaglia perduta. Troppi e ben decisi nel difendere la loro fede erano ormai i cristiani. Costantino, che era anche un buon politico, decise allora di appoggiarsi a loro per consolidare l'impero.
Perciò riconobbe ufficialmente il cristianesimo e pose fine alle persecuzioni, con l'editto di Milano del 313, che concesse ai cristiani piena libertà di culto. E con successive leggi restituì i patrimoni sottratti alle comunità cristiane e attribuì molti privilegi alla nuova religione, dichiarandosi egli stesso cristiano e difensore delle dottrine cristiane.
Alla sua morte (337) seguì un nuovo periodo di lotte per la successione, che durò circa quaranta anni.
Solo con Teodosio I (379-395) l'impero ritrovò la sua unità. Teodosio proclamò a Tessalònica (l'odierna Salonicco, in Grecia), nel 380, che il cristianesimo di Roma era l'unica e vera fede dell'impero e di conseguenza vietò di praticare l'antica religione. Furono così chiusi definitivamente i templi pagani.
La libertà di praticare il cristianesimo incrementò l'uso dei cimiteri sotterranei, o catacombe, che divennero il luogo prescelto per il culto dei martiri (coloro che avevano perso la vita per difendere il cristianesimo).
Ormai da tempo appartenevano alla Chiesa cristiana le più grandi personalità del mondo romano. Fra queste è importante ricordare Sant' Ambrogio, San Gerolamo, Sant' Agostino. L'impero romano era ormai divenuto cristiano. E dopo lo spostamento della sede imperiale a Costantinopoli la personalità più importante rimasta a Roma fu il vescovo. Nacque così in questo periodo la preminenza del vescovo di Roma (il papa) sugli altri capi delle Chiese locali.
Con la morte di Teodosio (395) l'impero fu definitivamente diviso fra i suoi due figli: Onorio ebbe l'impero romano d'Occidente, ad Arcadio toccò l'impero d'Oriente. Si costituì così una diarchia. La situazione dei due imperi era tuttavia assai diversa. Mentre l'Oriente era protetto dal mare e dalle montagne, a Occidente diveniva sempre più forte la pressione delle popolazioni barbare, come i Romani chiamavano gli stranieri.

L'EDITTO DI COSTANTINO

Nel 313, con un editto emanato a Milano, Costantino riconobbe la libertà di tutti i culti religiosi, compreso quello cristiano.
Seconda un principio giusto, abbiamo creduto opportuno non negare a nessuno la facoltà di seguire liberamente sia il culto dei cristiani, sia qualunque altra religione, a cui egli abbia dedicato l'anima sua e che giudichi a se stesso più adatta. Dunque si sappia che sono ormai assolutamente annullate tutte quelle disposizioni che ordinavano la persecuzione dei cristiani, e che è lasciata a tutti quelli che vogliono osservare la religione cristiana la facoltà di osservarla, senza alcuna molestia o impedimento. È concessa pertanto ai cristiani piena e assoluta libertà di professare la loro religione. Naturalmente anche agli altri è data ugualmente piena e intera libertà in materia di religione: pertanto ciascuno sia libero di praticare la religione che più gli piaccia.

I Germani, un popolo molto diverso dai Romani

Le notizie più precise che l'antichità ci fornisce sui barbari si trovano nelle opere di Ciulio Cesare (La guerra gallica) e di Tacito (La Germania). Si trattava di popolazioni in gran parte di origine germanica, che occupavano l'Europa centrosettentrionaIe: Visigoti o Coti dell' ovest, Ostrogoti o Goti dell' est, Franchi, Burgundi, Angli, Sassoni.
I Cermani, come questi popoli venivano anche chiamati complessivamente conducevano una vita nomade, spostandosi continuamente alla ricerca di nuovi pascoli, e non conoscevano alcuna forma di vita associata permanente. Vivevano in villaggi, ognuno dei quali era indipendente e solo in caso di guerra si univa agli altri, sotto un capo eletto in quell' occasione; appena la guerra e ra terminata, ogni villaggio tornava alla sua indipendenza.
Nei villaggi vivevano tribù (sippe) unite da originari legami di parentela. I Germani praticavano la pastorizia, ma le loro attività principali erano la caccia, la guerra, le scorrerie, i saccheggi. Essi erano abili nella lavorazione dei metalli e alcune tribù insediate in aree fertili praticavano anche l'agricoltura; non esisteva la proprietà privata e le terre venivano divise fra chi le lavorava. Si produceva comunque solo quanto era necessario per alimentarsi e gli scambi avvenivano sotto forma di baratto.
I Cermani erano politeisti e la loro religione esaltava le forze della natura e le tradizioni guerriere. Essi adoravano Thor, dio del tuono e delle tempeste, Baldur, dio del sole, e Freita, la grande madre simboleggiante la fecondità e la terra. Wotan (o Odino) era il dio del vento e della guerra.
I Germani, inoltre, non conoscevano la scrittura e si tramandavano oralmente i racconti degli eroi e le leggi. Le offese si regolavano con la faida, o vendetta privata, ma nel caso di mancanza di prove si ricorreva al giudizio di dio (ordalia). Se il presunto colpevole superava una difficile prova (passare attraverso il fuoco, per esempio), veniva considerato innocente.

Le invasioni barbariche e la fine dell' età antica

Le enormi dimensioni raggiunte dall'impero romano lo resero sempre più difficile da difendere. Attratti dalle ricchezze dell'impero, infatti, e sfruttando la crescente debolezza dell'esercito romano, i popoli germanici avevano cominciato da tempo a sconfinare, malgrado la fortificazione dei confini, e a occupare più o meno stabilmente le fertili pianure della Gallia e della Germania centromeridionale.
Un'accelerazione vigorosa alle invasioni dell'impero fu dovuta all'espansione degli Unni, un popolo nomade originario dell'Asia centrale che, a partire dal IV secolo, conquistò vasti territori in Europa. Ciò spinse le popolazioni germaniche, scacciate dalle loro terre, a invadere quelle dell'impero di Roma.
In breve tempo, il territorio dell'impero d'Occidente si ridusse alla sola Italia: 0norio aveva mantenuto la capitale a Milano; i suoi successori la trasferirono più lontano dai confini, a Ravenna. La stessa Italia subì numerose invasioni di barbari. Dapprima percorsero la penisola i Visigoti, guidati da Alarico, che nel 410 saccheggiarono Roma. Poi fu la volta degli Unni guidati da Attila, che giunsero sin quasi a Ravenna. Infine, nel 455, Roma venne occupata e saccheggiata dai Vandali, provenienti dalle pianure dell'Est europeo, che però giunsero a Roma per mare, dalle coste africane, che avevano occupato qualche tempo prima.
Ormai la corte di Ravenna non era più in grado di difendersi né di governare. Non esisteva più nemmeno un vero esercito, ma solo bande di mercenari barbari, che obbedivano solo al proprio comandante. Nel 476 un generale romano, Oreste, nominò come Augusto il proprio figlio Romolo. Ma in una rivolta Oreste venne ucciso e il giovane e insignificante Romolo, detto Augùstolo (il piccolo Augusto), venne mandato in esilio. Nel disordine che seguì, un generale barbaro di nome Odoacre prese il potere. Egli, per evitare nuove rivolte, inviò le insegne imperiali a Costantinopoli, dichiarandosi sottoposto a Zenone, l'imperatore d'Oriente, e assunse il titolo barbarico di re. Cessò così di esistere l'impero romano d'Occidente. L'impero d'Oriente sarebbe invece rimasto in vi ta fino al 1453, anno in cui Costantinopoli cadde in mano ai turchi. Con l'anno 476 gli storici fanno terminare l'età antica e iniziare l'età medievale.
Ammiano Marcellino, storico e ufficiale dell'esercito romano vissuto nel IV secolo d.c., ci ha lasciato una descrizione degli Unni. Essa, pur contenendo informazioni veritiere, riporta anche notizie immaginarie, sorte dall'odio e dal terrore che questo popolo allora suscitava.

Gli Unni superano in ferocia e barbarie ogni possibile immaginazione. Ai fanciulli appena nati tagliano col ferro le guance, perché le cicatrici impediscano alla barba di spuntare. Hanno membra forti, il collo ampio, sono grandi e robusti, simili ad animali bipedi o ai sostegni che sorreggono i ponti.
Non hanno bisogno di fuoco o di vivande saporite, ma di carne cruda di qualsiasi animale, che scaldano tenendola tra le cosce o sul dorso dei cavalli.
Non conoscono case, che anzi considerano poco sicure, ma errando tra monti e selve si abituano fin dalla prima età a sopportare il gelo, la fame e la sete. Si coprono con vesti di lino, con pelli di topo cucite insieme e usano sempre la stessa tunica, finché consumata non cade a brandelli. [...] Fanno tutto sui loro cavalli, che sono brutti ma forti: comperano e vendono, mangiano e bevono, dormono, tengono assemblee sempre a cavallo.
Nessuno coltiva la terra, non hanno aratri. Non hanno sedi fisse, né case o leggi, ma si spostano come fuggiaschi con i carri in cui abitano le donne, e che in essi filano e tessono, partoriscono e allevano i figli.
Da lontano usano frecce dalle punte d'osso e da vicino combattono corpo a corpo con le spade, avvinghiando il nemico e togliendogli la possibilità di muoversi.

Perché ebbe fine l'impero più grande dell' antichità

Come fu possibile che un impero che era stato così potente, ricco e civile subisse una crisi tanto forte da diventare per molti un terreno di facile conquista?
Le principali difficoltà nacquero dalla vastità del suo territorio, che richiedeva un gran numero di funzionari per essere amministrato e un enorme esercito per difenderne i confini. Crebbero perciò costantemente le spese, e per sostenerle furono introdotte tasse sempre più forti.
I primi a soffrirne furono i piccoli proprietari terrieri, i quali finirono per cedere le loro terre alle grandi proprietà vicine, spesso rimanendo sul fondo non più loro a coltivarlo per conto del nuovo signore.
Qualcosa di simile avvenne per molti schiavi. Spesso il grande proprietario, invece di mantenerli, preferì concedere loro la libertà e un pezzo di terra in cambio di una parte dei prodotti e di un certo numero di giornate di lavoro. Comunque, fossero essi ex piccoli proprietari o ex schiavi, i coltivatori restavano legati al fondo e non potevano abbandonarlo. È questa l'origine della servitù della gleba, che sarebbe durata per secoli in molte regioni europee.
Ugualmente grave fu il peso della tassazione per artigiani e piccoli commercianti. Molti preferirono abbandonare l'attività, nonostante fosse vietato, e ritirarsi in campagna. Le città persero così di importanza, si impoverirono e si spopolarono.
Nel frattempo le guerre e le invasioni portavano miseria e distruzioni. Col declino dell'economia, lo Stato s'impoverì. Pagate sempre di meno, le truppe mercenarie divennero sempre meno combattive e meno affidabili.
Anche le strade divennero malsicure, infestate da bande armate di ogni tipo. Questo rappresentò un ostacolo in più per i commerci. Sparirono i traffici a lunga distanza e scomparvero le monete e i metalli preziosi, saccheggiati dagli invasori o tenuti nascosti dai più ricchi. Di conseguenza si tornò al baratto.
La villa del grande proprietario divenne il centro di quel poco di vita economica che rimaneva, ormai completamente legata a un' agricoltura sempre più povera e arretrata, nemmeno sufficiente ai bisogni di tutta la popolazione.

MORTE AI CRISTIANI

Nella notte del 19 luglio 64 d.C scoppiò a Roma un grande incendio, che durò svariati giorni e distrusse tutto il centro della città. L:imperatore Nerone incolpò di questo i cristiani, scatenando contro di loro la prima persecuzione. Ecco come lo storico latino Tacito (54/55-120 d. C), nei suoi Annali, ricorda l'avvenimento.
Nulla poteva soffocare la voce che l'incendio fosse stato ordinato. Nerone allora, per troncare quelle voci, fece passare per colpevoli e sottopose a raffinatissimi tormenti coloro che il volgo chiamava cristiani e odiava per le loro azioni nefande. Cristo, il fondatore della setta,dal quale avevano preso il nome, era stato giustiziato dal procuratore Ponzio Pilato sotto il regno di Tiberio. Ma la dannosa superstizione, repressa per il momento, dilagava di nuovo non solo per la Giudea, luogo d'origine di quel male, ma anche per Roma, dove confluiscono e trovano seguito tutte le atrocità e le vergogne del mondo.
Dapprima pertanto si processarono coloro che erano confessi; poi, in base alle loro denunce, moltissimi vennero convinti non tanto di aver appiccato il fuoco, quanto di odiare il genere umano. I condannati a morte furono anche oggetto dello scherno più atroce. Alcuni, coperti con pelli di fiere, erano dilaniati dal morso dei cani; altri crocifissi o arsi vivi, per rischiarare come fiaccole la notte, dopo il tramonto del sole. Per un tale spettacolo Nerone aveva offerto i suoi giardini e dava giochi nel circo, mischiandosi alla folla in costume di conduttore di carri o ritto sul cocchio. Perciò costoro, sebbene colpevoli e meritevoli dei castighi più gravi, suscitavano pietà, come gente sacrificata non al bene pubblico, ma alla crudeltà di uno solo.