Guerra del Golfo tra Iran e Iraq
(1980-1988)

Saddam Hussein tentò di approfittare della caotica situazione iraniana creatasi in seguito alla rivoluzione islamica condotta da Kohmeini per rivendicare alcuni territori petroliferi iraniani da molti anni in contestazione e per indebolire il prestigio iraniano tra le popolazioni arabe come interprete di una lotta di riscatto dall’occidente.

Fu sostenuto dall'Occidente interessato a ridurre la potenza dell'Iran komeneista, preoccupato che il fondamentalismo islamico potesse impadronirsi dei paesi arabi e musulmani.

Parlando ai giornalisti stranieri accorsi a Baghdad per assistere alle prime operazioni di quella che doveva essere la guerra lampo dello Shatt El Arab, Saddam Hussein, vestito nell’alta uniforme di comandante in capo delle forze armate, dichiarò solennemente il 24 settembre 1980:
"La banda di estremisti fanatici che è andata al potere a Teheran ha i giorni contati. Il popolo iracheno ha deciso di riprendersi le terre arabe a occidente di Bassora e di aiutare gli iraniani a rovesciare il regime khomeinista. Questi sono due obiettivi a breve scadenza. Probabilmente entro la fine dell’anno saranno raggiunti."

LA RIVOLUZIONE KOMEINISTA

Tra la fine del 1978 e l’inizio del 1979 l'Iran fu sconvolto da un’ondata di nazionalismo che sfociò in una serie di incidenti, scontri, e dimostrazioni violente contro Rheza Pahlevi.

Lo scià, impotente, abdicava il 31 dicembre 1978 mentre ritornava dall’esilio l’ayatollah (= segno di Dio) Ruhollah Khomeini.

Fu l'iniziò di un lungo periodo di crisi nell'area.

L’Iran komeinista si diede da fare per esportare il radicalismo confessionale islamico all’interno della nazione irachena ed appoggiò quasi tutti i gruppi terroristici antioccidentali.

Un cartellone tenuto da donne islamiche, seguaci di Khomieni, durante una dimostrazione di protesta ci aiuta a comprendere cosa sia il fondamentalismo islamico (o integralismo).

Sul cartellone era scritto: "Per ogni situazione la rivoluzione islamica è la sola soluzione"; nulla meglio di questa frase evidenzia lo spirito intransigente e determinato dell’integralismo islamico che non si ferma di fronte a nulla ma che anzi è disposto a combattere guerre durissime.

1980

16 maggio: due caccia iraniani colpiscono con missili aria–terra una petroliera saudita che navigava verso il porto; è l'episodio che scatena la guerra.

18 maggio: i caccia iracheni attaccano due petroliere dirette a un terminale iraniano e Teheran si dice pronta ad estendere la guerra ai paesi che intervenissero nel conflitto.

19 maggio: l’Iran affonda una nave greca: l’Occidente viene chiamato direttamente in causa; si mobilitano i paesi arabi che si affacciano sul Golfo costretti, loro malgrado, a schierarsi a favore di uno dei due contendenti.

24 maggio: le incursioni contro le petroliere si moltiplicano; caccia dell’Arabia Saudita si alzano in volo a proteggere una nave liberiana attaccata dalle forze irachene.

Sostenuto economicamente dagli sceicchi arabi e militarmente dall'Occidente, il presidente iracheno sperava di vincere rapidamente la partita, non esitando a impiegare anche armi chimiche vietate dalle convenzioni internazionali. Gli iraniani invece dimostrarono una imprevista capacità di resistenza e riversarono contro l'Iraq "ondate umane" di migliaia di pasdaran, sostenitori di una società integralmente, e a volte fanaticamente, ispirata ai principi del Corano. Il conflitto assunse allora le proporzioni di un massacro dall'una e dall'altra parte, senza che la linea del fronte subisse sostanziali mutamenti. Per arrestare l’avanzata nemica sul territorio iracheno, Saddam non esitò a usare micidiali armi chimiche non solo contro gli iraniani ma anche contro le popolazioni curde dell’Iraq, tradizionalmente in lotta per l’indipendenza e potenziali alleati di Teheran.

Solo nel 1988, ormai stremati e non prospettandosi la vittoria di nessuno dei due, nel mese di luglio i due paesi, concordano la tregua con la mediazione dell’ONU.

CONSEGUENZE DEL CONFLITTO

Il dittatore iracheno Saddam Hussein aveva invaso l’Iran per garantire al suo paese un sicuro sbocco sul Golfo Persico e per poter meglio controllare una delle regioni più ricche di petrolio del mondo. In quell’occasione sia l’Unione Sovietica sia gli Stati Uniti e molti altri paesi dell’occidente (come Germania, Francia, Italia) fornirono a Saddam Hussein le armi più potenti e moderne. Essi speravano che Saddam vincesse facilmente l’Iran di Khomeini, finanziatore dei terroristi che facevano capo ai vari movimenti islamici. Ma nessuno di questi obiettivi fu raggiunto.

Non vi furono conseguenze territoriali: la guerra si conclude nel 1988, in seguito ad un intervento dell'ONU, ripristinando i confini precedenti all’inizio della guerra.

Gravi furono invece le conseguenze economiche e sociali: oltre al prezzo altissimo di centinaia di migliaia di vittime, il conflitto stremò le economie dei due paesi a causa dei reciprochi attacchi ai centri nevralgici dell’industria e ai campi petroliferi da cui ricavavano gran parte dei loro introiti.