La crisi delle città stato e l'Impero Macedone
La cultura greca sopravvive alla fine delle città-stato
Paradossalmente, la conquista macedone della Grecia e la perdita della libertà per le città-stato coincisero con il periodo di maggior diffusione della cultura greca.
Il vasto impero di Alessandro Magna, infatti, adottò il greco come lingua ufficiale, mentre le sue città divennero sede di importanti biblioteche, nelle quali veniva raccolto tutto quanto di più bello la Grecia aveva prodotto.
Le vittorie favoriscono le divisioni fra i Greci
Le grandi vittorie dei Greci contro l'impero persiano ebbero un duplice effetto: da un lato, salvarono l'indipendenza del mondo greco; dall'altro, però, aggravarono i conflitti e le rivalità fra le varie città-stato, in lotta sempre più aspra per l'egemonia.
Atene, grazie alla sua flotta e grazie al prestigio acquisito per il ruolo svolto nelle guerre contro l'impero persiano, iniziò una grande espansione nell'Egeo.
Per questo motivo, come vedremo tra breve, rinacquero immediatamente i conflitti con Sparta.
In molte città ripresero poi gli scontri politici interni, e ogni volta i nuovi vincitori esiliavano i vinti.
Inoltre come per uno strano destino, tutti I grandi generali greci vittoriosi ebbero una tragica fine:
Milziade fu sconfitto in una piccola spedizione militare e condannato da Atene per questo; ferito nella battaglia, morì poco dopo a causa delle ferite riportate;
Pausania fu coinvolto nelle lotte civili di Sparta e, assediato nel tempio di Artemide, si lasciò morire di fame.
Temistocle venne esiliato dagli Ateniesi a seguito di contrasti politici; costretto a rifugiarsi presso il re persiano Artaserse I, morì lontano dalla sua città
Nasce l'impero marittimo di Atene
Per i venti anni successivi alle battaglie di Salamina e Platea, Atene e Sparta continuarono insieme la lotta contro i Persiani. Poi Sparta, il cui dominio era essenzialmente terrestre e limitato al Peloponneso, si ritirò dalla guerra.
Atene invece la proseguì, sfruttando la sua flotta e il sicuro porto del Pireo, Organizzò allora una lega che riunì molte importanti città marittime, Questa alleanza (la lega di Delo) fu costituita 477 a. C. e prese Il nome dall'isola, sacra ad Apollo, dove si tenevano le riunioni politiche della lega stessa. Al suo interno si affermò la supremazia di Atene. Ogni città alleata fornì alla lega uomini e navi per la guerra contro i Persiani e soprattutto versò tributi in denaro.
Con i versamenti in denaro venne costituito un enorme tesoro, gestito dagli Ateniesi soprattutto nel loro interesse. Sparta, preoccupata di mantenere il controllo del Peloponneso, non partecipò alla lega ma nemmeno contrastò Atene.
Il capo del partito aristocratico di Atene, Cimone, figlio di Milziade, divenne il comandante militare della lega e riuscì in pochi anni a scacciare i Persiani dalle coste del mar Nero e dell' Asia Minore, sconfiggendo una loro flotta presso la foce del fiume Eurimedonte (468 a.c.). Tale vittoria permise alla lega, e in particolare ad Atene, di dominare il mare Egeo.
Qualche anno dopo, il partito popolare prese nuovamente il potere ad Atene e Cimone venne esiliato. Ormai la città greca poteva dedicarsi a una vera e propria "politica di potenza". Occorreva contrastare il commercio dei Fenici e dei Persiani e difendere il predominio ateniese, che ormai si estendeva dall'Italia meridionale al mar Nero.
Il culmine della potenza ateniese
Nel 461 a.c., ad Atene, era stato eletto stratego Pèricle, uno dei capi del partito democratico. Eccellente oratore e abile uomo politico, egli apparteneva a una famiglia di stampo aristocratico. Pericle si rese conto che ormai i tempi erano maturi per una nuova concezione politica: quella della parità di tutti i cittadini ateniesi senza distinzione di nascita o di ricchezza. Così egli limitò il potere giudiziario del tribunale dell'areopago, ancora costituito da aristocratici, e ne trasferì le competenze alla bulé, all' assemblea e ai tribunali popolari. In questi ultimi dovevano essere eletti per sorteggio ogni anno 6000 membri, scelti fra tutti i cittadini. E per consentire ai più poveri di partecipare alla vita politica senza perdere i propri modesti guadagni, Pericle concesse loro un' indennità giornaliera.
In politica estera Pericle tese ad affermare la supremazia di Atene sul resto della Grecia. Il tesoro della lega di Delo fu portato ad Atene e ogni tentativo delle città alleate di staccarsi venne punito severamente. Tale politica assicurò agli Ateniesi il predominio nel commercio marittimo. Da ogni parte del mondo greco affluirono ad Atene mercanti e artigiani, poeti e artisti, scultori e architetti. Gran parte dei tributi riscossi dagli alleati e dello stesso tesoro di Delo furono destinati all'ingrandimento e all'abbellimento della città.
Vennero restaurati i templi sull' Acropoli e fu costruito il Partenone, il grandioso tempio dedicato alla dea Atena, ancora oggi il simbolo della civilizzazione greca.
La vita culturale della città divenne splendida: si davano pubbliche letture dell'opera sulle guerre persiane scritta dallo storico Erodoto; si recitavano in teatro i drammi dei grandi tragici Eschilo e Sofode.
In quella che è stata chiamata l'età di Pericle, Atene fu la città più ricca e popolosa della Grecia: contava 150.000 abitanti circa. Di questi, però, solo 40.000 erano cittadini a pieno diritto, mentre almeno 20.000 erano meteci e più di 60.000 erano schiavi.
Tuttavia questi ultimi spesso beneficiavano di un trattamento relativamente umano: lavoravano per lo più nell' agricoltura, nel commercio e nell' artigianato e molti riuscivano a ottenere o ad acquistare la libertà. Altri, di proprietà dello Stato, svolgevano servizi particolari, a volte molto importanti: il corpo di polizia ateniese, per esempio, era costituito da un nucleo di arcieri sciiti schiavi, incaricati di mantenere l'ordine pubblico nella città.
Lo scontro tra Sparta e Atene e la guerra del Peloponneso
Dopo essersi ritirata dalla guerra navale contro i Persiani, Sparta fu per lunghi anni assorbita dal consolidamento del proprio potere nel Peloponneso. Essa era essenzialmente una potenza militare di terraferma, perché solo sul terreno poteva far valere la forza del suo esercito. Ma già al tempo delle guerre persiane gli Spartani atti alle armi erano non più di 5000. E con un esercito così poco numeroso la città doveva mantenere il controllo dei propri territori, assicurare la difesa contro le città vicine più ostili (Argo, Micene, Elide, Mantinea), fronteggiare le ribellioni degli iloti. Inoltre Sparta aveva anche dovuto fornire aiuti militari a Corinto, che era stata assalita dalla flotta ateniese.
La tregua stabilita nel 451 a.c. fra Atene, Corinto e Sparta vide il successo della politica di espansione di Atene, ma si rivelò assai fragile. La rottura decisiva avvenne soprattutto perché il predominio economico e commerciale di Atene minacciava ormai di impoverire anche città importanti come Corinto, Megara, Argo, Siracusa. In soli cinquanta anni Atene aveva ottenuto il controllo assoluto sulla produzione e l'esportazione della ceramica e sul commercio del grano, dei metalli e del bestiame.
La scintilla che portò alla guerra fu causata dalla richiesta di Corcira (1'attuale Corfù), colonia di Corinto, di aderire alla lega di Delo. Corinto allora, sostenuta da Sparta, dichiarò guerra ad Atene. Questa guerra, detta del Peloponneso, durò molto a lungo: dal 431 fino al 404 a.c. Sparta aveva la superiorità delle forze di terra, Atene quella delle forze di mare. La prima cercò quindi di impegnare le forze ateniesi in battaglia, invadendo ogni anno l'Attica, ma senza successo. La seconda cercò invece di impadronirsi delle coste occidentali del Peloponneso, ma le si schierarono contro diverse città e colonie, fra cui la potente Siracusa. Nel 421 a.c. fu stabilita una tregua provvisoria, ma la guerra riprese presto. Nel 415 a.c., su consiglio di Alcibìade, nipote di Pericle (che era morto nel 429 a.c., nel corso di un'epidemia che aveva colpito Atene), venne preparata una grande spedizione navale contro Siracusa. Ma, poco dopo la partenza, lo stesso Alcibiade fu richiamato a causa di una grave accusa lanciata contro di lui, per la quale fu condannato mentre era assente.
Allora, rifugiatosi a Sparta, rivelò i piani dell' armata ateniese ai comandanti spartani. Così la spedizione in Sicilia finì in un completo disastro: la flotta e l'esercito ateniesi furono distrutti e i pochi superstiti furono condannati al lavoro nelle miniere. Tuttavia Sparta non aveva più uomini sufficienti per sferrare un attacco definitivo, e ciò consentì ad Atene di resistere altri dieci anni. Poi Alcibiade venne clamorosamente richiamato in patria e ottenne un'importante vittoria navale presso Cìzico, in Asia Minore (410 a.c.). Ma Sparta, alleatasi con la Persia, ottenne l'aiuto della flotta persiana, indispensabile per piegare la resistenza ateniese.
Nel 404 Atene fu costretta ad arrendersi: le mura e le fortificazioni della città e del Pireo vennero abbattute, e la flotta fu distrutta, tranne dodici navi. Atene fu quindi costretta ad aderire alla lega del Peloponneso, guidata da Sparta, ma conservò la propria indipendenza e non venne rasa al suolo come i Corinzi avrebbero voluto. Poté anche scegliere la propria forma di governo. Dapprima prevalse il partito aristocratico; poi Trasibulo reintrodusse la democrazia, e gli Spartani non si opposero.
La sconfitta di Sparta e la breve supremazia di Tebe
Il predominio degli Spartani in Grecia era assicurato soprattutto dalla forza delle armi e dalle guarnigioni militari che controllavano le città più importanti. Ma tutto questo comportava enormi sacrifici per i cittadini spartani, il cui numero continuava a diminuire. Ne approfittò Tebe, la più importante città della Beozia, che decise di ribellarsi alla guarnigione spartana. I Tebani, guidati da Pelòpida, sconfissero ripetutamente gli Spartani. Nella battaglia conclusiva, a Lèuttra (371 a.c.), il grande generale tebano Epaminonda batté l'esercito spartano e penetrò nel Peloponneso.
Sparta fu costretta a cedere i ricchi territori della confinante Messenia e, dopo la battaglia di Mantinèa (nuovamente favorevole ai Tebani), nel 362 a.c. cessò di avere una parte rilevante nella storia greca.
Ma il trionfo tebano fu di breve durata, poiché la città non era né ricca, né potente militarmente. La Grecia fu sempre più dilaniata dalle continue guerre e dalle lotte civili: ogni città, infatti, era così gelosa della propria indipendenza da preferire il disordine e la debolezza a qualsiasi accordo o sottomissione. E di questa debolezza finì per approfittare lo Stato macedone.
Al confine con la Grecia il regno di Macedonia
La Macedonia è una vasta regione situata a nord della penisola greca. Tale regione aveva una grande importanza economica per le città greche, Atene compresa. Essa, infatti, era ricca di legname di buona qualità, necessario ad Atene per la costruzione delle sue navi. C'erano inoltre miniere d'oro, estesi pascoli per il bestiame e pianure coltivate a grano.
I suoi abitanti parlavano un dialetto greco, ma erano considerati quasi barbari dagli altri Greci. Il 1oro livello di sviluppo e la loro organizzazione politica erano in effetti ancora arretrati.
Divisi in tribù, i Macedoni eleggevano un re, il quale era assistito da un consiglio di anziani. Uno di questi sovrani, Filippo II, salito al trono nel 360 a.c., in pochi anni trasformò il suo modesto regno in una grande potenza militare e in uno Stato ben organizzato. Inoltre, usando in maniera avveduta le ricchezze naturali del paese, in particolare 1'oro delle sue miniere, egli creò un esercito permanente e ben addestrato, con cui iniziò a occupare le città e i territori confinanti.
A quel punto la Grecia risultò divisa in più parti:
- al nord, la Macedonia, un forte Stato unitario che mirava ad allargarsi;
- al sud, nel territorio greco vero e proprio, le diverse città-stato, sempre più indebolite al loro interno dalle lotte tra le fazioni.
Le città greche, inoltre, erano assai più deboli del regno di Macedonia anche sul piano militare. I loro eserciti erano composti da soldati mercenari, cioè arruolati a pagamento, perché i cittadini rifiutavano ormai di prestarvi servizio preferendo dedicarsi alle loro attività economiche. In questa situazione, le città greche non apparivano in grado di difendere efficacemente la propria indipendenza.
L'abile ascesa del re Filippo
Filippo II, grande generale ma anche abilissimo diplomatico, capì che l'idea di una guerra di tutti i Greci contro la Persia avrebbe potuto trovare molti consensi e si propose alle città come capo di un' alleanza costituita a tale scopo.
Alcuni oratori, come gli ateniesi Isòcrate ed Èschine, appoggiarono tale idea, pensando che la vittoria della Macedonia avrebbe permesso anche la conservazione della cultura greca; altri invece, come Demòstene, continuarono a vedere nella monarchia macedone un grave pericolo per l'indipendenza e la libertà delle città-stato. In una famosa serie di orazioni contro Filippo (dette appunto "filippiche"), Demostene sostenne che il re macedone non aveva affatto a cuore la difesa della civiltà greca, ma voleva solo affermare il proprio potere personale.
Seguendo tale orientamento, Atene e Tebe si posero a capo di un'alleanza contro Filippo. Questi allora affrontò e sconfisse le forze greche nel 338 a.c. a Cheronea. Si formò allora una nuova lega dei Greci per combattere l'impero persiano, sotto la direzione dei Macedoni. Ma, poco prima della partenza delle truppe, Filippo venne misteriosamente assassinato (336 a.c.) e il governo del regno fu assunto dal suo giovanissimo figlio Alessandro (nato nel 356 a.c.), che aveva comandato la cavalleria nella battaglia di Cheronea.
Atene e Tebe cercarono di approfittare della morte di Filippo per ribellarsi; tuttavia Alessandro, con una rapidissima spedizione militare, si impadronì di Tebe, la distrusse e ne vendette come schiavi gli abitanti.
Due eserciti molto diversi
Curzio Rufo, storico latino vissuto nel I secolo d. C. (e dunque tre secoli dopo i fatti da lui narrati), descrive così gli eserciti persiano e macedone prima della grande battaglia di Isso. I Persiani si mettevano in marcia all' alba al suono della tromba, seguendo quest' ordine: veniva portato il fuoco sacro, accompagnato dai sacerdoti che cantavano; seguivano 365 giovani, tanti quanti sono i giorni dell' anno; un gruppo di cavalli bianchi; 10 carri d'oro e d'argento massiccio; la cavalleria di 12 popoli, diversa per armi e per abitudini; la guardia del corpo, circa 10.000 uomini, chiamata dai Persiani "gli immortali", con collane d'oro, vesti trapuntate di fili d'oro, tuniche dalle larghe maniche adorne di gemme; 15.000 uomini chiamati "parenti del re", dall' acconciatura quasi femminile, notevoli più per il lusso che per le armi; seguivano poi le guardie del corpo che dovevano custodire la veste del re; il carro d'oro, adorno di figure sbalzate in oro e argento con gemme e con statue, su cui stava il re in persona, lussuosamente abbigliato, scortato da 200 persone; c'erano poi 10.000 uomini armati di lance, ornate d'argento con dardi dalla punta d'oro; 30.000 fanti e 400 cavalieri; il cocchio della madre di Dario e quello della moglie, accompagnate da una gran folla di donne a cavallo; 15 carri con i figli del re e il loro seguito; una schiera di arcieri che proteggevano il tesoro del re trasportato da 600 muli e 300 cammelli; per ultimi venivano parenti, amici, vivandieri, domestici e le truppe con le armi leggere. Ben diverso era l'esercito macedone: uomini e cavalli non brillavano né di oro, né di vesti variopinte, ma di ferro e di bronzo. La schiera era pronta a fermarsi e ad avanzare, non impedita nei movimenti dalla folla di accompagnatori, né appesantita da carichi inutili, attenta non soltanto al segnale del comandante, ma addirittura al suo cenno; ogni luogo andava bene come accampamento e ogni cibo come vitto.
Il grande impero di Alessandro Magno
Alessandro riprese subito i preparativi del padre per invadere e conquistare la Persia. Così sbarcò nella primavera del 334 a.C a Troia, quasi a voler ricordare l'antica grande impresa del popolo greco. Poi proseguì rapidamente, per via di terra, verso la Siria e la Fenicia per conquistare tutte le basi navali dei Persiani.
Nel 333 a.C Alessandro sconfisse i Persiani dapprima sul fiume Grànico e quindi nella battaglia di Isso. Conquistò poi la celebre città fenicia di Tiro con un lungo assedio e proseguì ancora verso l'Egitto, dove si era rifugiato il grosso della flotta persiana. Qui, sul delta del Nilo, fondò una nuova città e la chiamò Alessandria. Poi, per conquistarsi il favore degli Egizi, visitò il tempio del dio Amon, in onore del quale fece celebrare grandiose cerimonie.
Infine sconfisse l'esercito persiano, comandato personalmente dal re Dario 111, a Gaugamela, presso il fiume Tigri, nel 331 a.C Dario riuscì a fuggire ritirandosi presso uno dei suoi satrapi, che però lo fece uccidere a tradimento. Allora Alessandro, per mostrare il suo senso della giustizia, fece punire l'assassino di Dario condannandolo a morte.
Alessandro voleva creare un nuovo impero, unendo fra loro i diversi popoli sottomessi. Per raggiungere questo scopo, egli doveva apparire come il vero erede dei grandi imperatori persiani. Quindi, egli stesso prese in moglie dapprima la principessa persiana Rossane, poi Statira, la figlia di Dario e favorì i matrimoni dei Macedoni con donne persiane. Lasciò inoltre molti governatori di Dario al loro posto e arruolò nel suo esercito numerosi soldati e comandanti persiani. Coniò una moneta unica, valevole in tutto l'impero, e impose l'uso del greco come lingua ufficiale dell'amministrazione dello Stato e dell'istruzione pubblica. Infine, per consolidare il proprio potere e il proprio prestigio, si adeguò alla tradizione orientale e si proclamò figlio di un dio.
A soli 32 anni, Alessandro (detto il Grande o Magna) era padrone incontrastato di un impero che si estendeva dalla Grecia all'Egitto, alla Siria, all'Asia Minore, alla Mesopotamia, alla Persia, fino ai confini dell'India. Ma improvvisamente fu colto da febbre altissima e morì in pochi giorni, a Babilonia, nel 323 a.C
Dall'impero di Alessandro nascono i regni ellenistici
Alla morte inattesa di Alessandro i suoi generali e i suoi governatori iniziarono a combattere fra di loro per impadronirsi dell'impero.
Dopo quasi cinquant'anni di scontri, nel 281 a.Cl'impero risultò così diviso:
- un regno di Macedonia, che includeva la Grecia, assegnato ai discendenti del generale Antìgono;
- un regno d'Egitto, assegnato ai discendenti del generale Tolomeo Lago;
- un regno di Siria, comprendente anche la Mesopotamia e la Persia, assegnato ai discendenti del generale Selèuco.
Questi regni furono chiamati ellenistici (da Elleni = Greci) per la prevalenza attribuita a tutto ciò che provenisse dalla Grecia, dalla lingua all' arte e al costume.
Se la civiltà greca ha esercitato una così forte influenza su tutta la nostra cultura, ciò è dovuto in gran parte alla sua divulgazione promossa dall' ellenismo. I regni ellenistici ebbero una storia durata quasi tre secoli, fino alla successiva conquista da parte dei Romani, e furono molto spesso in lotta fra loro.
Le continue guerre li indebolirono e favorirono un lento processo di disgregazione. Parti di territorio si staccarono e sorsero regni più piccoli e autonomi, come quello di Pergamo, di Bitinia e del Ponto in Asia Minore.
A Oriente, invece, si formarono i regni dei Parti, in Persia, e dei Battriani, nel territorio corrispondente all' odierno Afghanistan.
Economia e società negli Stati ellenistici
Nel periodo ellenistico l'Egitto conobbe una nuova fase di prosperità e ricchezza, durante la quale Alessandria divenne un grande centro commerciale e un porto famoso.
Anche Pergamo ebbe un notevole sviluppo, Anche Pergamo ebbe un note e così pure Rodi e Antiochia, capitale del regno di Siria.
La lingua greca si diffuse La lingua greca si diffuse non solo come lingua della cultura, ma anche dell' economia e della tecnica, perché il commercio veniva praticato soprattutto da mercanti greci. Costoro svilupparono anche il credito e il sistema bancario. L'oro e l'argento vennero utilizzati per coniare , nuove monete, che favorirono grandemente gli scambi commerciali, praticati su larga scala: dal territorio dell' odierna Russia meridionale, attraverso il mar Nero e il Mediterraneo, fino alle coste oggi francesi e spagnole e alla città fenicia di Cartagine.
Ancora una volta, poi, scoppiarono rivolte sociali (in Egitto e in Siria), dovute al fatto che le ricchezze ottenute con il commercio non venivano equamente distribuite.
Quanto alla Grecia, non solo aveva ormai perso la sua stabilità, ma subiva anche la concorrenza economica dei regni orientali, che finiva per impoverirla.
L'adozione del greco come lingua comune ebbe un'importanza enorme nel favorire la diffusione della cultura greca. Ogni popolo continuò a mantenere le proprie tradizioni e i propri valori, ma la cultura adottata dai gruppi sociali più ricchi fu senza dubbio quella greca.
Le città furono costruite secondo i modelli greci: con teatri, palestre, terme, ippodromi, biblioteche, templi e altari. Nelle più grandi città del tempo, da Alessandria a Tiro, da Antiochia ad Atene, poeti, storici, matematici, ingegneri, astronomi scrissero e pubblicarono le loro opere in greco.
Sorsero anche nuovi generi letterari: il mimo, breve composizione teatrale di argomento comico; l'idillio, poema di argomento pastorale; il romanzo d'avventura e il romanzo d'amore, la novella; si diffuse la favola, d'origine orientale, che, tradotta in greco da Esopo (VI secolo a.C), ha avuto un successo straordinario fino a oggi.
Anche nella scultura e nella pittura si ebbero alcune novità. La scultura in particolare tentò di rappresentare i sentimenti e le emozioni dell'uomo, ma riuscì anche a cogliere momenti della vita quotidiana, raffigurati con grande realismo.
Il settore scientifico ebbe un grande sviluppo: vi furono studiosi di grande rilievo nel campo della matematica, della geometria, dell' astronomia, della medicina. Non bisogna tuttavia dimenticare che molte conoscenze trasmesseci in lingua greca dagli studiosi dell' epoca erano tuttavia frutto di studi e ricerche precedenti.
Infine, l'influenza greca e la diffusione in tutto il mondo orientale di una base culturale comune modificarono anche la vita religiosa. Si diffusero infatti i culti legati a divinità come Dioniso e Orfeo, che davano a tutti la speranza di una vita oltre la morte. Tali culti ebbero un'enorme diffusione