La Questione medio-orientale
(fino al 2000)

Sin dalla fine dell'800 il sionismo alimentò un flusso di Ebrei verso la Palestina, tanto che, dopo che la regione fu assegnata come mandato all'Inghilterra nel 1923, si affacciò il progetto, rimasto allora irrealizzato, della costituzione di uno stato ebraico.

Negli anni Trenta e dopo la seconda guerra mondiale, in conseguenza delle atroci persecuzioni naziste, l’immigrazione degli Ebrei sopravvissuti al genocidio si fece più intensa, determinando la crescente ostilità dei Palestinesi che dal 1947 condussero contro i nuovi venuti una vera e propria guerriglia.

Nel maggio del 1948 gli Inglesi, impotenti a sedare le tensioni locali, si ritirarono dalla Palestina, e gli Ebrei, in esecuzione di un deliberato dell’ONU del 29 novembre 1947, costituirono la Repubblica d’Israele.

Immediatamente aggrediti dagli Stati Arabi confinanti, fra i quali l’Egitto svolgeva una parte di primo piano, gli Israeliani respinsero l’attacco e riuscirono ad ampliare i propri confini; ma gli armistizi firmati nel 1949 non aprirono affatto un periodo di pace, perché il problema dei Palestinesi, rimase insoluto e alimentò una costante guerriglia.

La “diaspora” dei Palestinesi, molti dei quali vivevano in campi profughi nei Paesi confinanti con Israele, cresceva di numero fino a sfiorare i due milioni di persone, e le bande armate palestinesi, si riunivano all’inizio del 1969 nell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (O.L.P.), capeggiata da Yasser Arafat. Pertanto la tregua che seguì alla guerra dei sei giorni fu insanguinata dalle azioni terroristiche palestinesi e dalle violente rappresaglie israeliane.

Intanto con gli accordi di Camp David l’Egitto ottenne la restituzione del Sinai e stipulò con Israele un trattato di pace nel marzo del ’79.

Gli accordi di Camp David prevedevano ulteriori negoziati, i quali non furono mai avviati. L’ostacolo principale, infatti, veniva ora dagli Stati Arabi e dall’OLP, traditi dall’Egitto ed indisposti a qualsiasi negoziato col “nemico storico”.

Ma a partire dalla metà degli anni ‘80, furono proprio i Paesi dell’OLP a dichiararsi disposti a trattare con Israele e a riconoscerne l’esistenza in cambio del suo ritiro dai territori occupati (Cisgiordania e Gaza), dove sarebbe dovuto sorgere uno stato palestinese.

A questo punto furono i dirigenti israeliani a rifiutare la trattativa con l’OLP di Arafat, considerata un’organizzazione terroristica, e a opporsi alla creazione di uno Stato palestinese, visto come una minaccia permanente all’esistenza stessa di Israele.

La tensione crebbe ulteriormente quando, a partire dall’87, i Palestinesi che vivevano nei territori occupati diedero vita ad una lunga rivolta conosciuta come ‘intifada’ (risveglio) contro gli occupanti israeliani, che reagirono con una forte repressione.

I riflessi della situazione si fecero sentire anche in Libano, dove i leader dell’OLP avevano trasferito le loro basi dopo il settembre del ‘70. Dal ‘75 il Libano entrò in una sanguinosa guerra civile in cui tutte le fazioni combattevano contro le loro milizie armate, colpendo anche la popolazione civile; la situazione degenerò nell’82 quando l’esercito israeliano si spinse fino a Beirut per scacciare l’OLP. Lì fu inviata anche una forza multinazionale di pace composta da Stati Uniti, Francia, Italia ed Gran Bretagna col compito di consentire l’evacuazione dell’OLP, il cui centro dirigente fu trasferito a Tunisi.

Dopo la guerra del golfo, gli Stati Uniti cercarono di approfittare della situazione favorevole creatasi in seguito alla sconfitta irachena e all’indebolimento del fronte arabo radicale, per rilanciare il processo di pace in tutto il Medio Oriente. Grazie al presidente americano George Bush e alla mediazione del segretario di Stato americano James Baker, nell’ottobre del ’91, fu convocata a Madrid la prima sessione di una conferenza di pace sul Medio Oriente, in cui i rappresentanti del governo israeliano incontrarono delegazioni dei paesi confinanti ed esponenti palestinesi dei territori occupati.

Un ulteriore spinta al processo di pace venne, nel giugno 1992, dalla vittoria del Partito laburista nelle elezioni politiche israeliane, dopo quasi un ventennio di egemonia del fronte nazionalista (il Likud). Il primo ministro, Itzhak Rabin, bloccò i nuovi insediamenti ebraici nei territori occupati e si mostrò più propenso dei suoi predecessori a concessioni territoriali in cambio di pace con i paesi confinanti. Ma la svolta storica si ebbe nel ’93 quando Rabin e il ministro degli Esteri Shimon Peres presero la sofferta decisione di rimuovere il principale ostacolo che si opponeva al progresso dei negoziati e di trattare direttamente con l’OLP, approfittando della disponibilità di un Arafat indebolito per l’appoggio dato a Saddam Hussein nella guerra del golfo e isolato all’interno dello stesso mondo arabo.

Un negoziato segreto portò ad un primo accordo fondato sul reciproco riconoscimento e su un avvio graduale dell’autogoverno palestinese nei territori occupati, a partire da Gerico, in Cisgiordania e dalla striscia di Gaza. Il 13 settembre del ‘93 l’accordo fu solennemente sottoscritto a Washington da Rabin ed Arafat sotto il ‘patrocinio’ del neo presidente americano Clinton.
Ma su tale negoziato pesava un numero di quesiti senza risposta: forme e tempi dell’autogoverno, il destino degli insediamenti ebraici nei territori, la sorte di Gerusalemme proclamata capitale eterna ed indivisibile d’Israele. L’attività terroristica dei gruppi integralisti israeliani s’intensificò in seguito agli accordi di Washington e portò all’uccisione del premier Rabin, avvenuta a Tel Aviv il 4 novembre 1995. Privato del suo leader, il partito laburista perse di misura le elezioni del ‘96, vinte dal Likud di Netanyahu.

La vittoria dei nazionalisti ha bruscamente arrestato il processo di pace, ma nel 1998, ancora sotto la supervisione di Clinton Netanyahu ‘spontaneamente’ firma con Arafat un nuovo accordo che prevede il ritiro israeliano da un’altra parte di territori occupati in cambio di un maggior impegno palestinese nella lotta contro il terrorismo.

Cronologia

il Medio Oriente dal 1990

• 31 gennaio 1990:
la guerra civile in Libano si aggrava con uno scontro interno alle armate cristiane, che avrà termine solo nell'ottobre, quando le forze governative, con l'aiuto dei Siriani, riprenderanno in mano la situazione.

• 22 maggio 1990:
lo Yemen del Nord e lo Yemen del Sud, dopo lunghi negoziati, giungono all'unificazione.

• 2 agosto 1990:
l'Iraq invade il Kuwait, che accusa di fare una politica di ribasso del prezzo del petrolio e contro il quale rivendica il possesso di un'area ricca di petrolio. L'ONU, pochi giorni dopo, stabilisce (con la sola astensione dello Yemen e di Cuba) un embargo commerciale, finanziario e militare. Già il 7 agosto, con l'accordo del governo saudita, truppe e aerei americani sono inviati in Arabia Saudita. Saddam Husayn, tuttavia, dichiara l'annessione del Kuwait, e invita tutti gli Arabi e i musulmani a liberare La Mecca. I Palestinesi vedono in Saddam un liberatore e ne appoggiano la causa; anche la Giordania (in cui i Palestinesi sono la maggior parte della popolazione) si rifiuta di condannare Saddam.

• 10 agosto 1990:
la Lega araba si mostra divisa, ma in un summit al Cairo decide, a stretta maggioranza, di condannare l'Iraq e d'inviare un contingente militare in Arabia. Della coalizione anti-Iraqena fanno parte, oltre ai paesi del Golfo, anche Egitto, Siria, Marocco. Saddam vincola il proprio ritiro dal Kuwait al ritiro israeliano dai Territori occupati e al ritiro siriano dal Libano.

• 29 novembre 1990:
Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU (con il voto contrario di Cuba e Yemen e con l'astensione della Cina) autorizza l'uso della forza per ristabilire la sovranità del Kuwait, a partire dal 15 gennaio 1991.

• 17 gennaio 1991:
ha inizio l'operazione "Tempesta nel Deserto". Dalle portaerei nell'Oceano Indiano e dalle basi nella penisola araba e in Turchia, gli aerei della coalizione anti-Iraqena iniziano una serie di bombardamenti sull'Iraq e sulle postazioni Iraqene in Kuwait. Nei giorni successivi, Israele è colpito da missili Iraqeni, ma non reagisce; non riesce così il tentativo Iraqeno di far uscire dalla coalizione i Paesi arabi.

• 24 febbraio 1991:
l'operazione "Tempesta nel deserto" si conclude con una breve e violentissima offensiva terrestre che libera il Kuwait e costringe l'Iraq a una resa senza condizioni. I danni alle città e alle strutture industriali provocati dal breve conflitto sono ingentissimi. Il regime di Saddam, pur in difficoltà, regge; insurrezioni degli sciiti nel sud e dei Curdi nel nord dell'Iraq sono represse nel sangue. Due milioni di Curdi cercano di fuggire verso la Turchia e l'Iran. Nell'aprile successivo, l'ONU impone all'Iraq precise condizioni per un definitivo cessate il fuoco: riconoscimento delle frontiere con il Kuwait ed eliminazione delle armi di distruzione di massa. Saddam pone, negli anni seguenti, molti ostacoli a un effettivo controllo internazionale. Ancora nel gennaio 1993 avrà luogo un attacco missilistico americano di rappresaglia contro Baghdad. L'embargo dell'ONU, negli anni successivi, porta l'Iraq, tenuto ai margini dalla comunità internazionale, a una gravissima crisi economica.

• 6 marzo 1991:
per trovare una soluzione al problema palestinese, riportato in primo piano durante la guerra del Golfo, il presidente americano George Bush inizia un'intensa serie di contatti con le parti interessate. In Israele il governo conservatore di Yitzak Shamir mostra nell'agosto seguente qualche cauta apertura a un dialogo con la Siria e gli Arabi. Nel giugno, re Hussein di Giordania (uscito indebolito dalla guerra del Golfo per l'appoggio dato a Saddam) cerca di rilanciare un processo di pace proponendo contatti diretti fra la Giordania e Israele.

• 31 ottobre 1991:
iniziano a Madrid i negoziati fra israeliani e - separatamente - Siriani, Libanesi, Giordani/Palestinesi. A varie riprese, gli incontri proseguono fino all'estate 1992.

• 23 giugno 1992:
il Partito laburista vince le elezioni in Israele. Il nuovo primo ministro, Yitzak Rabin annuncia che obiettivo prioritario del nuovo governo sarà la costituzione di un regime di autonomia nei Territori occupati. Cessa di conseguenza l'insediamento di coloni nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Nei mesi seguenti, le trattative sono comunque sospese per lunghi periodi in conseguenza di azioni di rappresaglia israeliane nel sud del Libano e dell'espulsione (nel dicembre 1992) di 415 Palestinesi accusati di appartenere all'organizzazione terroristica Hamas.

• 24 marzo 1993:
Ezer Weizman è eletto presidente di Israele. Succede a Chaim Herzog.

• 14 aprile 1993:
Israele accetta la risoluzione dell'Onu che impone il suo ritiro dalla Cisgiordania e da Gaza.

• 13 settembre 1993:
dopo una serie d’incontri segreti, accordo fra Israele (con il suo primo ministro Rabin) e l'OLP (con Arafat) sulla creazione di una regione autonoma palestinese nella Striscia di Gaza e nella città di Gerico. L'Organizzazione per la Liberazione della Palestina annuncia il riconoscimento di Israele. L'accordo (che fra l'altro prevede il ritiro delle forze israeliane entro la primavera 1994) trova contrasti sia nella destra israeliana e presso i coloni, sia all'interno dell'OLP, e la rivolta dell'intifada (iniziata nel 1987) tende a inasprirsi.

• dicembre 1993:
un "accordo fondamentale" fra il Vaticano e Israele segna la riconciliazione fra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico. Le relazioni diplomatiche saranno ufficialmente inaugurate il 15 giugno 1994.

• gennaio e febbraio 1994:
i contatti per il perfezionamento dell'accordo fra Israele e OLP proseguono (Peres e Arafat si incontrano al Cairo il 10 febbraio per firmare gli "accordi sulla sicurezza").

• 25 febbraio 1994:
un estremista israeliano uccide decine di palestinesi in preghiera nella moschea di Hebron. Dopo il massacro (e gli scontri che vi fanno seguito) aumentano le pressioni internazionali per una più rapida conclusione delle trattative. Durante l'anno si moltiplicano gli attentati, soprattutto ad opera degli estremisti islamici di Hamas, che però non sembrano arrestare il processo di pace.

• 4 maggio 1994:
al Cairo vengono firmati gli accordi fra Israele e OLP per le modalità di applicazione dell'autonomia palestinese. Maggio - luglio 1994: guerra civile in Yemen, per il tentativo di secessione del Sud. Dopo aspri scontri, Aden viene occupata dalle truppe del Nord e il 30 luglio, con la mediazione della Russia, si giunge al cessate il fuoco.

• 26 ottobre 1994:
firma del trattato di pace fra Israele e Giordania.

• marzo 1995:
massiccia offensiva dell'esercito turco contro le basi dei separatisti curdi nell'Iraq settentrionale.

• 1 maggio 1995:
il presidente americano Clinton decreta l'embargo contro l'Iran, accusato di favorire il terrorismo degli integralisti islamici e di preparare la bomba atomica.

• 25 maggio 1995:
le trattative fra Israele e la Siria portano a un accordo preliminare per dare il via alla smilitarizzazione delle alture del Golan.

• 28 settembre 1995:
a Washington Arafat e Rabin firmano l'accordo per l'estensione dell'autonomia alla Cisgiordania. Entro marzo 1996 l'autonomia, già riconosciuta ai Palestinesi di Gaza e di Gerico, sarà estesa ad altre sette città della Cisgiordania (fra cui Betlemme, Nablus e parzialmente Hebron).

• 15 ottobre 1995:
in Iraq Saddam Husayn è rieletto presidente.

• 4 novembre 1995:
Yitzak Rabin viene assassinato a Tel Aviv, durante una manifestazione per la pace, da un estremista ebreo; il giorno dopo viene nominato primo ministro Shimon Peres.

• 24 dicembre 1995:
alle elezioni anticipate in Turchia, affermazione degli islamici (RP, Partito della prosperità).

• 20 gennaio 1996:
prime elezioni nelle Regioni autonome palestinesi: Arafat viene eletto presidente con l'88,1% dei voti. Uno dei primi atti del nuovo Consiglio dell'Autonomia dovrà essere, secondo gli accordi, la cancellazione degli articoli della Costituzione che prevedono la distruzione dello stato d'Israele. Ancora a fine febbraio, però, alcuni attentati di estremisti palestinesi in Israele rendono incerto il futuro degli accordi.

• 29 maggio 1996:
elezioni in Israele. Con l'avanzata elettorale dei partiti religiosi, vince di strettissima misura il leader del Likud, Benjamin Netaniahu, che afferma di voler continuare il processo di pacificazione, rive ll'ONU definisce illegale la decisione di Israele di imporre la propria giurisdizione su Gerusalemme est.

• 8 luglio 1996:
in Turchia si insedia per la prima volta un governo presieduto da un islamista, N. Erbakan.

• 2 settembre 1996:
in Iraq l'esercito sferra un'offensiva contro le fazioni dei Curdi filo-iraniani nel nord del paese, in zona interdetta dall'ONU. La pronta rappresaglia degli USA (lancio di missili su obiettivi militari) provoca reazioni negative nel mondo arabo.

• 11 - 27 settembre 1996:
in Afghanistan i Talebani (studenti di religione), islamici fondamentalisti, ben armati, con una rapida avanzata giungono a occupare gran parte del paese, compresa la capitale Kabul, rovesciano il governo e instaurano un regime che impone la legge islamica.

• 9 dicembre 1996:
entra in vigore la risoluzione dell'ONU n. 986, che autorizza l'Iraq a vendere petrolio per acquistare viveri e medicinali.

• 15 gennaio 1997:
nuovo accordo fra Israele e l'Autorità palestinese per il ritiro dell'esercito israeliano da Hebron e dalla Cisgiordania fra il marzo 1997 e l'agosto 1998. Ma già nel marzo 1997 l'accordo entra in crisi per la decisione del governo israeliano di costruire un quartiere ebraico a Gerusalemme est. Le difficoltà si acuiscono dopo alcuni attentati suicidi a Gerusalemme. Anche la liberazione da parte di Israele del capo spirituale del movimento integralista di Hamas non ha effetti significativi.

• 23 maggio 1997:
in Iran viene eletto presidente della repubblica Mohamed Khatani, che esprime le tendenze moderate e il desiderio di cambiamento di giovani, donne e intellettuali.

• 20 giugno 1997
dopo le dimissioni in Turchia (per le pressioni dei militari) di Erbakan, diventa primo ministro Mesut Yilmaz (dell'ANAP, il Partito della Madre Patria, di tendenze di destra); egli è fautore di una linea di governo laica, che prevede un maggiore aggancio all'occidente e all'economia di mercato.

• ottobre - novembre 1997:
nuova tensione fra gli USA e l'Iraq, dopo la cacciata, da parte di Saddam Husayn, degli ispettori statunitensi della commissione ONU per la verifica del disarmo Iraqeno. Nelle Nazioni Unite c'è comunque forte opposizione all'ipotesi di un intervento militare, minacciata dal governo americano. Dopo un breve periodo in cui la crisi sembra rientrata, la tensione sale di nuovo dopo che, il 13 gennaio 1998, Saddam Husayn impedisce nuovamente le ispezioni agli Americani. All'inizio del febbraio gli USA concentrano imponenti forze aeronavali nel Golfo, sostenendo che non sono necessarie altre risoluzioni dell'ONU per un eventuale attacco. Russia, Cina e Francia insistono nei tentativi diplomatici, la Gran Bretagna appoggia la posizione degli Stati Uniti.

• 16 gennaio 1998:
in Turchia viene dichiarato fuori legge il partito islamico Refah (Partito del benessere), che è il maggior partito dell'opposizione e di maggioranza relativa. L'accusa è di avere attentato alla laicità dello stato dopo la vittoria alle elezioni del 1995.

• 22 febbraio 1998:
la mediazione del segretario dell'ONU Kofi Annan in Iraq spinge Saddam ad accettare, senza condizioni, le ispezioni dell'ONU anche nei "siti presidenziali" (dove si sospetta vengano prodotte armi per la distruzione di massa).

• luglio 1998:
in Afghanistan i viene decisa la chiusura delle scuole per ragazze e dei centri professionali femminili. Prosegue l'avanzata dei talebani nella riconquista della parte settentrionale del paese.

• settembre 1998:
tensione fra Iran e Afghanistan per l'uccisione di un gruppo di diplomatici iraniani ad opera di una fazione dei talebani. Manovre militari dell'esercito iraniano presso il confine.

• 24 ottobre 1998:
accordo, firmato negli Stati Uniti grazie alla pressione di Clinton e alla mediazione di re Hussein di Giordania, fra Israele e Autorità palestinese, per il ritiro israeliano dal 13% del territorio della Cisgiordania.

• Novembre 1998:
ennesima crisi fra Stati Uniti e Iraq; l’intervento armato viene evitato in extremis per la resa di Saddam, che accetta incondizionatamente le ispezioni dell’ONU.

• 25 novembre 1998:
si dimette in Turchia il governo di Mesut Yilmaz, per accuse di corruzione.

• 14 dicembre 1998:
nel corso di una visita del presidente americano Clinton nei territori dell’Autorità palestinese, il Consiglio dell’OLP vota la cancellazione dal proprio statuto della clausola che impone la distruzione di Israele. L’applicazione degli accordi di ottobre sembra riprendere vigore.

• 16 dicembre 1998:
in seguito a un rapporto degli ispettori dell’ONU, in cui si afferma che Saddam ha violato gli accordi, viene effettuato un massiccio bombardamento anglo-americano sull’Iraq. Reazioni contrastanti nel mondo.

• 21 dicembre 1998:
crisi di governo in Israele. Le elezioni si dovrebbero tenere il 17 maggio 1999.

• 7 febbraio 1999:
muore re Hussein di Giordania. Alcune settimane prima della morte, il sovrano aveva designato, come successore, il figlio Abdallah.

• 16 febbraio 1999:
Abdullah Ocalan, il leader del Pkk (Partito dei lavoratori curdi, d’ispirazione marxista, in lotta armata contro la Turchia dal 1984) viene catturato in Kenia e condotto in Turchia. Le circostanze dell’arresto non sono del tutto chiare. Nelle settimane precedenti, dopo la partenza dall’Italia, Ocalan era stato segnalato in vari luoghi d’Europa e si trovava forse da una decina di giorni nell’ambasciata greca di Nairobi. Manifestazioni dei Curdi in vari stati europei, dirette soprattutto contro le ambasciate e i consolati di Grecia.

• Marzo - aprile 1999:
in Afghanistan, con la mediazione dell’ONU i talebani accettano un accordo di pace con l’opposizione del comandante Massud, che prevede la creazione di un governo di unità nazionale. I negoziati, che si prolungheranno ad aprile, dovrebbero concludere venti anni di guerra civile. A metà aprile, però, le trattative sembrano interrotte e i combattimenti riprendono.

• 18 aprile 1999:
elezioni anticipate in Turchia. Drastico calo del partito islamista, mentre cresce di molto il Movimento nazionalista, un partito di estrema destra. Al primo posto il partito del premier uscente Ecevit.

• 17 maggio 1999:
elezioni in Israele: vince di larga misura il candidato laburista Ehud Barak. I primi punti del suo programma sono: trattare il ritiro di Israele dal Libano meridionale e dare attuazione agli accordi di Way Plantation. Al suo trionfo non corrisponde però un'uguale affermazione del suo partito; Barak dovrà dunque dare vita a un governo di larga coalizione. Le trattative si protraggono fino al 30 giugno, quando è varato un governo che esclude il Likud e comprende il partito Shas degli ortodossi.

• 29 giugno 1999:
il processo a Ocalan in Turchia si conclude con la condanna a morte. È previsto un processo di appello e poi la decisione finale dovrà essere presa dal parlamento. Forti pressioni dell'UE per la sospensione della sentenza, mentre il PKK dichiara di abbandonare la lotta armata.

• 8-14 luglio 1999:
manifestazioni di protesta degli studenti in Iran, contro l'ala conservatrice del regime islamico. La protesta, originata dalla decisione di un tribunale religioso di chiudere un giornale riformista, sfocia in violenti scontri a Teheran e a Tabriz, dopo l'intervento, contro gli studenti, della polizia segreta e dei "guardiani della rivoluzione". Gli scontri provocano cinque morti e qualche centinaio di arresti. Il presidente Khatami, a cui gli studenti fanno riferimento e che sembrava in un primo momento appoggiarli, prende le distanze dal movimento e invita le università a mantenersi nella legalità e nell'ordine. La fase degli scontri violenti si chiude con un'imponente manifestazione di appoggio al regime.

• 4 settembre 1999:
con la mediazione del presidente egiziano Mubarak, viene firmato l'accordo fra Israele e Autorità palestinese per il ritiro israeliano da una parte dei territori occupati in Cisgiordania, già deciso a Way Plantation. Pochi giorni dopo, l'Alta Corte israeliana vieta l'uso della tortura da parte dei servizi segreti negli interrogatori dei prigionieri sospettati di attività terroristiche.

• 5 dicembre 1999:
iniziano negoziati di pace fra Israele e la Siria. I primi colloqui, negli Stati Uniti, si bloccano sulla questione del ritiro israeliano dal Golan, ma le trattative non vengono interrotte e riprendono nel gennaio 2000. All'inizio di marzo 2000, Barak afferma la possibilità che l'esercito israeliano abbandoni il Libano meridionale.

• 18 gennaio 2000:
nelle elezioni politiche in Iran trionfa lo schieramento dei progressisti vicini al presidente Khatami, che nel primo turno ottiene circa i due terzi dei seggi in Parlamento. La vittoria è particolarmente evidente a Teheran e nelle grandi città e viene interpretata come un desiderio di democratizzazione interna e di aperture internazionali.

• 26 marzo 2000:
si conclude un lungo viaggio di Giovanni Paolo II in Giordania, Israele e Territori dell’Autorità palestinese. Alcuni gesti di riconciliazione verso il popolo ebraico, di dialogo religioso e di riconoscimento delle aspirazioni dei Palestinesi danno a questo viaggio un valore storico, di alta testimonianza e tensione verso la pace.

• 23 maggio 2000:
dopo 22 anni di occupazione, Israele ritira le sue truppe dal Libano meridionale. Le milizie filo-israeliane libanesi si erano dissolte nei giorni precedenti, anche a seguito di una violenta offensiva dei guerriglieri filo-iraniani hezbollah.

• 10 giugno 2000:
muore in Siria il presidente Hafez el-Assad, che era al potere dal 1970. Gli succede alla presidenza il figlio Bashir el-Assad.

• 25 luglio 2000:
si conclude senza risultati un summit, durato due settimane, fra Israele e l'Autorità Palestinese. Barak e Arafat si sono incontrati a Camp David, negli Stati Uniti, con la mediazione del presidente americano Clinton. Obiettivo era di trovare un accordo globale prima del 13 settembre, data nella quale Arafat ha dichiarato di voler proclamare lo Stato palestinese (la scadenza comunque viene poi differita, per decisione dello stesso Arafat). Le trattative si sono arenate sulla questione di Gerusalemme: sulla parte orientale della città Arafat rivendica la piena sovranità, mentre ritiene inaccettabili proposte di sovranità congiunta.

• 31 agosto 2000:
in Israele viene eletto presidente della repubblica Moshe Katzav, candidato conservatore, che batte il laburista Shimon Peres.

• 27 settembre - 15 ottobre 2000:
una visita del leader della destra israeliana, Ariel Sharon, alla "spianata delle moschee" a Gerusalemme, viene sentita come provocatoria dai palestinesi. Ne segue una rivolta sanguinosa, una nuova intifada, che spinge sia Barak sia Arafat - politicamente indeboliti - su posizioni sempre più radicali, mentre acquistano peso, da una parte e dall'altra, le forze estremiste. Il conflitto si allarga anche al confine fra Israele e il Libano.

Episodi odiosi, come l'uccisione di alcuni bambini palestinesi nel corso dei combattimenti fra manifestanti e forze di sicurezza israeliane, il linciaggio di alcuni soldati israeliani da parte della folla inferocita e i successivi bombardamenti delle forze israeliane, sono soltanto la punta estrema di una situazione che, in assenza di progressi concreti nelle trattative fra Israele e Palestinesi, si è radicalizzata e rischia di sfociare in guerra aperta.

Vi sono anche segnali di una ripresa del terrorismo internazionale fomentato dagli islamici integralisti. L'intervento diplomatico dei paesi dell'area, dell'ONU, degli USA e dell'UE porta a un vertice fra Arafat e Barak il 16 ottobre, che si conclude con un faticoso accordo per far cessare le violenze, ma senza passi concreti sulla ripresa del processo di pace.