Vittorio De Sica

Regista e attore cinematografico e teatrale, nato a Sora nel 1901 e morto a Parigi nel 1974.

La prima apparizione cinematografica di Vittorio De Sica risale al 1918, nel film Il processo Clemenceau di Eduardo Bencivenga.

Ma il debutto vero e proprio nel mondo della celluloide avvenne nel 1926 con il film di Mario Almirante Le bellezze del mondo.

Da quel momento De Sica interpretò più di cento film, coprendo un arco di tempo che va dall'epoca del cinema muto alla stagione dei "telefoni bianchi", dalla rivoluzione neorealista fino alle prove della maturità.

Prima di intraprendere la carriera cinematografica De Sica recitò anche a teatro, dividendosi, in seguito tra l'uno e l'altro.

La sua prima prova teatrale risale al 1923, Sogno d'amore, con la compagnia di Tatiana Pavlova.

Nel 1927 poi la sua carriera teatrale fece un balzo in avanti con l'entrata ufficiale nella compagnia Almirante-Rissone diTofano. Qui recitò Pirandello, e successivamente, divenuto "Primo attore", con altre compagnie portò in scena i testi di Betti, Beaumarchais, Saroyan.

La verità è che Vittorio De Sica seppe coniugare nel migliore dei modi tutti gli aspetti dell'arte dell'attore, e lavorò in teatro, nel cinema, in televisione, sia in Europa che in America, ricoprendo una serie infinita di ruoli che vanno dalla commedia alla tragedia, dalla farsa al dramma.

Nel ruolo di "attor giovane" De Sica ebbe un incredibile successo, divenendo in breve un vero idolo femminile.

Così la sua maschera di bravo ragazzo, un po' intrigante ma comunque gentiluomo, venne trasferita sullo schermo. Lo stesso personaggio aveva il volto scanzonato e il sorriso accattivante, tanto da risultare simpatico anche nelle situazioni pi ingarbugliate.

Dopo alcune prove non del tutto soddisfacenti, il trionfo al cinema arrivò con i film di Mario Camerini, Gli uomini che mascalzoni!, 1932, Darò un milione, 1936, Ma non è una cosa seria, 1936, Il signor Max, 1937, Grandi magazzini, 1939. E di Mario Mattoli, Tempo massimo, 1934, L'uomo che sorride, 1937, Questi ragazzi, 1937.

Le sue prime esperienze di regista, del resto, si rifanno al registro delle commedie sentimentali di questi due autori.
I primi sei film De Sica li realizzò nel periodo della Seconda Guerra Mondiale. Rose scarlatte, 1940, Maddalena zero in condotta, 1941, Teresa Venerdi, 1942, Un garibaldino al convento, 1942, I bambini ci guardano, 1943, e La porta del cielo, 1944.
Sono prove interessanti dove l'autore cerca di scoprire una nuova visione delle realtà, sempre però mantenendosi sulla scia della tradizione cinematografica dell'epoca. Il risultato in ogni caso porta in sé tutta la carica innovatrice che deriva da uno sguardo fresco e ansioso di esperienza.

Più avanti troverà forma compiuta in un discorso più approfondito e innovativo. L'incontro con lo scrittore e sceneggiatore Cesare Zavattini contribuì alla maturazione di temi e prospettive che già erano presenti nelle opere precedenti, senza però trovare la giusta dimensione.

Nell'atmosfera stimolante e effervescente dell'immediato dopoguerra, De Sica, coadiuvato per quanto riguarda la sceneggiatura appunto da Zavattini, girò alcuni dei film più importanti della storia del cinema italiano.

Era il Neorealismo e, insieme a Rossellini e Visconti, De Sica ne fu il promotore e realizzatore.
Sciuscià, 1946, una commovente denuncia sociale sulle condizioni di vita di alcuni ragazzi abbandonati al proprio destino, che l'anno seguente conquistò il Premio Oscar, Ladri di biciclette, 1948, struggente storia di un disoccupato che tenta disperatamente di garantire un futuro alla propria famiglia, che gli valse il secondo Oscar, Miracolo a Milano, 1951, favola lieve e surreale sulla condizione degli emarginati, e Umberto D., 1952, da molti considerato il grande capolavoro di De Sica, film che attirò le ire della censura per via del tragico epilogo (il pensionato protagonista, di fronte alle insuperabili difficoltà economiche, alla fine sceglie di suicidarsi).

Protagonisti di questi indimenticabili film sono attori presi dalla strada, volti vissuti ed espressivi che trasmettono la verità del mondo da cui provengono. Via la finzione delle scene costruite, via gli orpelli del cinema spettacolare: ciò che interessa ora è la capacità di comunicare gli aspetti più veri della realtà quotidiana, senza rinunciare alla poeticità dei grandi ideali e dei sogni che fanno sperare.
L'ispirazione è così sincera, i risultati così eccelsi e l'impegno civile così nobile e alto, che questi film possono a diritto essere considerati come una pietra miliare per tante esperienze cinematografiche successive di tanti altri registi.
Bisogna ricordare, comunque, che l'uscita nelle sale di Sciuscià non fu del tutto positivo. Il pubblico italiano, abituato agli spettacoli americani o ai film di intrattenimento, non apprezzò il realismo della storia. Si racconta che a Milano, dopo la proiezione della pellicola, Vittorio De Sica fu apertamente contestato e accusato di dare una immagine alquanto disastrata della realtà italiana. Il film incassò poco, e il produttore fece debiti che poté risanare solo col film successivo, Ladri di biciclette, il quale a sua volta non piacque in Italia. Una volta conquistato l'Oscar, invece, il film fu distribuito anche in America ed ebbe un successo incredibile, come del resto i successivi.

La struttura narrativa e la realtà vibrante e sofferta che veniva rappresentata in questi film, probabilmente destabilizzavano la capacità di comprensione: era troppo innovativa per essere compresa appieno dal pubblico di allora.

All'estero, al contrario, apprezzarono molto proprio il fatto che un regista potesse avere il coraggio di mostrare la realtà complessiva di un Paese sconvolto dalla guerra ma in ogni caso vitale e poetico. Con Miracolo a Milano, De Sica volle fondere realtà e magia in un'unica storia che voleva essere un messaggio di bontà ad ogni costo.

Una curiosità è questa: tanti anni dopo, precisamente nel 1982, Steven Spielberg riprenderà la famosa scena finale del film di De Sica (dove i barboni spiccano il volo verso la libertà) per permettere al suo E.T. l'extraterrestre di volare sulla bicicletta del bambino che lo protegge e di fuggire via.

Molti sono infatti i debiti che il cinema di tutto il mondo deve a De Sica. Per Umberto D. la critica e il pubblico si divise sul giudizio fino a spaccarsi in contrapposizioni nette e dai toni violenti. Oggi, a rivederlo, le polemiche del tempo appaiono esagerate e legate alla società italiana dei primi anni Cinquanta.
E i testi di critica cinematografica lo riportano come uno degli esempi migliori dell'esperienza neorealista e anche come la fine stessa di quel rinnovamento artistico. Il piano espressivo è di indubbio valore estetico: le inquadrature hanno un respiro autonomo rispetto all'impianto narrativo, sperimentano nuove prospettive, il montaggio si alterna senza spezzare la continuità dell'azione.
Proprio per questo il maggior entusiasmo per il film è stato dimostrato dal critico francese André Bazin.

In seguito, De Sica girò Stazione Termini, 1953, coproduzione americana, L'oro di Napoli, 1954, film a episodi (De Sica è il protagonista de I giocatori) che in qualche modo cercava di soddisfare sia le esigenze del pubblico che lo stile del neorealismo.

Sempre di quel periodo è l'interpretazione nel film Pane, amore e fantasia, 1953: opera che segnò l'inizio di una stagione, cosiddetta del "neorealismo rosa", che portò molti successi a De Sica come attore brillante.

Dopo Il tetto, 1956, opera poco convincente, firmò la regia de La ciociara, 1960, film che gli valse il terzo Oscar. Il cinema di De Sica cominciò da questo punto a diventare più di maniera, a ricalcare schemi già collaudati e quindi meno originali, pur mantenendo la dolcezza e l'intensità dell'ispirazione dei lavori precedenti.

Nella produzione successiva trovarono spazio film ben girati e sempre espressivamente notevoli, ma sostanzialmente privi di motivi innovatori come quelli del dopoguerra. Nell'elenco troviamo:Il giudizio universale, 1961, Boccaccio '70 (episodio La Riffa), 1962, I sequestati di Altona, 1962, Il boom, 1963, Ieri, oggi, domani 1963, Matrimonio all'italiana, 1964, Un mondo nuovo, 1965, Caccia alla volpe, 1966, Le streghe (episodio Una sera come le altre), 1967, Sette volte donna, 1967, Amanti, 1968, I girasoli, 1970, Il giardino dei Finzi - Contini, 1970, film che vinse ancora una volta un Oscar, oltre che l'Orso d'Oro a Berlino, Le coppie (episodio Il leone), 1970, Lo chiameremo Andrea, 1972, Una breve vacanza, 1973, Il viaggio, 1974.

Per questi ultimi film, valgono le parole dello stesso Vittorio De Sica che fa un bilancio della sua carriera: "Mi sono dovuto piegare a un tipo di cinema prettamente commerciale, privo di personalità, ispirazione... I produttori non riescono a vedere alcuna poesia nei sentimenti degli uomini."