Maximilien de Robespierre

nacque ad Arras nel 1758, una cittadina nel nord est della Francia, verso l'attuale Belgio.

La sua famiglia era di nobili origini, come testimonia il "de", ma ormai era decaduta e si poteva considerare come appartenente alla media-piccola borghesia.

Orfano di padre, fu cresciuto dal nonno. Si impegnò molto nello studio della legge: riuscì ad entrare e a laurearsi nel prestigioso collegio Louis le Grand di Parigi, dove vinse ogni anno una borsa di studio per il suo grande impegno.

 

La sua carriera di avvocato non fu per niente straordinaria, preferiva al denaro e alla fama la difesa della giustizia.

Ad esempio, difese una giovane insidiata dal curato di Arras, causa che nessuno voleva sostenere e che Robespierre vinse, creandosi numerose antipatie a causa dell'opposizione alla classe clericale, allora ritenuta intoccabile.

Inoltre difese il parafulmine di Benjamin Franklin, invenzione che era ritenuta in qualche modo empia, sempre con buon risultato.

Il suo esordio in politica fu molto incerto ma riuscì ugualmente a vincere le elezioni locali e a partecipare alla convocazione degli stati generali a Parigi come deputato per l'Artois. Sebbene non spiccasse molto durante le prime riunioni del terzo stato, pian piano riuscì a farsi breccia più per i contenuti dei suoi discorsi che per la sua abilità oratoria.

Dopo esser divenuto il leader del club dei Giacobini, spinse il governo a cacciare i nobili, ma non fu ascoltato. Il re e tutta la nobiltà in generale, continuavano a comandare indirettamente la politica e gli affari interni del paese.

Dopo la caduta della monarchia, nell'agosto 1792, Robespierre fu eletto come rappresentante di Parigi alla Convenzione nazionale e, insieme a Danton, diresse il processo contro Luigi XVI opponendosi ai girondini che volevano assolvere il re e votò per la sua esecuzione e quella di Maria Antonietta.

Nel maggio 1793, sostenuto dal popolo di Parigi, costrinse i girondini ad abbandonare la Convenzione nazionale. Quando ormai la nobiltà era riuscita ad impadronirsi nuovamente del potere non c'era più nulla da fare, bisognava estrometterla radicalmente dalla scena politica. Fu usato un metodo poco ortodosso, visto però come unica salvezza. In effetti la ghigliottina rallentò il processo di corruzione del governo, ma Robespierre si accorse che gli interessi di molti politici non coincidevano più con quelli del popolo.

Dette inizio al sanguinario periodo chiamato Terrore, un bagno di sangue a suo parere necessario, per "lavare" la Francia da ogni contaminazione dell' "Antico Regime". È difficile dare un giudizio sull'operato di Robespierre durante il Terrore, non si capisce se la sua fosse smania di potere o un estremo tentativo di applicare una giustizia divina che pochi uomini comprendono.

Bisogna ricordare che il Terrore fu istituito da Robespierre ma fu sfruttato solo da altri per scopi criminali; infatti non si può capire come egli sia diventato malvagio in così poco tempo: è più plausibile l'ipotesi di una sfrenata ricerca della giustizia, sconfinata nella follia.

Robespierre, temendo la perdita di un controllo morale, proclamò religione dello stato il culto laico dell'Ente Supremo, che era basato sulle teorie deistiche di Rousseau. Il decreto, però, gli attirò l'ostilità sia dei cattolici che degli atei; questo, unito al timore per la propria incolumità di molti membri della Convenzione nazionale e del club dei giacobini, e a una certasicurezza derivata dalle vittorie militari francesi all'estero, fece convergere le diverse correnti contrarie a Robespierre, che organizzarono una congiura per rovesciarlo.

Il 27 luglio 1794, durante la Convenzione nazionale, gli venne negata la parola e poco dopo fu arrestato. Liberato dai suoi sostenitori, venne nuovamente catturato dalle milizie della Convenzione e il 28 luglio fu ghigliottinato assieme a 19 suoi fedeli partigiani.