JOSIF ZHUGASHVILI STALIN

STALIN: CRONOLOGIA DELLA VITA

LA VITA, LE OPERE, LA POLITICA

LA COLLETTIVIZZAZIONE FORZATA DELLE CAMPAGNE

I CONTADINI NEI KOLCHOZ

IL "COMUNISMO DI GUERRA"


STALIN: CRONOLOGIA DELLA VITA

1879: il 22 dicembre nasce a Gori, in Georgia, da Visarion Ivanovic Zhugashvili e da Ekaterina Gheorghievna Cheladze.

1894: dopo aver frequentato la scuola teologica, entra nel seminario di Tiflis.

1898: collabora con i marxisti di Tiflis alla redazione del giornale "Kvali".

1899: il 21 luglio è espulso dal seminario teologico di Tiflis.

1900: il 1° maggio tiene il suo primo discorso pubblico.

1901: il 24 novembre viene chiamato a far parte del comitato socialdemocratico di Tiflis.

1902: il 18 aprile viene condannato per la prima volta.

1903: in febbraio diventa membro del comitato federale del Caucaso. In novembre è deportato in Siberia.

1904: riesce a fuggire dalla Siberia. Si lega ai bolscevichi di Tiflis.

1905: anno di scioperi in tutta la Russia. Il 9 dicembre Trotsky viene eletto presidente dei Soviet di Pietroburgo. Stalin incontra Lenin durante una conferenza a Tammerfors, in Finlandia.

1906: escono alcuni opuscoli pubblicati da Stalin.

1908 - 1911: in questi anni viene per due volte arrestato e deportato in Siberia, luogo dal quale riesce a fuggire entrambe le volte.

1912: in febbraio è chiamato a far parte del comitato centrale diretto da Lenin.

1912 - 1913: viene arrestato e deportato in Siberia per due volte; la prima riesce a fuggire, la seconda deve invece attendere di essere liberato dall’esilio, cosa che avviene nel 1917.

1917: liberato dall’esilio va a Pietrogrado dove , con Kamenev e Muranov, assume la direzione della "Pravda". Viene inoltre eletto a far parte del comitato centrale. Con Kamenev, Lenin, Trotsky va a far parte del nuovo governo rivoluzionario provvisorio formatosi a seguito dello scoppio della rivoluzione d’ottobre.

1918: al 3° congresso dei Soviet a Pietrogrado viene eletto a Parlamento il comitato esecutivo centrale (composto da Lenin, Trotsky, Stalin, Proscian e Karelin) e ad organo esecutivo il Consiglio dei Commissari del Popolo. Il 27 aprile Stalin viene nominato plenipotenziario per i negoziati con l’Ucraina. Dopo che il governo sovietico ha ripudiato il trattato di Brest - Litovsk, crea un Consiglio della Difesa costituito da Lenin, Trotsky, Krasin, Sverdlov e Stalin stesso.

1919: Stalin, Bucharin, Zinoviev, Trotsky, Lenin sono i delegati russi presenti al congresso inaugurale della 3° Internazionale che si svolge in marzo.

Kamenev viene nominato comandante supremo delle forze armate; Stalin è favorevole ai piani strategici di Kamenev che sono però in disaccordo con quelli di Trotsky. In ottobre i piani di Kamenev vengono modificati e nei due mesi successivi le armate controrivoluzionarie sono distrutte. Quest’anno vede anche il diffondersi in Russia di una crisi molto profonda.

1921: l’11 febbraio ordina all’esercito rosso di invadere la Georgia. Al 10° congresso del partito riesce a far nominare Molotov, Michailov e Jaroslavski nella segreteria del partito. Si verifica l’insurrezione di Kronstad.

1922: viene eletto segretario generale del partito con Molotov e Kuibysciov come assistenti . Il triumvirato Zinoviev - Kamenev - Stalin sostituisce Lenin, costretto ad abbandonare l’attività politica a causa di un attacco apoplettico.

1923: Stalin membro principale del triumvirato. Il comitato centrale viene riformato e diventa un organo di polizia segreta. Zinoviev accusa Trotsky di tradimento.

1924: Trotsky condannato. Il 21 gennaio muore Lenin; cinque giorni dopo, Stalin, al 2° congresso dei Soviet, legge il giuramento di fedeltà.

1925: Zinoviev e Kamenev rompono con Stalin e si uniscono a Trotsky.

1927 - 1938: in questo decennio Stalin procede alla distruzione di quasi tutta la vecchia guardia del bolscevismo. Alcune importanti personalità bolsceviche vengono processate ed arrestate , altre esiliate o deportate in Siberia , altre ancora sono fucilate.

1939: Stalin pone Molotov al Commissariato per gli Esteri, sostituendo Litvinov. Il 29 novembre la Russia dichiara guerra alla Finlandia.

1940: l’URSS annette l’Ucraina, la Russia bianca, le tre Repubbliche baltiche, la Bessarabia e parte della Bucovina. Per sostenere gli sforzi bellici Stalin ordina il rafforzamento dell’industria pesante russa.

1941: Stalin Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo. Il 22 giugno le truppe tedesche varcano il confine dell’Unione Sovietica. Viene costituito un Comitato per la Difesa Nazionale presieduto da Stalin e del quale fanno parte anche Molotov, Voroscilov, Malenkov e Beria.



Stalin viene nominato inoltre comandante in capo delle Forze Armate e Commissario per la Difesa.

1942 - 1945: Stalin e l’URSS nella seconda guerra mondiale.

1946: Comincia la "sovietizzazione" dei territori occupati. Stalin ha il primo attacco di cuore.

1947 - 1953: Stalin, Molotov, Viscinskij e Zdanov attaccano politicamente tutte le posizioni dell’Occidente.

Il 2 marzo 1953 Stalin muore a Mosca.

LA VITA, LE OPERE, LA POLITICA

Il padre di Stalin, Visarion Ivanovic Zhugashvili, nacque come servo della gleba di proprietà di un latifondista georgiano. Riuscì tuttavia ad emanciparsi dalla schiavitù e ad abbandonare il villaggio per cercare migliori condizioni di vita come artigiano indipendente. Giunto a Gori sposò Ekaterina Gheorghievna Cheladze, una ragazza di umili origini, futura madre di Stalin. Ekaterina diede alla luce tre figli, i quali morirono però subito dopo il parto. Il 21 dicembre 1879 nacque il quarto figlio di Ekaterina, Stalin. Al fonte battesimale gli venne dato il nome di Giuseppe. Della sua infanzia si sa ben poco, mentre è noto che nel 1916 venne dichiarato non idoneo a prestare il servizio militare. La giovinezza di Stalin trascorse nella povertà e nello squallore; invano il padre aveva cercato di uscirne rinunciando alla bottega e trasferendosi a Tiflis per lavorare in una fabbrica di scarpe.

Dopo aver frequentato per cinque anni la scuola di Gori, venne iscritto al seminario di Tiflis. I cinque anni qui trascorsi furono decisivi per la formazione culturale ed intellettuale di Stalin.

All’interno del seminario vigevano regole molto rigide, imposte da austeri monaci, e ogni infrazione alle regole veniva punita con la reclusione in celle.

All’inizio del terzo anno del seminario, i monaci cominciarono a notare che il diligente allievo Stalin (che allora non possedeva ancora tale pseudonimo) si stava avvicinando alle teorie socialiste e marxiste. Egli infatti aderì all’organizzazione socialista clandestina Messame Dassy, all’interno della quale gli fu affidato il compito di dirigere i circoli di studi dei lavoratori.

Nel 1899 non si presentò agli esami in seminario e, non riuscendo a fornire una valida giustificazione, venne espulso.

Due anni più tardi entrò a far parte del partito socialdemocratico della Georgia e poté così dedicarsi interamente all’attività rivoluzionaria; per l’occasione adottò il suo primo pseudonimo, Koba. Le prime attività nelle quali fu impegnato furono l’organizzazione di scioperi e dimostrazioni e la collaborazione alla redazione di pubblicazioni clandestine; questo gli costò la deportazione in Siberia, dalla quale riuscì poi ad evadere e a riprendere la sua attività, stavolta tra le file dei bolscevichi di Lenin. Negli anni che seguirono, Stalin fu più volte deportato in Siberia, riuscendo spesso a fuggire e continuando poi a operare clandestinamente all’estero. L’ultima volta che venne deportato, in particolare, venne liberato grazie alla rivoluzione di febbraio.

Per quanto riguarda le vicende rivoluzionarie dell’ottobre, egli non rivestì in quell’occasione ruoli particolarmente importanti, ma è comunque noto che in quegli anni fu commissario alle nazionalità e che sostenne, attraverso la scrittura di opere e trattati, il concetto di "autodeterminazione dei popoli".

La sua ascesa al potere fu molto veloce: nel 1921 abolì l’indipendenza georgiana e l’anno successivo venne eletto segretario generale, carica questa che gli permise di avere in mano il controllo sull’organizzazione e di rafforzare il proprio potere nei confronti di altri possibili successori di Lenin, il quale troppo tardi si accorse della slealtà e dell’arroganza di Stalin; a nulla servì il suo testamento nel quale esprimeva la necessità di trovare un altro e più idoneo segretario generale: Stalin infatti s’insediò al vertice del regime, liquidò l’opposizione di sinistra, rappresentata da Trotsky, Zinov’ev e Kamenev, con l’aiuto di Bucharin, Rykov e Tomskij, e poi si liberò anche di questi ultimi.

Diventato in questo modo la figura egemone del partito, si trovò a dover fare i conti con i gravi problemi dell’arretratezza russa nei confronti dei Paesi europei. Per cercare di risolvere questa crisi impresse alla Russia un carattere autoritario e centralizzato e formulò piani di sviluppo economico accelerato, il cui obiettivo era quello di trasformare, in breve tempo, l’URSS in un Paese altamente sviluppato sia dal punto di vista economico che da quello tecnologico. Sebbene il processo portò la Russia ad essere uno dei Paesi più industrializzati d’Europa, comportò anche degli enormi sacrifici umani. A tale programma fecero riscontro inoltre le numerose "purghe" con le quali Stalin eliminò quasi tutta la vecchia guardia del bolscevismo e buona parte degli alti graduati dell’Esercito Rosso.

Sostenne la teoria del "socialismo in un solo Paese" e riuscì a farla prevalere nei confronti di quella della "rivoluzione permanente", sostenuta invece da Trotsky.

Dopo la salita al potere di Hitler in Germania, capì che le nazioni occidentali non avrebbero ostacolato in nessun modo le mire espansionistiche del Führer verso la Russia. In questo frangente fu in grado di svolgere un’abile diplomazia che culminò con la stipulazione di un patto con i nazisti (patto Molotov – Ribbentrop) allo scopo di ritardare il più possibile lo scoppio della guerra. Due anni più tardi, però, nel 1941, l’esercito tedesco attaccò la Russia che in quel momento si trovava in una grave crisi militare, sia a causa delle purghe inflitte agli alti strati dell’Armata Rossa, sia perché Stalin si rifiutò fino all’ultimo di credere all’invasione nazista, non prendendo così le opportune contromisure. Anche in questo caso Stalin si dimostrò un abile uomo politico: si circondò di generali capaci, sovrintese personalmente alle operazioni militari e allo sforzo bellico, rimase a Mosca quando questa fu seriamente minacciata dal nemico.

Immediatamente dopo la guerra riuscì a sfruttare, a proprio favore, le dissonanze tra Roosevelt e Churchill; ma qualche anno dopo si acuirono i contrasti con le nazioni occidentali, ed in particolar modo con gli Stati Uniti, per la supremazia mondiale militare, tecnologica e strategica, originando così la cosiddetta "guerra fredda".

Morì il 2 marzo 1953 a Mosca per un’emorragia cerebrale, dopo essere diventato l’oggetto di un vero e proprio culto della personalità.

Poco dopo la sua morte però, i suoi metodi di governo furono messi sotto accusa in tutta l’Unione Sovietica e, nel 1956, fu ufficialmente avviato il processo di "destalinizzazione".

LA COLLETTIVIZZAZIONE FORZATA DELLE CAMPAGNE

La collettivizzazione forzata delle campagne si verificò in Russia dall’estate del 1929 al marzo 1930, e poi ancora dal 1931 in avanti. In questi anni vennero tolti ai contadini i rudimentali attrezzi agricoli che ancora utilizzavano per la lavorazione della terra e sostituiti con nuovi e più efficienti macchinari.

Contemporaneamente a ciò, si procedette alla eliminazione di chiunque si opponesse alla collettivizzazione: migliaia di agenti furono mandati nelle campagne a spingere tutti i contadini nelle fattorie collettive (kolchoz); molti di essi, in modo particolare i kulak, cioè i contadini agiati, si ribellarono e iniziarono a distruggere i raccolti e gli utensili, ad uccidere il bestiame, a commettere atti terroristici e sabotaggi nei confronti dei kolchoz. La risposta a questa ribellione da parte del Governo fu durissima: i villaggi dove si insediavano i ribelli furono circondati da mitragliatrici e costretti alla resa, i kulak deportati in Siberia, chiunque avesse reagito in modo violento alla collettivizzazione veniva processato penalmente e giustiziato o deportato.

La collettivizzazione delle campagne procedeva ad un ritmo molto rapido; ciò comportava che anche il processo di industrializzazione assumesse un ritmo simile: perché la collettivizzazione potesse avvenire era infatti necessario che l’industria producesse i materiali necessari, che i pozzi petroliferi fornissero quantità di carburante sufficienti a garantire il funzionamento dei trattori, che l’elettricità fosse portata nelle campagne, che venisse insegnato ai contadini come utilizzare le nuove macchine.

La Russia diventò così, in pochi anni, uno dei Paesi più industrializzati in Europa. Non bisogna dimenticare però che le perdite, umane e di materiali, provocate dalla collettivizzazione forzata, si ripercossero poi su tutta l’economia agricola russa, tanto che la grande arretratezza dell’agricoltura dell’URSS non riuscì ad essere completamente eliminata.

I CONTADINI NEI KOLCHOZ

Il kolchoz, cioè la grande azienda collettiva, nacque allo scopo di ottenere produzioni maggiori grazie all’impiego di moderne tecnologie fornite dallo Stato sovietico.

Convincere il contadino russo ad entrare nel kolchoz e a mettere in comune la sua terra e i suoi strumenti di lavoro non era facile: in lui infatti pesava la convinzione che la grande azienda e la grande gestione lo riportassero al servaggio, alla condizione cioè di dover lavorare per gli altri e non più per sé. Era quindi necessario che il processo di collettivizzazione e di istituzione dei kolchoz avvenisse lentamente. Alla XVI conferenza dell’aprile 1929, invece, si decise che nell’arco della prima pjatiletka il 20 % dei contadini dovesse essere inglobato nei kolchoz e nei sovchoz (questi ultimi sono aziende organizzate dallo Stato costituite da grandi estensioni di terre incolte messe a coltura con moderni macchinari).

Uno dei problemi maggiori e più discussi fu quello della ammissione o meno dei kulak, cioè i contadini agiati, nelle aziende collettive.

I primi aderenti ai kolchoz furono i contadini più poveri, quelli cioè che non avevano niente da perdere, mentre quelli medi, i "serednjak", erano piuttosto restii ad entrarvi. Le percentuali di adesione ai kolchoz salivano molto lentamente, per cui lo Stato passò alle forzature, le quali provocarono inevitabilmente violente reazioni. Del resto, nelle prime aziende collettive, si soffriva già la mancanza di macchine e di concimi chimici, che sarebbero dovuti essere forniti dallo Stato; dal canto loro, i contadini, erano restii a consegnare il grano. Allo scopo di risolvere questi ed altri problemi, quali le scadenze delle varie operazioni, i tipi di azienda collettiva da adottare, le modalità di impiego delle risorse tecniche e umane, i rapporti con i kulak, furono istituite delle commissioni aventi il compito di preparare le direttive per la collettivizzazione. Dal lavoro di queste commissioni ebbe origine la postanovlenie, cioè il documento fondamentale di tutta la collettivizzazione, che, tra le altre cose, decretava che il tipo prevalente di kolchoz doveva essere l’artel, cioè quello in cui erano solo la terra, una parte degli attrezzi ed il raccolto ad essere in comune, e che in nessun caso potevano esservi ammessi i kulak.

In quel periodo, inoltre, Stalin proclamò una nuova parola d’ordine: "Liquidare i kulak come classe". Il suo obiettivo era però difficilmente raggiungibile in quanto non solo i kulak erano molto numerosi (circa un milione di famiglie), ma esistevano anche forti legami familiari, economici e sociali tra questi ed il resto della popolazione rurale, che nella maggior parte dei casi si rifiutò di condurre una lotta contro la classe dei kulak. La grave crisi tecnica, dovuta alla mancanza dei macchinari, che stava attraversando in quel periodo il processo di collettivizzazione, accelerò l’eliminazione della classe dei kulak: essi venivano espropriati di tutti i loro beni, che passavano alle aziende collettive, e deportati.

Le tensioni all’interno dei kolchoz accrebbero ancor di più quando la forma gestionale dell’artel venne sostituita da quella chiamata "comune"; questa implicava la collettivizzazione non solo della terra, degli attrezzi e del raccolto, ma anche del bestiame da lavoro, di quello allevato, delle case di abitazione, ecc… A questo punto si rese necessario fare un uso crescente delle minacce e della violenza per costringere i contadini ad entrare nelle aziende collettive; di conseguenza anche la resistenza assunse dimensioni impressionanti: chi possedeva bestiame lo fece macellare clandestinamente per non essere costretto a metterlo in comune nel kolchoz (in quegli anni il patrimonio zootecnico sovietico si dimezzò), gli incendi dolosi e gli atti di sabotaggio crebbero vertiginosamente, le sommosse e le azioni di guerriglia dovettero essere represse con la forza e con l’impiego dell’Esercito Rosso. Questo comportò la disorganizzazione totale dei kolchoz ed il profilarsi di un nuovo e catastrofico atto di protesta: l’abbandono delle semine primaverili.

Questo susseguirsi di episodi negativi convinse Stalin a scrivere un articolo nel quale dichiarava che nelle campagne non erano state rispettate due condizioni fondamentali per il successo del movimento colcosiano: il carattere volontario delle adesioni e l’attenzione per la varietà di situazioni fra le diverse regioni dell’URSS.

La maggior parte dei contadini interpretò questo messaggio nel senso che potevano riprendere i propri beni ed andarsene dal kolchoz. Tuttavia le semine primaverili furono salvate e ai kolchoz rimasti vennero elargiti sussidi economici e tecnici.

Dopo la tregua del 1930, anno in cui il clima favorevole permise di effettuare un abbondante raccolto, la collettivizzazione forzata riprese a pieno ritmo e col proposito sempre più sostenuto di creare, in breve tempo, una agricoltura altamente moderna e produttiva. Al fine di spianare la strada ai contadini verso i kolchoz, nei villaggi vennero costituiti dei "gruppi di iniziativa" o di reclutamento; inoltre, i macchinari disponibili, vennero tutti concentrati in "stazioni macchine e trattori" (SMT), gestite dallo Stato e con il compito di servire più kolchoz.

Nonostante questi provvedimenti abbiano migliorato leggermente le cose rispetto al 1929, le aziende collettive si trovarono ben presto di nuovo in difficoltà: gli allevamenti dimezzati, oltre che provocare una grave carenza di generi alimentari e di lana, crearono, a causa della macellazione dei cavalli, una accentuata riduzione della capacità di traino complessiva; cominciò a verificarsi inoltre scarsità di letame, mentre la produzione di concimi chimici permaneva a livelli eccessivamente bassi.

Il tentativo di risolvere i problemi derivanti dalla scarsità di bestiame obbligando le popolazioni nomadi delle repubbliche non russe ad entrare nelle aziende collettive si dimostrò vano: molte famiglie fuggirono in Cina con le loro greggi, mentre quelle rimaste diedero luogo ad una violenta rivolta che dovette essere repressa nel sangue dalla cavalleria di Budennyj.

Per far fronte alla diminuzione della produzione agricola, lo Stato iniziò a farsi consegnare una sempre maggiore quantità di prodotti, pagandoli agli stessi prezzi del 1928, mentre nel frattempo il rublo si era svalutato. Numerosi furono i provvedimenti (e le minacce) messi in atto dal Governo per evitare che i kolchoz non consegnassero il grano; ma, nel 1932, anno in cui il raccolto si rivelò cattivo per il secondo anno consecutivo, i rapporti tra Stato e aziende collettive, che già erano tesi, divennero ancora più tragici: grano nascosto sottoterra, mezzi di requisizione spietati, focolai di rivolta soffocati nel sangue, arresti e deportazioni aventi carattere di massa, aziende collettive private anche dei beni di consumo, mercati locali chiusi.

La prima pjatiletka si concluse nell’autunno del 1932, anno che segnò anche l’inizio della carestia.

IL "COMUNISMO DI GUERRA"

Il comunismo di guerra consistette essenzialmente di una serie di drastici provvedimenti economici messi in atto dal Governo bolscevico al fine di sostenere la guerra contro le armate antirivoluzionarie dei "bianchi" e di risolvere la terribile crisi economica in cui si trovava la Russia subito dopo la sua uscita dalla guerra. Gli obiettivi di queste misure furono: istituire il monopolio statale del commercio del grano, requisire ai contadini tutto quanto non fosse necessario alla loro sussistenza, nazionalizzare e rendere più efficienti le grandi industrie, installare nelle stesse degli specialisti borghesi, vietare il commercio privato, introdurre una rigida disciplina del lavoro che vietasse gli scioperi e che rendesse possibile lo spostamento di manodopera. Questo tipo di politica era mirato inoltre ad andare a colpire i contadini più ricchi: tale obiettivo non venne raggiunto e furono quelli più poveri ad essere schiacciati dal comunismo di guerra.

L’attuazione di tutti questi provvedimenti, anche se ebbe l’effetto di risolvere i problemi derivanti dallo stato di belligeranza, fece crollare ancor di più la situazione economica russa, in quanto né contadini né operai trovavano più alcun incentivo per aumentare la propria produzione e il proprio impegno nel lavoro; anzi, molto spesso, erano costretti, per vivere, a dedicare parte delle ore lavorative al mercato nero, che ebbe così una diffusione velocissima ed impressionante. Le conseguenze del comunismo di guerra furono negative anche sul piano politico e sociale: spopolamento delle città (perché in campagna era più facile procurarsi il cibo), agitazioni di contadini e dimostrazioni di operai, nascita di gruppi di opposizione al partito bolscevico, contrapposizione tra contadini e operai (sulla cui unione si basava il presupposto stesso della rivoluzione bolscevica). Tutti questi episodi, e in modo particolare quello della rivolta dei marinai della guarnigione di Kronstad, avvenuta nel marzo 1921 e subito repressa nel sangue, fecero chiaramente capire al Governo bolscevico che era necessario cambiare tipo di politica: fu così che venne adottata la Nuova Politica Economica