Il Buddismo

La religione fai da te

Il principe dei poveri

Quattro Regni

Quattro ‘Nobili Verità’

ABOLIRE LA SETE DI ESISTENZA CHE GENERA DOLORE

IL KARMA E LA SCHIAVITU' DEL DIVENIRE

Retta parola, retta azione

I simboli antichi

L'arte degli Stupa

Culto? Auto-disciplina

Nel segno del Buddha

Tante grazie, Re Asoka

Così parlò Daishonin

INTUIZIONE RIVOLUZIONARIA

La Soka Gakkai oggi

FILOSOFIA UMANISTICA E UMANITARIA

AL LAVORO ACCANTO AL GOVERNO E ALL'ONU

DIRITTI UMANI MADE IN ITALY

Il fantasma del Tibet

HOLLYWOOD TIFA PER I MONACI

"MA ATTENTI A NON ISOLARE LA CINA"

LA FAME ASSEDIA I PASTORI NOMADI

SPIETATA LA PERSECUZIONE DEL REGIME

LA CINA "ASSORBE" I TIBETANI

SEQUESTRATO IL PANCHEN LAMA

I PIU' GIOVANI PENSANO ALLA RIVOLTA ARMATA

Capo a soli tre anni

COME UNA FIABA LA «SCOPERTA» DEL PICCOLO DALAI LAMA

QUEL BIMBO PRODIGIOSO "RICONOSCEVA" TUTTO

"OCEANO DI SAGGEZZA"

Un Nobel in esilio

L'INVESTITURA A SOLI 3 ANNI

LEADER IN ESILIO DOPO L'INVASIONE CINESE

IL PREMIO NOBEL

Questi i testi sacri

Buddisti in Italia

SOKA GAKKAI: DA BAGGIO A TINA TURNER

L'UNIONE BUDDISTA ITALIANA

Glossario buddista


La religione fai da te

Viene da lontano, anzi da lontanissimo, eppure entra nelle nostre case con rapidità sorprendente.

È il buddismo laico dei seguaci di Nichiren Daishonin, monaco del Giappone medievale che rivoluzionò in senso individualista la concezione della pratica religiosa.

Un'eredità raccolta mezzo secolo fa dai giapponesi fondatori della Soka Gakkai, organizzazione pacifista e umanistica con seguaci in tutto il mondo.

Azzerato il ruolo del clero, è assolutamente "fai da te" la ricetta della felicità: questo aiuta a spiegare il successo travolgente del buddismo "occidentale", che solo in Italia annovera almeno 30 mila adepti (più degli ebrei e dei valdesi) e continua a crescere grazie alla sua promessa di risveglio interiore, energia e forza al servizio della pace.

Un autentico nuovo umanesimo: una bussola in più per l'uomo occidentale del terzo millennio, figlia di una millenaria tradizione orientale che fa del buddismo una delle più importanti religioni del mondo, con oltre 300 milioni di praticanti.

Il principe dei poveri

Nato in India circa 2500 anni fa prima del 500 a.C. da una ricca famiglia degli Shakya, discendente del leggendario re Okkava, il giovane Buddha era figlio di un raja, cioè un governatore: gli fu imposto il nome di Siddharta ("colui che ha raggiunto l'illuminazione") o di Gautama (appartenente ad un ramo degli Shakya), ma in seguito sarà indicato con altri appellativi, su tutti "Buddha", che significa "l'illuminato" o "il risvegliato".

Allevato in un lusso principesco, si sposò ed ebbe anche un figlio, ma rimase scosso dal contatto con le miserie umane: la vista di un vecchio, di un cadavere e di un mendicante. Impressionato, all'età di 30 anni lasciò tutto per imboccare la strada di una vita eremitica alla ricerca di una soluzione dell'enigma della vita.

Insoddisfatto delle risposte di altri maestri, dopo digiuni estenuanti, intuì che la conoscenza della salvezza era affidata solo alla profonda meditazione personale.

L'ILLUMINAZIONE: COME VINCERE IL DOLORE

Abbandonate le mortificazioni estreme, a 35 anni, dopo 49 giorni di riflessione ininterrotta ai piedi di un albero di fico, in una notte di plenilunio del mese di maggio raggiunse l'illuminazione e comprese le "Quattro nobili verità": sul dolore, sull'origine del dolore, sulla soppressione del dolore e sulla via che conduce alla soppressione del dolore.

Animato da profonda pietà per gli uomini e dal desiderio di salvarli, si diresse verso Benares seguito da cinque discepoli affascinati dalla bellezza della sua dottrina e percorse per oltre quarant'anni il Nord dell'India insegnando e predicando il suo messaggio di speranza e di felicità: traguardo che si raggiunge non come dono della grazia di Dio ma come conquista del proprio intelletto e della propria volontà; su Dio, Buddha preferì tacere.

Secondo le tradizione, morì all'età di 80 anni, circondato dai suoi seguaci, tra i quali il discepolo prediletto Ananda, al quale lasciò le sue ultime disposizioni.

Prima di spirare, rivolgendosi ai discepoli disse: «Ricordate, fratelli, queste mie parole: tutte le cose composte sono destinate a disintegrarsi. Attuate con diligenza la vostra propria salvezza».

Con la morte di Buddha, datata al 486 a.C., inizia il percorso del buddismo come movimento religioso.

Quattro Regni

Secondo la dottrina buddhista, il cosmo non è né permanente né creato.

Al suo vertice vi sono i quattro regni di rinascita puramente mentale, senza forma; al di sotto i regni di pura forma, dove abitano gli dei, che non sono né permanenti, né eterni; al di sotto il regno del desiderio, dove vivono gli dei vedici, gli animali, gli uomini e gli dei gelosi. Ancora al di sotto vi sono i regni degli spiriti famelici e gli inferi.

Nella cosmologia buddista trovano posto anche gli "esseri celesti". Un Bodhisatva ("esistenza illuminata") è un essere spirituale che, in una delle sue esistenze, ha incontrato un Buddha e, rimasto colpito dalla sua grandezza, ha scelto di continuare il ciclo di rinascite per aiutare gli altri, prima di diventare un Buddha completo e passare nel Nirvana (il Buddha storico è stato un Bodhisatva). I Bodhisatva sono oggetto di grande devozione soprattutto nella corrente Mahayana.

Quattro ‘Nobili Verità’

La dottrina buddista si fonda sulle Quattro Nobili Verità, che Buddha comprese meditando ai piedi del fico sacro, l'albero della "bodhi" (illuminazione), e sugli strumenti pratici attraverso i quali ogni discepolo può realizzare la liberazione dal dolore dell'esistenza, cioè l'Ottuplice Sentiero che porta alla salvezza. Per realizzare le quattro verità (il dolore, l'origine del dolore, la soppressione del dolore e la via che conduce alla soppressione del dolore) il discepolo deve passare dalla sua condizione di ignoranza a quella di conoscenza liberatrice: la via è lunga e impegnativa, perché prescrive un progressivo distacco dalle passioni che legano l'individuo al mondo.

ABOLIRE LA SETE DI ESISTENZA CHE GENERA DOLORE

La verità sul dolore rivela il carattere negativo dell'esistenza, vincolata al processo di nascita, vecchiaia, malattia e morte. L'impegno è ad eliminare il dolore che domina l'esistenza, il ciclo nascita-morte-rinascita chiamato "samsara" (da "sam", girare intorno) e pervenire alla consapevolezza delle Quattro Verità.

La prima Verità rivela che tutto è dolore: la nascita, la malattia, la vecchiaia, la morte, la separazione da ciò che si ama e, in generale, l'impossibilità di soddisfare i propri sensi. Da qui discende la seconda Verità, dalla quale si apprende che il dolore ha origine proprio nella sete del piacere e dell'esistenza, nell'attaccamento agli esseri e alle cose.

Qual è il rimedio? Lo spiega la terza Verità, secondo la quale la sete dell'esistenza può essere soppressa rinunciando del tutto ad ogni desiderio: si raggiunge così il Nirvana.

La quarta Verità contiene le "istruzioni per l'uso", ovvero il metodo per riuscire a spegnere la sete dell'esistenza: la pratica buddista, meditazione e recitazione in grado di generare energia interiore fino ad "illuminare" l'individuo liberandolo dalla schiavitù delle dipendenze.

IL KARMA E LA SCHIAVITU' DEL DIVENIRE

Secondo la teoria buddista, ogni fenomeno sensibile ha una "causa", che a sua volta è l'"effetto" di una "causa interiore": perciò è condizionato e dipendente.

Allo stesso modo ogni condizione di vita è assoggettata a tutte le "cause" che la precedono nella catena e a tutte le "cause" che la seguono; di essa si può solo affermare il carattere di precarietà e transitorietà: la fase del divenire.

È la concezione del "karma", l'eredità interiore e il peso della storia personale, che tuttavia si può "ripulire", determinando nuovi e migliori "effetti", ponendo alla base della propria via nuove e migliori "cause". In base a questa teoria, l'intera storia del mondo è il prodotto di "cause" ed "effetti", in una catena di interdipendenza tra cose, persone, atti, propositi, eventi.

La stessa "legge di condizionamento" si applica individualmente ai fenomeni della coscienza e alla personalità: ogni individuo ha delle predisposizioni, è condizionato dalla "catena delle cause" attraverso il flusso dell'esistenza (nascita-morte uguale "samsara") e ognuno è formato da anima e coscienza, che per il buddismo sono elementi non separabili, composti a loro volta da cinque sottogruppi: "Rupa" (parte corporea sensibile), "Vedana" (sensazione di piacere e dolore), "Samjna" (percezione e rappresentazione), "Sankhara" (predisposizioni, forze attive elementari che si originano dal karma, la legge di causa-effetto, e determinano la vita), e infine "Dijnana" (coscienza).

NORME PER RAGGIUNGERE LA SALVEZZA

Completato il faticoso cammino della presa di coscienza delle prime tre Verità, la quarta Verità indica al discepolo la via per raggiungere la salvezza, il Nirvana (letteralmente: "estinzione"), inteso come totale liberazione dal dolore e dalla catena delle esistenze. Gli strumenti sui quali si fondano l'etica e la tecnica ascetica buddista sono radunati in quello che viene denominato Ottuplice Sentiero:

1. la Retta Fede (l'adesione alle Quattro Verità),

2. la Retta Risoluzione (l'impegno a rinunciare ad ogni passione, desiderio, odio, malizia),

3. la Retta Parola (l'astensione dalle parole false),

4. la Retta Azione, (la rinuncia ad uccidere esseri viventi ma anche al furto e all'adulterio),

5. il Retto Comportamento di vita (la messa in pratica di tutte le norme che riguardano l'agire),

6. il Retto Sforzo (la volontà di incrementare le qualità positive),

7. il Retto Ricordo (la mancanza di confusione nella mente per riuscire a non cedere ai desideri e perseverare nella via di salvazione),

8. la Retta Concentrazione (il raccoglimento mentale che porta allo stato di abolizione della coscienza e della non-coscienza). La liberazione quindi non dipende soltanto dalla conoscenza dell'ignoranza, ma anche dall'osservanza delle norme ("sila") di comportamento.

Retta parola, retta azione

Le norme morali prescritte riguardano la Retta Parola, la Retta Azione, il Retto Comportamento. Sono rivolte principalmente ai monaci che intendono praticare l'ascesi per raggiungere la salvezza. Sono però estensibili ai laici che intendono porre a motivi fondamentali della loro vita la tolleranza e l'amore. La sostanza del sistema di norme morali destinate ai laici è contenuta in 10 precetti:


1. Eliminare i quattro cattivi elementi (la distruzione della vita, il prendere il non dato, il non retto comportamento per brama, il dire menzogna).


2. Non compiere le quattro operazioni dannose (il vivere nella passione, il vivere nell'ira, il vivere nel torpore, il vivere nella paura).


3. Eliminare le sei fonti del piacere (uso di bevande alcoliche, frequentare le strade in tempo inopportuno, partecipare a feste, dedicarsi supinamente e abitualmente ai giochi, coltivare cattive compagnie, vivere pigramente).


4. Eliminare, con le sei fonti del piacere, di cui sopra, i sei danni che ne derivano.


5. Onorare le regioni spaziali, delle quali la prima è il Levante. Si onora il Levante rispettando il padre e la madre, sostituendoli nelle loro incombenze, conservando le tradizioni di famiglia, accudendo all'eredità.


6. Si onora il Ponente rispettando la propria moglie, non sospettandola, non tradendola, non concedendole autorità, provvedendola di ornamenti.


7. Si onora il Settentrione onorando gli amici con doni, con cortesi parole, con l'agire a loro vantaggio, con imparzialità e onestà.


8. Si onora il Mezzogiorno mantenendosi devoto al proprio maestro (bonzo), il quale si mostrerà grato comunicando la propria dottrina.


9. Si onora il nadir (il punto della sfera celeste opposto allo zenit) onorando i servi e gli operai col distribuire loro il lavoro secondo le loro forze, col dare loro cibo e stipendio, col curarli se ammalati, col concedere loro, a tempo debito, la libertà.


10. Si onora lo zenit onorando asceti e bramani, con amichevole comportamento nelle opere, nelle parole, nei pensieri, nel tener loro aperta la porta e provvedendo alla loro vita. I precetti morali riguardanti i monaci sono molto più complessi e rigidi. Includono, tra l'altro, l'assoluto rispetto dell'astinenza sessuale e l'evitare ogni rapporto sentimentale-affettivo per realizzare la condizione di purezza e solitudine, nella libertà da ogni legame. Il discepolo è al centro di un regime di vita che deve essere tollerante attraverso gli impegni interiori delle Quattro Verità, dell'Ottuplice Sentiero, delle tecniche di meditazione. Tutto il resto non deve essere preso in considerazione.

I simboli antichi

Simboli del buddismo sono "Buddha Amida" (luce infinita) e "Bodhisattva" sotto forma di diademi e monili, la "Ruota ad otto raggi", detta "via del Buddha" (che simboleggia la dottrina buddhista e l'ordine dell'universo, il "Darmachakra"), quindi il "Fiore di loto" (purezza, ma anche elevazione o ricerca spirituale; la posizione "del loto" è ideale per la meditazione), l'"Ombrello" (dignità e onore, "yasti" o "yupa", regalità e difesa contro le disgrazie), lo "Stupa" (rappresentazione simbolica dell'universo, evocazione della persona del Buddha), "l'Elefante" (il divenire spirituale di Buddha), quindi "Impronte dei piedi e cuscino" (presenza spirituale del Buddha), il "Trono" (il sovrano spirituale del Buddha), "L'albero Bo" (il fico sacro sotto il quale Siddharta-Shakyamuni raggiunse l'illuminazione), il "Corno di conchiglia" (vittoria in battaglia), e ancora, i "Due pesci che formano un cerchio" (il signore del mondo), "Nodi della vita infinita", lo "Stendardo arrotolato" (vittoria della dottrina buddhista), e il "Vaso d'acqua santa".

L'arte degli Stupa

L'arte buddhista in India originò gli antichi monumenti religiosi del periodo Maurya (320-185 a.C.), gli Stupa, i templi-grotta e altre opere architettoniche e iconografiche (mandala, ecc.). In questi monumenti, sono innumerevoli i bassorilievi e le sculture. Le figure rappresentate, morbide e slanciate, sono animate dalla quiete della vita interiore e sono estranee all'idea di violenza. Esse convergono verso lo spazio sacro dove è rappresentato il Buddha. Alcuni Stupa, antichi tumuli di sepoltura contenenti le reliquie di re o di eroi e poi di figure indicative del primo buddismo, divennero mete di pellegrinaggio e furono ricoperti da lastre raffiguranti la vita del Buddha. Gli stupa si trasformarono nei chortem in Tibet, nelle pagode in Cina e in Giappone.


Culto? Auto-disciplina

Il culto buddhista non è organizzato da una struttura gerarchica. I buddhisti venerano alcune divinità, ma le ritengono inferiori al Buddha che ogni mattina invocano così: "Mi rifugio nel Buddha", "Mi rifugio nel Dharma" (nella dottrina), "Mi rifugio nel Sangha" (nella comunità); Buddha, dottrina e comunità sono i tre "Gioielli" per raggiungere la liberazione. In Asia, di fronte alle statue di Buddha, numerose sia all'aperto che nelle pagode, il fedele medita accoccolato a gambe incrociate; riflette sulla propria vita e rinnova i propositi fondamentali della morale buddista: evitare la menzogna, l'uccisione di esseri viventi e l'acquisizione di ciò che non è stato donato, rinunciare alle azioni impure e a bere bevande inebrianti. Ripetendo brani dei testi sacri, il buddista orientale allontana dalla mente ogni pensiero, trascendendo il mondo, fino a raggiungere uno stato di pace e serenità. È soprattutto una grande auto-disciplina: non esistono cerimonie o rituali fissi, nessuno può costituirsi intermediario tra Dio e gli uomini, offrire sacrifici e assolvere dai peccati. Nessuna delle 227 regole del Patimokka, prezioso documento della disciplina monastica, impone una fede o un dogma.

L'ARTE, VIA MAESTRA

Esistono delle feste stagionali, come quelle del novilunio e del plenilunio, durante le quali si radunano folle enormi per commemorare gli avvenimenti della vita di Buddha e celebrare l'inizio o la fine della stagione delle piogge. In Cina e in Giappone il buddhismo ha assimilato rituali e feste legate alle tradizioni storiche locali, ma la connotazione più importante rimane la meditazione. Legata ad essa si sviluppa quella corrente Zen che anche noi occidentali conosciamo e che dà grandissima importanza alla meditazione e all'intuizione. Per questo l'arte diviene la via maestra dell'illuminazione (culto della poesia, della pittura, del tè, dei giardini, dei fiori). In Asia, Buddha è venerato come Amida (luce infinita), ma non meno celebre è Kwanyn, la "dea della misericordia", emanazione spirituale di "colei che guarda con compassione". Sul loro esempio il fedele è inviato a mostrare la stessa compassione e a servire il prossimo e chi soffre, fino a ritardare la propria salvezza per permettere anche agli altri di salvarsi. Il monachesimo buddista, che molti hanno tentato di accostare a quello occidentale, non risponde ad alcuna tipologia classica. I monaci buddisti non hanno un capo gerarchico che possa chiedere obbedienza agli inferiori; la guida delle assemblee è affidata, di volta in volta, al monaco più anziano. La salvezza cui donne e uomini laici o monaci e monache possono pervenire è riposta nell'adesione ai tre "Gioielli": Buddha, Dharma e Sangha.

Nel segno del Buddha

Religione universale a carattere salvifico-liberatorio, il buddismo deve il nome al suo fondatore, il principe indiano Siddharta, conosciuto in Giappone come Shakyamuni, che visse circa 2500 anni fa e divenne "Buddha", ovvero "risvegliato" o "illuminato", dopo una vita di predicazione tra gli umili. Il buddismo assume connotazioni varie secondo le zone di diffusione ed è in ogni caso una delle più grandi religioni del mondo perché alla base dell'esperienza religiosa pone le tematiche del destino dell'uomo insidiato dall'angoscia, dal dolore e dalla precarietà dell'esistenza, proponendo una sua originale via di superamento e di liberazione, più filosofica che religiosa: non è metafisica la concezione della salvezza dell'individuo, che è invece affidata alla capacità del singolo di scoprire all'interno di se stesso le proprie risorse spirituali; la pratica buddista è in sostanza uno strumento per mettere l'individuo in condizioni di mobilitare la propria energia vitale.

DIFFUSIONE: 300 MILIONI DI SEGUACI

Nato in India, il buddismo è la religione dominante nell'Asia sud-orientale in paesi come Sri Lanka (Ceylon), Birmania, Laos, Thailandia, Cambogia, ma rappresenta una delle più grandi espressioni religiose anche in Cina, Giappone, Tibet. Negli ultimi tempi ha raggiunto isole del Pacifico e alcune zone d'America. Tre sono le differenti tradizioni buddiste: Theravada (sud-est asiatico), Mahayana (estremo oriente) e Vajrayana (Tibet). In tutto il mondo i buddisti sono circa 300 milioni. Le cifre indicano il numero di individui di fede buddhista in ogni stato. Bangladesh 752.040, Bhutan 602.000, Brunei 39.424, Cambogia 9.865.750, Cina 650.000.000 (stima non ufficiale), Corea del Nord 16.997.583, Corea del Sud 12.775.840, Giappone 48.300.130, India 7.000.000, Indonesia 1.995.440, Laos 2.967.860, Malaysia 3.700.390, Macao (colonia portoghese) 399.000, Myanmar (Birmania) 40.735.140, Mongolia 2.120.400 (lamaisti), Nepal 1.671.072, Singapore 993.288, Sri Lanka 13.026.774, Taiwan 9.294.880, Thailandia 57.571.900, Viet Nam 41.318.200. In Occidente il buddismo è conosciuto soprattutto nella sua forma tibetana (per l'esodo dei Lama tibetani in Europa e America, fuggiti dall'occupazione cinese del Tibet) e nella sua forma Mahayana-Zen, che però nella pratica occidentale si discosta dal campo religioso concentrandosi sulla scoperta della propria interiorità.

Tante grazie, Re Asoka

Archiviato il primo confuso periodo che seguì alla morte di Buddha, con le contrapposizioni tra alcuni "santi" in una situazione che mise in luce la necessità di indire concili per fissare la dottrina e le regole del maestro, la figura che emerge è quella del re Asoka, della dinastia Maurya: per la sua efficacia nell'affermazione del buddismo fu chiamato "colui che, per secondo, mise in moto la Ruota della Legge". Da setta polemica e riformatrice del brahmanesimo, con Asoka il neonato buddismo indiano divenne religione universalistica basata sulla pietà verso il popolo nella pratica delle virtù naturali: amore per la vita, devozione verso i genitori, gli anziani e i maestri, amore per la verità e rifiuto assoluto della violenza.

IN INDIA I PRIMI PASSI

Con la sua vita di sovrano, Asoka testimoniò la sua teoria: grazie al suo modello semplice di alta religiosità, le sue parole di amore e di fiducia pervasero tutta l'India grazie a celebri iscrizioni su roccia come i 24 editti rupestri e le 7 iscrizioni su pilastri. Sotto Asoka, i funzionari provinciali istruivano la popolazione nella religione, i "Censori della Legge di Pietà" punivano le violazioni delle libertà personali, i "Censori di Donne" tutelavano la morale femminile e i missionari esportavano la dottrina nello Sri Lanka, in Egitto, a Cirene, nell'Epiro e in Macedonia. Grazie al suo senso religioso della vita e allo spirito di fratellanza per tutti gli uomini, probabilmente Asoka è stato il primo al mondo a realizzare una forma di proselitismo universale.

SALVEZZA PER TUTTI: LA RIVOLUZIONE DEL "SUTRA DEL LOTO"

Nei quattro secoli che intercorrono fra la morte di Asoka e il 100 d.C., il buddismo si estende nel Nord dell'India e successivamente in Cina. Tra il 125 e il 144 d.C., re Kaniska, oltre a sollecitare la composizione dei commentari alla scritture canoniche, curò la costruzione di mirabili edifici culturali, tra i quali il famoso Stupa di Pashawar (lo stupa è una tomba cupoliforme dei sovrani e dei santi, reliquario delle loro ceneri) e indisse il quarto concilio buddista per discutere i punti dottrinali della corrente Hinayana o "Piccolo Veicolo", che si contrappone al Mahayana o "Grande Veicolo". Il fatto nuovo e del tutto rivoluzionario è il sorgere e lo svilupparsi del Mahayana, dottrina salvifica offerta per la prima volta a tutti gli uomini. Nel secolo IV-V d.C., la scissione tra le due correnti buddhiste non aveva però raggiunto le forme di intolleranza che appariranno nei secoli successivi. Gli insegnamenti del "Grande Veicolo" universale sono contenuti nel "Sutra del Loto", scrittura che offre la salvezza a tutti coloro che invocano con fede il misericordioso Buddha, mentre il "Piccolo Veicolo" riservava la salvezza solo ai monaci.

TERZA VERSIONE BUDDISTA, IN TIBET

Nel secolo VI d.C., il buddismo si impose anche nel Tibet, dove in breve tempo divenne la religione ufficiale nella sua particolare versione, la tradizione Vajrayana. I monasteri buddisti divennero i centri del potere nella vita del paese. I superiori dei monasteri sono i "Lama" ed hanno per capi il Dalai-Lama e il Panchen-Lama. Nel corso dei secoli, fino a noi, il Buddhismo ha conservato la sua validità dottrinale e conta centinaia di milioni di adepti in molte parti del mondo, comprese regioni come Cina e Tibet malgrado la presenza del regime comunista di Pechino.

Così parlò Daishonin

Anche se esistono in tutto il mondo seguaci del buddismo tibetano e indiano (tradizioni Vajraiana e Theravada), ad incontrare maggior successo in occidente è il buddismo dell'estremo oriente che discende dalla tradizione Mahayana, ricodificato nel 1253 dal monaco giapponese Nichiren Daishonin e basato sull'interpretazione del Sutra del Loto, uno degli ultimi insegnamenti del Buddha, che secondo Daishonin contiene la rivelazione basilare del buddismo, ovvero l'esistenza di una forza vitale universale che genera, permea e regola tutti i fenomeni della vita. Ogni essere umano - egli dice - possiede in sé questa condizione vitale illuminata (definita "buddità", da un termine sanscrito che significa "illuminato").

IL SEGRETO DELL'ENERGIA INTERIORE

Per il credente, la "buddità" rappresenta "il potenziale per lo sviluppo di una illimitata energia positiva che, attingendo dall'inesauribile fonte della vita universale di cui l'uomo è parte integrante, tende verso uno stato di felicità, permettendo il superamento delle umane sofferenze e la naturale compassione per gli altri". Sempre secondo Nichiren, l'essenza di questa dottrina è contenuta nella frase rituale "Nam-myoho-renge-kyo": la recitazione di questo "mantra" «risveglia progressivamenete la natura illuminata interiore» ed è «la chiave che apre la porta alla illimitata potenzialità celata nelle profondità dell'essere: una chiave accessibile a tutti e universalmente valida».

INTUIZIONE RIVOLUZIONARIA

Uno strumento dunque alla portata di tutti, senza bisogno della mediazione del clero: il carattere rivoluzionario di queste affermazioni, sottolineano i buddisti italiani aderenti alla Sokka Gakkai, provocò la burrascosa reazione delle autorità religiose e governative dell'epoca, che cercarono di contrastare la propagazione di questo insegnamento. La pratica quotidiana consiste nella recitazione di "Nam-myoho-renge-kyo" (pronuncia: nàm-miòho-rènghe-chiò) e di due brani del Sutra del Loto, oltre che nello studio della filosofia buddista e nella concreta applicazione dei suoi "principi altruistici" nella vita di ogni giorno. «Caratteristica fondamentale di questa pratica - spiegano alla Sokka Gakai italiana - è infatti quella di poter essere utilizzata e verificata nella realtà quotidiana in cui si vive, mantenendo intatta la propria identità sociale, geografica e culturale».

La Soka Gakkai oggi

Fedele ai principi ispiratori della Sgi, la Soka Gakkai italiana (riconosciuta come ente religioso ma decisa a rinunciare al contributo pubblico dell'8 per mille) si impegna a promuovere pace, cultura e educazione sulla base della filosofia e degli ideali dell'insegnamento buddista di Nichiren Daishonin. «In nessun'altra epoca della storia - afferma - l'umanità ha sperimentato una giustapposizione così intensa tra guerra e pace, discriminazione e uguaglianza, povertà e abbondanza, come nel XX secolo». I pericoli: «Lo sviluppo di tecnologie militari sofisticate», le «violente discriminazioni etniche e religiose» che producono «un ciclo senza fine di conflitto», e in generale «l'egoismo e l'intemperanza dell'umanità» che «hanno generato problemi globali, come il degrado dell'ambiente naturale e l'abisso di disparità economica che si va allargando tra le nazioni sviluppate e quelle in via di sviluppo, con serie ripercussioni sul futuro collettivo del genere umano».

FILOSOFIA UMANISTICA E UMANITARIA

Su queste convinzioni si innesta la rinnovata fede nella "filosofia umanistica" di Nichiren Daishonin, «caratterizzata da infinito rispetto per la sacralità della vita e da una compassione universale», formidabile strumento per aiutare gli individui a «superare le difficoltà e le crisi cui l'umanità si trova di fronte», per realizzare così «una società di pacifica e una prospera coesistenza». Parole d'ordine: tolleranza e non-violenza, cittadinanza mondiale, rispetto delle diversità sociali e culturali, lotta contro le discriminazioni, tutela dei diritti umani, libertà di espressione religiosa e collaborazione umanitaria con le altre religioni, difesa dell'ambiente, educazione e sviluppo della ricerca per «permettere a ogni individuo di sviluppare la propria personalità e godere di una vita realizzata e felice».

AL LAVORO ACCANTO AL GOVERNO E ALL'ONU

A livello nazionale, l'iniziativa è affidata all'istituto buddista italiano Soka Gakkai, ente di religione e di culto costituito con atto pubblico il 27 marzo 1998 e aderente alla casa madre di Tokyo presieduta da Daisaku Ikeda. "La nascita del nostro istituto - spiega la Sokka Gakkai Italia - segna un'importante tappa del percorso intrapreso anni or sono dai primi praticanti italiani". Attraverso la Sgi, l'ente buddista italiano è presente all'Onu tra le organizzazioni non governative (Ong), milita nella Federazione mondiale delle associazioni delle Nazioni Unite (Wfuna) che si batte per l'applicazione dei princìpi della "Carta" dell'Onu. In Italia la Soka Gakkai partecipa alle riunioni tra le Ong nel campo dei diritti umani, siede nella Commissione per i diritti umani della presidenza del Consiglio dei ministri e presenzia alle riunioni del Comitato interministeriale per i diritti umani del ministero degli Esteri, svolgendo attività di supporto e di sostegno alle iniziative del governo italiano presso l'Onu.

DIRITTI UMANI MADE IN ITALY

Tra le iniziative più recenti dei buddisti laici italiani, una mostra sui diritti umani nel mondo a Milano e Roma nel 1996 (50 mila visitatori), un ciclo di conferenze sui diritti umani in collaborazione con università italiane (testi raccolti nel libro "Educare alla pace", Esperia edizioni, Milano 1998), l'organizzazione delle manifestazioni pubbliche di celebrazione del 50esimo anniversario della "Dichiarazione dei diritti umani" (a Milano insieme a Unicef e Amnesy International, e a Torino in collaborazione con l'associazione Italia-Tibet), la raccolta di firme per una moratoria sulla pena di morte in collaborazione con la Comunità di Sant'Egidio e infine un ciclo di conferenze sui "valori umani nella città del terzo millennio" con il patrocinio del Comune di Firenze.

Il fantasma del Tibet


Il premio Nobel attribuito al Dalai Lama è stato uno schiaffo inflitto alla Cina, sotto la cui dominazione rischia di scomparire la civiltà tibetana malgrado la crescente mobilitazione occidentale: a condannare il fantasma del Tibet all'estinzione culturale è il nuovo atteggiamento degli Usa, disposti a "chiudere un occhio" sulla questione tibetana pur di non compromettere le nuove promettenti relazioni commerciali con Pechino.

HOLLYWOOD TIFA PER I MONACI

L'azione del Dalai Lama ha tuttavia contribuito a orientare l'opinione pubblica statunitense a favore della causa del popolo delle nevi: il carisma del leader spirituale è esaltato da due recenti film, "Sette anni in Tibet" di Annaud e "Kundun" di Scorsese che parlano della sua infanzia, dei suoi tentativi di trattare pacificamente con gli aggressori, dell'invasione cinese del Tibet nel '49, della sua fuga finale in India attraverso l'Himalaya nel 1959. A tenere desta l'attenzione verso quest'uomo insignito del Nobel per la Pace e verso il suo popolo ci sono le star internazionali che, come Richard Gere, propagano quotidiani messaggi a favore dei diritti umani in Tibet. In Italia, ad inaugurare la mobilitazione pro-Tibet è stato il partito radicale di Marco Pannella anche attraverso iniziative di protesta alle Nazioni Unite.

"MA ATTENTI A NON ISOLARE LA CINA"

Se gli Usa temono che continuare a ignorare il dramma tibetano possa causare danni di immagine al "paese della libertà", a dar loro una mano interviene proprio il Dalai Lama, che malgrado sia reduce da quasi mezzo secolo di resistenza anti-cinese, avverte: «Demonizzare e isolare in questo momento la Cina sarebbe un grave errore», invitando il Congresso Usa a rinunciare ad adottare sanzioni contro Pechino come forma di pressione per la tutela dei diritti umani. Il dialogo tra Cina e Tibet, invocato da sempre dal Dalai Lama, fu ripreso soltanto negli anni '80 da Deng Xiao Ping ma è stato poi abbandonato dai successori del grande riformatore cinese. Il Dalai Lama però non demorde: è dell'estate 1988 la sua proposta di un piano in cinque punti che - rinunciando ad ogni precedente richiesta d'indipendenza - offriva il suo rientro e quello dei centomila esuli in cambio di una semplice autonomia amministrativa e della creazione, in Tibet, di un'area smilitarizzata e denunclearizzata, una sorta di 'oasi' sperimentale per la salvaguardia dell'ambiente e laboratorio per la pace.

LA FAME ASSEDIA I PASTORI NOMADI

Gli Usa non si sono mai pronunciati su questo piano, che la Cina ha rigettato accusando il Dalai Lama di nascondere in realtà mire indipendentiste (senza contare il gelo sceso tra Pechino e il resto del mondo quando al Dalai Lama è stato concesso il Nobel all'indomani della strage di Tienanmen). «Attualmente - spiegano alcuni osservatori - il problema più sentito per uomini e donne, in gran parte nomadi, distribuiti tra la capitale Lhasa e le regioni dell'Amdo, del Qinghai e della Regione autonoma, è quello della sopravvivenza, dopo l'emergenza che di recente a causa del maltempo ha colpito i nomadi, che hanno perso fino al 90 per cento dei loro animali, mandrie di yak e pecore. Un disastro immane che non si ricorda a memoria d'uomo, forse legato alle recenti variazioni climatiche del Niño: ci vorranno degli anni prima che le condizioni di vita dei nomadi si ristabiliscano».

SPIETATA LA PERSECUZIONE DEL REGIME

A peggiorare la situazione, si registra la dolorosa frattura spirituale tra i tibetani e il loro leader in esilio, del quale non possono tenere in casa né sugli altari nemmeno la fotografia. I monaci sarebbero costretti a seguire "corsi di rieducazione" con l'abiura formale degli insegnamenti del Dalai lama, pena l'espulsione dai loro monasteri e il ritorno nei villaggi d'origine, con un marchio 'politico' non certo gradito agli eventuali datori di lavoro. E nelle scuole, dove la quella tibetana è studiata di fatto come seconda lingua, gli insegnanti spiegano agli studenti che la religione, come già sosteneva Mao, è "un veleno". Di conseguenza, avvertono le organizzazioni non governative, i restauri di templi e monasteri realizzati e pubblicizzati dalle autorità «servono in realtà soltanto per i turisti che sempre più numerosi chiedono di poter visitare il 'magico Tibet'».

LA CINA "ASSORBE" I TIBETANI

Con lingua e religione in pericolo, il Tibet è poco più che una cartolina. Le moderne costruzioni cinesi hanno stravolto anche paesaggi di grande suggestione come l'antica capitale e il Potala, il palazzo che fu del Dalai Lama. Ma la più grave conseguenza della dominazione cinese è l'integrazione dei tibetani, ormai sommersi da milioni di emigranti cinesi. «I giovani cercano di parlare anche tra loro il cinese, nella speranza di fare carriera nelle strutture del governo, negli studi o nel commercio con Pechino». La Cina sembra puntare al controllo anche dell'ultimo spazio 'libero' tibetano, l'intimo legame spirituale con la religione dei maestri.

SEQUESTRATO IL PANCHEN LAMA

Dopo la morte dell'ultimo Panchen Lama, membro del Comitato centrale del partito comunista cinese e seconda figura spirituale del buddismo tibetano, gli uomini di Pechino si sono affrettati a cercare la sua "reincarnazione": ma appena il Dalai Lama ha individuato il bambino, il piccolo Gedun, in un villaggio di nomadi, i cinesi ne hanno nominato un altro al suo posto; così oggi ufficialmente il titolo di Panchen, in Cina, è detenuto da un altro fanciullo, ovviamente ignaro di tutto, mentre il povero Gedun è detenuto "sotto sequestro" delle autorità cinesi, che si limitano a dire che "sta bene" e che la sua sorte "riguarda gli 'affari interni' della Cina".

I PIU' GIOVANI PENSANO ALLA RIVOLTA ARMATA

Sono in molti, quindi, a ritenere in pericolo l'eredità spirituale dei grandi Lama tibetani, compreso il Dalai: a questo punto infatti non è escluso che alla sua morte i cinesi tenteranno di 'nominarne' uno d'ufficio, spezzando per sempre la sacralità del legame che unisce il popolo al leader. Inquietudini che finiscono per agitare le frange più oltranziste degli esuli, come i giovani dello Youth Congress, che iniziano a contestare il metodo non violento del Dalai Lama: per la prima volta nella storia, un gruppo di studenti ha preso a sassate un'ambasciata cinese, mentre altri hanno annunciato l'inizio di una rivolta armata contro Pechino. Prospettive che atterriscono il Dalai Lama, che non ha potuto impedire lo sciopero della fame a oltranza di sei tibetani (interrotto dalla polizia indiana) e il suicidio con il fuoco di un quarantenne.

Capo a soli tre anni


Singolare era la procedura attraverso la quale venivano scelti in Tibet i Dalai Lama, seguita anche nel caso della designazione, o meglio del "riconoscimento", del piccolo Tenzin Ghiatzo, quale reincarnazione del precedente 13esimo Dalai Lama. Il racconto ha la delicatezza di una fiaba. Dove giaceva il corpo del vecchio Dalai Lama appena spentosi, spuntò "un gigantesco fungo a forma di stella" e apparvero "ripetuti arcobaleni in direzione nord orientale"; qualche giorno più tardi "anche la testa del defunto Dalai Lama si voltò verso nord-est", verso un lago sacro chiamato Lamo Lhatzo, le cui acque avrebbero il potere di mostrare il futuro: esse "manifestarono ai grandi Lama sopraggiunti la visione di un monastero dai tetti d'oro e di giada; dal monastero scendeva verso oriente un sentiero che conduceva ad una casa con le tegole color turchese, un cortile, un bambino e un cane pezzato di bianco e marrone".

COME UNA FIABA LA «SCOPERTA» DEL PICCOLO DALAI LAMA

Apparvero infine tre lettere dell'alfabeto tibetano che indicavano, si presumeva, le iniziali del luogo e della provincia esatti.
Guidati dalla visione, i maestri viaggiarono per mille miglia fino al monastero Kumbum, quello "dai tetti d'oro e di giada", e giunsero nel villaggio di Takstern, nella provincia dell'Amdo (vicino al confine con la Cina) fino alla porta di una casa, appunto, "dal tetto color turchese". Travestiti da mercanti, chiesero ospitalità e conobbero così il piccolo Tenzin, che aveva tre anni e nel villaggio era nato il 6 luglio 1935; il bambino "riconobbe" subito una collana che il Lama aveva al collo che era appartenuta al precedente Dalai Lama. Il bambino parlava il raffinato dialetto di Lhasa, città di residenza dei Dalai Lama, idioma che in quella provincia nessuno conosceva.

QUEL BIMBO PRODIGIOSO "RICONOSCEVA" TUTTO

In una seconda visita, i Maestri sottoposero il bimbo a varie prove, mostrandogli oggetti appartenuti all'ultimo Dalai Lama confusi in mezzo a copie abilmente contraffatte; ogni volta il piccolo sceglieva con sicurezza quella giusta e sosteneva che quegli oggetti gli appartenevano. Quando partì felice con i Lama alla volta di Lhasa, aveva soltanto tre anni e mezzo. Nella capitale vennero organizzate ulteriori "prove", fra le quali il riconoscimento sul suo corpo degli otto segni appartenenti a tutti i precedenti Dalai Lama. Da quel momento il piccolo divenne "Sua santità Tenzin Ghiatzo, 14° Dalai Lama del Tibet".

"OCEANO DI SAGGEZZA"

Monaco buddista dell'ordine fondato da Buddha Shakyamuni attorno al 525 avanti Cristo e rivitalizzato in Tibet dal Lama Tzong Khapa nel 1400, portavoce dell'antica tradizione educativa buddista, reincarnazione del Buddha Avalokiteshvara, l'arcangelo buddista Mahayana della Compassione, salvatore dei tibetani. Formalmente sovrano del Tibet anche se in esilio dal '59, Tenzin Ghiatzo è anche un "maestro "vajra" dei mandala esoterici del tantra dello yoga supremo Kalachakra, "ruota del tempo", e quindi profeticamente coinvolto nell'evoluzione positiva di tutta la vita intelligente, nel nostro sacro ambiente su questo pianeta". Il titolo Dalai, letteralmente "oceano" (di saggezza), venne conferito dal principe mongolo Altan Khan al terzo successore del primo Lama, Tzong Khapa, e divenne un'eredità per tutti i "sovrani" spirituali di Lhasa.

Un Nobel in esilio

Premio Nobel per la pace, è il buddista più famoso del mondo: ama definirsi un semplice monaco buddista, si firma col suo nome di battesimo, Tenzin Ghiatzo, ma per tutti è il Dalai Lama, simbolo vivente della cultura tibetana ed emblema della difesa dei diritti umani: è ancora la principale autorità spirituale del Tibet, anche se costretto all'esilio dall'invasione cinese che mise fine al suo potere temporale nel paese dei Lama, i "maestri" della città-monastero di Lhasa. Per i tibetani, interpreti della tradizione buddista Vajrayana, Tenzin Ghiatzo (14esimo Dalai Lama) è considerato una emanazione di Cenresig, il "Buddha della Compassione".

L'INVESTITURA A SOLI 3 ANNI

Figlio di contadini, nato nel 1935 in un villaggio di campagna all'estrema periferia nord-occidentale del Tibet, il piccolo Tenzin aveva solo tre anni e mezzo quando fu "riconosciuto" come Dalai Lama dai grandi "maestri" della capitale in base a misteriosi presagi: i saggi di Lhasa lo ritennero la reincarnazione del suo predecessore, il 13esimo Dalai Lama, e da quel momento lo considerarono supremo capo spirituale e temporale del Tibet. Dall'età di sei anni studiò scienze, matematica, inglese, filosofia buddista. Nel 1950, in ottobre la Cina comunista invase il Tibet.

LEADER IN ESILIO DOPO L'INVASIONE CINESE

A sedici anni non ancora compiuti, Tenzin Ghiatzo fu costretto ad assumere il ruolo di capo di Stato e per nove anni tentò di raggiungere un compromesso coi cinesi, ma nel marzo del 1959 le truppe di Pechino uccisero in un solo giorno oltre 87 mila tibetani: per sottrarsi alla cattura il Dalai Lama fu costretto a fuggire da Lhasa, seguito da più di 100 mila profughi, insieme ai quali ottenne asilo politico dall'India. Dal 1960, Tenzin Ghiatzo vive a Dharamsala, nell'India settentrionale ai piedi dell'Himalaya, dove svolge un'instancabile attività in difesa del suo popolo e della preservazione della cultura tibetana.

IL PREMIO NOBEL

Ha praticato la politica della non-violenza, anche di fronte ad una brutale aggressione, un'attitudine che lo ha portato ad essere insignito del Nobel per la pace, nel dicembre 1989, attribuito per la prima volta ad un cittadino asiatico. Grazie alla sua semplicità disarmante, ha toccato il cuore di moltissime persone di differenti culture e religioni, divenendo un simbolo mondiale della non-violenza e uno dei più rispettati leader spirituali del pianeta: il suo sorriso sembra più forte del dolore per il genocidio del Tibet, dove la Cina sta distruggendo la millenaria civiltà del popolo dei monasteri.

Questi i testi sacri

L'insegnamento di Buddha all'inizio fu tramandato oralmente. I frammenti scritti più antichi si trovano in monumenti di pietra innalzati dal pio grande re Asoka verso il 250 a.C.. In seguito, per le molte controversie ed eresie dottrinali sorte nel movimento, furono indetti vari concili per fissare per iscritto la dottrina dell'Illuminato. Il Canone (cioè l'elenco ufficiale dei testi sacri) fu redatto in lingua pali (dialetto sanscrito) nel I secolo a.C., sotto il re di Ceylon, Vattagamani.

Il Tripitaka (letteralmente: i tre canestri, perchè gli scritti di pergamena erano raccolti entro canestri) o triplice Canone delle Scritture buddhiste si compone di tre raccolte:

1. Vinaya-Pitaka o canestro della Disciplina della comunità che contiene le 227 regole o sutta riguardanti i rapporti economici e le modalità di vita dei monaci (vestiti, cibi, abitazioni).

2. Sutta-Pitaka comprende le regole e la dottrina esposta da Buddha. È il canestro più importante, redatto in forma di discorsi, dialoghi, poesie. È diviso, a sua volta, in cinque nikaya (raccolte): "Digha-Nikaya" o raccolta dei discorsi lunghi, attraverso i quali Buddha espone il suo insegnamento dottrinale; "Majjhima-Nikaya" o raccolta delle esposizioni medie (sono 152 regole nelle quali Buddha sviluppa temi fondamentali della dottrina e della pratica, polemizza contro le pratiche ascetiche crudeli dei giaina e dichiara la possibilità di raggiungere il Nirvana da parte dei laici); "Samyutta-Nikaya" o raccolta delle esposizioni combinate (la raccolta, fatta di 2.889 regole, ha particolare interesse dottrinale perché tratta delle Quattro Verità e contiene il celebre discorso di Benares); "Anguttara-Nikaya" o raccolta secondo il numero crescente (comprende 2.308 "sutta" o regole, per lo più rappresentate da citazioni); "Kuddara-Nikaya" o raccolta dei piccoli brani (contiene 15 testi di varia epoca riferiti a Buddha e al culto).

3. Abidhamma-Pitaka e il Paritta (che è il canestro meno antico) è un'esposizione della dottrina metafisica secondo il metodo scolastico-mnemonico. È redatto in forma di catechismo, con domande e risposte, ordinate secondo classificazioni logico-numeriche. La raccolta è divisa in sette trattati. Il Paritta, cioè la raccolta di 28 regole, tratta di poteri magici, divinatori e astrologici. È molto diffuso a livello popolare.

Buddisti in Italia: 70 mila

Su 50 mila buddisti italiani, cui vanno aggiunti i 10 mila di origine extracomunitaria e altri 10 mila praticanti saltuari, almeno 30 mila sono iscritti alla Soka Gakkai, organizzazione in via di rapida affermazione, promotrice di una concezione laica della pratica buddista come "risveglio" interiore e impegno sociale a favore della pace. È una versione sempre più "occidentale" del buddismo laico inaugurato nel 1253 da Nichiren Daishonin nel Giappone medievale, che (all'interno della corrente nipponica Mahayana) basa l'interpretazione del buddismo sull'insegnamento universale del Sutra del Loto, senza più riconoscere il ruolo-guida dei monaci.

SOKA GAKKAI: DA BAGGIO A TINA TURNER

Tra i buddisti italiani più famosi oltre all'attrice Sabina Guzzanti figura anche il calciatore Roberto Baggio, pioniere della Soka Gakkai in Italia, istituto riconosciuto dallo Stato come ente di culto soltanto nel '98 e collegato alla Sgi, la Soka Gakkai International, che nelle sue fila annovera personalità eminenti di tutto il mondo, scienziati e intellettuali ma anche artisti e personaggi popolari come la cantante Tina Turner e la stella del jazz Herbie Hankcock. Promotrice della casa editrice Esperia, la Soka Gakkai italiana edita anche il periodico di divulgazione "Il Nuovo Rinascimento" e la splendida rivista "DuemilaUno" che alterna grandi ritratti d'autore e interviste ai maggiori protagonisti della vita culturale mondiale.

L'UNIONE BUDDISTA ITALIANA

L'altra metà dei buddisti italiani si suddivide nelle tante diverse correnti e tradizioni del buddismo, dalla Theravada del sud-est asiatico alla Vajrayana del Tibet, che vede alcuni suoi seguaci tra i principali animatori dell'Ubi, l'Unione buddista italiana, con 33 centri collegati fra loro e affiliati all'Unione buddista europea; riconosciuta dallo Stato fin dal '91 come ente religioso, l'Ubi pubblica il bollettino trimestrale di informazione "Shanga", ogni anno riunisce i suoi aderenti per celebrare la festività del Vesak (che ricorda i tre momenti cruciali della vita del Buddha: nascita, "illuminazione" e "parinirvana") e ogni tre anni promuove un congresso nazionale su temi di interesse spirituale con l'intervento di studiosi e maestri di meditazione.

Glossario buddista

ATMAN il sé, lo spirito, la più intima essenza dell'uomo. Nel buddhismo Mahayana rappresenta la coscienza universale che sottostà all'universo stesso nella sua interezza.

BODHISATTVA è definita così quella persona che rinuncia volontariamente alla illuminazione/liberazione finale per continuare ad essere utile ai suoi simili nel loro percorso spirituale. È colui che ha realizzato la propria natura buddhica ma decide di ritornare un essere materiale per aiutare gli altri nella via della comprensione.

BONZO monaco, sacerdote buddhista. Deriva dal giapponese bonsa che significa uomo pio e, in origine, il nome identificava esclusivamente i sacerdoti giapponesi, poi si è esteso a quelli Cinesi e infine ai monaci buddhisti. I bonzi vivono in monasteri sia maschili che femminili.

BUDDISMO insieme all'Islam, al Cristianesimo e all'Induismo, è una delle grandi religioni mondiali. Nato in India con Siddharta-Shakyamuni, si è in seguito sviluppato con le tre principali correnti (Mahayana, Hinayana e Vajrayana) in Giappone, Sud-est asiatico e Tibet. Negli ultimi decenni si è affermato anche nei paesi occidentali, specie nella sua versione Mahayana-Zen. L'insegnamento di Nichiren Daishonin fa parte della corrente Mahayana e nel caso specifico individua nel titolo del Sutra del Loto l'essenza dell'insegnamento del Buddha.

BUDDHA non è una divinità oggetto di adorazione, ma il singolo essere umano che percepisce la "vera entità di tutti i fenomeni" e conduce le altre persone a raggiungere la sua stessa "illuminazione". Questo appellativo definisce una persona che si è "risvegliata alla Legge" che regola tutti i fenomeni della vita.

BUDDITA' è una condizione vitale potenzialmente presente in tutti gli esseri viventi. Nella filosofia buddista è considerata la più alta che si possa raggiungere.

DAIMOKU letteralmente significa "titolo" e si riferisce in particolare al titolo del Sutra del Loto, la formula "Myoho-renge-kyo". Nel buddismo di Nichiren Daishonin l'invocazione "Nam-myoho-renge-kyo" indica la fondamentale Legge della vita e dell'universo che permea tutti i fenomeni, proclamata dallo stesso Daishonin il 28 aprile 1253.

DALAI LAMA titolo col quale si identifica il capo supremo del buddhismo tibetano.

DEVA esseri spirituali altamente sviluppati, corrispondono agli angeli della tradizione cristiana.

DHARMA la legge, è l'insieme della dottrina del Buddha che insegna la via della comprensione e dell'amore.

GOHONZON in giapponese, "Honzon" significa "oggetto cui si deve il rispetto più profondo", mentre "Go" è un semplice prefisso onorifico. Nichiren Daishonin materializzò la sua vita illuminata nella forma di un "mandala", il Gohonzon, un piccolo altare, davanti al quale, recitando "Nam-myoho-renge-kyo", ogni essere umano può "risvegliare la propria natura illuminata".

GONGYO letteralmente "Gon" significa "praticare con costanza" e "Gyo" "continuare con disciplina". L'espressione è quindi traducibile in "pratica assidua". Pratica composta dalla recitazione del Daimoku, che è la pratica fondamentale del buddismo di Daishonin, e dalla lettura dei capitoli Hoben e Juryo del Sutra del Loto, la "pratica di supporto" che "aiuta a manifestare e a stabilizzare i benefici del Daimoku". Il Gongyo (cioè il Daimoku più i due capitoli prescelti del Sutra del Loto) si recita due volte al giorno, al mattino e alla sera.

KARMA è un termine sanscrito che indica l'energia potenziale che risiede nella realtà interiore della vita e si manifesta con diversi risultati nel futuro. La parola originariamente indicava semplicemente "azione", ma nel buddismo venne interpretata per significare sia un'azione mentale (il pensiero) sia un'azione verbale (la parola) sia l'azione fisica vera e propria. Ogni azione, buona o malvagia, in ciascuno dei tre livelli, secondo la teoria buddista imprime un'influenza latente nella vita individuale. Se attivato da uno stimolo esterno, il karma produce "un effetto corrispondente". Il karma è dunque "quella forza potenziale che creiamo continuamente", che ha influenzato la nostra vita attuale e influenzerà quella futura.

KOAN enigma, paradosso logico, affermazione che non è spiegabile razionalmente e serve a far capire l'inadeguatezza della ragione a comprendere la realtà. Si tratta di una pratica del buddhismo zen tesa a creare nel discepolo lo stato di coscienza necessario ad accogliere l'illuminazione.

KOSEN-RUFU letteralmente: "dichiarare e diffondere estesamente" (il buddismo). Questo termine appare nel 23esimo capitolo del Sutra del Loto e indica la propagazione a livello mondiale del buddismo di Nichiren Daishonin, che secondo i credenti implica, come risultato concreto, "lo stabilirsi di una duratura pace sociale".

LAMA titolo che, nel buddhismo tibetano, viene dato a religiosi che si ritiene abbiano raggiunto un alto grado di santità. Il popolo tende ad attribuirlo a tutti i monaci.

LIBRO TIBETANO DEI MORTI (Bar do t'os sgrol) il significato esatto del titolo sarebbe "Il libro che porta alla salvezza dall'esistenza intermedia per il solo fatto di sentirlo recitare". La recitazione di questo testo deve servire a risvegliare nella coscienza di chi sta per morire la consapevolezza della verità che salva: la capacità cioè di riconoscere la Luce-coscienza che è in grado di salvare l'individuo dal ciclo delle reincarnazioni determinato dal karma. Dopo la morte esiste uno stato intermedio che può sfociare nel nirvana o nel samsara: questa scrittura tibetana è un mezzo che facilita il raggiungimento del nirvana. L'opera è il risultato della integrazione di diversi momenti e contenuti del pensiero buddhisita. Non se ne conosce la data della compilazione ma viene indicato come uno dei testi sacri che furono nascosti sotto terra da un famoso taumaturgo.

MAHAYANA il grande veicolo, è quella particolare corrente buddhista che pone in risalto l'azione del bodhisattva, colui che ha raggiuntio la pienezza della compassione. Formatasi nel I sec. dopo Cristo, cercò di adattare il messaggio del Buddha alla realtà sociale dell'India che era in continua evoluzione.

MANDALA immagine dai molti colori che viene realizzata con la sabbia e poi distrutta. Si tratta di una pratica simbolica attraverso la quale l'uomo ricorda che tutta la realtà di questo mondo non è che pura illusione.

MANTRA suoni che vengono prodotti ripetutamente allo scopo di entrare in sintonia vibrazionale con gli aspetti più profondi della nostra natura buddhica e di stimolarne la manifestazione.

MUDRA gesti simbolici che vengono eseguiti durante le pratiche religiose e che hanno lo scopo di favorire la circolazione delle energie sottili.

NIRVANA eliminazione, una delle quattro nobili verità che il Buddha insegnò in ordine alla salvezza. Il Nirvana è anzi la stessa salvezza che consiste nella cessazione del dolore. Il buddhismo Mahayana ha visto nel nirvana un che di positivo dotato di una essenza mistica, non un semplice annullamento.

PADMASAMBHAVA testo compilato nell'ottavo secolo dopo Cristo. Pare che sia stato riportato in luce da un grande studioso di testi sacri, Carmalingpa, vissuto probabilmente nel 1300. La scoperta da parte dell'occidente avvenne nel 1927: anno in cui il libro fu tradotto in inglese.

PRAJNA comprensione, saggezza, capacità di vedere le cose nella loro vera essenza transeunte, impermanente.

SAMADHI concentrazione, è la tecnica e al tempo stesso il risultato della pratica della meditazione.

SAMSARA ciclo delle nascite e delle morti, il mondo condizionato dalla materia.

SANSCRITO lingua dell'India in cui fu composta la maggior parte dei sutra del buddhismo Mahayana.

SATORI nel buddhismo zen è l'illuminazione concepita come conoscenza sperimentale della realtà nella sua unità fondamentale.

SHANGA comunità buddhista che comprende monaci, monache e laici. La vita in comunità è considerata fondamentale per percorerre la via dell'illuminazione.

SIDDHARTA conosciuto in Giappone anche come Shakyamuni -"fondatore del buddismo" - visse in India 2500 anni fa, intorno al quinto-sesto secolo a.C. Figlio di ricchi nobili, fin da giovane abbandonò gli agi della sua condizione per meglio occuparsi delle sofferenze che affliggono gli esseri umani (riconducendole a quattro fondamentali: nascita, vecchiaia, malattia e morte) e si dedicò alla ricerca di una via per sconfiggerle. Praticò a lungo austerità e privazioni viaggiando e predicando. Gli ultimi anni della sua vita furono dedicati alla predicazione del Sutra del Loto, l'insegnamento definitivo che secondo la corrente Mahayana contiene i cardini della sua dottrina.

SMRTI la consapevolezza, la capacità di percepire in ogni momento ciò che accade dentro e fuori di noi.

SUTRA il filo, scrittura considerata discorso del Buddha o di qualche suo diretto discepolo.

SUTRA DEL LOTO è l'insegnamento che Siddharta-Shakyamuni predicò durante gli ultimi otto anni della sua vita ed è considerato (sempre all'interno della corrente Mahayana) la più elevata delle scritture buddiste. Tra le altre cose, rivela per la prima volta che tutte le persone possono manifestare la loro propria "buddità risvegliandosi alla realtà fondamentale della vita".

TAHATA la realtà ultima, la natura fondamentale di ogni cosa.

TULKU un lama riconosciuto come reincarnazione di un Lama precedente.

ZEN scuola del buddhismo Mahayana che dà particolare importanza alla meditazione la cui pratica è considerata il mezzo più valido per il raggiungimento dell'illuminazione. Si tratta di un movimento che ha anche aspetti culturali e artistici: si è diffuso nel Giappone a partire dal secolo XIII.