La Donna nel mondo antico

Il cambiamento della condizione della donna
e la vita della famiglia
dall’età romana al Cristianesimo

Si hanno poche notizie delle classi poco abbienti, si sa solo che vigeva la libera unione tramite conferma di testimoni, invece molte sono quelle riguardo la vita della donna patrizia:

La nascita

Col Cristianesimo non muta il modo di fare selettivo dei Romani. Difatti il bimbo/a poteva essere ripudiato dal padre ed essere "esposto" in pubblico. Questo accadeva spesso alle femmine, poichè erano quasi di peso, dato che a Roma l’eredità era divisa tra i figli e le figlie erano un ulteriore impoverimento delle parti. I bambini venivano esposti in piazza o fuori dall’uscio e chi voleva poteva adottarli, ma con la stessa indifferenza potevano annegarli. Dice Seneca: "Bisogna separare ciò che è valido da quello che non serve a nulla."

Istruzione

Se superava questo primo esame la ragazzina veniva affidata ad un pedagogo o nutritor ed una nutrice che spesso erano amati più dei genitori. Spesso il nutritor e la nutrice erano agli ordini della nonna paterna che decideva gli svaghi ed i doveri del nipote. Questo succedeva tra i patrizi fino al tardo impero, poi non si vide più la necessità di istruire le donne, queste dovevano solamente saper leggere la Bibbia essendo "la coscienza" del marito, consigliandolo insieme al parroco della famiglia sulle decisioni di tipo etico.

Il matrimonio

Durante la Repubblica ed il primo Impero esistevano tre diverse forme di matrimonio che ponevano la donna sotto la potestà del marito: la confaerratio, ossia l’offerta solenne da parte degli sposi di una torta di farro a Giove Capitolino alla presenza del Pontefice Massimo; la coemptio, rito che vedeva il padre "vendere" la figlia al futuro marito; l’usus, che poteva, dopo la coabitazione di un anno, unire due persone. Col Cristianesimo invece il matrimonio si trasformò in un legame tra due persone sotto giuramento alla presenza di testimoni, molto simile a quello attuale: gli sposi si scambiavano due anelli, e li mettevano all’anulare, poichè secondo la tradizione greca l’anulare ed il cuore sarebbero uniti da un nervo. Così il matrimonio divenne un’unione indissolubile, a differenza del matrimonio romano facilmente scioglibile.

La vita matrimoniale

Sotto la tarda Repubblica le mogli degli uomini pubblici erano state trattate come esseri marginali, che dirigevano la casa, davano ordini ai servi, che poco o nulla contribuivano al carattere pubblico dei mariti. Venivano trattate come "tenere creature", ma in sostanza potevano fare quel che volevano fintanto che questo non venisse ad interferire con la vita pubblica dei mariti. Il divorzio era rapido; l’adulterio, anche se talvolta poteva scatenare una terribile vendetta contro la moglie ed il suo amante, non influiva in alcun modo sulla posizione pubblica del marito. Nell’età degli Antonini crollò questo senso di indifferenza. Un interessante esempio di ciò è che prima sulle monete la concordia era simboleggiata da due uomini che si stringevano la mano destra, poi apparve una donna: la prima ad apparirvi fu Faustina minore, moglie di Marco Aurelio. Questa intromissione nella vita privata trovò il suo culmine nel Cristianesimo, dove qualsiasi infrazione della vita coniugale era fonte di vergogna e di scherno. Difatti l’adulterio divenne un reato punibile con la morte.

La vita in famiglia

La matrona romana spesso era la curatrice suprema della casa e di frequente aveva le chiavi della cassaforte. Dava gli ordini agli schiavi e le direttive alle domestiche, era un disonore non essere degne di saper amministrare la domus. Un giorno la cognata di Cicerone fece una scenata: si sentiva estranea poichè avevano incaricato una domestica di preparare la colazione. Questo d’altronde era l’unico modo per ammazzare il tempo per le matrone. Dobbiamo pensare che la matrona non faceva nulla senza un qualche schiavo, nemmeno allacciarsi le scarpe! Non erano mai sole, nemmeno nella camera coniugale. Questo era d’altra parte una garanzia che la matrona non tradisse il marito. Queste persone erano così abituate agli schiavi che non si accorgevano della loro presenza: Orazio dice: " Ho l’abitudine di passeggiare da solo"; cinque versi dopo veniamo a sapere che lo accompagna uno dei suoi tre schiavi. Così le matrone per conservare il decoro venivano sempre accompagnate dalle ancelle o comites e da un custos. Vivevano in una specie di prigione ambulante. Ma non era così terribile la vita delle donne a Roma, loro godevano della parità cogli uomini quanto a diritto successorio. Avevano la propria dote e spesso, essendo più ricche o nobili del marito, ne rifiutavano l’autorità. Comunque l’adulterio non era un divieto così netto, non era uno scandalo così grave se la matrona aveva una relazione con il custos o il marito con un’ancella, in quanto, ricordiamocelo, spesso questi erano matrimoni di interesse. Anzi, non si cercava di nascondere al pubblico lo scandalo, lo si proclamava e si prendeva come offesa della moglie al marito.

Difatti il matrimonio era un dovere del cives romano e l’adulterio era un’affermazione dell’impossibilità del marito di compiere questo dovere.

Gli stoici dicevano: "Sposarsi è un dovere del cittadino" e, "Se si vuole esser un uomo dabbene bisogna fare all’amore solo per procreare dei figli, lo stato matrimoniale non serve ai piaceri venerei". La seconda morale sarà ripresa dal Cristianesimo in quanto la nuova morale vedeva nell’amplesso un peccato carnale.