I Fenici - 3
Intorno al 2000 a.C. una nuova popolazione, proveniente dal golfo Persico, si stabilì a nord della Palestina, lungo la fascia costiera compresa fra il mare e le catene montuose, nella regione dove oggi si trova il Libano.
Le pianure, poste fra il mare e i monti, garantivano un buon rendimento delle coltivazioni agricole.
La regione inoltre si trovava nel punto di passaggio obbligato fra l’Egitto e l’Asia Minore, fra il mare Mediterraneo e la Mesopotamia, in una posizione geografica molto vantaggiosa per il commercio e i traffici.
Dapprima i nuovi arrivati vissero di agricoltura, e a questa attività rimase legata la loro religione, con gli dei Ei, il creatore; Baal, il dio delle piogge e delle tempeste; Astarte, la dea delle fertilità.
La modesta estensione del territorio costrinse però gli abitanti a sviluppare una nuova economia collegata col mare e le sue risorse. Si iniziò dapprima con la pesca; si continuò con la lavorazione del vetro, ottenuto grazie alla finissima sabbia delle spiagge; poi con lo sfruttamento del mùrice, un mollusco dal quale si ricavava la porpora, sostanza colorante di un bel rosso cupo usata per tingere i tessuti. I prodotti poi venivano messi in commercio e trasportati via mare dai Fenici stessi, che così divennero abili navigatori.
I Fenici fondarono sulle loro coste numerose città, le più importanti delle quali furono Sidone, Tiro, Biblo e Berito (l’attuale Beirut, capitale del Libano). Ognuna di esse era indipendente e governata da un proprio re, assistito da un consiglio degli anziani. Troppo deboli militarmente, le città fenicie pagavano ogni anno un tributo ai potenti imperi confinanti (prima l’Egitto, poi gli Assiri) in cambio della loro "protezione" e della libertà dei commerci via mare. Le grandi foreste di cedri della Fenicia fornirono agli abitanti la materia prima per le costruzioni navali. Dapprima furono costruite piccole imbarcazioni per la pesca lungo la costa; più tardi esse furono sostituite da vere e proprie navi, assai robuste, costruite utilizzando i tronchi dei cedri, solidissimi, diritti e lunghi decine di metri. I Fenici migliorarono anche le tecniche di navigazione. Durante il giorno "stimavano" a vista il punto in cui si trovava l’imbarcazione, prendendo come riferimento le diverse caratteristiche della costa; di notte si orientavano osservando le stelle, in particolare la Stella Polare. Per gli approdi perfezionarono l’ancora, costituita non più da una semplice pietra, ma da una barra di legno con un braccio di ferro posto in croce. Il braccio dell’ancora poteva così affondare nella sabbia o incastrarsi fra le rocce del fondo.
Alla metà del V secolo a.C. risale l’opera del primo grande storico greco, Erodoto di Alicarnasso. Leggendo il brano qui riportato, puoi ritrovare molte indicazioni relative alle attività dei Fenici, così come erano conosciute nel mondo antico. Tra l’altro, nota come i Fenici non avessero scrupoli a rapire le donne e a venderle come schiave. "I dotti persiani sostengono che i Fenici, dopo esser giunti dal mare chiamato Eritreo l’attuale mar Rosso ed essersi stanziati in quella regione che ancor oggi abitano, subito si diedero a lunghi viaggi per mare, e trasportando mercanzie egizie e assire giunsero anche ad Argo. E Argo in quel tempo era la più importante città della Grecia. Qui giunti misero in vendita il carico. E qualche giorno dopo, quando avevano già venduto quasi tutto, vennero sulla riva del mare molte donne, e fra esse la figlia del re. Esse, fermatesi presso la poppa della nave, acquistavano alcune merci, quando i Fenici, incitatisi l’un l’altro, si lanciarono su di loro. La maggior parte delle donne riuscì a fuggire, ma la figlia del re e altre furono rapite. E i Fenici, imbarcatele sulla nave, se ne partirono salpando alla volta dell’Egitto."
I Fenici agirono prima come commercianti scambiando i prodotti delle regioni vicine; quindi passarono a vendere anche ciò che loro stessi producevano: porpora, oggetti di vetro lavorato, legname, tessuti. La loro rete commerciale si allargò a tut- to Mediterraneo. Le carovane che viaggiavano per via di terra giungevano invece fi- no ai monti del Caucaso, alla Persia, all’Arabia e talvolta fino all’India.
Nei loro commerci i Fenici cercarono inizialmente soprattutto i metalli: li trovarono molto lontano, nella Spagna del Sud, dove fondarono una tra le loro più antiche colonie, Cadice. Per assicurarsi approdi sicuri e, soprattutto, rifornimenti di viveri, i Fenici crearono diverse colonie, poste in località strategiche, tali da controllare passaggi o stretti di mare. Fondarono così: Adrumeto, Cartagine, Utica e Tangeri sulla costa africana; Mozia e Panormo (oggi Palermo) in Sicilia; Nora, Sulcis, Tharros e Caralis (oggi Cagliari) in Sardegna; Malta e Gozo, al centro del Mediterraneo. Queste colonie restarono attive soprattutto sul mare e non si estesero verso l’interno dei rispettivi paesi. Uno di questi centri, Cartagine, fondato verso la fine del IX secolo a.C., raggiunse più tardi una tale ricchezza e potenza, da divenire per lungo tempo rivale della stessa Roma Insieme al commercio i Fenici esercitarono la pirateria. Con le loro navi assalivano e saccheggiavano le imbarcazioni altrui e i villaggi sulle coste. Non solo praticavano la schiavitù, ma soprattutto commerciavano in schiavi, che acquistavano e rivendevano da un Paese all’altro.
Le necessità pratiche del commercio (come la registrazione delle attività) spinsero i Fenici a cercare un sistema facile di scrittura. In seguito ai loro numerosi contatti con genti diverse, essi si resero conto che un certo numero di suoni erano comuni a tutte le lingue. Raggrupparono perciò 22 suoni, e li trascrissero con linee semplici da tracciare e da ricordare. Questi segni, opportunamente combinati, davano luogo a un numero infinito di parole.
L’alfabeto fenicio originario comprendeva solo le consonanti; i Greci, più tardi, lo accolsero e lo modificarono, inserendovi le vocali. Dai Greci passò quindi ai Romani, presso i quali subì altri cambiamenti, soprattutto nel disegno delle varie lettere.