La Religione Induista
L’induismo professato ai nostri giorni è il risultato della fusione della corrente vedica e del brahamanesimo, avvenuta nel III secolo aC.
Le divinità preminenti sono Brahama, Vishnu e Shiva che spesso tendono a confluire nella Trimurti. La religione si divide in tre sette principali, collegate con l’esistenza delle divinità: vishnuismo (venerazione del dio Vishnu), Shivaismo (venerazione del dio Shiva), Shakatismo (venerazione della dea Shakti, moglie di Shiva).
Il culto consiste in preghiere, riti domestici e pubblici, adorazione delle immagini divine, osservanza del dharma, pellegrinaggi ai luoghi sacri.
L’Induismo non tende ad imporre dogmi, ma piuttosto a dare un significato religioso all’esistenza. Infatti predica l’amore verso tutto ciò che è vivente, ma con l’unica venerazione del divino.
Il mondo dei sensi non è altro che maya, cioè illusione, e l’individuo deve lasciarlo per ricongiungersi col divino: per fare ciò è necessario interrompere la catena di nascite e morti che lo unisce al maya sia spezzata.
La vita è divisa in quattro stadi: il primo è quello del discepolato, da trascorrersi presso un maestro (guru) , dove si studiano i Veda e le tradizioni popolari.
Il secondo è quello della famiglia e della professione.
Il terzo comprende le occupazioni e le cose trascurate fino a quel momento.
Il quarto stadio è quello dell’abbandono della famiglia e della casta.
Gli induisti credono infatti nella trasmigrazione dell’anima (o metempsicosi, o reincarnazione), che è determinata dai meriti e dalle colpe.
Se l’uomo si attacca alla vita e al mondo senza liberarsi da questa condizione prima della morte e non compie opere buone e disinteressate, dovrà espiare la sua colpa rinascendo in una vita successiva, reincarnandosi nel corpo di un uomo della casta inferiore o addirittura in un animale .
Se invece l’uomo compie opere buone, rinuncia ai piaceri materiali e si concentra sullo spirito attraverso svariate tecniche, la più famosa delle quali è lo yoga, allora si libera dai legami materiali e ritorna al Brahama, giungendo così alla liberazione totale.
I quattro valori che deve cercare di perseguire sono il kama (desiderio, passione), l’artha (benessere, patrimonio, reputazione, successo), il dharma (dovere) e il moksha (liberazione, salvezza spirituale).
Per ora l’Induismo è basato sulle tradizioni, perché sono mancati i riformatori. Nonostante tutto fra loro ricordiamo l’associazione Brahama-Samaj, fondato per cercare di unire in una sola le tre religioni dell’india: Induismo, islamismo, cristianesimo. Il movimento ebbe successo soprattutto grazie al poeta Tagore , le cui opere contribuirono a dare dell’Induismo un’idea ideale, che però si trova in antitesi con quello che realmente è.
Essa porta conseguenze positive, quali per esempio la tolleranza delle altre religioni, considerate soltanto un modo diverso per arrivare al dio.
Ma oltre a queste, numerose sono le realtà negative: lo scarso peso dato dagli indù alla storia, la condizione della donna, il sistema delle caste e la condizione degli intoccabili, la venerazione della mucca sacra in un paese spesso devastato dalle carestie.
LA CONDIZIONE DELLE DONNE
In India, la tradizione gioca un ruolo fondamentale nella condizione delle donne.
Non si arriva più al punto di uccidere le femmine alla nascita, ma la mortalità resta comunque più alta tra le bambine che tra i bambini, e anche il tasso di alfabetizzazione resta più alto nei maschi.
Il matrimonio è proibito sotto i 15 anni, ma ciò non vale per la promessa di matrimonio: in questo campo prevale l’endogamia, ovvero i matrimoni fra persone della stessa casta; inoltre il matrimonio è deciso dai genitori e comporta l’obbligo della dote portata dalla sposa. Essa è l’origine della maggior parte dei divorzi e di incidenti mortali che permettono all’uomo di risposarsi per ricevere una nuova dote.
Il ruolo della donna consiste nel dare alla luce un figlio, per elevare il proprio status sociale e compensare la propria sottomissione nei confronti del marito.
Il voto alle donne è stato concesso nel 1952, dopo le lotte femministe che si sono intersecate a quelle nazionaliste sotto l'influenza di Ghandi.
Per quanto riguarda il lavoro: di quelle che ottengono una laurea solo un terzo sono attive professionalmente.
Tra il 40 e il 50% delle donne indiane della campagna lavorano per il marito o per un proprietario terriero gratuitamente. Quelle della città lavorano come venditrici ambulanti, nei cantieri o nelle fabbriche.
Fra le donne emancipate i lavori più ambiti sono l’istruzione primaria e secondaria, le segretarie, i medici, le venditrici, parrucchiere, giudici o poliziotte, ma solo perché i lavori peggiori sono per i paria.
L’emancipazione nel settore del lavoro è avvenuta soprattutto in seguito all’indipendenza, quando il lavoro femminile era utile e richiesto.
Da allora sono state promulgate molte leggi: quella per il diritto al divorzio e all’eredità, una proibisce la poligamia, il matrimonio fra bambini, la pratica della dote (ma tuttora non è praticata) , l’interruzione della gravidanza.
Nonostante le leggi, le donne incontrano ancora notevoli difficoltà a combattere la mentalità antiquata del loro paese.