Il Terrorismo in Italia
Alle Origini della lotta armata
L’estremismo di destra in Italia
cronologia degli avvenimenti di terrorismo dal 1969 al 1981
IL TERRORISMO
Esiste per qualsiasi fenomeno che abbia implicazioni sociali un periodo di incubazione, una fase di maturazione e un momento, per così dire, conclusivo e terminale.
Difficile, quasi sempre, però indicare il momento esatto della nascita di questo o quel fenomeno.
Per il fenomeno terroristico italiano – e stiamo parlando qui di sovversione di matrice di sinistra – è invece possibile indicare un preciso punto di svolta, una data che condizionerà il suo emergere ed il suo imporsi sulla scena politica del Paese.
Quella data è il 12 dicembre 1969: il giorno della strage di piazza Fontana a Milano.
Negli anni immediatamente precedenti la strage era cresciuto in Italia un movimento politico nuovo, quello del ’68, formato da una generazione di studenti, ma anche di operai, che aveva come primo punto all’ordine del giorno la crescita politica del movimento stesso, l’elaborazione delle strategie necessarie a pervadere l’intero tessuto della società.
La bomba che esplode in una banca nel pomeriggio di venerdì 12 dicembre 1969 - e che strazia i corpi di tanti innocenti – pone al movimento che sta crescendo un problema del tutto nuovo: non più la sua crescita politica, il suo indirizzo riformista o rivoluzionario, ma la sua autodifesa.
Il 12 dicembre 1969 sulla scena della vita sociale italiana irrompe un fantasma: il fantasma del golpe, l’idea che il potere, con la P maiuscola, sia in grado di mettere in campo tutta la sua forza per contrastare ogni tentativo di cambiamento o soltanto di rinnovamento.
L’idea di svegliarci un mattino con i carri armati sotto casa oggi può fare solo sorridere.
Così non era in quegli anni quando il laboratorio della strategia della tensione era già in funzione.
Così non fu dopo quella maledetta strage.
Sono proprio la paura del golpe, la possibilità di dover fronteggiare una reazione drastica e violenta del Potere – il colpo dei colonnelli in Grecia, Spagna e Portogallo ancora sotto dittatura fascista – che fanno maturare in settori limitati e ristretti dell’estrema sinistra la necessità di armarsi e di costituire gruppi clandestini pronti ad una nuova resistenza. Quella che ad alcuni sembrerà una mera necessità, con il tempo si trasformerà in un’altra idea ancor più pericolosa: la possibilità che esista in politica una scorciatoia, quella - appunto - della lotta armata.
Ecco spiegato - in estrema sintesi - il perché, proprio tra la fine del ‘69 e l’inizio del ’70, nascono in Italia i primi gruppi terroristici.
La prima formazione armata italiana nasce a Genova da un Circolo frequentato da giovani operai e proletari. Si chiama XXII Ottobre. Quasi contemporaneamente a Milano si formano i GAP (Gruppi di azione partigiana) voluti da un ricco editore, uscito dal PCI dopo i fatti di Ungheria del 1956: Giangiacomo Feltrinelli.
Si tratta di due minuscole formazioni che avranno vita brevissima. Ma dopo sarà il diluvio: nasceranno le Brigate rosse che concluderanno la loro parabola solo nel 1988 (con una coda ancora misteriosa nel 1999 con l’omicidio D’Antona); spunteranno al sud i NAP e poi, soprattutto al nord, Prima Linea. Fino alla galassia del terrorismo diffuso.
Genova e Milano sono le città in cui per prima attecchisce la pericolosa pianta della lotta armata italiana.
I primi gruppi eversivi che hanno matrice di sinistra sono nel capoluogo ligure il gruppo XXII Ottobre e in quello lombardo i Gruppi di Azione Partigiana (GAP).
Si tratta di formazioni ristrette (complessivamente verranno inquisiti appena 87 militanti), che avranno vita brevissima (la loro parabola si concluderà nel 1972), che si limiteranno per lo più ad imprese di carattere dimostrativo e di autofinanziamento, ma che lasceranno sul campo anche sangue e lutti.
Ciò che accomuna la XXII Ottobre ai GAP, oltre all’ossessione del colpo di stato, è la comune ispirazione al periodo della Resistenza al nazi-fascismo.
Non un fatto, ma una drammatica concatenazione di avvenimenti dietro ognuno dei quali si intravede un complesso meccanismo di controllo e di condizionamento della vita politica italiana. Un meccanismo non sempre univoco. Il disordine sociale, l'instabilità, la minaccia e il terrore sono i mezzi con cui, dietro le quinte del potere, per anni, un coacervo di forze - spesso in antitesi e in competizione tra loro - ha giocato una partita di morte dai contorni ancora in gran parte da definire. Servizi segreti italiani ed internazionali, strutture armate occulte, la parte della destra estrema più sensibile alle scorciatoie del golpismo, lobby segrete, gruppi di dominio corrotti, centrali economiche preoccupate del cambiamento, complicate alleanze dove sfumano e si mescolano le differenze tra legalità e illegalità, tra corpi dello stato e criminalità, tra fenomeni spontanei ed altri abilmente manovrati. Una vera e propria Strategia della Tensione comincia a delinearsi in Italia, almeno nei suoi aspetti teorici, nella prima metà degli anni Sessanta. Fonti istituzionali come la commissione stragi, ma anche numerose fonti pubblicistiche, individuano - forse un po' semplicisticamente - la nascita di questo tipo di trama nel convegno dell'Istituto Pollio che si svolge dal 3 al 5 maggio 1965 all'Hotel Parco dei Principi di Roma. Ma è solo in coincidenza con i grandi sommovimenti sociali del '68-'69 (lotte studentesche ed autunno caldo) che il Partito della Tensione scende sistematicamente in campo, mettendo in atto la sua vera strategia che si realizza, al ritmo cadenzato delle bombe gettate nel mucchio, nel periodo (1969-1974), gli anni orribili dello stragismo più forsennato. Una strategia per nulla destabilizzante delle istituzioni - come per anni una sinistra, tanto ufficiale quanto cieca, si è ostinata ad affermare - ma l'esatto contrario: la stabilizzazione al centro del potere politico. Proprio quel centro della vita nazionale di questo paese, del quale, ancora oggi, l'Italia sembra non volere e potere fare a meno. La Strategia della Tensione, quindi, come un apparato perfettamente intercambiabile di uomini - per lo più servitori dello Stato e loro accoliti - al servizio di un'idea precisa: la conservazione del potere rispetto a qualsiasi forma di cambiamento. Ed è proprio in quest'ottica di immutabilismo che si collocano strutture segrete come Gladio, come i Nuclei di Difesa dello Stato e formazioni dal profilo politico quanto mai ambiguo come il MAR di Fumagalli. Oppure teorie dalle conseguenze nefaste, come quella degli opposti estremismi e la sua diretta conseguenza: l'inarrestabile spirale fascismo-antifascismo. Non è un caso che il Partito della Tensione e la strategia che lo stesso sviluppa comincino a defilarsi dalla scena nella seconda metà degli anni Settanta, cioè appena la sinistra (cioè il PCI), prima con la teoria del compromesso storico e poi con la piena accettazione della pratica del consociativismo (nessuna scelta di governo senza il consenso dell'opposizione) cessano di essere un'alternativa temibile all'assetto dominate. La Strategia della Tensione abbraccia e divora, quindi, un ben definito periodo della storia dell'Italia repubblicana. Ma il mistero delle sue trame è ancora praticamente integro.
La storia dell’estrema destra italiana attraversa per intero quella della Repubblica e si intreccia costantemente con le vicende più oscure dei misteri d’Italia.
Questa considerazione sarà incontestabile almeno fino a quando non verrà pienamente svelata dai suoi stessi protagonisti la vera dinamica delle formazioni politiche sorte, a partire dal dopoguerra, nel solco del neofascismo, ma che acquistano una valenza e una loro rappresentatività soltanto nel corso degli anni Sessanta e Settanta.
Si tratta di formazioni oggi scomparse – in primo luogo il Movimento Politico Ordine nuovo ed Avanguardia nazionale – che però conservano a tutt’oggi nel loro Dna non poche zone buie impenetrabili ed alcune zone grigie indecifrabili, la cui ricostruzione storico-politica è stata finora affidata solo alle requisitorie dei pubblici ministeri e alle sentenze delle Corti di Assise. Da qui l’esigenza di chiarezza, allo scopo di ricostruire itinerari e strategie troppo spesso compromessi con i lati più oscuri del potere.
L’impressione prevalente che, a distanza di anni, organizzazioni estremistiche di questo tipo offrono è una sola: in molti casi, in troppi casi, sia il MPON che AN hanno preferito, alla lotta sul terreno politico, la scorciatoia eversiva, tendente ad utilizzare gli elementi più retrivi dei corpi dello stato e degli apparati di sicurezza. Il risultato pratico è stato l’esatto contrario di quanto era nelle loro intenzioni: entrambe le organizzazioni (ma in particolare Ordine nuovo) – a volte in toto, a volte in alcuni settori – sono state usate dai servizi segreti e poi gettate in pasto alla magistratura. Il limite politico di queste e di altre formazioni della destra estrema – che ha poi finito per qualificarle sotto il profilo criminale - è stata la scelta tramaiola, golpista e – in alcuni casi – stragista operata in tutto l’arco degli anni Settanta. E’ proprio sul finire di questo periodo storico che, in seno alla destra estrema, si produce una prima significativa lacerazione con la scelta – che sarà attuata soprattutto nei settori più giovanili - del terreno della lotta armata: nasce la destra radicale che cerca di uscire dalla logica stritolante del binomio fascismo-antifascismo e comincia una lotta anti-statale.
Il risultato di quello che è stato catalogato come terrorismo nero è storia conosciuta. Oggi, a differenza dell’estremismo di sinistra - fenomeno ormai esauritosi che sopravvive, al massimo, nei centri sociali - forme di destra estrema, seppur quasi residuali, continuano ad esistere.
La Vulgata vuole che la destra radicale del dopoguerra si sia formata alla scuola di un maestro che non era mai stato fascista, ma piuttosto vicino all’ala più sulfurea del nazismo esoterico, il barone Julius Evola, un intellettuale dagli interessi vasti ed intriganti: pittore dadaista, ricercatore alchemico, dedito allo joga tantrico. Certo il tradizionalismo integrale, con la sua dottrina dei cicli della decadenza, era perfetto per consentire ai reduci di Salò di elaborare il lutto della disfatta.
Ma le cose non sono andate propriamente così: perché a fondare il padre di tutti i gruppi extraparlamentari, come delle bande più o meno armate, i Fasci di azione rivoluzionaria (FAR), è il più alto gerarca sopravvissuto alla catastrofe della guerra civile, Pino Romualdi, vicesegretario del Partito Fascista Repubblicano.
E quando alla fine del 1946 il leader sceglierà – nonostante il suo status di clandestinità – che è giunta l’ora di fare politica alla luce del sole nel nascente Movimento sociale italiano (MSI), il suo braccio destro, il reduce Cesco Baghino garantirà continuità all’organizzazione clandestina, ma al tempo stesso militerà nel partito, di cui giungerà ad essere l’ultimo presidente onorario, allo scioglimento nel 1995. E gran parte della destra radicale continuerà ad aver un rapporto elastico con il MSI, al punto che l’esperienza più dirompente, lo spontaneismo armato alla fine degli anni Settanta, nascerà proprio nelle sezioni del Fronte della Gioventù e del FUAN, le organizzazioni dei giovani e degli universitari del partito.
Come una altra riduzione semplicistica da sfatare è quella che rappresenta la contrapposizione tra i due gruppi extraparlamentari storici, Ordine nuovo e Avanguardia nazionale, come lo scontro tra le due anime del neofascismo. La prima è ossessionata dalla purezza dottrinaria, tesa alla ricerca spirituale e dedita alla "duplice guerra santa", dove l’aspetto prevalente è la sfida interiore e non il risultato pratico.
La seconda è cresciuta nel culto dell’azione, orientata a privilegiare la militanza attivistica e disposta anche a giustificare pragmaticamente comportamenti spregiudicati, purché funzionali agli scopi strategici.
Anche in questo caso lo schemino è fuorviante. Perché il livre de chevet degli ordinovisti, "Gli uomini e le rovine" (Clemente Graziani lo definirà al processo contro il Movimento politico Ordine nuovo "il vangelo della gioventù nazionalrivoluzionaria") era stato scritto da Evola per legittimare un’operazione di piccolo cabotaggio: l’accettazione da parte del principe Junio Valerio Borghese della presidenza onoraria del Msi. E il comandante della Decima Mas sarà fino alla morte il nume tutelare dell’ala "interventista".
Anche noi, in questa mappa dell’arcipelago nero, saremo talvolta costretti alle semplificazione didascalica, necessità rafforzata dalla non linearità di Internet (ognuno sarà libero di scegliersi il suo percorso di navigazione). Ma all’inizio del viaggio avvertiamo forte l’esigenza di una messa in guardia generale sulla complessità e l’articolazione interna del pluriverso dell’estrema destra italiana.
Non un fatto, né un avvenimento, ma un complicato intreccio di uomini, donne ed idee, di episodi e comportamenti, di aspirazioni e desideri, di aspettative e delusioni. Un vento di cambiamento pieno di contraddizioni che ha soffiato su più di una generazione, sedimentando un sentire comune, quello della rottura con un assetto sociale e politico fondato sull’autoritarismo. Difficile ancora oggi dire che cosa è stato il ’68. Certa- mente una stagione diversa con tutti i pregi e i limiti che i grandi sommovimenti portano con sé. Il ’68 nasce come un movimento spontaneo e di ribellione, di carattere internazionale, in una prospettiva di rottura, che investe tutti gli ambiti della vita quotidiana, non solo quelli politici, ma soprattutto quelli più marcatamente esistenziali. In questo senso il ’68 è un’onda lunga che non ha ancora trovato la sua riva di approdo. Non un percorso lineare, ma una ragnatela di percorsi.
Ma il ’68, a seconda del paese in cui si realizza – e specie in Italia - segna anche la repentina trasformazione di quel movimento spontaneo in una serie di formazioni politiche giovanili che hanno a loro fondamenta una rilettura critica del marxismo e del leninismo, ma purtroppo anche l’eredità del settarismo. L'esplosione del '68 italiano in fondo non è che l'unificarsi, negli strati giovanili più culturalmente evoluti, delle mille tendenze che in tutto il mondo occidentale si qualificano come "beat generation", una generazione vagamente protestataria perché formatasi all'interno del processo neocapitalistico successivo agli assestamenti degli squilibri prodotti dal conflitto bellico mondiale.
Il neocapitalismo, in altre parole, propone valori e percorsi che i giovani rifiutano al di là - o forse prima - delle grandi ideologie: quella marxista, quella cattolica e quella conservatrice, o di destra, che ha in sé retaggi del passato fascista.
L'unificarsi di quest'area di protesta entro le cinta delle mura universitarie avviene a Berkeley come a Parigi, a Tokio come a Berlino, a Londra come a Roma e Milano. Diversi sono i tempi, perché diversi sono i contesti. Ma le rivolte dei "campus" del '64 in California equivalgono al maggio francese o all'inverno-primavera del '67-'68 in Italia.
Il punto sta nel perché l'unificazione delle istanze di protesta o di opposizione a uno sviluppo culturale e sociale, prima ancora che politico, si disfi quasi sul nascere. Nel perché, ovunque, e quindi anche in Italia, il ‘68 si esaurisca così in fretta.
Sono stati - e sono destinati a restare - i 55 giorni più misteriosi dell’intera storia dell’Italia repubblicana. Ancora oggi, a distanza di più di vent’anni, soltanto rievocare il caso Moro vuol dire preparasi ad entrare in un ramificato tunnel di segreti e interrogativi, di domande senza risposta e di inconfessabili trame. Il tempo che corre non solo ci allontana dalla completa verità sulla strage di via Fani, la lunga detenzione di un uomo politico di primo piano e la sua orrenda fine, ma rende tutto più complesso. Il trascorrere degli anni che sempre più ci fa apparire lontano quel tragico evento, anziché semplificare il quadro di insieme della vicenda, tende ad aggiungere nuovi tasselli ad un mosaico che appare ormai infinito. Aldo Moro, presidente della DC, per almeno vent’anni personaggio centrale della politica italiana, viene sequestrato da un commando delle Brigate Rosse il 16 marzo 1978, in via Fani a Roma, alla vigilia del voto parlamentare che – per la prima volta dal 1947 - sancisce l’ingresso del partito comunista nella maggioranza di governo. Per rapirlo la sua scorta, composta da cinque uomini, viene sterminata. Il gruppo armato che s’impadronisce di Moro afferma di volerlo processare, per processare tutta la Democrazia Cristiana, forse addirittura non rendendosi conto di aver gettato sulla scena politica nazionale una bomba ad alto potenziale. I 55 giorni in cui Moro sarà detenuto in un "carcere del popolo" apriranno infatti una serie di enormi contraddizioni in seno all’intera classe politica italiana, mentre i brigatisti finiranno col dimostrarsi – con i loro documenti miopi e vetusti - completamente avulsi dalla realtà storica del paese.
La fine di Moro è nota: il 9 maggio 1978 Mario Moretti, capo dell’organizzazione armata, lo ucciderà, "eseguendo la sentenza", così come scritto nell’ultimo comunicato delle BR. Quel colpo di pistola, con tanto di silenziatore, risulta assordante ancora oggi.
Cinque diversi procedimenti giudiziari con più di una decina di sentenze, una sesta inchiesta avviata ("Il Moro sesties"); i particolareggiati racconti dei brigatisti rossi ("pentiti" o dissociati); il lungo lavoro di una commissione parlamentare d’inchiesta (la commissione Moro); l’impegno di un altro organismo parlamentare (la commissione stragi); almeno una ventina di libri. Eppure l’ombra di Aldo Moro continua a muoversi nelle segrete stanze del potere con il suo fardello di misteri, di punti non chiariti, di dubbi ed interrogativi.
Anche se il tempo passa e ci allontana sempre più da quei tremendi 55 giorni, il caso Moro continua a rappresentare il nodo dei nodi dei misteri d’Italia. Sommersi dallo stillicidio di notizie – spesso contraddittorie – che da quasi un quarto di secolo ci vengono propinate con ossessiva regolarità, è sempre più facile giungere ad una conclusione: nell’affaire Moro la volontà di attacco allo Stato di un manipolo di terroristi si è perfettamente intrecciata con la capacità di quello stesso Stato di gestire l’intera, tragica vicenda a proprio vantaggio. A distanza di tanti anni ancora non sappiamo: quanti brigatisti parteciparono all’assalto di via Fani; se tra loro ci fossero elementi esterni; se quell’attacco fu, in qualche modo, teleguidato; dove Moro fu custodito; cosa effettivamente il prigioniero raccontò ai suoi secondini; chi decise effettivamente di ucciderlo e, soprattutto, perché; che fine hanno fatto "le rivelazioni integrali" (il famoso memoriale Moro).
Non sappiamo neppure se quella delle forze dell’ordine chiamate a liberare il prigioniero fu solo clamorosa inefficienza oppure occulta connivenza con i sequestratori. Sappiamo però che sia gli uomini dei servizi segreti, sia quelli della P2 nel caso Moro ebbero un ruolo per certi versi determinante.
E’ un’arma feroce quanto efficace, violenta quanto spettacolare, criminale e al tempo stesso politica. Ma soprattutto il terrorismo è un’arma.
A volte rappresenta l’extrema ratio per la realizzazione di principi che di per sé sarebbero anche nobili e condivisibili, se il terrorismo non avesse – quasi sempre – la caratteristica di sparare nel mucchio, di sacrificare civili inermi. Spesso la via terroristica rappresenta solo una scorciatoia per raggiungere finalità irraggiungibili per via pacifica.
Il fenomeno del terrorismo si è imposto a livello globale con il secolo appena trascorso, ma con un’intensità ed una violenza sempre in crescendo.
Non esiste, evidentemente, un solo terrorismo: accanto a quello "contro lo Stato" esiste la violenza terroristica "di Stato". E spesso è difficile stabilire una graduatoria di crudeltà tra un’azione terroristica in grande stile di un commando clandestino che sacrifica vittime innocenti ed il bombardamento di un’aviazione militare regolare di uno Stato civile che condanna alla stessa fine altre vittime innocenti.
Terrorismo separatista ed irredentista, condotto da movimenti che hanno come obiettivo la lotta per la liberazione del proprio paese da forme di egemonia, per lo più esterne,
terrorismo inteso come guerra planetaria per affermare la prevalenza di una concezione del mondo.
In altre parole da fenomeni di lotta armata circoscritti come quelli rappresentati dall’ETA basca, dall’IRA irlandese, dalle FARC colombiane, dall’UCK balcanico (solo per fare qualche esempio) fino alla galassia degli esegeti della paura che compongono il network islamico del terrore, in un miscuglio spesso indescrivibile dove lotta di liberazione e terrorismo, appunto, si confondono.
1969
9 agosto. Otto attentati scuotono l’Italia e si registrano 12 feriti. E’ l’inizio della strategia della tensione.
19 novembre. Durante una manifestazione a Milano muore l’agente di polizia Antonio Annarumma , che colpito da una spranga mentre guidava un gippone ha perso il controllo e si è schiantato contro un’altra jeep della polizia. Non è chiaro se il tubo da cui è stato colpito sia rimbalzato da un’impalcatura dopo lo scontro delle auto, o sia stato lanciato da un manifestante. Sembra ci sia un filmato che dimostri la veridicità della prima ipotesi, ma questo non è mai stato reperito.
12 dicembre . Strage di piazza Fontana. Nella banca dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano, una bomba provoca la morte di 17 persone e il ferimento di 88. Bombe esplodono anche a Roma alla Bnl di via Veneto, dove rimangono ferite 16 persone, e alla tomba del milite ignoto.
15 dicembre. Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico tra i sospettati della strage di piazza Fontana muore dopo esser precipitato dal quarto piano della questura dove è interrogato dal commissario Calabresi. I poliziotti sostengono che sconvolto dall’interrogatorio si sia gettato da solo, mentre la sinistra dichiara che sia stato spinto. La verità sulla sua morte non è mai stata svelata.
16 dicembre. Accusato dal tassista Cornelio Rolandi viene arrestato per la strage di piazza fontana Pietro Valpreda. A Roma vengono arrestati alcuni anarchici tra i quali Mario Merlino per gli attentati del 12 dicembre, questi però risulterà un neo fascista infiltrato dai servizi segreti.
1970
14 luglio. Inizia la prima fase della rivolta di Reggio Calabria scatenate da una disputa con Catanzaro per la sede del capoluogo della regione.
7 settembre. A Reggio Calabria sono compiuti 4 attentati dinamitardi.
9 settembre. Bombe sui treni a Reggio Calabria dove riprende la rivolta in cui spicca il Msi con a capo Ciccio Franchi, del comitato d’azione. Si susseguono gli scontri al grido di "boia chi molla".
17 settembre. A Milano, in via Moretto da Brescia una bomba fa esplodere l’autorimessa di Giuseppe Leoni direttore centrale della siemens. Sulla porta del c’è la scritta "Brigate Rosse".
30 settembre. Il Ministro degli interni Restivo annuncia che dal 14 luglio al 23 settembre a Reggio Calabria ci sono stati tredici attentati dinamitardi, sei assalti alla prefettura, quattro alla questura.
5 ottobre. Un gruppo di estrema sinistra rapisce a Genova Sergio Gadolla.
1 dicembre. Il divorzio è legge dello Stato .
7 dicembre. Junio Valerio Borghese insieme al missino Sandro Saccucci tenta un golpe. I due si introducono per alcune ore nel ministero degli interni.
1971
25 gennaio. Inizio "ufficiale" del terrorismo. La stella rossa a cinque punte fa la sua prima comparsa con il commando di brigatisti che collocano bombe incendiarie sotto ad altrettanti autocarri, distruggendone tre, sulla pista di Lainate dove la Pirelli prova i suoi pneumatici.
4 febbraio. Viene lanciata una bomba contro la folla, dopo una manifestazione antifascista; a Catanzaro. L’operaio socialista Giuseppe Malacaria rimane ucciso dall’esplosione che provoca anche il ferimento di altre sette persone.
16 febbraio. Catanzaro è capoluogo regionale, Reggio Calabria sede del consiglio regionale. A Reggio ricomincia la protesta.
17 marzo. Il governo rende noto il tentativo di golpe di Valerio Borghese, che colpito da mandato di cattura si rifugia in Spagna.
26 marzo. Alessandro Floris viene ucciso, durante una rapina, dal componente del gruppo di estrema sinistra XXII ottobre Mario Rossi. L’identificazione e l’arresto del Rossi porterà anche alla cattura dei componenti della banda che aveva rapito Gadolla.
16 luglio. Muore a Milano, Cornelio Rolandi di infarto polmonare (la stessa sindrome che colpisce i testimoni dell'assassinio di Kennedy) il principale accusatore di Valpreda nell’ inchiesta su piazza Fontana.
26 agosto. Il sostituto procuratore della Repubblica di Milano emette due avvisi di garanzia, uno per il capo dell’ufficio politico della questura di Milano Antonio Allegra e l’ altro per il commissario Calabresi, per la morte di Pinelli.
5 ottobre. Viene emesso un avviso di garanzia per tutti i presenti nella stanza della questura di Milano, nel momento in cui Pinelli precipitò.
24 novembre. Alla Statale di Milano, la polizia interviene contro un corteo non autorizzato. Settantadue i feriti undici gli arrestati
1972
3 marzo. Viene arrestato Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo, su mandato del procuratore di Treviso, con l’accusa di ricostituzione del partito fascista, e perchè implicato negli attentati del’69 e nella strage di piazza Fontana. Sarà rilasciato per mancanza di indizi.
11 marzo. Gravi incidenti a Milano durante una manifestazione della sinistra extraparlamentare. Vengono lanciate bottiglie molotov contro la sede del Corriere della Sera, giudicato essere il portavoce dei conservatori autodefinitisi "maggioranza silenziosa".
15 marzo. Viene ritrovato il corpo dell’editore Giacomo Feltrinelli, capo e ideologo dei GAP, ucciso dall’esplosione di un ordigno, mentre cercava di minare un traliccio dell’alta tensione a Segrate, nei pressi di Milano.
7 maggio. Muore in carcere per un trauma cranico riportato durante scontri con la polizia, l’anarchico Franco Serantini.
17 maggio. Il commissario Luigi Calabresi, è assassinato sotto la sua abitazione di Milano. Verrà prima accusata l’estrema destra e arrestati Giovanni Nardi e Luciano Bruno Stefanò. Poi nel 1988, dopo le dichiarazioni del pentito Leonardo Marino verrà incriminato come mandante Adriano Sofri, leader di Lotta Continua nel 1972.
26 agosto. Il militante di Lotta Continua, Mario Lupo, è assassinato, in un agguato a Parma, da esponenti dell’estrema destra.
27 agosto. Il giudice di Milano Franco D’Ambrosio, incrimina i neonazisti Franco Freda e Giovanni Ventura, per la strage di piazza Fontana
20 ottobre. Tre avvisi di reato , per omissione di atti d’ufficio nelle indagini sulla strage di piazza Fontana,sono inviati a Elvio Catenacci, dirigente degli affari riservati del Ministero degli interni, al questore di Roma Bonaventura Provenza e al capo dell’ufficio politico della questura di Milano Antonino Allegra.
21 ottobre. Rimangono ferite sei persone, durante i numerosi attentati ai treni che portano metalmeccanici a Catanzaro, per la conferenza sul mezzogiorno organizzata da Cgil, Cisl e Uil.
29 dicembre. Torna libero Pietro Valpreda. Viene infatti approvata una legge che prevede la possibilità di accordare la libertà provvisoria anche per i reati in cui è obbligatorio il mandato di cattura.
1973
17 gennaio. Adamo Degli Occhi è aggredito a Milano. Leader della maggioranza silenziosa, coinvolto nelle indagini sulle trame nere, verrà arrestato nel luglio del 1974.
23 gennaio. Roberto Franceschini e Roberto Piacentini rimangono feriti negli scontri con la polizia alla Bocconi. Franceschini morirà poi in ospedale.
5 febbraio. Capanna Liverani e Guzzini, leader del Movimento studentesco, vengono arrestati per l’aggressione del rettore della Statale di Milano, Mario Schiavinato.
21 febbraio. Contestato a Napoli e Roma un disegno di legge che vuole reintrodurre il fermo di polizia. Ferito l’extraparlamentare Vincenzo Caporale, colpito da un candelotto, morirà il 22.
7 aprile. L’esponente dell’estrema destra, Nico Azzi, rimane ferito dallo scoppio di un detonatore, mentre cerca di posizionare una carica di tritolo sulla tratta ferroviaria, Roma-Torino. Verrà arrestato.
12 aprile. Muore colpito da una bomba l’agente Antonio Marino, durante scontri con esponenti della destra, che protestavano contro il divieto da parte della Questura di Milano di far aver luogo in piazza Tricolore un comizio di Ciccio Franco.
16 aprile. Muoiono a Primavalle in Roma i figli del segretario della locale sezione missina, Stefano e Virgilio Mattei, in seguito ad un incendio doloso scoppiato nella loro abitazione. Verranno accusati, alcuni esponenti di Potere Operaio.
15 maggio. Avvisi di garanzia per Guido Giannettini e Guido Paglia, giornalisti di destra rientrati nelle indagini su piazza Fontana. Il primo si rivelerà un agente del Sid.
17 maggio. Il sedicente anarchico Gianfranco Bertoli, lancia una bomba contro la questura di Milano e provoca la morte di quattro persone. Si saprà poi che il Bertoli è legato, al gruppo eversivo "La Rosa dei Venti", ai Servizi Segreti dell'Esercito, nonchè membro dell'organizzazione paramilitare legata alla CIA denominata "Gladio".
24 maggio. Accordata l’autorizzazione a procedere contro il segretario dell’ Msi, Giorgio Almirante, per ricostituzione del partito fascista.
28 giugno. Rapito dalle BR, il dirigente dell’Alfa Romeo, Michele Marcuzzi.
12 novembre. Primi arresti, a La Spezia e a Padova , che porteranno alla scoperta della organizzazione eversiva "Rosa dei Venti". Tramite le indagini del giudice Tamburrino, si scoprirà che la Rosa dei Venti è un’organizzazione parallela al Sid, in contatto, a livello internazionale, a strutture nel quadro Nato, nate per combattere il comunismo con ogni mezzo.
22 novembre. Viene sciolta l’ organizzazione "Ordine nuovo" fondata da Pino Rauti, e arrestati 30 dei suoi militanti, per ricostituzione del partito fascista.
10 dicembre. Rapito dalle BR, Ettore Amerio, direttore del personale della Fiat.
1974
13 gennaio. Il colonnello Amos Spiazzi, uno dei principali esponenti della trama eversiva Rosa dei Venti, viene arrestato a Padova.
18 aprile. A Genova viene rapito, dalle BR il giudice Mario Sossi, pubblico ministero al processo contro il gruppo XXII ottobre.
6 maggio. Le BR, chiedono la scarcerazione, dei detenuti appartenenti al gruppo XXII ottobre, in cambio del rilascio del Giudice Sossi .
9 maggio. Rivolta nel carcere di Alessandria sedata dall’ intervento dei carabinieri. Sette i morti, di cui cinque ostaggi dei detenuti e quattordici i feriti.
20 maggio. Le BR fanno sapere di aver condannato a morte il giudice Sossi. La Corte d’appello di Genova concede la libertà provvisoria e il nulla osta per il passaporto agli otto detenuti del XXII ottobre.
23 maggio. Viene liberato Sossi, senza che però i detenuti siano stati rilasciati.
28 maggio. A Brescia, in piazza della Loggia, durante una manifestazione sindacale, l’esplosione di un ordigno, provoca la morte di otto persone. La strage, attribuita all’estrema destra, rimarrà impunita.
30 maggio. A Pian di Rascino (RI), rimane ucciso Giancarlo Esposti, esponente di Avanguardia nazionale, in un conflitto a fuoco con i carabinieri che scoprono un campo di addestramento paramilitare dell’estrema destra.
17 giugno. Le BR, uccidono Giuseppe Mazzola e Graziano Girolucci nella sede dell’Msi di Padova.
4 agosto. Una bomba esplode nella vettura n.5 del treno Italicus, l’espresso Roma-Monaco, provocando la morte di dodici persone. I mandanti e gli esecutori della strage, attribuita alle trame nere, non saranno mai individuati.
8 settembre. Renato Curcio e Alberto Franceschini, leader delle BR, sono arrestati a Pinerolo grazie alle informazioni fornite da Silvano Girotto, "frate Mitra", infiltrato nelle BR dal Generale Dalla Chiesa che aveva istituito un gruppo speciale antiterroristico.
15 ottobre. Muore a Robbiano di Mediglia (MI) Felice Maritano durante un’operazione in un covo delle BR, ad ucciderlo è il brigatista Roberto Ognibene.
29 ottobre. Due aderenti ai Nap, Luca Mantini e Giuseppe Romeo, sono uccisi dai carabinieri mentre tentano una rapina alla Cassa di Risparmio di Firenze.
30 ottobre. Vengono arrestati a Torino Prospero Gallinari e Alfredo Buonavita, esponenti delle BR.
5 dicembre. Un commando di Autonomia Operaia uccide durante una rapina allo zuccherificio SII di Argelato (BO), il carabiniere Andrea Lombardini.
1975
24 gennaio. Il terrorista Mario Tuti uccide due carabinieri, Leonardo Falco e Giovanni Ceravolo, giunti ad arrestarlo nella sua abitazione. Tuti ripara in Francia dove sarà arrestato il 27 luglio e successivamente estradato.
18 febbraio. Un commando di quattro persone aiuta ad evadere Renato Curcio dal carcere di Casal Monferrato (Al).
28 febbraio. Il militante del Fuan Mikis Mantakas, viene ucciso da un colpo di pistola, a Roma.
2 aprile. Un attentato distrugge l’abitazione di Gaetano Arfè, direttore del quotidiano socialista "Avanti".
16 aprile. Claudio Varalli è ucciso a Milano, al termine di una manifestazione, con un colpo di pistola dai neofascisti di Avanguardia nazionale.
6 maggio. I Nap sequestrano il magistrato Giuseppe di Gennaro. A Viterbo tre detenuti dei NAP si barricano con tre ostaggi e chiedono un salvacondotto in cambio della liberazione di Di Gennaro che sarà rilasciato l’11 senza condizioni.
15 maggio. Viene gambizzato nella sua abitazione dalle BR il capogruppo della DC a Milano, Massimo De Carolis.
5 giugno. A sole 24 ore dal rapimento dell’industriale Vittorio Gallarino Gancia, i carabinieri circondano il casolare di Arzello dove è tenuto prigioniero. Nel conflitto a fuoco muoiono il carabiniere Giovanni D’Alfonso e la brigatista Margherita Cagol.
8 luglio. Nel covo di Tor di Quinto a Roma viene uccisa da un agente dell’antiterrorismo, la nappista Anna Maria Mantini.
6 ottobre. Bernard Leighton Guzman, presidente della DC cilena durante il governo Allende, esule in Italia è ferito gravemente a colpi di pistola.
29 ottobre. Viene ucciso, a colpi di fucile, Mario Ziccheri, davanti alla sede dell’Msi di Prenestino, a Roma.
1976
18 gennaio. Renato Curcio viene arrestato per la seconda volta. Dopo 20 minuti di sparatoria il brigatista ferito si arrende.
9 febbraio. Viene ucciso dai Nap il brigadiere Tuzzolino.
24 marzo. I giornali danno notizia dell’arresto di Giorgio Semeria, uno dei capi storici delle BR.
8 giugno. Viene ucciso dalle BR il giudice Coco, accusato dai brigatisti di essere il duro, della procura genovese, e di aver fatto fallire lo scambio tra Sossi e i gappisti del XXII ottobre.
10 luglio. Il giudice Occorsio viene assassinato sotto la sua abitazione. L’omicidio è rivendicato da Ordine Nuovo.
10 ottobre. Una delle prime azioni di Prima Linea è l’assalto alla sede della DC di Torino. Tra i componenti del commando c’è Marco Donat Cattin, figlio di uno dei massimi esponenti democristiani.
29 novembre. Cinque esponenti di Prima Linea irrompono nella sede del gruppo dirigenti della Fiat a Torino, incatenano gli impiegati, espropriano i soldi che trovano, e scrivono con una bomboletta spray, il nome :"Prima Linea". E' la prima comparsa della sigla.
12 dicembre. Il nappista Martino Zichitella muore a Roma in un’azione contro, Alfonso Noce, responsabile dei servizi di sicurezza per il Lazio.
14 dicembre. Muore durante uno scontro a fuoco con la polizia il brigatista milanese Walter Alasia.
1977
21 gennaio. Le nappiste, Vianale e Salerno, evadono dal carcere femminile di Pozzuoli.
12 marzo. Prima Linea colpisce l’agente torinese della Digos, Giuseppe Ciotta. L’azione ha scopo di rappresaglia nei confronti della polizia, ritenuta responsabile della morte dello studente Francesco Lorusso.
28 aprile. Le BR uccidono, a Torino, Fulvio Croce, presidente dell’Ordine degli avvocati, che doveva designare i difensori nel processo Curcio.
12 maggio. Un colpo di pistola esploso dalla polizia uccide la diciannovenne Giorgiana Masi, durante una manifestazione organizzata a Roma dai radicali per festeggiare l'anniversario della vittoria nel referendum sul divorzio.
19 maggio. Vengono incendiati, da militanti di Prima Linea, i magazzini della Sit Siemens e della Magneti Morelli di Milano.
2 giugno. Viene "gambizzato", a Milano, Indro Montanelli direttore del Giornale Nuovo. I brigatisti attaccando i giornalisti, intendono colpire "Gli uomini e gli strumenti, della guerra psicologica."
A Torino vengono fermati 4 esponenti di Prima Linea, sorpresi mentre tentano di minare la rete tranviaria cittadina. Si tratta di Valeria Cora, Riccardo Borgogno, Cesare Rambaudi e Marco Fagiano.
16 novembre. I brigatisti colpiscono Carlo Casalegno, vicedirettore della Stampa. E’ la prima volta che i brigatisti sparano ad un giornalista con l’intenzione di ucciderlo.
1978
8 marzo. Si apre a Torino il processo ad alcuni esponenti storici delle BR.
16 marzo, ore 9.15. In via Mario Fani i brigatisti rossi rapiscono il presidente della DC Aldo Moro. Poche ore dopo Moro avrebbe dovuto partecipare, a Montecitorio, al dibattito sulla fiducia al quarto governo Andreotti. Nell'agguato vengono uccisi i carabinieri Domenico Ricci e Oreste Leonardi e i tre poliziotti dell'auto di scorta Raffaele Jozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi.
16 marzo, ore 10. Le Brigate rosse telefonano all'Ansa e comunicano di aver rapito il presidente della DC.
16 marzo, ore 10. Il presidente della Camera Pietro Ingrao sospende la seduta e annuncia il rapimento di Aldo Moro.
16 marzo, ore 11. Cgil, Cisl e Uil proclamano lo sciopero generale.
18 marzo. Dopo i funerali degli uomini della scorta di Moro, alle 12 le Brigate rosse telefonano al quotidiano romano "Il Messaggero" e indicano una cabina telefonica in cui viene trovato il "Comunicato n.1" con la fotografia del presidente della Dc. Le Brigate rosse comunicano che Moro è in una "prigione del popolo" in quanto responsabile "dei programmi controrivoluzionari della borghesia imperialista".
19 marzo. Dalla finestra del suo studio Paolo VI lancia il primo appello ai rapitori di Moro.
20 marzo. A Torino, durante il processo a Renato Curcio, le Brigate rosse rivendicano la responsabilità politica del rapimento.
21 marzo. Il governo approva il decreto antiterrorismo: trent'anni di carcere per i terroristi, ergastolo in caso di morte dell'ostaggio; la polizia può fermare, interrogare e ascoltare le telefonate sospette.
23 marzo. Il Pci comunica la sua posizione ufficiale: lo Stato non deve trattare con le Brigate rosse.
25 marzo. A Torino, Roma, Milano e Genova le Brigate rosse fanno trovare il "Comunicato n.2", in cui annunciano di aver cominciato il "processo popolare" contro Moro.
29 marzo. "Sono sotto un dominio pieno e incontrollato dei terroristi". Le BR fanno trovare il "Comunicato n.3": una lettera al ministro degli Interni Francesco Cossiga in cui Moro accenna alla possibilità di uno scambio.
30 marzo. La direzione della Democrazia Cristiana respinge ogni trattativa. Comincia la "linea dura". Alcuni giorni dopo la stessa decisione viene confermata dai cinque partiti della maggioranza.
2 aprile. Paolo VI, durante l'Angelus, rivolge il secondo appello alle Brigate rosse.
4 aprile. Il "Comunicato n.4" delle Brigate rosse è una copia della lettera di Moro al segretario della DC Benigno Zaccagnini: "Moralmente sei tu ad essere al mio posto, dove materialmente sono io".
7 aprile. Il quotidiano milanese "Il Giorno" pubblica una lettera di Eleonora Moro: la moglie del presidente della DC si dissocia dalla "linea dura" .
10 aprile. "Comunicato n.5": una lettera autografa di Aldo Moro, in cui il presidente DC sostiene l'ipotesi delle trattative e attacca il suo compagno di partito Taviani.
15 aprile. Il "Comunicato n.6" annuncia la fine del "processo popolare" ad Aldo Moro e ne stabilisce la condanna a morte.
17 aprile. Amnesty International si offre come mediatore, e il segretario dell'Onu Kurt Waldheim lancia il suo primo appello.
18 aprile. In via Gradoli 94, a Roma, viene scoperto un covo delle Brigate rosse. Un comunicato, il n.7, che poi si rivelerà falso, annuncia che Moro è stato ucciso: il suo corpo si troverebbe nel lago della Duchessa.
20 aprile. Alla redazione di "Repubblica" arriva il vero "Comunicato n.7": Moro è fotografato con una copia del quotidiano del 19 aprile. E' il comunicato dell'ultimatum: "Scambio di prigionieri o lo uccidiamo". Lo stesso giorno Moro scrive a Zaccagnini, e lo rimprovera per la sua intransigenza.
21 aprile. La direzione della DC ribadisce la "linea dura", ma la famiglia di Moro chiede di accettare le condizioni della Br. La direzione del Psi rompe ogni indugio e si dichiara favorevole a trattare.
22 aprile. Paolo VI lancia il suo terzo mesaggio: "Io scrivo a voi, uomini delle Brigate rosse...". Anche il segretario dell'Onu Waldheim rivolge il secondo appello alle BR.
24 aprile. Il "Comunicato n.8" detta le condizioni per la liberazione di Aldo Moro: la liberazione di tredici brigatisti detenuti, tra cui Renato Curcio.
29 aprile. Moro scrive alla Democrazia cristiana: "Lo scambio è la sola via d'uscita".
30 aprile. Moro scrive a Giovanni Leone, ad Amintore Fanfani, a Pietro Ingrao e a Bettino Craxi. Alle 16.30 un brigatista telefona a casa della famiglia Moro: per salvare la vita al presidente della DC serve un immediato intervento di Zaccagnini.
5 maggio. Andreotti ribadisce il "no" alle trattative. Poche ore dopo, nel "Comunicato n.9", la Brigate rosse scrivono: "Concludiamo la battaglia cominciata il 16 marzo eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato".
7 maggio. Viene pubblicata la lettera di Aldo Moro alla moglie: "Cara Norina, ti bacio per l'ultima volta".
8 maggio. Moro scrive l'ultima lettera alla famiglia.
9 maggio. Alle 13.30, in via Caetani, a metà strada tra le sedi nazionali del Pci e della Dc, in una Renault 4 rossa viene trovato il cadavere di Aldo Moro.
1979
24 gennaio. Viene ucciso il sindacalista della CGIL Guido Rossa, operaio alla Italsider di Genova, per aver scoperto e denunciato, Francesco Berardi, fiancheggiatore delle BR.
29 gennaio. Terroristi di PL, uccidono a Milano, Emilio Alessandrini, Il giudice che si occupò delle indagini sulla strage di piazza Fontana.
23 febbraio. Vengono condannati all’ergastolo dalla Corte D’Assise di Catanzaro, Franco Freda e Giovanni Ventura entrambi personaggi noti dell’eversione nera. I due saranno poi assolti per insufficienza di prove.
28 febbraio. Matteo Caggegi e Barbara Azzaroni, terroristi di PL, muoiono a Torino in uno scontro a fuoco con la polizia.
9 marzo. Alcuni terroristi di Prima Linea, organizzano in un bar di Torino, un’azione di rappresaglia contro la polizia. Nella sparatoria muore un passante, lo studente Emanuele Iurilli.
20 marzo. Viene trovato morto nel suo ufficio, Mino Pecorelli, direttore del notiziario OP spesso utilizzato dai Servizi segreti.
7 aprile. Antonio Negri, i sui fedelissimi e alcuni dirigenti di Potere operaio, vengono arrestati in quanto accusati di essere la direzione strategica delle BR.
18 luglio. Viene assassinato da un commando di Prima Linea, il proprietario del bar dove erano rimasti uccisi Azzaroni e Caggegi.
21 settembre. Il responsabile della pianificazione alla Fiat, Carlo Ghiglieno, viene ucciso da PL, a Torino.
11 dicembre. Un gruppo di persone, appartenenti a Prima Linea, si impadronisce per circa un’ora, dell’istituto di amministrazione aziendale Valletta a Torino. Fra le persone rastrellate e raggruppate dai terroristi nell’aula Magna della scuola, ne vengono scelte dieci, tra cui cinque studenti e cinque professori che vengono gambizzate.
1980
8 gennaio. I carabinieri Tatulli, Cestari e Santoro, vengono uccisi a Milano dalle BR.
25 gennaio. Prima Linea uccide a Genova, Emanuele Tuttobene, tenente colonnello e Antonio Casu suo autista.
28 gennaio. Le BR uccidono a Venezia, il vicedirettore del petrolchimico di Marghera, Silvio Gori.
31 gennaio. A Milano, la casalinga Anna Maria Minci, viene uccisa per errore dai carabinieri.
2 febbraio. Paolo Paoletti, responsabile della produzione della Icmesa di Seveso, e ucciso a Monza da Prima Linea.
6 febbraio. Il carabiniere Maurizio Arnesano, di diciannove anni, e ucciso a Roma dai terroristi neri dei NAR.
7 febbraio. Il testimone d’accusa per i processi sulla morte di Alessandrini e Torregiani, William Waccher, è assassinato da PL.
12 febbraio. Vittorio Bachalet, vicepresidente del Csm e professore di diritto amministrativo, è ucciso dalle BR all’Università di Roma.
18 febbraio. Vengono catturati i due brigatisti Rocco Micaletto e Patrizio Peci.
22 febbraio. I NAR uccidono a Roma lo studente Valerio Verbano.
16 marzo. Le Brigate Rosse assassinano il procuratore capo della repubblica di Salerno, Nicola Giacumbi.
18 marzo. E’ ucciso dalle BR, a Roma, il consigliere della Corte di cassazione, Girolamo Minervini. PL uccide a Milano il giudice Galli.
28 marzo. Perdono la vita i brigatisti Betassa, Panciarelli e Durante, sorpresi dalla polizia nel covo di via Fracchia, a Genova.
12 maggio. Alfredo Albanesi, dirigente della Digos, trova la morte a Venezia per mano delle BR.
19 maggio. L’ assessore al bilancio e consigliere regionale DC, Pino Amato, è assassinato a Napoli dalle BR.
28 maggio. Il poliziotto Franco Evangelista viene ucciso dai NAR a Roma. A Milano viene assassinato dai piellini, l’inviato del Corriere della Sera Walter Tobagi.
19 giugno. Nel carcere delle Nuove di Torino viene ucciso dai brigatisti Pasquale Viale.
23 giugno. Il giudice Mario Amato, viene assassinato a Roma dai NAR.
27 giugno. 81 persone muoiono in un incidente aereo. Un DC9 dell’Itavia precipita nei pressi dell’ isola di Ustica.
2 luglio. Il detenuto nel carcere di Cuneo, Ugo Benazzi, viene ucciso dai NAP.
2 agosto. Muoiono 85 persone, a causa dell’esplosione di un ordigno nella sala d’aspetto della stazione di Bologna.
11 agosto. I carabinieri Cucuzzoli e Cortellessa vengono uccisi da PL vicino Viterbo.
27 ottobre. Biagio Inquinto e Francesco Zarrillo, due detenuti comuni nel carcere di Badde ’e Carros (NU), sono uccisi durante una rivolta dalle BR.
12 novembre. Viene ucciso a Milano dalle BR, il direttore del personale della Magneti Marelli, Renato Briano.
28 novembre. Il direttore tecnico della Falck, Manfredo Mazzanti, è assassinato, a Milano, dalle Brigate Rosse.
1 dicembre. Muore il direttore sanitario del carcere di Regina Coeli, Giuseppe Furci, ucciso dalle BR.
12 dicembre. I brigatisti rapiscono il capo della direzione generale degli istituti di prevenzione e pena del ministero di Giustizia, Giovanni D’Urso.
24 dicembre. Il penitenziario dell’Asinara (SS) viene chiuso.
28 dicembre. Inizia l’insurrezione nel carcere di Trani. Sarà sedata il 29 dall’intervento dei Nocs.
31 dicembre. Enrico Galvaligi, responsabile dell’ufficio di coordinamento delle carceri, è assassinato a Roma dalle BR.
1981
6 gennaio. I NAR uccidono Luca Peruzzi, esponente dell’organizzazione di destra Terza Posizione.
15 gennaio. Viene liberato il giudice Giovanni D’Urso.
5 febbraio. In un agguato organizzato dai NAR vengono uccisi i due carabinieri Enea Condotto e Luigi Maronesi. Rimane ferito anche il terrorista nero Giusva Fioravanti.
4 aprile. Vengono arrestati a Milano i brigatisti Enrico Fenzi, Tiziana Volpi , Silvano Fadda e Mario Moretti.
13 aprile. Muore in carcere, ucciso dai fascisti Concutelli e Tuti il terrorista nero Ermanno Buzzi, condannato per la strage di Brescia.
27 aprile. Viene rapito dalle Brigate Rosse, Ciro Cirillo. Durante il rapimento vengono uccisi l’autista e l’agente di scorta.
6 maggio. Viene perquisita, la sede della Massoneria di palazzo Giustiniani a Roma, dopo la scoperta di alcuni documenti nella villa di Licio Gelli. Durante la perquisizione, vengono posti sotto sequestro dei documenti riguardanti la Loggia P2.
2giugno. Rapimento del dirigente dell’Alfa Romeo Sandrucci.
5 giugno. Luciano Rossi, tenente colonnello della Finanza e testimone sulla Loggia P2, è trovato morto a Roma.
6 giugno. L’assessore comunista Siola, viene ferito a Napoli dalle BR.
10 giugno. Le Brigate Rosse, rapiscono Roberto Peci fratello del pentito Patrizio.
23 luglio. Viene liberato il dirigente dell’Alfa, Renato Sanducci.
13 agosto. Ritrovamento del cadavere di Roberto Peci, alla periferia di Roma.
21 ottobre. I due poliziotti Francesco Straullo e Ciriaco Di Roma, vengono uccisi dai terroristi dei NAR, a Roma.
13 novembre. L’agente Eleno Viscardi è ucciso a Milano da Prima Linea.
5 dicembre. In una sparatoria con la polizia muore il terrorista nero Alessandro Alibrandi.
17 dicembre. Il generale americano, Lee Dozier, è rapito dalla BR a Verona.