La Rivoluzione Cubana
Alla fine degli anni cinquanta, l'isola aveva quasi raggiunto i sette milioni di abitanti, di cui oltre la metà viveva nei centri urbani, anche se le forti migrazioni dalle campagne si traducevano in occupazioni marginali nel territorio o in mendicità.
Cuba si collocava al terzo posto in America Latina quanto a reddito procapite e fra i primi tre sul piano dell'istruzione, della sanità e della previdenza sociale.
Il 30% della forza lavoro era disoccupata o sottooccupata e tale percentuale cresceva durante la stagione morta della produzione saccarifera.
Le condizioni della popolazione urbana erano di gran lunga migliori di quelle della popolazione rurale sotto molti aspetti, primo fra tutti quello abitativo, dal momento che in campagna il 75% della popolazione viveva in capanne di legno e fango con pavimento in terra battuta.
Cuba poteva contare su quattro letti ed un medico per ogni 1000 abitanti, ma la metà dei laureati in medicina esercitava all'Avana.
La mortalità infantile nelle campagne era molto superiore alla media nazionale del 6%. Lo stesso analfabetismo, contenuto a meno del 12% nei centri urbani, balzava al 42% nelle aree agricole.
L'accaparramento di risorse da parte della città era ben esemplificato dalla capitale, dove viveva oltre un sesto dei sei milioni e mezzo di abitanti dell'isola.
Era lì che si riversava la maggior parte dei 250-300000 turisti che annualmente approdavano a Cuba.
La presenza così massiccia di visitatori, prevalentemente statunitensi, ebbe due conseguenze di pari importanza: l'assenza da parte della borghesia e del ceto medio di modelli di consumo e valori caratteristici della società nordamericana e la diffusione di locali notturni, case da gioco, prostituzione e tutto un sottobosco ai limiti della legalità.
Convinto che la lotta contro Batista non potesse essere condotta all'insegna del legalitarismo, Castro era partito per l'esilio messicano fermamente intenzionato a preparare uno sbarco a Cuba e intraprendere azioni di guerriglia.
Allo scopo di trovare fondi per l'impresa e di illustrare il suo programma, Fidel fece un lungo giro di conferenze presso le comunità cubane negli Stati Uniti ottenendo finanziamenti da più parti.
L'addestramento dei ribelli venne realizzato in una tenuta agricola poco fuori Città del Messico, dove giunse, tra gli altri, l'argentino Ernesto Guevara, detto "Che". Guevara era approdato in Messico ricco di un lunga esperienza di viaggi in America latina e immediatamente dopo aver vissuto il fallimento dell'esperienza riformista del governo di Jacobo Arbenz in Guatemala, che fece maturare in lui una tenace ostilità nei confronti degli Stati Uniti.
Un'incursione della polizia messicana, che arrestò e poi rilasciò i rivoluzionari a patto che lasciassero il paese, costrinse ad anticipare i tempi della spedizione e così la notte fra il 24 e il 25 novembre del 1956 uno yacht di una ventina di metri, il Granma, salpò sovraccarico alla volta di Cuba.
Una serie di contrattempi impedì di realizzare il piano d'azione. lo sbarco avvenne con due giorni di ritardo, rendendo inutile la mobilitazione del fronte interno alla data convenuta che avrebbe dovuto distogliere l'attenzione delle forze di repressione.
Inoltre i rivoluzionari vennero subito individuati e quindi costretti a dividersi. Solo una ventina di essi riuscì, alla fine, a far perdere le proprie tracce sulla Sierra Maestra, abitata all'epoca da 70-100000 persone, in prevalenza precariato, cioè contadini poveri che quasi sempre occupavano le terre senza titoli di proprietà. In quest'area montagnosa fu organizzato il primo focolaio guerrigliero. Sin dall'inizio i combattenti cercarono di prefigurare il futuro assetto della società cubana attraverso l'autogoverno delle zone controllate militarmente.
Grazie alla creazione di "territori liberi" i ribelli cominciarono a esercitare funzioni statali, sia pure in misura ridotta, riscuotendo imposte, amministrando la giustizia, provvedendo all'istruzione, aprendo ambulatori e gestendo la sanità.
Tutto ciò attrasse militanti di provenienza rurale, sia contadini che salariati, anche se i quadri dirigenti e intermedi appartenevano quasi esclusivamente alla piccola e media borghesia urbana. L'immediata caratterizzazione rurale avrà un peso determinante nel segnare la futura evoluzione della rivoluzione stessa. Il piccolo gruppo di "barbudos" che agiva sulle montagne risultò dotato di una forte capacità di attrazione, che dipendeva non tanto dalla nitidezza del loro messaggio politico o dalla capacità di stringere alleanze, quanto dalla apparente ineluttabilità della via insurrezionale, a causa degli insoddisfacenti risultati con il ricorso alla via pacifica, e del rifiuto di ogni compromesso.
La stessa assenza di un preciso modello cui tendere impedì che emergessero contrasti interni significativi e, unitamente alle operazioni militari incalzanti e alla esiguità del gruppo combattente, finì per concentrare in breve tempo il potere decisionale nelle mani di Fidel. A favore dei ribelli giocò anche una scarsissima motivazione a combattere da parte delle truppe regolari. A difendere il mito dei guerriglieri ed a suscitare simpatie per la loro causa intervenne in buona misura la stampa, specie dopo l'intervista concessa da Castro a Herbert Matthews, giornalista del New York Times nel febbraio del 1957. La coerenza e il rigore dei rivoluzionari non impedì loro di avere contatti con altre forze. Una delegazione del Partito ortodosso si recò sulla sierra nel luglio del 1957 e dall'incontro emerse un comunicato congiunto meno avanzato dello stesso programma del 1953. La minor radicalità delle richieste non era perciò indice di un ammorbidimento tattico volto ad ampliare il fronte antibatibatistiano e ciò trovò conferma, meno di tre mesi dopo, nella denuncia del cosiddetto patto di Miami, un documento firmato negli Stati Uniti da vari gruppi di opposizione, fra cui gli stessi rappresentanti del Movimento del 26 luglio. Fidel respinse tale fatto perché giudicato troppo moderato ed incline al compromesso, nonché sostenuto da una ispirazione filostatunitense, mentre nazionalismo ed antiimperialismo rappresentarono principi sui quali i combattenti della sierra non furono mai disposti a transigere.
All'interno del fronte castrista le divisioni pur esistenti riguardavano sostanzialmente questioni di strategia, con il fronte impegnato sulla Sierra Maestra che insisteva sulla assoluta priorità della guerriglia e l'ala urbana del movimento che appariva restia ad abbandonare i vecchi sistemi di lotta, forte di una tradizione politica che veniva dagli anni venti. I contrasti fra i due schieramenti esplosero nell'aprile 1958 a causa della decisione del fronte urbano di proclamare uno sciopero generale. L'agitazione fallì clamorosamente anche per la caparbietà con cui fu evitato ogni tipo di accordo con i comunisti. La preminenza della via insurrezionale rurale venne sancita dall'apertura, da parte del Direttorio e dei comunisti, di nuovi focolai guerriglieri sulla sierra Escanlray.
Gli studenti giunsero a questa decisione dopo il fallimento dell'attacco al palazzo presidenziale del marzo 1957, conclusosi con la morte di parecchi militanti; i comunisti, tra la cui base già da tempo si erano levate voci favorevoli alla collaborazione con i guerriglieri della sierra, a partire dal 1958 abbandonarono le ipotesi di formazione di un vasto fronte antibatistiano e la diffidenza nei confronti di Castro per ammettere la possibilità. di una lotta armata rurale, sia pure a condizione che fosse accompagnata da mobilitazioni urbane.
L'alleanza con il Movimento 26 luglio, sancita dalla presenza di militanti comunisti tra la file castriste, fu perfezionata nell'ottobre del 1958 con la stipula di un patto di unità sindacale. A quell'epoca, Castro era già riuscito a stabilire la propria egemonia sulle forze antibatistiane grazie ai successi militari, in particolare dopo l'apertura di un secondo fronte sulla sierra Cristal ed il fallimento della grande offensiva governativa tra aprile e giugno. Tale sconfitta andava certo attribuita alla capacità militare dei guerriglieri, ma soprattutto al crollo morale dei soldati ed alle crepe registratesi nella compattezza del corpo degli ufficiali. Nel marzo 1958, inoltre, gli Stati Uniti avevano sospeso le forniture militari a Batista, anche in seguito alla cattura ed al successivo rilascio di cittadini nordamericani da parte dei guerriglieri.
Nella seconda metà dell'anno, infine, le file dei ribelli crebbero di numero grazie all'arrivo di disertori e lavoratori agricoli, fortemente motivati dalla legge di riforma agraria, emanata ad ottobre nei territori liberati, che prevedeva la concessione di terre a chi non ne possedeva o ai piccoli proprietari, vale a dire alla stessa base sociale della guerriglia (questa riforma era elaborata in modo che non potesse essere ripresa in mano dai gruppi finanziari che sostenevano la monocoltura zuccheriera, né da altri sistemi di consorzi agrari).
Le elezioni presidenziali fissate per il novembre 1958 da Batista si tennero in una situazione ormai ampiamente compromessa. Il tasso di astensione fu impressionante e la Casa Bianca avvertì il presidente uscente che non avrebbe fornito nessun appoggio al nuovo ed amorfo capo dell'esecutivo, invitando anzi l'ex sergente ad uscire di scena. All'alba del primo gennaio 1959, dopo che le forze armate si erano praticamente sfaldate, Batista lasciò l'isola in mano ad una giunta militare che propose inutilmente un armistizio ai ribelli. Il 2 gennaio le colonne di Ernesto "Che" Guevara e di Camillo Cienfuegos entrarono nell'Avana paralizzata da uno sciopero generale e l'8 gennaio vi faceva il suo ingresso trionfale Castro. La vittoria di Fidel e dei suoi uomini appariva come il primo successo della nuova strategia guerrigliera teorizzata da "Che" Guevara.
Le decisioni iniziali, prese dal nuovo governo di Fidel, furono inizialmente di componente etica: chiusura delle case da gioco e di tolleranza, lotta senza quartiere al traffico di droga, liberalizzazione degli accessi agli alberghi, spiagge, locali sino ad allora riservati a circoli esclusivi. Tutto questo affascinò la maggioranza della popolazione e il nuovo governo ebbe grande consenso.
Nel marzo del 1959 fu imposta una diminuzione dei canoni d'affitto del 30-50% accompagnata da una riduzione del prezzo di medicinali, libri scolastici, tariffe elettriche, telefoniche e dei trasporti urbani. Dopo aver ridotto gli affitti, si varò una riforma che mirava a trasformare gli inquilini in veri e propri proprietari attraverso il pagamento degli alloggi con rate mensili proporzionali al reddito.
Ma le proteste interne iniziarono dopo l'emanazione, nel maggio1959, della prima riforma agraria, che fissava per le tenute agricole un limite massimo di 402 ettari. La superficie coltivabile veniva assegnata a cooperative oppure distribuita a proprietà individuali di un minimo di 27 ettari. Il governo, per impedire il minifondo, proibiva la vendita delle vendite delle terre ricevute e il loro frazionamento.
Con la nuova riforma agraria fu istituito l'INRA (Istituto nazionale di riforma agraria).
La riforma agraria suscitò forti reazioni nelle campagne ma anche presso le classi alte e i ceti medi urbani. Le manifestazioni più clamorose di dissenso furono rappresentate dalla fuga, negli Stati Uniti, del comandante delle Forze armate Pedro Diaz Lanz, e dall'arresto di Huber Matos, governatore della provincia di Camarguey, accusato di cospirazione per essersi opposto alla riforma agraria.