La Rivoluzione Russa
In Europa lo stato più arretrato era la Russia. Nel corso dell’Ottocento solo lo zar Alessandro II realizzò qualche riforma, come l’abolizione della servitù della gleba, ma venne ucciso e gli succedettero prima Alessandro III e poi Nicola II con accanto il monaco russo Rasputin che diventò nel corso degli anni il vero padrone della corte imperiale sfruttando l’ignoranza dello zar.
Essi imposero un processo di russificazione, con l’imposizione della lingua, della cultura e degli usi dei Russi a tutte le altre etnie presenti sul territorio dell’impero.
Il clima di povertà e di oppressione portarono nei primi anni del Novecento a ribellioni e successivamente a sollevazioni popolari ed anche militari, come nel caso dell’ammutinamento del Potemkin, che assunsero il carattere di vere e proprie Rivoluzioni.
L’opposizione dei socialisti al regime zarista era clandestina, poiché fu repressa ogni forma di opposizione.
Tuttavia molti operai e proletari erano iscritti al Partito socialdemocratico russo che nel 1903 si divise in due: in Partito menscevico (partito di minoranza) formato dagli operai specializzati e quindi più ricchi che volevano ottenere la caduta del sistema zarista attraverso il successo nelle elezioni politiche con l’appoggio della borghesia e in Partito bolscevico (partito di maggioranza) formato dagli operai meno qualificati che volevano la caduta degli zar attraverso una rivoluzione e prendere dunque il potere con la forza questo perché ritenevano che in Russia non ci fosse una vera e propria borghesia.
Fra i capi del partito bolscevico c’era un rivoluzionario, esponente della piccola nobiltà di provincia ispirato alle teorie di Karl Marx: Vladimir Ulianov, conosciuto come Lenin.
Egli, modificando in parte il pensiero di Marx, sosteneva che la rivoluzione sarebbe scoppiata nei paesi più arretrati poiché in tali paesi le condizioni dei lavoratori erano insostenibili.
Credeva che il suo partito bolscevico avrebbe dovuto essere la guida della rivoluzione di una nuova società comunista fondata sulla dittatura del proletariato, sulla collettività dei mezzi di produzione, organizzata con l’abolizione della religione, delle proprietà private e delle distinzioni fra le classi sociali.
Nell’inverno del 1916-17 la dura carestia e la mancanza di generi alimentari provocò sollevazioni popolari e disordini che portarono nel febbraio del 1917 a violente contestazioni a Pietrogrado (Rivoluzione di febbraio). Era l’inizio della Rivoluzione. Nicola II visto l’insorgere della popolazione abdicò e dopo il rifiuto del fratello Michele finì l’impero degli zar completando il crollo della monarchia zarista. Si formò così un parlamento provvisorio, la Duma che elesse temporaneamente come capo del governo il principe Lvov, un liberale appoggiato dalla borghesia. Era dunque evidente un profondo disaccordo politico tra il governo e il popolo degli operai che nel frattempo formarono i soviet, consigli che avrebbero governato le fabbriche, le città e i reparti dell’esercito.
Nel giugno 1917 la sconfitta dei russi contro i tedeschi provocò la rivolta contro il governo da parte della guarnigione di Pietrogrado con il soviet pronto a prendere tutto il potere. La rivolta fallì e molti esponenti del Partito bolscevico furono arrestati. Lenin così fuggì in Finlandia. Per ripristinare il consenso popolare la guida del governo fu affidata al comunista Kerenskij. Ma egli, perdendo tempo sul ritiro della Russia dalla guerra auspicato dal popolo, fu spodestato dalla resistenza armata bolscevica. Le armate bolsceviche occuparono i punti strategici di Pietrogrado e conquistarono il Palazzo d’Inverno, antica sede imperiale. Il 25 ottobre 1917 istituirono il nuovo governo rivoluzionario: il soviet dei commissari del popolo (Rivoluzione d’ottobre). Il nuovo governo firmò immediatamente un trattato di pace con la Germania, la pace di Brest-Litovsk, e stabilì con un decreto che gli operai avevano il controllo delle produzioni industriali.
Le successive elezioni per l’Assemblea Costituente diedero la maggioranza a menscevichi e socialisti rivoluzionari mentre il partito bolscevico prendeva soltanto il 25% dell’elettorato. Ma il 19 gennaio 1918 Lenin con i reparti armati bolscevichi sciolse l’Assemblea e rese nulle le elezioni prendendo tutto il potere. Nasceva così, con la dittatura del proletariato, il potere del Partito bolscevico (Partito Comunista dell’Unione Sovietica).
Con la riforma del 1867 dello zar Alessandro II che abolì la servitù della gleba, l’agricoltura nel corso degli anni ebbe un notevolissimo incremento portando la Russia ad essere il più grande Paese per produzione agricola del mondo nonostante l’assenza di attrezzature agricole moderne. Questo arricchì molto imprenditori e commerciati che così disponendo di elevati capitali poterono permettersi di acquistare i primi macchinari.
Così tra il 1870 e il 1910 spuntarono le prime industrie tessili e complessi industriali venduti e gestiti per i primi anni dalle industre occidentali ed il loro personale. Molto sviluppato fu pure il settore del petrolio. Tuttavia la maggior parte delle industrie erano situate in poche grandi città, in cui esisteva una forte componente operaia e proletaria sostenuta dai socialisti. In queste città partì l’idea della grande Rivoluzione del 1917.
Estranei dalle idee rivoluzionarie bolsceviche erano i contadini delle sterminate ed infinite campagne russe. Chiusi nel loro lavoro scandito dal ritmo delle stagioni, i contadini vivevano raccolti in pochi edifici. C’erano i contadini più poveri come i braccianti, proprietari solo di piccole strisce di terra, e c’erano i contadini più ‘ricchi’ come i kulaki che possedevano piccole fattorie e strisce di terra un po’ più grandi rispetto a quelle dei contadini poveri. In maggioranza però, i contadini russi erano analfabeti, molto religiosi e tradizionalisti e dunque quasi in opposizione con gli operai rivoluzionari delle grandi città.