Roma Antica: la politica

Gli antichi storici greci e romani fissarono in un anno corrispondente al nostro 753 a.c. la data ufficiale della fondazione di Roma.

La leggenda raccontava che l'eroe troiano Enea, figlio della dea Venere e di un uomo mortale (Anchise), era fuggito da Troia dopo che gli Achei avevano distrutto la sua città e si era stabilito nell'antico Lazio, sposando la figlia del re Latino (Lavinia) e fondando la città di Lavinio.

Sempre secondo la leggenda, Ascanio, figlio di Enea, aveva fondato invece Alba Longa e i suoi successori avevano governato per circa due secoli questa antica cittadina laziale.

Un giorno il dio della guerra Marte si innamorò di Rea Silvia, figlia del re di Alba Longa, Numitore, e dal loro amore nacquero due gemelli: Romolo e Remo.

Abbandonati dalla madre in una cesta sul fiume Tevere, i due gemelli furono dapprima allattati da una lupa e vennero poi salvati da un pastore, che li allevò fino a quando non divennero adulti.

Essi decisero allora di fondare una nuova città, sulle colline presso il basso corso del Tevere.

Ma proprio mentre tracciavano nel terreno il solco che doveva delimitare l'area della nuova città, si scontrarono per decidere chi dei due avrebbe regnato.

Romolo uccise il fratello e divenne così il primo re di una città che era destinata a governare il più grande impero del mondo antico.

Tale leggenda, lo sapevano bene sia gli storici antichi sia i governanti romani, doveva servire per convincere altre città e altri popoli ad accettare l'autorità di Roma in virtù delle sue origini divine.

Inoltre il legame tra la fondazione della città e la vicenda troiana si inseriva in una vera e propria azione di propaganda rivolta ai coloni greci dell'Italia meridionale, stabilendo un rapporto diretto tra Roma e la Grecia.

Un villaggio di pastori e contadini

Gli scavi archeologici e i molti ritrovamenti nel territorio romano e nel Lazio permettono oggi una ricostruzione della nascita di Roma più aderente alla realtà. I sette colli romani, fra i quali il più frequentato era il Palatino, furono abitati da nuclei di pastori e coltivatori già a partire dal X secolo a. C.


Numerose tombe e resti delle caratteristiche capanne rotonde dei pastori del Lazio.no stati ritrovati nell' attuale Foro romano e sul colle Palatino, di fronte al Campidoglio.
Altri scavi hanno dimostrato l'esistenza di nuclei di città piuttosto evolute risalenti al VII e VI secolo a.c. È molto probabile quindi che Roma facesse parte di un gruppo di villaggi riuniti in una lega religiosa, il cui più antico santuario fu quello di Giove Laziale, sul monte Cavo.
Alba Longa era la città più importante della lega e la stessa Roma ne riconosceva la supremazia. Ma la felice posizione geografica di Roma contribuì con il tempo a valorizzame l'importanza economica. Roma, infatti, sorgeva proprio presso l'isola Tiberina, che era da sempre il principale luogo di attraversamento del Tevere fra il nord e il sud del Lazio.
Inoltre, grazie alla vicinanza del mare, il villaggio divenne un porto di transito: la foce del Tevere era infatti l'unico approdo sicuro della zona. Così, lentamente, la città divenne un importante centro commerciale sia per gli scambi via terra, sia per quelli via mare.

UNA FELICE POSIZIONE GEOGRAFICA

Marco Tullio Cicerone, celebre oratore e uomo politico vissuto nel I secolo a.c.,illustra nella sua opera "La repubblica" i vantaggi naturali della posizione geografica di Roma.
Romolo previde che questa città sarebbe diventata un giorno la sede e il centro di un immenso impero.
Nessuna città costruita in altre parti d'Italia, infatti, avrebbe potuto diventare più facilmente una così grande potenza. E chi mai è così poco intelligente da non rendersi conto di quanto la città fosse protetta dalle sue difese naturali? L'accortezza di Romolo e dei re che vennero dopo di lui la circondarono tutt'intorno di una cinta ininterrotta di mura, delimitata da monti impervi e scoscesi. L'unico passaggio che si apriva tra l'Esquilino e il Quirinale era stato sbarrato da un' enorme muraglia, e la rocca poggiava su massi di pietra tagliati a picco su dirupi tanto inaccessibili da rimanere incolume e intatta anche al tempo della terribile invasione gallica.
Il luogo da lui prescelto era anche ricco di acque e salubre, mentre tutt'intorno la regione era malsana: i colli infatti erano ventilati e offrivano ombra alle valli.

Un' organizzazione sociale semplice e originale

Anche a Roma, come nelle città greche, sin dalle origini troviamo diversi gruppi sociali.
Inizialmente il re era assistito da un consiglio degli anziani, formato dai patrizi, esponenti delle famiglie più ricche e grandi proprietari di terre.
Ognuna di queste faceva parte di un gruppo familiare più allargato, la gens, che aveva in comune un antenato.

Così ogni esponente aveva tre nomi secondo questo schema:

il prenome, che era quello personale (nel caso di un romano di nome Publio Cornelio Scipione, per esempio, il prenome è Publio);

il nome, che indicava la gens di appartenenza (nell' esempio, Cornelio, ovvero appartenente alla gens Cornelia);

il cognome, che identificava la famiglia particolare (Scipione, una delle famiglie facenti parte della gens Cornelia).

Tutti gli altri cittadini liberi venivano chiamati plebei.

Essi erano artigiani, contadini o pastori e non avevano i diritti politici dei patrizi, né potevano fare parte del senato, l'assemblea dei Romani, costituita solo dai patrizi.
I plebei potevano divenire clienti delle famiglie patrizie, mettendosi al servizio di un patrizio (patrono) e della sua famiglia e ricevendone in cambio aiuto e protezione. Tale rapporto comportava anche l'aiuto reciproco in caso di guerra, la gestione in comune di proprietà terriere, lo svolgimento di affari economici e legali nell'interesse sia del patrono che del cliente.
L'aiuto ricevuto sul campo di battaglia o nei momenti del bisogno significava gratitudine, fiducia, affetto, amicizia, fedeltà. I patrizi potevano inoltre divenire protettori dei figli di un cliente, partecipare ai festeggiamenti per i loro matrimoni, indirizzarli verso un lavoro o una professione. Così il fenomeno della clientela divenne una vera istituzione, prevista e riconosciuta anche dalla legge, e fu alla base dei rapporti sociali nella Roma antica e in quella imperiale.

Il fondamento della società romana: la famiglia

La popolazione della Roma più antica era divisa in tre grandi tribù, a loro volta suddivise ciascuna in dieci curie, che così ammontavano a 30 in tutto.
La divisione in curie serviva probabilmente come base per il reclutamento dell' esercito. Infatti questo era composto da 3000 fanti e da 300 cavalieri, comandati da tre tribuni, uno per ogni tribù. L'unità fondamentale che costituiva le tribù romane era la famiglia, la cui importanza rimase fondamentale anche quando tutte le altre suddivisioni (come tribù e curie) vennero superate dai tempi.
La famiglia romana era una famiglia "larga" o patriarcale, guidata dal capofamiglia (pater familias), alla cui autorità tutti erano sottoposti, e composta non solo dalla moglie e dai figli minorenni, ma anche dai figli adulti, dalle loro mogli e dai loro figli.
Solo con la morte del proprio padre il cittadino romano diveniva pienamente padrone e responsabile di se stesso, assumendo lui, a sua volta, la funzione di capofamiglia verso la moglie, i figli, i nipoti e così via. Fino a quel momento, invece, non poteva disporre del patrimonio di famiglia e neppure fare testamento.
L'autorità del capofamiglia era così grande, che a lui erano sottoposti anche i clienti e gli schiavi.
La donna romana aveva maggiori diritti della donna greca. Poteva acquistare beni, ereditava una parte del patrimonio familiare uguale a quella dei fratelli maschi e, se vedova, disponeva della stessa parte dei beni del marito defunto che passava ai figli.
Tuttavia, la sua esistenza si svolgeva tutta in funzione della famiglia e del matrimonio né ella aveva la possibilità di scegliere l'uomo da sposare.
Nel periodo più antico il capofamiglia ebbe anche il diritto di punire tutti i membri della famiglia, perfino con la morte. Questo perché la giustizia nel mondo antico non era sempre gestita dallo Stato. Infatti spesso chi non poteva sostenere le spese giudiziarie si rivolgeva direttamente al capo della famiglia da cui aveva subito un torto o un'aggressione. E non di rado questi faceva effettivamente giustizia, anche in modo severo.
Ogni famiglia romana, infine, riservava un culto speciale a proprie divinità particolari che proteggevano la casa e l'unità familiare: i Lari e i Penati.

Dal VI secolo le prime istituzioni politiche

Nel periodo della monarchia, l'istituzione romana più importante fu il senato, ovvero il consiglio degli anziani (in latino, anziano si dice"senex"), composto esclusivamente da patrizi. Era infatti il senato che eleggeva il re, scegliendolo fra i patrizi (non era quindi un re ereditario). Tale scelta (come altre decisioni importanti) veniva poi fatta approvare dai comizi curiati, ovvero 1'assemblea popolare delle trenta curie in cui erano divise le tre tribù romane.
Agli inizi del VI secolo a.C divenne re di Roma Servio Tullio. A lui si devono due importanti riforme dello Stato. Innanzi tutto, egli abolì le tre tribù tradizionali (Ramnes, Tities e Luceres, suddivisione forse di tipo etnico) e divise la popolazione di Roma e delle campagne circostanti in tribù territoriali.
Appartenere a una tribù non dipendeva quindi più dall' essere discendenti di una certa stirpe, ma dal fatto di vivere in un determinato territorio. Da allora il popolo romano si riuniva nei comizi tributi, seguendo il criterio della appartenenza alla tribù. Tali comizi votavano i plebisciti ed eleggevano alcuni magistrati minori.
La seconda fu una riforma sia tributaria che militare. Furono istituite cinque classi in base al censo, più una sesta comprendente i nullatenenti; ogni classe doveva contribuire a formare 1'esercito, in proporzione al proprio reddito, con alcune centurie. L'insieme delle centurie costituiva un' altra forma di assemblea del popolo: i comizi centuriati, che esercitavano funzioni giudiziarie e legislative. Il servizio militare era obbligatorio per tutti, e i clienti e i plebei, combattendo, potevano divenire cittadini.

L'economia di Roma antica

onosciamo ancora poco sull' economia romana del periodo più antico. Sicuramente i Romani praticavano l'agricoltura e l'allevamento del bestiame:"denaro" si dice in latino "pecunia", una parola derivata dal termine pecus, che significava "bestiame, gregge, pecora". Da questo si può dedurre con sicurezza che le pecore erano allora i beni di maggior valore.
Per la sua felice posizione geografica Roma divenne tuttavia abbastanza presto una ricca città commerciale. Le grandi navi fenicie, greche o etrusche scaricavano alla foce del Tevere molte merci, che venivano poi trasferite su imbarcazioni fino a Roma. I ponti sul Tevere (al 600 a.C risaliva probabilmente la costruzione del primo) permettevano inoltre lo scambio di merci via terra fra le città latine, quelle etrusche e quelle greche più a sud. Così sale, grano, pelli, lana, metalli, ceramiche, armi, legname da costruzione, tessuti, spezie, olio d'oliva venivano acquistati e venduti nel grande mercato romano.
Le prime monete romane furono piccoli lingotti di rame, marcati da un apposito segno, e solo più tardi vennero realizzate monete vere e proprie coniate in forma rotonda, sempre di rame, un metallo abbastanza economico. Monete d'oro e d'argento vennero coniate più tardi, a partire dal periodo repubblicano e soprattutto durante il periodo imperiale.

I POTERI DEI CONSOLI E DEL SENATO

Ecco come lo storico greco Polibio (202-118 a. C. ca.), che visse a Roma e fu ammiratore della civiltà romana, descrive nelle sue Storie le competenze dei consoli e dei senatori.

I consoli, ancor prima di guidare fuori dalla città le proprie legioni, esercitano in Roma l'autorità su tutti i pubblici affari; tutti gli altri magistrati, infatti, a eccezione dei tribuni, sono loro sottoposti e obbediscono ai loro ordini.
Sono i consoli, poi, che introducono le ambascerie davanti al senato. Inoltre propongono al senato gli affari urgenti per la discussione e provvedono a fare eseguire i senatus consulta (le delibere del senato)
In quei settori della pubblica amministrazione in cui ha competenza il popolo, spetta a loro occuparsi di convocare i comizi, proporre le leggi e presiedere l'attuazione dei decreti popolari. Hanno invece un potere pressoché assoluto per quanto riguarda la preparazione di una guerra e, in generale, la condotta delle operazioni sul campo. in quanto godono della possibilità di imporre agli alletati le loro decisioni di nominare i tribuni, di fare le leve e di scegliere gli uomini più idonei.
Hanno inoltre il diritto di punire chiunque vogliano tra i soldati in servizio e sono autorizzati a spendere il pubblico denaro nella misura che credono opportuna.

Il senato controlla in primo luogo l'aerarium, in quanto ha competenza su tutte le entrate e le uscite. I questori, infatti, non possono fare alcuna pubblica spesa, neppure per necessità particolari senza un decreto del senato, a eccezione di quelle richieste dai consoli. Così pure sono di sua competenza quei reati che vengono commessi in Italia e che esigono un'inchiesta da parte dello stato, come per esempio i tradimenti, le cospirazioni, gli avvelenamenti, gli assassinii.
Analogamente viene deciso dal senato come si deve trattare ciascuna delle ambascerie che arrivano a Roma e come si deve rispondere a loro. In tale materia non c'è nulla che possa decidere il popolo.
Ma allora [...] quale parte di responsabilità, nella Costituzione, è lasciata al popolo? Eppure anche al popolo vengono riservate delle competenze, e molto importanti. Secondo questa Costituzione, infatti, soltanto al popolo spetta conferire onori o infliggere punizioni, provvedimenti che costituiscono gli unici mezzi attraverso i quali vengono conservati i regni e gli Stati, in una parola: ogni forma di vita sociale. [...]
Il popolo, inoltre, conferisce le pubbliche cariche a coloro che ne sono meritevoli (riconoscimento che rappresenta il miglior premio che si possa attribuire alla virtù), ha il potere di approvare o non approvare le leggi e, cosa più importante di tutte, decide della pace e della guerra.
È il popolo infine che ratifica un patto di alleanza, la fine di una guerra o un trattato di pace, rendendo ciascuno di questi atti esecutivo o meno. E cosÌ, sulla base di tutto questo, si può affermare a buon diritto che al popolo è riservata una sfera di competenze veramente molto ampia e che il sistema di governo è di tipo democratico.

Nuovi rapporti fra patrizi e plebei

Una delle caratteristiche più importanti e originali della società romana fu la sua apertura, che permise ai plebei più ricchi e fortunati di entrare a far parte della classe dei patrizi.
Gli storici e gli studiosi del mondo antico furono molto colpiti dai grandi successi politici che Roma riuscì a ottenere. Inizialmente, essa era una vera e propria città-stato come Atene e Sparta, ma, a differenza delle città greche, riuscì a creare in pochi secoli un vero e proprio impero in tutto il Mediterraneo.
Lo storico greco Polibio (Il secolo a.C) sostenne che alla base dei successi di Roma vi era no le grandi virtù civili e militari del popolo romano e la sua stessa Costituzione politica.

Dalla monarchia alla repubblica

Nel 509 a.c. il popolo romano abolì la monarchia, scacciando l'ultimo re etrusco, Tarquinio il Superbo, e proclamò la repubblica.
Questo avvenne per iniziativa dei patrizi, desiderosi di eliminare il pericolo di un eccessivo potere del re e di liberarsi di un legame troppo stretto col potente popolo etrusco, per favorire così lo sviluppo autonomo di Roma.
Il senato romano, composto da trecento patrizi, affidò il potere civile e militare a due consoli. Essi venivano eletti ogni anno dai comizi centuriati e la nomina veniva approvata dal senato stesso, che controllava e valutava tutte le loro azioni.
I due consoli in un primo momento ebbero gli stessi poteri del re. In seguito, con l'introduzione di altri magistrati, il loro potere diminuì. Poiché duravano in carica solo un anno, i consoli non avevano modo di ridurre o minacciare l'autorità del senato che, oltretutto, alla scadenza dell' anno poteva punirli se avevano agito male.
I comizi centuriati eleggevano, con l'approvazione del senato, anche altri funzionari molto importanti: i censori, che si occupavano di fare il censimento, ovvero di contare tutti i cittadini, assegnandoli alle diverse classi sociali in base alla loro ricchezza; questa ripartizione aveva lo scopo di far pagare a ciascuna classe di cittadini un certo ammontare di tasse. I censori, inoltre, sorvegliavano la morale pubblica e il comportamento dei cittadini. Venivano eletti ogni due anni e restavano in carica per diciotto mesi.

invece i comizi tributi eleggevano:
i questori, che erano responsabili della custodia del tesoro pubblico e dell'amministrazione dei beni di cui lo Stato era proprietario;

gli edili, che si occupavano della costruzione di strade ed edifici pubblici.

La Costituzione della repubblica prevedeva inoltre una figura straordinaria: il dittatore, al quale si ricorreva in casi di emergenza o di guerra, per superare normali divisioni per fazioni.
Il dittatore deteneva per 6 mesi tutti i poteri civili e militari, senza alcuna limitazione, salvo quella di dover rendere conto di eventuali abusi alla fine del suo mandato.
Nei primi anni della repubblica il senato tentò di attribuirsi maggiore potere. Per mantenere i privilegi dei senatori fu vietato il matrimonio fra patrizi e plebei. Ma il malcontento popolare sfociò in rivolte. Le assemblee popolari probabilmente nate durante le secessioni, eleggevano i loro rappresentanti, che vennero chiamati tribuni della plebe.