L'Europa delle monarchie nazionali e l'Italia delle signorie

Tra la fine del Duecento e l'inizio del Trecento, in alcuni territori europei si sviluppano forti Stati intorno a un re.

Erano le monarchie nazionali, così chiamate perché caratterizzate dalla prevalenza alloro interno di un solo popolo e di una sola lingua.

Esse furono organizzate in modo stabile e amministrate da una rete di funzionari; inoltre, diversamente da quanto accadeva nei regni feudali, il potere era concentrato nelle mani di un solo uomo, il sovrano.

L'unione garantita da quest'ultimo favorì la nascita di quel sentimento nazionale che è all' origine degli Stati moderni.

Nascono in Europa le monarchie nazionali

Sin dall' anno Mille avevano iniziato a svilupparsi nuove organizzazioni politiche indipendenti: le repubbliche marinare e i comuni. Non molto tempo dopo nacque in Europa un'altra forma di organizzazione politica: la monarchia nazionale.

Essa non aveva precedenti nel mondo antico: infatti i grandi imperi del passato erano stati sempre multinazionali, comprendenti cioè nazioni diverse e popoli di origine differente.

Al contrario, i nuovi Stati furono caratterizzati dalla prevalenza al loro interno di un unico popolo e dal fatto che vi si parlava una sola lingua comune.

I nuclei di abitanti che mantennero usi, costumi e lingue diverse rimasero in tali nazioni come minoranze, e il più delle volte furono emarginati o discriminati (i Baschi in Spagna, i Gallesi in Inghilterra, i Brètoni in Francia).

Altrettanto importante fu la differenza tra le nuove monarchie nazionali e i precedenti regni o imperi feudali.

Diversamente da questi ultimi, infatti, le monarchie nazionali riuscirono a costituire uno Stato, cioè un'organizzazione stabile, predisposta per governare un popolo formato dagli abitanti di un certo territorio e dotata di propri funzionari.

Osservando la carta politica dell'Europa fra Tre e Quattrocento, si può subito notare che, mentre in Italia si riduce considerevolmente lo spazio degli Stati cittadini e predominano le signorie, nel resto dell'Europa, invece, si diffondono soprattutto le monarchie.

Nella penisola iberica troviamo quattro regni abbastanza grandi. Tre di questi sono cristiani: la Castiglia, l'Aragona, il Portogallo; uno è arabo: quello di Granada.

Vi sono poi i regni di Francia e d'Inghilterra, e quindi l'impero germanico, diviso in molti principati e Stati minori.

Infine, nell'Europa del Nord troviamo i regni di Svezia, Norvegia e Danimarca, mentre nell'Europa orientale possiamo notare alcuni Stati monarchici molto estesi, ma politicamente assai fragili, come quelli di Polonia e d'Ungheria, e lo sterminato territorio russo.

Tre monarchie nazionali con un grande futuro

Inghilterra

In Inghilterra, dopo la conquista normanna e la concessione della Magna Charta, il potere del parlamento crebbe col tempo. Verso la metà del Trecento, tale istituzione fu divisa in due diverse assemblee o camere: una, la camera dei Lords, era costituita dai grandi nobili e dagli alti prelati che il re nominava personalmente; l'altra, la camera dei Comuni, riuniva i rappresentanti della piccola nobiltà, del clero minore e delle città.

Nello stesso tempo si cominciò a organizzare un'amministrazione pubblica formata da funzionari nominati dal re e dipendenti direttamente da lui.

Nacquero anche alcune figure che sono caratteristiche del sistema inglese, come i giudici di pace e i coroner incaricati della giustizia locale nelle contee.

Francia

La Francia si era resa indipendente dal Sacro Romano Impero germanico già ai tempi del re Ugo Capeto, nel X secolo. In seguito i suoi discendenti, che da lui presero il nome di Capetingi, mantennero il titolo di re di Francia per diritto ereditario.

Il loro potere diretto si limitava però a una regione relativamente piccola intorno alle città di Parigi e Orléans, circondata da alcuni feudi molto più importanti, come la Normandia, la Borgogna o l'Aquitania.

Inoltre gran parte dei feudi francesi apparteneva ai sovrani inglesi, perché questi ultimi si consideravano gli eredi di quei Normanni che, appunto, dalla Francia erano partiti per conquistare l'Inghilterra.

Con il re Filippo Augusto (1180-1223) la piccola monarchia francese cominciò ad ampliare i suoi territori.

Egli non solo conquistò diverse province, ma riuscì anche a limitare il potere dei grandi feudatari appoggiandosi alla borghesia delle città e, nel 1214, sconfisse gli inglesi nella battaglia di Bouvines, togliendo loro gran parte dei feudi che possedevano in Francia.

Ma fu soprattutto con Filippo IV il Bello (1268-1314) che l'organizzazione politica della Francia venne modificata. Il potere di governare i territori dello Stato fu tolto ai feudatari e affidato a funzionari del re, responsabili solo verso di lui.

Si verificò così un mutamento significativo: il passaggio dal regno feudale alla monarchia nazionale.

La monarchia nazionale ebbe le seguenti caratteristiche:

un governo centrale forte, che esercitava dalla capitale, Parigi, notevoli poteri su tutto il territorio nazionale;

una pubblica amministrazione efficiente e fedele allo Stato, ottenuta prestando una particolare attenzione al reclutamento e alla formazione dei funzionari.

Per combattere la nobiltà feudale e ridurre i suoi poteri, il re spesso si appoggiò ai rappresentanti della borghesia cittadina, che conoscevano il diritto, avendo studiato nelle università. Inoltre, per consolidare il proprio dominio, il sovrano si appoggiò a un' assemblea, chiamata Stati generali, composta dai rappresentanti della nobiltà, del clero e delle città. Qui venivano votate le richieste del re, soprattutto in materia di tasse, così come avveniva nel parlamento inglese.

Spagna

In Spagna si erano formati diversi regni cristiani: fra questi i più importanti furono quelli di Castiglia, di Portogallo e di Aragona. Nel corso del Trecento assunse un ruolo rilevante quello di Aragona, con la potente città marittima di Barcellona. Esso conquistò le Baleari, la Sicilia e la Sardegna, che tolse al dominio di Pisa.
Più tardi i due regni di Castiglia e di Aragona si unirono attraverso il matrimonio tra Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia (1469).

Il nuovo Stato assalì e conquistò il regno arabo di Granada (1492) e realizzò l'unificazione della Spagna.

Il papato ad Avignone e lo scisma d'Occidente

Nei confronti delle monarchie nazionali i pontefici romani si trovarono in una difficile posizione.

Il territorio del papa era ormai diventato un vero e proprio Stato, lo Stato della Chiesa, situato al centro dell'Italia e abbastanza vasto. I pontefici ritenevano che questo garantisse l'indipendenza della Chiesa contro le pretese di imperatori e sovrani. Tuttavia, in tal modo, anche il pontefice diventava egli stesso un sovrano.

Da questa sua posizione potevano nascere, di conseguenza, contrasti e rivalità politiche con ogni altro capo di Stato.

Da un altro punto di vista, il pontefice era e restava il capo della Chiesa cattolica e, come tale, il responsabile di tutte le chiese e i monasteri dei paesi cattolici. Tuttavia, poiché chiese e monasteri avevano proprietà vastissime che fruttavano notevoli rendite, i sovrani delle varie nazioni erano fortemente attratti da queste fonti di ricchezza. Il problema era decidere chi dovesse tassare le proprietà. Solo il pontefice o anche il sovrano del paese?

Inoltre le stesse Chiese nazionali chiedevano una maggiore autonomia da Roma anche in materia religiosa; a loro avviso, poiché ogni popolo aveva usi e costumi diversi, occorreva tenerne conto e rispettarli.

Il papa Bonifacio VIII (1294-1303) difese la posizione della Chiesa di Roma con particolare decisione e respinse ogni pretesa delle monarchie e delle Chiese nazionali. Egli sostenne la superiorità del pontefice su ogni altra autorità, ma si trovò di fronte a un avversario molto deciso: il re di Francia, Filippo IV.
Così, quando lo Stato francese tassò le ricchezze possedute dalla Chiesa in Francia Bonifacio VIII rispose scomunicando il re.

Con molta astuzia, Filippo IV portò lo scontro fin dentro la città di Roma. Qui si accordò con le potenti famiglie nobili dei Colonna e degli Orsini, nemiche della famiglia Caetani a cui apparteneva il pontefice. Nella cittadina di Anagni Bonifacio VIII fu addirittura arrestato, e secondo alcune fonti anche schiaffeggiato, da uomini armati al servizio dei francesi e dei Colonna (1308). L'intenzione era di condurlo in Francia e di farlo processare. Liberato da una rivolta della popolazione, Bonifacio VIII morì poche settimane dopo.


Sotto la pressione della monarchia francese, venne allora eletto papa il vescovo francese Clemente V. La sede papale fu trasferita da Roma ad Avignone, nel sud della Francia. Qui i pontefici vennero spesso utilizzati dai sovrani come alleati politici. I cardinali e i vescovi si erano ormai divisi in base alla loro origine nazionale. Questo stato di cose portò, fra il Trecento e il Quattrocento, a una netta divisione della Chiesa cattolica, detta scisma d'Occidente, che portò all' elezione contemporanea di diversi pontefici schierati l'uno contro l'altro: sempre almeno due, uno romano e uno francese, ma talvolta anche tre.

Tra il 1414 e il 1449 vennero allora convocati grandi concili, cioè assemblee generali dei rappresentanti di tutte le Chiese cattoliche dei diversi paesi, per tornare all'unità della Chiesa. Infine, con l'elezione al soglio pontificio di Martino V nel 1417, venne riconosciuta da tutti l'autorità di un solo pontefice e si stabilì definitivamente che la sua sede fosse Roma.

Trasformazioni profonde che chiudono un'epoca

Questi avvenimenti segnarono la fine di un' epoca, contraddistinta dallo scontro di due grandi poteri: l'impero e la Chiesa.

Per quasi tre secoli l'uno e l'altra si erano definiti poteri universali e avevano pensato di dominare il mondo con la loro autorità. Nel frattempo, però, il mondo era andato avanti ed erano sorte nuove realtà.

Il primo a entrare in crisi era stato l'impero, con l'insuccesso dei progetti del Barbarossa e di Federico II. Dopo varie vicende, il titolo imperiale passò definitivamente agli Asburgo d'Austria, con un potere assai ridimensionato.

Con Bonifacio VIII ebbe poi fine anche l'illusione dei papi di imporre la propria superiorità ai sovrani della terra.

Tuttavia, gli avversari che li avevano sconfitti ebbero un diverso peso e una diversa durata.

Nelle città e nei comuni si affermarono una mentalità più libera e una nuova organizzazione dell'economia, che però non durarono a lungo.

Nelle monarchie nazionali, invece, cominciarono a formarsi idee e modi di organizzare il governo che, nei secoli, avrebbero condotto allo Stato moderno.

La guerra dei Cento anni

La formazione delle monarchie nazionali fu causa di numerose guerre, perché ogni sovrano cercò di affermare il proprio ruolo e i propri diritti contro gli altri. La più lunga e forse la più sanguinosa di queste guerre fu quella che fu combattuta fra l'Inghilterra e la Francia (guerra dei Cento anni, 1334-1453).

La guerra scoppiò a causa dei rimanenti domini feudali inglesi in Francia. Dopo la sconfitta di Bouvines, i sovrani inglesi avevano conservato la regione atlantica intorno a Bordeaux.

Da lì mosse un' offensiva che portò gli Inglesi a controllare la città di Calais e il canale della Manica. In seguito, ottenuto l'appoggio di potenti feudatari francesi, i duchi di Borgogna, gli Inglesi sconfissero il re di Francia ad Azincourt (1415) e conquistarono la Francia centro-settentrionale, inclusa la capitale Parigi.
La controffensiva francese trovò la sua eroina in una figura straordinaria, Giovanna d'Arco, una giovane contadina che si diceva ispirata da Dio a salvare la Francia.

Giovanna ottenne dal sovrano Carlo VII il comando di un contingente di soldati e combatté contro gli Inglesi. Catturata, fu poi bruciata sul rogo come eretica (1431). Successivamente la Francia riuscì a riconquistare il proprio territorio nazionale.

Il Trecento, secolo di peste e carestie

A partire dalla metà del Trecento l'Europa visse una profonda crisi economica e sociale. In particolare, si verificò una drammatica diminuzione della popolazione, che spopolò intere regioni. Se all'inizio del secolo vivevano in tutta Europa 75 milioni di abitanti, alla fine di questo durissimo periodo la popolazione europea si era ridotta a non più di 45-50 milioni di abitanti.

Le cause di questo fenomeno furono diverse. Le più importanti furono le carestie causate da annate di maltempo e di cattivi raccolti; su una popolazione già denutrita e indebolita infierirono poi numerose epidemie di peste.

Particolarmente distruttiva fu la peste del 1348, che uccise milioni di persone in tutta Europa e specialmente in Italia.

Essa fu descritta dallo scrittore fiorentino Giovanni Boccaccio (1313- 75). La terribile epidemia che imperversò in tutta Europa tra il 1348 e il 1352 uccise oltre 20 milioni di persone.

Di per sé le guerre medievali non provocavano un numero enorme di morti tra i combattenti, tuttavia gli eserciti saccheggiavano sistematicamente i terreni coltivati, per nutrirsi o per danneggiare il nemico; in tal modo, gettavano la popolazione civile nella fame e nella disperazione.
Il calo della popolazione ebbe gravissime conseguenze sull' economia. Molte terre vennero abbandonate perché non c'era chi le coltivasse; la produzione delle manifatture delle città europee calò in maniera impressionante, mentre anche le attività commerciali subirono un forte ridimensionamento. Inoltre, la crisi delle grandi banche italiane ebbe ripercussioni nefaste in tutta Europa. La povertà e la fame inasprirono anche le lotte sociali. Vi furono numerose rivolte dei contadini, spietatamente represse dalle truppe dei sovrani e dei signori feudali.

Quando la crisi passò, l'economia delle città tornò lentamente a prosperare. Ma nel frattempo i conflitti sociali e i contrasti fra le diverse classi si erano fatti ancora più aspri. Anche questo contribuì a mettere in difficoltà i governi comunali e ad affrettarne la fine.  

Dal comune alla signoria

Non tutti i comuni italiani furono ugualmente potenti. I maggiori si estesero nel territorio circostante, sottomettendo i signori feudali e i comuni più piccoli.
Tra il Trecento e il Quattrocento Milano si impadronì di gran parte della Lombardia e di una parte dell'Emilia; Firenze ampliò i suoi possedimenti in Toscana, ma non riuscì a sottomettere Siena e Lucca; Genova conquistò la Liguria. Venezia si assicurò il controllo del Veneto, del Friuli e dell'Istria e costituì il dominio della terraferma, così chiamato per distinguerlo dai possedimenti nelle isole, in Dalmazia e in Grecia. In tal modo vennero a formarsi dei piccoli Stati, chiamati città-Stato o Stati regionali per distinguerli dai più vasti Stati nazionali europei.

I comuni si erano sviluppati soprattutto nell'Italia centro-settentrionale. Nell'Italia meridionale costituirono degli Stati regionali anche gli Angioini, che restarono nel Mezzogiorno fino al Quattrocento, e gli Aragonesi, prima in Sicilia e in Sardegna e poi anche a Napoli. Tuttavia governarono appoggiandosi soprattutto sulla nobiltà feudale, che conservò qui, come nello Stato della Chiesa, i suoi poteri.

Per questo fra Tre e Quattrocento vi furono, si può dire, due diverse Italie: l'Italia feudale e quella cittadina. L'Italia feudale comprendeva il Piemonte (dove si stavano imponendo i feudatari della Savoia), lo Stato della Chiesa, il Mezzogiorno e le isole. L'Italia cittadina comprendeva invece Milano, Venezia, Genova, Lucca, Firenze, Siena e molte altre città dell'Italia centrosettentrionale.

L'Italia feudale e l'Italia cittadina

Anche l'economia contribuì a dividere l'Italia in due grandi aree. L'Italia che abbiamo chiamato feudale mantenne un' economia molto legata all' agricoltura e alla pastorizia. Gran parte della terra rimase nelle mani della nobiltà e del clero. La piccola proprietà contadina si diffuse solo in Piemonte. Nel Mezzogiorno e nelle isole il potere della nobiltà (i ,baroni) impedì lo sviluppo di una borghesia cittadina e quindi dei commerci, della manifattura, delle attività economiche che invece arricchirono le città del centro-nord.

L'Italia cittadina fu caratterizzata dallo sviluppo di altri settori economici, quali manifatture, banche, assicurazioni, commerci.

I comuni italiani furono caratterizzati da una notevole vivacità economica e nello stesso tempo da una scarsa stabilità politica. Le discordie erano frequenti e spesso sfociavano in episodi di violenza. Di frequente gli sconfitti venivano esiliati e i loro beni sequestrati. I fuoriusciti cercavano di tornare al potere con l'appoggio di città rivali.

Contro questi conflitti neppure la nomina dei podestà si dimostrò efficace. Non solo: la crisi economica del Trecento e la povertà che ne derivò inasprirono i conflitti sociali, indebolirono la borghesia e spesso aggravarono le difficoltà dei governi comunali.

Una dopo l'altra, soprattutto per stanchezza o desiderio di tranquillità, le città finirono per affidare il potere a un solo uomo, il signore, che generalmente lo trasmise ai propri eredi.
Cessarono così di esistere i comuni, che furono sostituiti da un diverso sistema di governo: la signoria.
Tra le signorie che si affermarono in molte città del centro e del nord Italia vanno ricordate almeno quelle degli Estensi a Ferrara (1259), dei Della Scala a Verona (1269), dei Gonzaga a Mantova (1328), dei Da Carrara a Padova (1318).

Molte di queste famiglie, in seguito, resero più stabile il loro potere ottenendo dall'imperatore, o anche dal pontefice, un riconoscimento e un titolo nobiliare (duca o granduca). In pari tempo divenne anche più solido e organizzato il governo del loro Stato, che spesso finì per coprire l'intero territorio di una regione.

La loro dimora fu un lussuoso palazzo di città e non più un castello fortificato di campagna come quello in cui avevano abitato gli antichi signori feudali. Qui essi stabilirono una propria corte simile a quella dei sovrani, costituita da ministri, consiglieri, intellettuali, artisti.

Gli storici chiamano con il nome generico di "principati" gli Stati italiani dove il governo fu organizzato in questo modo.

Le turbolente vicende di Milano e Firenze

A Milano la crisi del comune cittadino portò alla signoria di una famiglia di antica nobiltà, i Della Torre, presto sostituita da altri nobili, i Visconti (1277).

Nella seconda metà del Trecento, Gian Galeazzo Visconti (1378-1402) iniziò una politica di conquiste, e presto giunse a estendere il proprio dominio su grandi città come Genova, Bologna, Pisa, Siena, Perugia e Assisi, e addirittura a minacciare le stesse Firenze e Venezia.

Nominato duca di Milano dall'imperatore, Gian Galeazzo dette inizio alla costruzione del duomo di Milano e della certosa di Pavia. Le sue conquiste rimanevano tuttavia molto legate alle sue capacità personali. Quando morì, il dominio milanese si ridimensionò rapidamente fino a rientrare entro i confini della Lombardia.

In seguito (1447) il potere fu preso da un condottiero, Francesco Sforza, che diede inizio a una nuova dinastia.

A Firenze la rivalità fra guelfi e ghibellini si protrasse a lungo e non si concluse neppure con la vittoria dei primi: infatti i guelfi vincitori si spaccarono ulteriormente nelle due fazioni rivali dei bianchi e dei neri.

Questo conflitto si sovrappose all' altro, fra la nobiltà, il popolo grasso e il popolo minuto. Alla vittoria di una fazione seguiva l'esilio degli sconfitti e la modifica dei regolamenti e degli uffici cittadini per favorire i vincitori.

Una conseguenza della crisi economica che si verificò nel Trecento fu la rivolta popolare chiamata tumulto dei Ciompi (1378), dal nome dei lavoratori salariati più poveri che ci fossero a Firenze, quelli addetti alla manifattura della lana.

Essi riuscirono a formare un proprio governo, che durò poco più di un mese. Ma, alleate contro i Ciompi, le arti maggiori e minori sciolsero il loro governo, fecero incarcerare diverse centinaia di lavoratori e ne condannarono a morte una trentina. Il potere passò allora nelle mani delle famiglie più ricche e potenti.

Fra tutte emerse quella dei Medici: grandi mercanti, banchieri, proprietari di terre e di manifatture. Con Cosimo il Vecchio (143464) essi presero il controllo della vita politica fiorentina.

Più tardi Firenze avrebbe trovato in Lorenzo il Magnifico (1469-92) un uomo di governo abile e autorevolissimo e anche, nello stesso tempo, uno straordinario protettore sia delle arti che della cultura, tanto che la città si sarebbe presto trasformata nel più importante centro culturale italiano.  

DOCUMENTO: VENEZIA E FIRENZE, CITTÀ RICCHE

Niccolò Machiavelli (1469-1527), nelle Istorie fiorentine, ci ha lasciato un eloquente ritratto di Lorenzo il Magnifico, del suo amore per la cultura e del suo mecenatismo per la rinascita artistica di Firenze.

Volsesi [= si dedicò] a far più bella e maggiore [= più grande] la sua città: e perciò sendo [= essendovi] in quella molti spazi senza abitazioni, in essi nuove strade da empirsi di nuovi edifici ordinò: ondeché quella città ne divenne più grande e maggiore.

Tenne ancora in quei tempi pacifici sempre la patria sua in festa; dove spesso giostre e rappresentazioni di fatti e trionfi antichi [= tornei, opere teatrali e sfilate di carri allegorici] si vedevano; e il fine suo era tenere la città abbondante, prospera, unito il popolo, e la nobiltà onorata. Amava meravigliosamente qualunque era in arte eccellente; favoriva i letterati; di che Agnolo da Montepulciano [= Angelo Poliziano, poeta] e messer Demetrio greco [= Demetrio Calcondila, grande studioso di letteratura greca] ne possono rendere ferma testimonianza.

Dell' architettura, della musica e della poesia meravigliosamente si dilettava.

Molte composizioni poetiche non solo composte, ma comentate ancora da lui appariscono.

E perché la gioventù fiorentina potesse negli studi delle lettere esercitarsi, aperse nella città di Pisa uno studio [= scuola da cui poi sorgerà l'università], dove i più eccellenti uomini condusse.

Quella che segue è la descrizione fatta da Philippe de Commynes (1447 ca.-1511), ambasciatore del regno di Francia, di ciò che vide a Venezia nel periodo precedente al 1495, anno in cui lasciò la città lagunare.

La mia meraviglia fu grande nel vedere la posizione di quella città e nel vedere tanti campanili e monasteri e casamenti tutti sull' acqua e la gente senz' altro modo di andare qua e là che in quelle barche, di cui credo se ne potrebbero mettere insieme almeno trentamila, ma che sono assai piccole.

Intorno alla città ci sono almeno settanta monasteri di uomini e di donne, tutti su isole, molto belli e ricchi per edifici e ornamenti e bei giardini. E questo senza contare quelli che sono dentro la città, le settantadue parrocchie e molte confraternite; ed è cosa stranissima veder chiese così grandi e belle costruite sul mare.

Mi vennero incontro gentiluomini riccamente vestiti di belle stoffe di seta o di scarlatto, mi dettero il benvenuto. Mi fecero salire su un battello, di quelli che essi chiamano piatti, e che sono molto più grandi degli altri; ce n'erano due, parati di seta cremisina e per terra di tappeti, con quaranta posti a sedere. Mi condussero lungo la strada principale, che essi chiamano Canal Grande e che è molto largo.

Le galee vi passano in mezzo e vidi vicino alle case navi di quattrocento tonnellate e più; io credo che sia la strada più bella che c'è in tutto il mondo e la più ben costruita.

Le case sono molto grandi e alte, di buona pietra, e quelle antiche tutte dipinte, quelle fatte da cento anni in qua hanno tutte la facciata in marmo bianco, che giunge dall'lstria. Dentro hanno quasi tutte almeno due camere con i soffitti dorati, ricche cappe da camino di marmo scolpito, lettiere dorate e molti mobili.
È la città più splendida che io abbia mai visto.

Piemonte, Stato della Chiesa e regno di Napoli

Tra il Duecento e il Trecento nella regione delle Alpi, al confine tra la Francia e l'Italia, si affermò la famiglia dei conti di Savoia. In questo periodo essi estesero i loro domini al Piemonte e nel 1416 ottennero il titolo di duchi dall'imperatore, col quale mantennero sempre ottimi rapporti.

Sotto il profilo economico lo Stato dei Savoia, basato più che altro sull' agricoltura, non poteva competere con Milano o con Venezia, ma dal punto di vista politico e amministrativo esso divenne presto uno Stato forte e bene organizzato, sul modello della monarchia francese. La sua solida ed efficiente organizzazione amministrativa gli consentì di crescere in modo equilibrato nel corso dei secoli fino a realizzare, nell'Ottocento, l'unità d'Italia.
Nel centro d'Italia, come sappiamo, si era affermato lo Stato della Chiesa, che alla metà del Quattrocento comprendeva, all'incirca, il Lazio, le Marche, l'Umbria e parte della Romagna e dell'Emilia.
Dal punto di vista politico e amministrativo lo Stato della Chiesa non fu organizzato in modo uniforme: città come Bologna e Perugia mantennero una certa autonomia; i feudatari più fedeli (i Montefeltro a Urbino, i Da Varano a Camerino) conservarono molti dei loro poteri; altri territori furono governati da funzionari nominati dal pontefice.
Dopo la vittoria del francese Carlo d'Angiò (1266), il regno di Napoli fu governato per circa due secoli dalla dinastia angioina, che mantenne intatto il sistema feudale.
Nel 1442 il regno di Napoli, da tempo in grave crisi, fu conquistato dagli Aragonesi, dominatori spagnoli che già possedevano la Sicilia. L'amministrazione del regno venne riorganizzata, ma il potere delle grandi famiglie feudali non fu toccato. L'economia del paese rimase prevalentemente agricola, caratterizzata dal predominio delle grandi proprietà (latifondi), nelle mani dei nobili e della Chiesa.

Il regno di Napoli divenne così un paese che produceva ed esportava materie prime e prodotti dell' agricoltura, mentre importava i prodotti delle manifatture dalle città dell'Italia centro-settentrionale. Ancora oggi il Mezzogiorno è assai meno industrializzato dell'Italia settentrionale.

Guerre e rivalità fra gli Stati italiani

In Italia il Trecento, e soprattutto il Quattrocento, furono secoli di grande splendore culturale e, passata la crisi, anche di ripresa economica. Furono però anche secoli di continui conflitti. In molte città le lotte politiche interne si alternarono a guerre di conquista. Ognuna di queste guerre comportava alleanze con alcuni Stati e rivalità nei confronti di altri.

Le guerre accentuarono la divisione dell'Italia: ogni Stato temeva che gli altri si rafforzassero troppo e faceva di tutto per evitarlo. Contro quello che appariva il più potente e minaccioso si alleavano di volta in volta tutti gli altri.

Nel 1424, quando i Visconti occuparono Forlì, Venezia si mise a capo di una lega di Stati contro Milano che, sconfitta, cedette alla città lagunare Bergamo e Brescia. Nel 1452 fu Venezia a dover affrontare una lega di Stati italiani. La guerra venne conclusa dalla pace di Lodi, firmata nel 1454. Pochi mesi dopo, proprio a Venezia, nacque la santissima lega italica, alla quale aderirono Venezia, Milano, Firenze, il pontefice e il re di Napoli. Ogni Stato si impegnava a rispettare e difendere i domini territoriali degli altri.

Nacque così un equilibrio politico che garantì all'Italia mezzo secolo di pace e ne favorì lo sviluppo economico e culturale. Lorenzo il Magnifico ne fu il principale artefice. Con la sua morte (1492), l'Italia diverrà terra di conquista per le potenze straniere.

La guerra contro Venezia era stata interrotta da una notizia drammatica: l'impero bizantino era crollato sotto l'assalto dei Turchi e la stessa Costantinopoli era stata conquistata e saccheggiata (1453).
Fra il Tre e il Quattrocento i Turchi ottomani (così chiamati da Othman, un loro capo vissuto agli inizi del Trecento) avevano costituito un vasto impero in Asia e nei Balcani, che circondava e minacciava l'ormai ridotto impero bizantino. In pochi anni essi divennero un pericolo per quegli Stati europei che fino ad allora erano riusciti a mantenere buoni rapporti economici e commerciali con gli altri regni islamici.

Dopo la conquista di Costantinopoli, gli ottomani attaccarono le colonie genovesi e veneziane nel mar Nero e nell'Egeo, si impadronirono della Grecia e della penisola balcanica, minacciando l'Ungheria e i territori degli Asburgo d'Austria, e infine conquistarono tutti i regni arabi dell'Africa fino al Marocco.

Con la caduta di Costantinopoli veniva cancellato un impero ancora erede di Roma, durato più di mille anni.

Dopo il ridimensionamento delle ambizioni dell'impero germanico e del papato romano, dopo la nascita di nuove realtà politiche come gli stati nazionali, la scomparsa dell'antico e un tempo potentissimo impero d'oriente completava un quadro di grandi cambiamenti: l'età medievale si avviava ormai a conclusione.