La stele di Rosetta

Il 2 luglio 1798, un potente esercito francese sbarcò in Egitto, al comando di Napoleone Bonaparte.

L’Egitto era alleato dell’Inghilterra e l’imperatore francese tentava con questa spedizione di colpire duramente la sua mortale nemica.

Al seguito dell’imperatore viaggiavano scienziati con l’incarico di scoprire e studiare i resti delle antiche civiltà egiziane.

Fra gli oggetti raccolti durante la spedizione napoleonica c’era un blocco di basalto nero su cui era incisa una dedica al faraone Tolomeo V Epifore in tre differenti caratteri: geroglifica, la prima scrittura usata in Egitto, demotica e in lingua greca, parlata dalla dinastia regnante, e che ebbe grande importanza per interpretare la scrittura egiziana.

Poiché la pietra fu ritrovata presso la città di Rosetta, sul Nilo, venne chiamata Stele di Rosetta.

Dopo molti anni di faticoso e duro lavoro, mediante accurati confronti con altri testi, lo studioso Jean Francois Champollion (vero genio linguistico che cominciò lo studio delle lingue orientali ad undici anni, conoscendo già quelle europee diventando professore a diciannove), fu in grado nel 1822 di decifrare i geroglifici basandosi su un’altra lingua utilizzata nel tardo egizio: il copto.

Ad ottenere il merito fu una successiva scoperta avvenuta nel 1815, quando furono rinvenuti nell’isola di Philae, due piccoli obelischi: erano una seconda stele in quanto vi era inciso il doppio testo geroglifico e greco; inoltre vi compariva il nome di un altro faraone Tolomeo (Evergete II) con la consorte Cleopatra III.

Lo scienziato, leggendo il testo greco, aveva notato che per otto volte ricorreva un anello ovale chiamato cartiglio, contenente numerosi geroglifici e comprendente due segni che non vengono letti: uno determinativo che indica la categoria maschile o femminile cui il nome appartiene e un altro indicante la desinenza dello stesso.

Champollion mise in ordine le lettere del nome riportato, osservando la posizione degli ideogrammi, sotto i corrispondenti segni del cartiglio e potè comprendere ad ogni segno quale lettura del nostro alfabeto corrispondessero.

Lo stesso fece per Cleopatra, l’altro nome raffigurato.

Percepì dunque che per ciascun geroglifico non corrispondeva necessariamente una parola; inoltre essi non erano pittogrammi o ideogrammi in quanto non rappresentavano esclusivamente oggetti o concetti ma all’interno di un identico testo, essi, potevano avere sia valore simbolico sia fonetico.

Proseguendo Champollion, trascrisse un alfabeto che pubblicò in seguito: Le Lettre à M. Dacier. Le basi per la nascita di una moderna scienza dell’egittologia sono poste.

Jean-François Champollion (1790-1832)

Studioso di lingue orientali e professore di storia, è il fondatore dell'egittologia moderna. Champollion aveva una ossessione nella vita: decifrare i geroglifici, riuscire ad interpretare le scritture di una civiltà eccezionale.

Per riuscire nella sua impresa egli imparò l'ebraico, il persiano, il siriaco, il cinese, l'arabo ed il copto.

Ma i suoi sforzi non furono vani: il 14 settembre del 1822 ebbe infatti una folgorante intuizione che gli fece esclamare: "Ho la chiave in pugno!".
Subito dopo aver pronunciato queste parole svenne e rimase incosciente per cinque giorni.

Nel 1830 Champollion realizza finalmente il suo sogno partendo per l'Egitto dove diresse una spedizione scientifica in seguito alla quale divenne membro dell'Accadémie française; l'anno seguente il Collège de France istituì per lui la prima cattedra di egittologia.