Roma - Villa della Farnesina


Si trova su via della Lungara, nel rione Trastevere, di fronte a Villa Corsini.

Il complesso della Farnesina è un esempio di villa rinascimentale non grandissima ma raffinata e ricca di opere d'arte, quale avrebbe potuto permettersela solo un mecenate. Il committente è stato un banchiere potentissimo, Agostino Chigi, il cui stemma, che abbina ai tradizionali monti e alla stella a otto punte dei Chigi il rovere di Giulio II, compare nelle due cappelle Chigi di S. Maria del Popolo e S.Maria della Pace.

Il Chigi, nato a Siena nel 1466, si era trasferito a Roma nel 1485, divenendo in breve tesoriere di Giulio II; creò rapidamente un monopolio del sale prendendo in appalto le saline dello Stato Pontificio e del Regno di Napoli; prese poi in appalto le miniere di allume della Tolfa, di Agnano e di Ischia, quando l'espansione turca sottrasse alle industrie europee l'approvvigionamento di allume dal Levante.

Insignito del titolo di "Magnifico" dai suoi contemporanei, egli fu anche un vero umanista e amava circondarsi di artisti e letterati. Per realizzare la sua villa suburbana scelse un terreno in posizione appartata sulle rive del Tevere in modo da godere dei benefici della campagna, senza allontanarsi però dal centro della città, che da quella posizione era facilmente raggiungibile. Ovviamente non badò a spese e si rivolse al fior fiore degli artisti dell'epoca.

L'autore del progetto, come scrive il Vasari, fu sicuramente Baldassarre Peruzzi, senese, che lo elaborò probabilmente intorno al 1505-1506. Si ritiene che la costruzione fosse terminata o quasi nel 1511, perchè una pubblicazione di quell'anno celebra la villa già costruita.

La palazzina, aristocraticamente raccolta in una cornice di verde, alla quale è strettamente connessa, è a pianta quadrata con una loggia a cinque arcate sul lato nord, stretta da due avancorpi a torre e un'altra zona porticata sul lato est(quello verso il Tevere).

L'alzato è a due piani divisi da cornici, il materiale usato è il mattone, con spigoli a bugne di peperino, ma in origine vi era una decorazione a graffito di cui resta solo qualche traccia sul lato che guarda il fiume.

L'ingresso, che si apre sul lato sud, fu rifatto nell'800, mantenendo il fregio in stucco del Peruzzi con palme alternate a cespi d'acanto. Anche l'atrio al quale si accede non è originario, in quanto ricavato nella seconda metà dell'Ottocento dal frazionamento del salone del primo piano. Da esso si accede alla Galleria o Loggia di Psiche: un vasto un vasto ambiente affrescato con scene ispirate alla favola di Amore e Psiche, riportata da Lucio Apuleio nelle Metamorfosi, e la cui impostazione si deve a Raffaello, anche se lasciò la sua esecuzione per lo più agli allievi Giulio Romano, Francesco Penni e Raffaelin del Colle.

La volta della sala sembra una sorta di pergolato con festoni di fiori e frutti eseguiti da Giovanni da Udine che aveva studiato la tecnica degli stucchi romani nella Domus Aurea di Nerone, da poco scoperta. Le vicende di Psiche sono inserite nelle vele triangolari, alternate a scene di amorini che giocano con le armi degli dèi, mentre al centro della volta sono i due grandi affreschi del Concilio degli dèi e del Convito per le nozze di Amore e Psiche.
La decorazione pittorica fu ultimata solo nel 1517, dopo che il Chigi, secondo un aneddoto riportato dal Vasari, consentì a Raffaello, che non riusciva a portare a termine il compito affidatogli perchè innamorato di una donna, di lavorare alla presenza della donna amata (probabilmente Margherita Luti, nota col nome di Fornarina).

Dalla Galleria si accede ad un ambiente adiacente verso il Tevere, chiamato Sala di Galatea dall'omonimo affresco di Raffaello, ariginariamente aperto con un loggiato e poi chiuso nel XVIII secolo. Nella volta Baldassarre Peruzzi ha dimostrato le sue doti di pittore, oltre che di architetto, nella raffigurazione dell'Oroscopo di Agostino Chigi, attraverso una complessa raffigurazione astrologica dei miti classici che simboleggiano i pianeti e le costellazioni relative al giorno di nascita del proprietario della dimora. Anche Sebastiano del Piombo ha lavorato alla decorazione pittorica della sala, dipingendo delle lunette con scene mitologiche.
Ma il dipinto che colpisce maggiormente è il Trionfo di Galatea, del 1511, che raffigura la ninfa marina amata da Polifemo sul suo carro a forma di conchiglia trainato da delfini, con un seguito di Nereidi e Tritoni.

Al primo piano la Sala delle Prospettive è concepita come un loggiato aperto che lascia intravedere scorci, paesaggi e vedute romane. Finte statue allegoriche completano l'illusione di trovarsi in un arioso ambiente naturale che, invece, è soltanto abilmente dipinto dal Peruzzi.

Dalla sala delle prospettive si entra nella stanza da letto di Agostino Chigi, riccamente decorata. Le scene sono ispirate alla vita di Alessandro Magno: celebre il dipinto eseguito nel 1511-12 dal Sodoma delle Nozze di Alessandro e Rossane, raffigurata quest'ultima sul talamo nunziale, mentre lo sposo le offre una corona.

La proprietà comprendeva anche delle scuderie, che potevano ospitare più di 100 cavalli, situate nell'angolo sud-ovest del giardino con accesso da via della Lungara. Anch'esse erano ricche ed eleganti: si dice che uno dei celebri banchetti offerti dal Chigi fosse stato preparato proprio nelle scuderie addobbate per l'occasione, per dimostrare ai Riario, che possedevano la villa situata di fronte (Villa Corsini), che perfino la sua stalla era più sontuosa del loro salone.

I giardini erano disposti secondo la moda dell'epoca con un disegno regolare che formava ampi riquadri e con una parte alberata lungo il Tevere, dove sorgeva pure una loggia destinata ai pranzi, aperta verso l'interno da una gradinata e fornita di una peschiera alimentata dalle acque del fiume. Distrutta una prima volta una prima volta da un'inondazione nel 1731, fu ricostruita per essere poi definitivamente abbattuta a causa dei lavori per la costruzione dei muraglioni del lungotevere.
L'umanista vescovo Blosio Palladio, che descrisse all'epoca il giardino paragonandolo ai mitici Orti delle Esperidi, parlò pure di "frutti odorosi sotto gli alberi rigogliosi", segno che una parte di esso era destinato a frutteto.
Alla morte di Agostino Chigi gli eredi non furono in grado di amministrare il ricco patrimonio, così la villa, nel 1590, fu venduta ai Farnese che la ribattezzarono Farnesina. Essi possedevano il palazzo situato dall'altro lato del Tevere e fu studiato perciò un collegamento da ottenere mediante un ponte di barche.

Come altri beni Farnese a Roma, passò nel 1731 ai Borboni di Napoli. Qualche anno dopo Carlo III la destinò a sede dell'Accademia di Napoli.

Dopo altri passaggi di proprietà successivi alla caduta del Regno di Napoli, fu acquistata nel 1927 dallo Stato.

Ora ospita la rappresentanza ufficiale dell'Accademia dei Lincei, nonchè il Gabinetto Nazionale dei Disegni e delle Stampe.

La villa Farnesina è interessata anche da ritrovamenti archeologici localizzati sotto una parte del giardino, dove è stata ritrovata, nel XIX secolo, una lussuosa casa, risalente all'epoca augustea, che si ritiene possa essere stata la residenza di Marco Vipsanio Agrippa e Giulia maggiore. Tale residenza è stata denominata Casa della Farnesina ed è particolarmente ricca di affreschi, molti dei quali sono oggi a Palazzo Massimo alle Terme.

Le pitture murali - come anche quelle della Casa di Livia - mostrano una combinazione tra il secondo e il terzo stile della pittura muraria romana. Mostrano immagini mitologiche centrali su uno sfondo bianco, che sono circondate da fasce rosse. Nello sfondo sono rappresentati colonne ed altri elementi architettonici. L'abitazione fu scoperta nei pressi della sede dei Lincei durante i lavori per la costruzione del muraglione lungo il Tevere, verso il 1880.

Indirizzo
Via della Lungara, 230, 00165 Roma RM