Roma - Villa Lais


L'antica chiusa si trovava in un'area limitrofa all'Acquedotto Felice, interessata al passaggio della Marrana: il nucleo originario era caratterizzato da un edificio composto da una aggregazione di vari corpi di fabbrica, denominato "casa da vignarolo e tinello"; la proprietà risulta condivisa tra Rosa Costantini e Giuseppe Merolli.

La proprietà Costantini-Merolli

Alla chiusa sono connesse la casa di abitazione della Costantini, con una cappella privata "sotto il titolo di S.Antonio" e due "valcherie" (opifici per la lavorazione della lana) presso il corso dell'Acqua Mariana, una di proprietà Merolli e l'altra di Vincenzo Frattini.

Nel 1839 il nucleo principale appare composto da tre edifici la cui disposizione a semicerchio, orientata verso la via Tuscolana e ad essa collegata da un lungo viale alberato, ricorda la tipologia "a corte aperta" cosi' frequente nelle fattorie dell'Agro romano.

Nella pianta del 1845-52 la vigna risulta di proprietà "Polameroli", mentre ritorna il nome "Costantini" nella pianta del 1872-75: in essa è compresa la cappella di S.Antonio ed una cava di pozzolana, grande risorsa economica di questa parte del Suburbio; la valcheria Frattini, a testimonianza di una riconversione produttiva dell'opificio, è ora denominata "Molino S.Pio V", ancor oggi esistente come "Mulino Natalini".

"Vigna Costantini" è ancora nelle piante del 1881.

La proprietà Lais

Nella tavoletta dell'Istituto Geografico Militare del 1906 il nucleo centrale dei tre edifici viene a far parte degli "Orti Lais" e la valcheria Sartori diviene il "Molino Lais".

Dal 1872, anno in cui la Villa Santacroce risulta di proprietà Lais, si assiste dunque al progressivo insediamento di questa famiglia romana nella zona, che porterà alla trasformazione della rustica vigna in residenza borghese suburbana, senza per questo cancellarne la funzione; una datazione certa degli interventi di trasformazione è testimoniata da un'epigrafe a memoria della dedicazione alla Vergine Madre di Dio, nel 1905, della cappella di famiglia, voluta da Filippo Lais e costruita in aggiunta ad una estremità dell'edificio principale.

Il Lais (1853-1941), ingegnere idraulico e presidente del Consorzio dell'Acqua Mariana, fu erudito conoscitore di storia romana e lasciò una memoria sulla Marrana.

La sua indole di studioso può spiegare la scelta puntigliosa e precisa dei motivi ornamentali utilizzati nelle decorazioni pittoriche del casino padronale: la creazione di un giardino "padronale" limitrofo al casino, la costruzione di nuovi edifici di servizio (vaccheria, garage-scuderia, serra, case d'abitazione per il giardiniere e per gli addetti alla gestione produttiva); l'organizzazione funzionale dell'antica vigna viene modificata sostanzialmente con il nucleo padronale nettamente distinto dalla campagna, chiuso in se stesso, quasi contrapposto agli spazi produttivi adiacenti.

La data limite della sopravvivenza dell'area originaria della Villa è segnata dalla creazione del quartiere di abitazioni, realizzato alla meta' degli anni '50, che di fatto riduce la sua estensione a quella attuale.

Attualmente il complesso conta otto edifici di varie dimensioni con differenti destinazioni d'uso.

Sull'asse secondario che originariamente collegava la chiusa al mulino (oggi Natalini) sulla Marrana, esistono tre casali di forme rustiche, due dei quali, la vaccheria, che espone una piccola targa con la data 1901, e il casale, risalgono agli inizi del '900; il terzo, anch'esso alloggio di servizio, è di epoca più recente non comparendo nella pianta del 1934.

Le caratteristiche architettoniche richiamano l'aspetto rustico dei casali agricoli come pure quelle di altri due piccoli manufatti limitrofi al casino principale, la casa del giardiniere e il garage scuderia.

La serra presenta invece una diversa qualificazione architettonica nei prospetti, caratterizzati da semipilastri aggettanti coronati da semplici capitelli e architrave di gusto classico.

L'edificio principale riveste invece un maggior interesse tipologico: esso si presenta come un parallelepipedo movimentato da due corpi rialzati ai lati di cui uno concluso da un'aggiunta semicircolare, sede della piccola cappella privata, e l'altro decorato come una torretta, con finti beccatelli e finestrini ad arco, evidente richiamo al motivo della torre caro al gusto eclettico del revival medievale e rinascimentale.

La cappella, quasi un'abside rovesciata, sfrutta invece temi ornamentali di provenienza paleocristana e romanica: all'esterno è visibile l'uso della cortina di mattoni interrotta in alto da file di dentelli ottenuti con spigoli di mattoni trasversali e l'ingresso è dotato da un soprapporta con timpano triangolare e peducci scolpiti in forme romaniche che racchiude un dipinto a falso mosaico con una croce centrale tra colombe affrontate.

Completano il decoro dell'edificio le cornici bugnate delle porte e delle finestre e le mensole in ferro battuto di disegno floreale che sostengono le tettoie degli ingressi principali.

Gli interni del casino padronale sono caratterizzati da estesi interventi decorativi eseguiti a tempera; ogni stanza del pianterreno, che figurava come ambiente di rappresentanza, mostra una scelta stilistica particolare: vi è una stanza dal soffitto floreale liberty, un vestibolo dal gusto antiquariale con anticaglie murate nelle pareti e il soffitto decorato da grottesche; un terzo ambiente è dedicato all'araldica con boiserie e stemmi di stampo quattrocentesco e una piccola galleria di ritratti di personaggi illustri, mentre una stanza al piano superiore è arricchita da delicati temi floreali dai tenui colori pastellati.

La cappella è completamente decorata da pitture d'argomento sacro la cui iconografia è desunta dai modelli paleocristiani e romanici d'ambiente romano.

L'insieme e' quindi un importante esempio documentario del revival neomedievale a Roma, che preferisce il recupero dell'arte paleocristiana e basilicale al generico goticismo di provenienza nordica.

Il decoratore che ha firmato l'intervento, è il pittore-restauratore Oreste Mander, quasi certamente operante nelle botteghe del tempo specializzate nello studio e riproposizione delle tecniche e dell'iconografia della pittura cristiana: il motivo dei riquadri contenenti croci e rotelle stilizzate, visibile sulle pareti ricurve del lato esterno della cappella, è, ad esempio, simile a quello proposto nelle decorazioni eseguite nel 1893 per la chiesa del Corpus Domini sulla Via Nomentana.

Il giardino è composto da un'area circolare che comprende in se' tutti gli edifici ad uso padronale.

E' costituito da aiuole curvilinee, divise da vialetti a raggiera d'andamento sinuoso e racchiuse da siepi di bosso e scogliere rustiche.

L'insieme è disseminato da essenze arboree d'ampia varietà botanica e doveva avere una flessibilità d'immagine, legata alla rotazione floreale e alla disponibilità di specie esotiche.

Completano l'arredo alcune fontane di semplice fattura, un'olla di cemento su basamento di cortina e un'edicola votiva modellata in stile gotico.

Indirizzo
piazza Giovanni Cagliero, via Paolo Albera, via Deruta e via Giacomo Costamagna.