Roma - Villa Lazzaroni


Si trova nel quartiere Appio-Latino e più precisamente nella zona denominata Alberone.

La prima testimonianza di un insediamento agricolo nell'area dell'attuale villa è reperibile nella mappa del Catasto Gregoriano (1817-18): nel sito dell'attuale edificio padronale è visibile un manufatto caratterizzato da un corpo a "elle", con il lato corto superiore in corrispondenza del vicolo vicinale che dava accesso alla chiusa.

L'insediamento è messo in evidenza in una carta del 1834, nella quale ricompare la stessa forma planimetrica dell'edificio con il relativo vicolo cui si raccordano alcuni tracciati poderali ortogonali in direzione delle strade principali circostanti: questa configurazione rende comprensibile un assetto viario che sarà basilare per la successiva sistemazione a giardino.

Una prima denominazione dell'area compare in una carta del 1845 dove la chiusa è indicata come "vigna Peromini"; una carta del 1900 documenta invece una trasformazione del manufatto con l'aggiunta di un altro corpo di prolungamento a sud, tale da determinare una nuova pianta complessiva ad "esse".

La proprietà Lazzaroni

Nonostante che la denominazione "Villa Lazzaroni" compaia per la prima volta nelle piante del 1906, sembra plausibile datare l'acquisizione dell'area e la trasformazione dell'edificio da parte della famiglia Lazzaroni agli ultimi decenni del sec. XIX.

Le vicende della famiglia negli anni successivi possono giustificare l'investimento di capitali nella ristrutturazione della tenuta.

Tuttavia i lavori di ristrutturazione effettuati nella vigna di Pontelungo si limitano all'ampliamento del casale rustico preesistente, ad una sua moderata decorazione esterna, e, soprattutto, alla creazione di un ricco giardino padronale.

Se una datazione precisa di questi interventi può emergere solo dal rinvenimento di sicure documentazioni, sembra tuttavia plausibile supporre che essi siano stati avviati e portati a compimento, nelle loro linee principali, tra il 1880 e il 1893, anno in cui lo scandalo della Banca Romana travolse la famiglia e, in particolare, il barone Michele che ne era stato l'amministratore.

La proprietà Lazzaroni sembra interrompersi agli inizi del '900.

Nel 1908 la Villa è utilizzata come ricovero degli orfani del terremoto di Messina, a cura dell'Orfanotrofio Pio-Benedettino.

Al momento della notifica del vincolo monumentale, nel 1922, risulta di proprietà di un certo Giulio Barluzzi.

Nella carta dell'Istituto Geografico Militare del 1949 l'edificio padronale presenta un corpo aggiunto allungato ad est che ne determina una pianta cruciforme: in quegli anni la Villa è acquistata dalla Provincia Italiana dell'Istituto delle Suore Francescane di Maria, che, oltre alla predetta modifica dell'edificio, fa costruire tra il 1960 e il 1961 i nuovi edifici della scuola e della chiesa, addossati all'edificio, che infliggono un colpo mortale alla qualità estetica della parte più pregevole del giardino padronale.

Nel 1960 metà dell'area verde verso nord è ceduta al Comune di Roma: viene realizzato un muro divisorio tra le due proprietà che altera l'aspetto della chiusa e una serie di sistemazioni nella fascia pubblica snatura profondamente il suo carattere paesaggistico.

Negli anni '70 l'ampliamento della via de Cesare comporterà l'arretramento del muro di cinta a nord e l'abbattimento di un portale d'ingresso: le manomissioni dell'assetto storico si protraggono fino all'acquisizione totale dell'area da parte del Comune nel 1979, con la ristrutturazione dell'edificio padronale a sede degli uffici della IX Circoscrizione.

Nonostante le modifiche, la Villa conserva tuttora gran parte dell'aspetto originario dell'intervento dei Lazzaroni: appare chiara la duplicità di utilizzo dell'edificio padronale, con ingresso nobile sui giardini a nord e porticato con "stazzo" antistante a sud, delimitato da edifici rustici (fienile, magazzini e stalle) oggi utilizzati come sede della Polizia Municipale.

L'intervento di riqualificazione dell'edificio è incentrato sulla decorazione del prospetto settentrionale, corrispondente al lato corto del rustico preesistente già utilizzato come punto d'arrivo del vecchio vicolo vicinale, e sulla destinazione d'uso del corpo ortogonale proteso ad ovest.

La piccola facciata è disegnata in stile neoclassico con portico aggettante a tre aperture, sovrastato da un terrazzo cinto da balaustre all'altezza di tre finestre corrispondenti alle aperture sottostanti, decorate da mensole, architravate e coronate da timpani triangolari. Gli spigoli del prospetto sono risaltati da finte bagnature angolari.

Il corpo occidentale fu realizzato per dotare l'edificio di un gran salone da adibire a balli e ricevimenti, ed è caratterizzato da ampi finestroni ad arco e da una scalea con accesso ad una balconata sovrastante una grotta decorata in stile rustico.

Alcuni caratteri architettonici, come il portico d'accesso aggettante con la terrazza balaustrata o le bugnature angolari di risalto, sono riscontrabili in edifici come Villa Miani (1873-74) o Villa Ada Savoia (1873).

Il giardino è una creazione originale dei Lazzaroni: quattro fontane rustiche, a scogliera di tufo, sono sistemate nei punti cruciali del sistema viario; due, circolari, coronano gli slarghi prospettici che raccordano i diversi percorsi, altre due abbelliscono, assieme ad alcune aiuole, le aree antistanti il prospetto nobile e il salone dei ricevimenti.

Questa sistemazione è già visibile, per la parte nord, in una pianta del 1911, immediatamente adiacente all'area dei nuovi "Depositi Tramways dei Castelli".

Le successive carte del 1924 mostrano il giardino oramai interamente realizzato, con precisa definizione dell'area padronale: la regolarità determinata dal muro di cinta ad angolo tra la Via Appia e il "Deposito Tranvai" e dall'incrocio principale dei viali ortogonali, realizzati sugli antichi tracciati poderali, la centralità prospettica delle fontane, conferiscono alla chiuso un gusto ancora settecentesco, arricchito dalle movenze sinuose dei percorsi minori che inseriscono, insieme alle scelte botaniche di impronta esotica, elementi discreti di quel paesaggismo eclettico in voga alla fine del secolo.

L'arredo del parco perfezionato da un manufatto adiacente al portale d'ingresso destinato alla guardiania, sul quale s'appoggia lateralmente un piccolo ninfeo rustico con accesso ad un ambiente sotterraneo.

Indirizzo
Via Appia Nuova, 522, 00179 Roma RM