Roma - Villa Sciarra


Situata sulle pendici del Gianicolo e delimitata dai bastioni delle Mura di Urbano VIII, da via Calandrelli e da via Dandolo, Villa Sciarra con i suoi sette ettari e mezzo di superficie è uno dei parchi romani più interessanti dal punto di vista botanico e paesaggistico, ricco di originali fontane e gruppi scultorei di ispirazione mitologica.

Tutta questa zona fin dall'antichità era occupata da orti e giardini: in età arcaica vi era il bosco sacro a Furrina, una misteriosa ninfa protettrice delle acque, mentre più tardi divenne parte di quell'enorme spazio verde noto col nome di Orti di Cesare, che dalla collina di Monteverde e dal Gianicolo scendevano fino al Tevere.

Appartenuta al Capitolo della chiesa di S. Maria ad Martyres (il Pantheon), ha ricevuto il suo nome da uno dei rami della famiglia Barberini, i principi Sciarra di Carbognano, ai quali giunse in eredità dopo essere appartenuta, tra gli altri, agli Ottoboni, ai Mignanelli e agli stessi Barberini.

Poco rimane dell'assetto originario che risale al XV secolo, quando era al di fuori della cinta muraria, fatta ampliare da Urbano VIII per migliorare le possibilità difensive della zona.

Nel periodo della Repubblica Romana (1849) il Casino Barberini e il Casino Malvasia vennero fortemente danneggiati dai combattimenti tra le truppe repubblicane comandate da Giuseppe Garibaldi che vi si erano asserragliate e quelle francesi del generale Nicolas Charles Victor Oudinot.

Si può dire che il passaggio dal primo Quattrocento ai nostri giorni non ha praticamente lasciato traccia. Quello che ora vediamo è infatti il risultato dei profondi interventi compiuti all'inizio del nostro secolo ad opera del suo ultimo proprietario, il diplomatico americano George Wurts, che l'acquistò nel 1902, o meglio ne acquistò quello che ne rimaneva, dopo che Don Maffeo Sciarra, l'aveva in parte lottizzata.

Quando Gabriele d'Annunzio nel romanzo Il Piacere del 1891 vi ambientò la famosa scena del duello tra Andrea Sperelli e Giannetto Ruotolo, la villa era "già per metà disonorata dai fabbricatori di case nuove".

Fu dunque il Wurts a salvarla e a trasformarla nella forma attuale.

Il Wurts, innamorato dell'arte italiana, fu aiutato dalla ricchissima moglie Henriette Tower, profuse somme ingenti per ornare il giardino con piante rare e di pregio, per lo più esotiche ma sapientemente accostate a quelle nostrane, e con numerose statue e fontane settecentesche provenienti da una distrutta e sconosciuta villa del milanese: proprio a questa origine lombarda si deve la presenza in due fontane dello stemma dei Visconti di Milano con il loro caratteristico Biscione.

Dopo aver ricostruito l'edificio centrale, che era stato gravemente danneggiato durante i drammatici eventi della Repubblica Romana (1849), i Wurts vi si stabilirono trasportandovi la loro ricca collezione d'arte e impiantarono nella proprietà un allevamento di pavoni, tanto che all'epoca era conosciuta come la villa dei pavoni bianchi.

Fecero pure costruire nella parte inferiore un villino per i custodi: in quest'occasione vennero alla luce i resti del tempio siriaco, che ora si possono vedere su via Dandolo.

La vita di questa coppia nella splendida dimora doveva essere veramente idilliaca perchè la signora Wurts, poco dopo la morte del marito avvenuta nel 1928, in memoria degli anni felici che vi aveva trascorso, donò la villa allo Stato Italiano, insieme a un lascito di 50.000 dollari per la sua manutenzione.

Mentre il giardino è stato destinato a parco pubblico, l'edificio è sede dell'Istituto Italiano di Studi Germanici.

Nonostante il rifacimento e l'aggiunta di un corpo di fabbrica sulla destra, la palazzina ha conservato in parte la pianta originaria, con la facciata dotata di tre archi, un tempo aperti, dai quali si accede al portico con la volta a botte ribassata; di qui per un androne si passava al cortile, trasormato in biblioteca dagli architetti Alberto Calza Bini e Mario De Renzi in occasione della sua destinazione a istituto culturale (avvenuta nel 1932 in coincidenza con la celebrazione del centenario della morte di Goethe). La Biblioteca è specializzata il letterature germanica, scandinava e olandese. L'unica cosa notevole dell'edificio è la terrazza, con una torretta panoramica e delle sculture e decorazioni in arenaria poste sui bordi.

La visita di Villa Sciarra può essere estremamente affascinante per la sua varietà paesaggistica che la fa sembrare più grande di quanto non sia in realtà. Se si ha l'accortezza di visitarla nelle prime ore della giornata, o anche poco prima del tramonto, la villa può riservare delle sorprese. Si può avere l'illusione che le statue dei fauni e delle ninfe si rincorrano realmente, Di fauni, in effetti, c'è un vero affollamento e, addirittura, un'intera famiglia nella bella fontana disposta sul muro perimetrale vicino all'ingresso che immette in viale Adolfo Leducq.

Non lontano vi è il gruppo scultoreo di due faunetti che giocano con con un capro sul bordo di una fontana rustica in piazzale Wurts. Più in là un faunetto cerca, insieme a un putto, di arrampicarsi su una tartaruga e ancora dei grandi fauni sono utilizzati come portavaso. Ma il più lussurioso è Pan, che con espressione avida si illude di abbracciare la ninfa Siringa, mentre in realtà rimane stretto ad un fascio di canne palustri.

Non mancano altri personaggi dalla mitologia greca, come Apollo e Dafne, l'Alba con a fianco un gallo, Selene e il pastore Endimione con l'immancabile cane. Questi ultimi sembrano specchiarsi sulle sponde di una grande vasca dalla forma irregolare, all'ombra di in boschetto di lauri.

A semicerchio, intorno a un'originalissima aiuola, sono disposte le raffigurazione dei Mesi.

Nello spiazzo che si apre davanti all'edificio principale si possono ammirare due curiose fontane. La prima, di forma circolare, contiene quattro figure mostruose simili a sfingi che simboleggiano la gola, l'avarizia, la lussuria e l'ira. La seconda ha al centro lo stemma dei Visconti con il biscione dalla cui bocca fuoriesce un fanciullo nudo; ai lati due putti, di cui uno con l'elmo in testa, escono anch'essi dalla bocca di mostri marini.

Indirizzo
via Calandrelli, via Dandolo, via delle Mura Gianicolensi, 00153 Roma RM